Frode fiscale trasnazionale: scatta la confisca sul profitto (Cass. pen. n. 39427/2013)

Redazione 24/09/13
Scarica PDF Stampa

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 15 marzo 2012, n. 475, la Corte di cassazione, sez. 4 penale, ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Bergamo di conferma del sequestro preventivo disposto con decreto del 9 maggio 2009 dal Gip dello stesso Tribunale sui beni appartenenti agli indagati.

In particolare, il Tribunale aveva originariamente ritenuto che il decreto di sequestro impugnato fosse stato emesso anche in relazione al delitto di associazione per delinquere a carattere transnazionale, ai sensi per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146. Con la richiamata sentenza n. 475 del 2012, la Corte di cassazione aveva, per contro, affermato che il decreto del Gip e la successiva ordinanza di convalida del sequestro d’urgenza del pubblico ministero avevano disposto la misura cautelare in relazione a tale titolo di reato, negando che il Tribunale potesse confermare il provvedimento di sequestro per un reato diverso da quelli ivi considerati, ancorché ricavabili dagli atti. Ne era derivato che, non potendo la misura cautelare essere confermata per i reati fiscali, per i quali ultimi ai sensi dell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto solo per i fatti commessi a far data dal 1° gennaio 2008 – mentre nel decreto impugnato erano state prese in considerazione condotte criminose esaurite nel 2007 – né per il reato di truffa, da ritenersi in essi assorbito, né tantomeno per il delitto di associazione per delinquere transnazionale, mai è considerato ai fini dell’emissione della misura cautelare, il Tribunale, con ordinanza del 12 luglio 2012, aveva annullato il provvedimento impugnato.

Il Gip presso il Tribunale aveva, in data 25 luglio 2012, disposto sequestro preventivo per equivalente di beni degli indagati – tra i quali L. E., odierno ricorrente – sia in relazione al delitto di criminalità transnazionale sia in relazione ai delitti di frode fiscale, relativo all’anno 2007, e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, commessi entrambi nel 2008.

Avverso il provvedimento aveva proposto richiesta di riesame l’indagato L. E.; richiesta rigettata dal Tribunale, il quale aveva confermato, in data 16 novembre 2012, il decreto di sequestro preventivo del 25 luglio 2012.

2. – Avverso quest’ultima ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, chiedendone l’annullamento.

2.1. – Con un primo motivo di impugnazione, si deduce la carenza di motivazione del provvedimento impugnato circa l’applicabilità ratione temporis dell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, entrato in vigore il 1° gennaio del 2008, in relazione alla fattispecie relativa all’anno di imposta 2007, consumata nel successivo anno 2008. In particolare, non si sarebbe tenuto in considerazione il fatto che la condotta si era sviluppata durante l’arco dell’anno 2007, ovvero in un momento in cui la norma non era ancora entrata in vigore.

2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si deduce la carenza di motivazione quanto all’eccezione relativa al cosiddetto commissariamento delle società coinvolte nelle indagini. Ad avviso della difesa, il Tribunale non avrebbe preso in considerazione il rilievo difensivo secondo cui la fittizia indicazione dei crediti *** per l’anno d’imposta 2008, essendo riferita a dichiarazioni in scadenza nel successivo anno 2009, non avrebbe potuto essere ritenuta ascrivibile agli imputati, perché le relative dichiarazioni erano state presentate dai commissari nominati dalla Procura della Repubblica dopo l’intervenuto sequestro, che aveva spogliato gli indagati della gestione delle società.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è infondato.

3.1. – Il primo motivo di impugnazione – relativo alla pretesa inapplicabilità della confisca e, dunque, del sequestro per equivalente nel caso di specie – è infondato.

Deve infatti richiamarsi il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 11 della legge n. 146 del 2006 per i reati transazionali – i quali quelli per cui si procede nel caso di specie – è applicabile anche al profitto dei reati di frode fiscale rientranti nel programma associativo di un’organizzazione criminale transazionale, perché tale reato-fine costituisce reato transazionale in base all’art. 3, comma 1, lettera c), della richiamata legge n. 146 del 2006 (ex multis, sez.

3, 24 febbraio 2011, n. 11969). E ciò, a prescindere dall’ulteriore considerazione che, come ricordato dallo stesso ricorrente, la frode fiscale per cui si procede è relativa all’anno di imposta 2007, con la conseguenza che il reato si perfeziona con la presentazione della dichiarazione per il successivo anno 2008 e, cioè, in un momento comunque successivo all’entrata in vigore del richiamato art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 (1° gennaio 2008).

3.2. – Il secondo motivo di ricorso è genericamente formulato.

Il ricorrente lamenta, in sostanza, che il Tribunale avrebbe posto a fondamento del provvedimento cautelare, tra gli altri reati, la dichiarazione fraudolenta relativa all’anno d’imposta 2008, che non sarebbe ascrivibile all’indagato, in quanto, alla scadenza dei termine per la sua presentazione, questo era già stato spogliato della gestione della società.

Si tratta di considerazioni che – anche a prescindere dalla loro fondatezza – non sono di per sé idonee ad inficiare il costrutto motivazionale del provvedimento impugnato, perché non tengono conto di quanto affermato dallo stesso Tribunale alla pag. 2 dell’ordinanza impugnata, laddove si evidenzia che il sequestro preventivo per equivalente è stato disposto «sia in relazione al delitto di criminalità transnazionale […], sia in relazione ai delitti di frode fiscale relativi agli esercizi di imposta 2007 e 2008». L’imputazione provvisoria ha, dunque, per oggetto una pluralità di altri reati, i quali sono, anche a voler prescindere dai fatti commessi nel 2009, da soli sufficienti a sostenere il titolo cautelare.

4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 2 maggio 2013.

Redazione