Formazione del registro dei revisori contabili: mancata inclusione nonostante il possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione (Cons. Stato n. 3158/2013)

Redazione 10/06/13
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FATTO e DIRITTO

Il dott. L. ha impugnato dinanzi al Tar Lazio il decreto del Ministero della giustizia di formazione del registro dei revisori contabili, ai sensi dell’art. 11, del d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 88, in data 12.4.1995, nonché il decreto di successiva integrazione, in data 26.4.1995, lamentando la sua mancata inclusione nonostante il possesso dei requisiti richiesti per l’iscrizione.

Il Tar, con sentenza n. 2226 del 5 marzo 2012, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, sul rilievo che la valutazione della sussistenza dei requisiti di legge per l’iscrizione non presupporrebbe alcuna valutazione discrezionale e che, vertendosi in materia concernente diritti soggettivi, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario.

Ha proposto appello l’interessato , esponendo che la decisione contrasterebbe con altra (n. 1152 del 12 febbraio 2007), resa sul ricorso proposto avverso l’elenco dei nominativi iscritti, che avrebbe riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo, respingendo nel merito il gravame, parimenti gravata con ricorso in appello al quale chiede la riunione per connessione soggettiva ed oggettiva.

Secondo l’appellante, la sentenza declinatoria della giurisdizione sarebbe erronea, in quanto non considererebbe che l’iscrizione al registro implicherebbe l’esercizio di discrezionalità da parte della Commissione a tal scopo istituita, concernente la valutazione del requisito stabilito dall’art. 12, 2° comma R.D.L. n. 1548/1936 consistente nell’avere esercitato lodevolmente la funzione di sindaco effettivo o di amministratore o di dirigente amministrativo o contabile per almeno un quinquennio in società per azioni con capitale non inferiore a cinque milioni, ovvero nell’avere ricoperto sempre lodevolmente altri uffici i quali richiedano svolgimento di attività analoghe e siano tali da convincere la Commissione del pieno possesso delle attitudini necessarie per la funzione di revisione dei conti. Tale discrezionalità sarebbe esercitata sia in relazione al giudizio di lodevolezza dell’attività svolta, sia riguardo alla analogia delle funzioni svolte.

Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio.

Alla Camera di consiglio del 30 aprile 2013, in vista della quale l’appellante ha prodotto ulteriore memoria illustrativa, l’appello è stato trattenuto in decisione.

Va, preliminarmente, respinta l’istanza di riunione tra il presente appello e quello, recante il n. R.G. 1405/2008, sia perchè proposti avverso diverse sentenze, sia in ragione dei diversi effetti, in rito, delle decisioni sulle due impugnazioni.

Il presente appello va, in effetti, accolto, con conseguente annullamento della sentenza gravata e rinvio al primo giudice ai sensi dell’art. 105 cod. pr. amm.

Invero, seguendo il prevalente orientamento giurisprudenziale (Cons. St. Sez. IV, 11.4.2007, n. 1686; 21.8.2006, n. 4830; 7.3.2001, n.1305), l’iscrizione al registro dei revisori contabili ai sensi dell’art. 11 d. lgs. n. 88/1992 presuppone una valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione, a fronte della quale le posizioni degli aspiranti assumono la consistenza di interesse legittimo.

La Commissione centrale competente per la formazione del registro ha, infatti, il compito non solo di accertare la corrispondenza dei requisiti professionali posseduti a quelli richiesti dall’art. 12 del RDL 24 giugno 1936, n. 1548, richiamato dall’art. 11, comma 1, lett. a) d. lgs. n. 88/1992, ma anche di valutare l’ analogia alle funzioni di sindaco o di amministratore di società delle funzioni diverse svolte dall’aspirante e di giudicare se dette funzioni siano state lodevolmente svolte, in base alla documentazione esibita. Tale attività non si concreta, quindi, in un semplice riscontro circa la sussistenza o meno dei requisiti prefissati dalla legge (come accade nella maggior parte dei casi di iscrizione ad elenchi o registri ai quali si riferisce la giurisprudenza citata dal giudice di primo grado), ma riveste un carattere discrezionale, specie per quanto concerne il giudizio in merito alla analogia delle funzioni svolte rispetto a quelle tipiche previste dalla norma e sul possesso delle attitudini a svolgere l’attività di revisore dei conti.

Ne discende che le posizioni fatte valere per denunciare lo scorretto esercizio del potere da parte dell’Amministrazione sono di interesse legittimo e comportano il sindacato del giudice amministrativo.

Alla stregua di quanto precede, il ricorso deve essere accolto e la sentenza di primo grado annullata, con rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 cod. pr. amm..

La singolarità della materia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

accoglie l’appello e, per l’effetto, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, annulla la sentenza impugnata e rimette la causa al primo giudice.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013.

Redazione