Figura ed al ruolo del difensore civico (Cons. Stato n. 5277/2012)

Redazione 15/10/12
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FATTO e DIRITTO

1.- Il TAR Abruzzo –Pescara, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso proposto nel febbraio del 2007 dal dottor S. P., già difensore civico del Comune di Ortona (CH) dal febbraio del 2003 al febbraio del 2007, contro la deliberazione n. 19 del 6.2.2007 con la quale il Commissario straordinario del Comune medesimo, nominato, ai sensi dell’art. 141 del TUEL, per la gestione provvisoria dell’Amministrazione comunale in seguito allo scioglimento del Consiglio comunale, ha designato difensore civico il vice prefetto dott. ssa M. M. per tutta la durata della gestione commissariale e sino all’insediamento del nuovo Consiglio comunale, dando atto della contestuale cessazione del Pace dalle funzioni di difensore civico, svolte in regime di “prorogatio”.
Il TAR ha, in particolare:
-ritenuto persistere l’interesse del Pace a vedere deciso il ricorso, “ancorché nelle more il nuovo Consiglio comunale si sia insediato e la dottoressa M. sia cessata dalla carica di difensore civico”;
-rilevato in via preliminare che “la nomina del difensore civico rientra tra i poteri del commissario straordinario a condizione che la carica sia vacante”;
-interpretato l’art. 80, comma 7, dello Statuto comunale, di cui è stata fatta applicazione nel caso di specie, e secondo cui “il difensore civico resta in carica con la stessa durata del Consiglio che lo ha eletto, esercitando le sue funzioni fino all’insediamento del successore”, tenendo conto delle peculiarità delle funzioni del difensore medesimo nel senso che, nella ipotesi di scioglimento del Consiglio, il difensore civico rimane in carica fino alla nomina del nuovo difensore da parte del Consiglio rinnovato, venendo in tal modo a garantirsi una continuità del servizio per i cittadini, che sarebbe viceversa compromessa da una successione di difensori civici (uno nominato dal Commissario straordinario e poi quello nuovo designato dal nuovo Consiglio). In motivazione si precisa come la designazione del difensore civico avvenga su base fiduciaria ma che il difensore civico, una volta insediato “si svincola da qualsivoglia rapporto di dipendenza dall’amministrazione comunale, per svolgere un compito di controllo indipendente dell’attività dell’amministrazione comunale stessa, costituendo un tramite tra cittadini e ente pubblico, in una funzione di stimolo, controllo e garanzia di trasparenza ed efficacia. Per tali ragioni, una volta designato, l’incarico può essere revocato solo per gravi ragioni e con maggioranze qualificate e comunque va rinnovato ad ogni mutamento di composizione del Consiglio comunale. Ciò implica la necessità di una notevole stabilità dell’attività del difensore civico, come si addice ad un organo esterno di garanzia e di controllo”. Il TAR ha giudicato più logico e consono alle peculiarità delle funzioni del difensore civico la norma statutaria interpretata nel senso che il difensore civico rimane in carica sino alla designazione del successore da parte del nuovo Consiglio comunale, anche in conformità con il “dato letterale in quanto la dizione “successore”, se appare corretta ove riferita ad un soggetto singolo, come il difensore civico, risulterebbe lessicalmente impropria ove fosse riferita ad un organo collegiale, quale è il Consiglio comunale”.
2.-Il Comune di Ortona ha chiesto la riforma della sentenza, deducendone la erroneità. Nel ricorso in appello il Comune ha osservato, in sintesi, che l’interpretazione dell’art. 80, comma 7, dello Statuto comunale fatta propria dal TAR collide con lettera e “ratio” della norma statutaria, essendo la durata dell’incarico strettamente correlata alla permanenza in carica del Consiglio comunale che ha eletto il difensore civico, con la conseguenza che se l’Assemblea elettiva viene meno per qualsiasi ragione, anche il difensore civico cesserà dall’incarico (pur proseguendo nell’esercizio delle proprie funzioni, sino all’insediamento del nuovo difensore, allo scopo di evitare interruzioni nella prestazione del servizio alla cittadinanza).
Il dottor Pace si è costituito, ha controdedotto e ha concluso chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con ordinanza n. 2461 del 2009 la Sezione, “vista la l. n. 444/1994” (sulla disciplina della proroga degli organi amministrativi) e “tenuto conto di quanto dispone l’art. 80, comma 7, dello Statuto del Comune di Ortona”, ha accolto l’istanza cautelare e, per l’effetto, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
In prossimità della udienza di discussione nel merito la difesa dell’appellato ha sottoposto alla valutazione del Collegio “l’ammissibilità del ricorso in appello”, non sembrando essere stata correttamente conferita, all’avvocato del Comune, la delega a rappresentare l’Ente in giudizio e quindi a proporre il presente ricorso
All’udienza del 4.5.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
3.- L’appello è fondato e va accolto, e la sentenza impugnata va riformata: il ricorso al TAR andava infatti respinto.
