Ferie non godute: diritto alla retribuzione, prescrizione ed interessi (Cons. Stato, n. 2699/2013)

Redazione 20/05/13
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FATTO

1. Con due distinti ricorsi proposti avanti al T.A.R. Umbria i dott. (omissis), medici in servizio presso l’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni, domandavano il riconoscimento del plus orario effettuato e della indennità di ferie non godute per cause dipendenti dall’amministrazione sanitaria in relazione ad esigenze di servizio.
2. Nel giudizio di prime cure restava contumace la Regione Umbria, mentre si costituiva l’intimata Azienda Ospedaliera, che svolgeva le proprie difese, eccependo il difetto di giurisdizione nonché, nel merito e in subordine, la prescrizione delle avverse pretese.
3. Con sentenza non definitiva n. 463 del 9.8.2004 il T.A.R. Umbria, riuniti i ricorsi, affermava la propria giurisdizione in ordine ad essi e li dichiarava ricevibili, ordinando all’amministrazione di depositare la relazione indicante i giorni di ferie non godute da ciascun dipendente nonché adottando le ulteriori statuizioni per il prosieguo del giudizio.
4. Avverso tale sentenza parziale proponeva appello l’Azienda Ospedaliera, lamentandone l’erroneità, per aver ritenuto il primo giudice infondatamente la propria giurisdizione, nonostante i ricorsi fossero stati depositati dopo la data del 15.9.2000, in affermata violazione dell’art. 45 del d. lgs. 80/1998.
5. Si costituivano in fase di gravame gli appellati, domandando di respingere l’avversario ricorso in quanto infondato.
6. Successivamente il medesimo T.A.R. Umbria, con sentenza definitiva n. 25 del 26.1.2006, dopo aver preso atto che i ricorrenti avevano dichiarato di non aver più interesse al pagamento del plus orario effettuato, dichiarava il loro diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, oltre agli accessori, nel ritenuto limite del termine prescrizionale di cinque anni.
7. Avverso tale sentenza definitiva proponevano, a loro volta, distinto ricorso in appello i ricorrenti in prime cure, lamentando l’erronea applicazione del termine quinquennale di prescrizione anziché di quello decennale da parte del T.A.R. ed eccependo, comunque, l’interruzione della prescrizione per l’intervenuto riconoscimento del loro diritto da parte dell’amministrazione sanitaria.
8. Si costituiva nel secondo giudizio di gravame l’Azienda Sanitaria appellata, instando per il rigetto dell’appello.
9. Alla pubblica udienza del 10.5.2013, nella quale venivano chiamati entrambi i giudizi, il Collegio li tratteneva in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente i due ricorsi, il primo dei quali è stato proposto dall’Azienda Sanitaria contro la sentenza parziale affermativa della giurisdizione del giudice amministrativo e il secondo da parte dei dipendenti contro la sentenza definitiva che ha riconosciuto il loro diritto all’indennità sostitutiva delle ferie nei limiti della prescrizione quinquennale, devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., attese le evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva che intercorrono tra le rispettive impugnazioni.
2. Quanto al primo ricorso, con il quale l’Azienda Sanitaria si duole che erroneamente il T.A.R. avrebbe ritenuto sussistente la propria giurisdizione benché i ricorsi fossero stati depositati in prime cure dopo la data del 15.9.2010, rileva il Collegio che esso è infondato e deve essere respinto.
3. Il T.A.R. ha osservato, sul punto, che i ricorsi erano stati notificati il 15.9.2000, ritenendo irrilevante che essi fossero stati depositati il successivo 13.10.2000, in quanto il termine del 15.9.2010, stabilito dall’art. 45, comma 17, del d. lgs. 80/1998, deve intendersi riferito alla notifica e non già al deposito del ricorso.
3.1. Correttamente il giudice di prime cure ha statuito che fosse stato rispettato dagli originari ricorrenti, odierni appellati, il termine del 15.9.2000 previsto dall’art. 45, comma 17, del d. lgs. 80/1998 per la proposizione del ricorso avanti al giudice amministrativo sulla scorta della considerazione che, a tal fine, rileva la notifica e non il deposito del ricorso.
3.2. Al riguardo basta rammentare, infatti, che la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 213 del 26.5.2005, ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di incostituzionalità sollevate al riguardo, sottolineando che il momento della proposizione di una controversia deve ricondursi all’atto della notifica del ricorso e non del successivo deposito in giudizio.
3.3. Il Collegio ritiene quindi, proprio sulla scorta di tale fondamentale pronunciamento della Corte Costituzionale, che la questione debba essere risolta prestando adesione all’ormai maggioritario orientamento giurisprudenziale, dal quale non si rinvengono ragioni onde discostarsi, secondo cui al fine della corretta discriminazione dei limiti temporali per l’individuazione della giurisdizione in materia di controversie attinenti al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti deve farsi riferimento alla data di notifica dell’atto introduttivo di giudizio e non a quella del successivo perfezionamento del rapporto processuale che si realizza con il deposito del ricorso, in quanto il richiamo contenuto nell’art. 45, comma 17, del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80 alla data del 15 settembre 2000, deve considerarsi come termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale e non come limite temporale della persistenza della giurisdizione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 4.6.2010, n. 3554; Cons. St., sez. V, 18.2.2009, n. 946; Cons. St., Sez. VI, 8.8.2008, n. 3909; Cons. St., sez. VI, 13.6.2008, n. 2939; Cons. St., Sez. V, 21.6.2007, n. 3390; Cons. St., sez. IV, 27.11.2010, n. 8259).