3.1.-In via preliminare di rito va rilevato che la difesa dell’appellato, con memoria in data 20.3.2012, ha adombrato la inammissibilità del ricorso in appello per difetto di “legitimatio ad processum”, e ciò sul rilievo secondo cui:
-l’avv. ************* è stato nominato difensore del Comune con determinazione dirigenziale n. 24 del 16.1.2009;
-il dirigente che ha adottato tale determinazione non era però competente a promuovere liti o ad autorizzare la resistenza alle stesse, avendo conferito l’incarico difensivo in virtù della novella statutaria introdotta con la DCC n. 67 del 2.10.2008 secondo la quale “…comma 6 bis . I dirigenti sono competenti alla promozione delle liti ed alla resistenza alle stesse e, quindi, provvedono alla nomina dell’avvocato difensore”. Senonché, il neo-introdotto comma 6 bis dell’art. 44 dello Statuto non sarebbe mai entrato in vigore, in quanto la DCC n. 67/08 è stata affissa all’albo pretorio dell’Ente per meno di 30 giorni, in violazione dell’art. 6, comma 5, del t. u. n. 267 del 2000, il quale prevede che “dopo l’espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione, affisso all’albo pretorio dell’ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell’interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all’albo pretorio dell’ente”. Nella specie, non vi è stata affissione all’albo pretorio per almeno 30 giorni. A detta dell’appellato il Comune avrebbe ritenuto erroneamente applicabile alla fattispecie l’art. 134, comma 3, del t. u. n. 267/00, ai sensi del quale “le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione”. L’affissione all’albo pretorio della DCC n. 67/08 sarebbe avvenuta il 20.10.2008, e la delibera sarebbe stata dichiarata esecutiva il 14.11.2008.
L’eccezione è infondata in fatto giacchè, come affermato e comprovato dalla difesa comunale:
-la DCC n. 67 del 2.10.2008 –“modifiche allo statuto comunale”, è stata pubblicata all’albo pretorio del Comune di Ortona dal 20.10.2008 per 15 giorni consecutivi, come previsto dall’art. 124 del t. u. n. 267/00, ed è divenuta esecutiva in data 14.11.2008, come previsto dall’art. 134, comma 3, del medesimo t. u.;
-la stessa delibera, introducendo una modifica allo statuto comunale, in base a quanto dispone il sopra trascritto art. 6, comma 5, del t. u. n. 267/00, è stata altresì affissa all’albo pretorio del Comune di Ortona dal 14.11.2008, data della sua esecutività, al 14.12.2008;
-la deliberazione suddetta è stata poi pubblicata per 30 giorni sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 11/09, dal 20.2.2009.
Quanto poi alla asserita illegittimità del mandato conferito dal Sindaco all’avv. C. il 12.3.2009, in assenza della esplicita autorizzazione della Giunta, che sarebbe tuttora richiesta dallo Statuto, in primo luogo è da ritenere che, a seguito della modifica statutaria mediante l’inserimento della disposizione secondo la quale “i dirigenti sono competenti alla promozione delle liti e alla resistenza alle stesse” sia venuta meno, per incompatibilità tra la nuova disposizione (il citato art. 44, comma 6 bis) e la precedente, vale a dire l’art. 38/s) dello statuto, proprio quest’ultima disposizione la quale, in base a quanto afferma la difesa dell’appellato, richiedeva che la Giunta autorizzasse il Sindaco a promuovere o a resistere alle liti. Si tratta, del resto, di atto gestionale e tecnico che non richiede più l’autorizzazione giuntale. A questo proposito la Corte suprema di Cassazione (sent. n. 21330 del 2006) ha avuto occasione di statuire che “nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, in mancanza di una disposizione statutaria che la richieda espressamente, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta municipale non costituisce atto necessario ai fini del promuovimento di azioni o della resistenza in giudizio da parte del sindaco: quest’ultimo, infatti, trae la propria investitura direttamente dal corpo elettorale e costituisce, esso stesso, fonte di legittimazione dei componenti della giunta municipale, nel quadro di un sistema costituzionale e normativo di riferimento profondamente influenzato dalle modifiche apportate al Titolo V della Parte II Cost. dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, nonché di quelle introdotte dalla l. 5 giugno 2003 n. 131, con ripercussioni anche sull’impianto del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il cui art. 50, peraltro, indica il sindaco quale organo responsabile dell’amministrazione comunale e gli attribuisce la rappresentanza”.
Inoltre, “nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, la rappresentanza processuale del comune spetta istituzionalmente al sindaco, cui compete, in via esclusiva, il potere di conferire al difensore la procura alle liti, senza necessità di autorizzazione della giunta municipale, salvo che una disposizione statutaria la richieda espressamente, spettando in tal caso alla parte interessata provare la carenza di tale autorizzazione producendo idonea documentazione” (Cass. civ. n. 13968/10).
3.2.-In via preliminare di merito va precisato che sulla questione relativa alla attribuibilità al Commissario straordinario del potere di nomina del difensore civico (“la nomina del difensore civico rientra tra i poteri del Commissario straordinario” –così il TAR, a pag. 3 sent.) si è formato il giudicato interno. Al Collegio, quindi, in mancanza di una apposita impugnazione in via incidentale, da parte dell’appellato, contro la statuizione suindicata, impugnazione nella specie non proposta, non spetta il potere di pronunciarsi sulla questione sopra citata.
3.3.- Ciò posto, va premesso che l’art. 11 del T. U. n. 267 del 2000 – Difensore civico, prevede che “lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l’istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l’elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.
3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell’ipotesi prevista all’articolo 127 (l’art. 11 corrisponde all’art. 8 della l. n. 142 del 1990, abrogata).
L’art. 80, comma 7, dello Statuto del Comune di Ortona, prevede che “il difensore civico resta in carica con la stessa durata del Consiglio che lo ha eletto, esercitando le sue funzioni fino all’insediamento del successore”.
La norma sopra trascritta, diversamente da ciò che è stato ritenuto dal TAR, va interpretato, per ragioni letterali e logiche, nel senso che la durata dell’incarico deve ritenersi strettamente correlata alla permanenza in carica del Consiglio comunale che ha eletto il difensore medesimo, con la conseguenza che se l’Assemblea elettiva viene meno per qualsiasi ragione, anche il difensore civico cesserà dall’incarico (pur proseguendo nell’esercizio delle proprie funzioni sino all’insediamento del nuovo difensore civico).
E infatti:
-la natura fiduciaria del rapporto tra l’Assemblea che ha scelto il difensore civico e la persona alla quale è stato conferito l’incarico –ricavabile dalla maggioranza qualificata dei “consiglieri assegnati” richiesta dall’art. 80, comma 3, dello Statuto, per l’elezione dell’organo (pur non potendosi sottacere che la maggioranza qualifica richiesta è garanzia, nel contempo, di autonomia della nomina rispetto alle forze politiche), e dal disposto di cui al trascritto art. 80, comma 7, là dove la durata della carica viene fatta coincidere con quella del Consiglio comunale che ha conferito il mandato- non si pone in contraddizione con la posizione di autonomia e la garanzia di imparzialità che il medesimo difensore civico è tenuto ad assumere e a offrire;
-diversamente da quanto parrebbe ricavarsi dalla lettura della sentenza, e a differenza di quanto rimarca l’appellato nelle sue difese, nel caso in esame non viene in discorso una ipotesi assimilabile a una revoca dell’incarico; non si ricade, cioè, nel campo di applicazione dell’art. 82 dello Statuto, che limita le ipotesi di revoca dall’Ufficio alla comprovata inerzia o a gravi ragioni attinenti ai requisiti di indipendenza o di integrità morale del difensore. Si fa questione, invece, di una semplice presa d’atto di una decadenza dall’incarico già intervenuta “ope statutis”, per essere venuto meno il Consiglio comunale che aveva compiuto la scelta;
-in modo legittimo, pertanto, il Commissario straordinario –al quale spettano tutti i poteri del Consiglio comunale per il tempo necessario alla gestione provvisoria dell’Ente- ha provveduto alla designazione di un nuovo difensore civico;
-appare poi contraddittorio affermare –come si fa in sentenza- , da un lato che la nomina del difensore civico rientra tra i poteri del Commissario straordinario e aggiungere, poco dopo, che anche nel caso di scioglimento del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 141 del T. U. n. 267 del 2000 l’elezione del nuovo difensore civico fa parte in via esclusiva delle attribuzioni del rinnovato Consiglio comunale, e ciò sul rilievo per cui in questo modo verrebbe garantita una continuità del servizio in favore dei cittadini che sarebbe, invece, vanificata con il succedersi di periodi di vacanza della funzione, intercorrenti tra la cessazione del Consiglio comunale e la nomina da parte del Commissario straordinario, e tra la cessazione del difensore civico nominato da quest’ultimo e la designazione da parte del nuovo Consiglio comunale;
-infine, la locuzione contenuta nell’art. 80, comma 7 cit. –“esercitando le sue funzioni fino all’insediamento del successore”- va riferita, in base a criteri sia lessicali sia di coerenza con quanto argomentato sinora, e diversamente da ciò che ha opinato il TAR, all’insediamento del nuovo difensore civico (scelto dal Consiglio comunale o dal Commissario straordinario, qui non rileva), allo scopo di evitare interruzioni nella prestazione del servizio alla cittadinanza: nessun “vuoto istituzionale a danno dei cittadini”, quindi, trovando applicazione il d. l. n. 293/94, conv. in l. n. 444/94, sulla proroga degli organi amministrativi;
-dalle considerazioni su esposte emerge la legittimità dell’operato del Commissario straordinario il quale, nel prendere atto dell’avvenuto scioglimento del Consiglio comunale, non ha fatto altro che constatare e dichiarare la contestuale cessazione del dottor Pace dalle funzioni di difensore civico, provvedendo alla nomina della dott.ssa M. quale nuovo difensore fino all’insediamento del Consiglio comunale rinnovato.
L’appello va dunque accolto e la sentenza impugnata riformata: il ricorso al TAR andava difatti respinto.
Nonostante l’esito della controversia, le peculiarità e la particolare natura della stessa, oltre alla esistenza di profili di incertezza interpretativa, inducono il Collegio, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. , a considerare sussistenti le eccezionali ragioni richieste dalla legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 maggio 2012

Redazione