3.4. La questione può ormai dirsi pacifica ed in tal senso si sono pronunciati, come detto, sia la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 213 del 26 maggio 2005, sia la Corte di Cassazione con la sentenza delle Sez. Un., 15.1.2007, n. 616, sia questo Consiglio di Stato che, in particolare, ha precisato come la norma “ha stabilito il termine del 15 settembre 2000 non al fine di delimitare il rapporto tra giurisdizione amministrativa ed ordinaria, bensì allo scopo di fissare un limite interno alla giurisdizione amministrativa nell’ottica della previsione di una decadenza sostanziale dall’azione” (Cons. St., sez. VI, 27.6.2005, n. 3394).
3.5. Ne segue, dunque, che sussiste la giurisdizione del g.a. a conoscere la presente controversia, come ha ritenuto il T.A.R., nella sentenza parziale in oggetto, con statuizione immune da censura, dovendosi qui solo precisare che la cognizione del g.a. è limitata, conformemente a quanto dispone il cennato art. 45, comma 17, del d. lgs. 80/98, alle questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30.6.1998.
4. È fondato, invece, l’appello proposto dai dipendenti medici, i quali hanno dedotto che erroneamente il T.A.R., nella sentenza definitiva del primo giudizio, avrebbe applicato la prescrizione quinquennale anziché quella decennale alla loro pretesa, avente ad oggetto l’indennità sostitutiva delle ferie non godute.
4.1. La censura merita accoglimento.
Non è corretta, infatti, la disciplina della prescrizione che il giudice di prime cure ha inteso applicare alla fattispecie in questione.
Contrariamente a quanto ha ritenuto il primo giudice, infatti, la prescrizione del diritto in questione è decennale, trattandosi di un credito che non ha natura retributiva, ma risarcitoria del disagio subito dal lavoratore che non ha fruito di un diritto costituzionalmente garantito e non rinunciabile (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 29.11.2005, n. 6710)
4.2. Anche la Corte di Cassazione, con giurisprudenza ormai costante, ha ribadito che l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non retributiva, ma risarcitoria e pertanto è soggetta, ai sensi dell’art. 2946 c.c., alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente anche in pendenza del rapporto di lavoro (v., ex plurimis, Cass., sez. L, 11.5.2011, n. 10341).
È peraltro significativo notare, in tale prospettiva e in consonanza con tale consolidato orientamento, che proprio di recente l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, seppur con riferimento alla fattispecie del danno da usura psicofisica, ha chiarito, con la sentenza n. 7 del 19.4.2013, che la relativa domanda, essendo diretta ad indennizzare ai sensi dell’art. 2059 c.c. il lavoratore per il predetto danno correlato all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro, si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., avendo anch’essa natura risarcitoria e non retributiva.
4.3. L’applicazione del termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c., da parte del primo giudice, è dunque erronea.
Ne segue che, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere riconosciuto agli odierni appellanti il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie non godute per fatti indipendenti dalla loro volontà nel periodo che intercorre tra il 30 giugno 1998, a ritroso, fino al settembre 1995, indennità comprensiva anche dell’importo per le ferie pregresse non godute per la somma corrispondente a quelle comunque risultanti dalla busta paga del mese di settembre 1995 e successive.
4.4. Le somme dovute a titolo di indennità sostitutiva di ferie, avendo natura risarcitoria, costituiscono debito di valore e sono soggette a rivalutazione.
Su tali somme sono dovuti, peraltro, gli interessi legali, essendo la presente fattispecie, proprio per la sua natura risarcitoria, estranea alla previsione dell’art. 22, comma 36, della l. 724/1994, diversamente da quanto ha ritenuto il giudice di prime cure sulla base dell’erroneo assunto della sua natura retributiva.
Deve tuttavia escludersi che la base di calcolo dei suddetti interessi possa essere quella della somma rivalutata al momento della liquidazione, se gli interessi vengono fatti decorrere – come consente il sistema – dal momento del fatto illecito, perché con tali modalità si attribuirebbe al creditore un valore a cui egli non ha diritto.
Gli interessi non costituiscono un debito di valore, infatti, ma un criterio di commisurazione del danno da ritardato conseguimento di una somma di denaro che, all’epoca del fatto, era – per definizione – non rivalutata.
Gli interessi legali dovranno perciò essere calcolati sulle somme via via rivalutate di anno in anno, fino all’effettivo soddisfo, secondo i criteri stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 17.2.1995.
4.5. Le intimate amministrazioni devono essere quindi condannate, ciascuna per quanto di ragione e senza vincolo di solidarietà, al pagamento dell’indennità suddetta e degli inerenti accessori nella misura sopra precisata.
5. Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono, in solido, la soccombenza delle intimate amministrazioni.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), previa riunione delle impugnazioni sopra indicate, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dall’Azienda Sanitaria Ospedaliera “S. Maria” di Terni, come in epigrafe proposto avverso la sentenza n. 463/2004 del T.A.R. Umbria, lo respinge.
Accoglie l’appello proposto da (omissis) e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza n. 24/2006 del T.A.R. Umbria, condanna l’Azienda Sanitaria Ospedaliera “S. Maria” di Terni e la Regione Umbria, per quanto di competenza e senza vincolo di solidarietà, al pagamento, in favore dei predetti, dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute nel periodo che intercorre tra il 30 giugno 1998, a ritroso, fino al settembre 1995, indennità comprensiva anche dell’importo per le ferie pregresse non godute per la somma corrispondente a quelle comunque risultanti dalla busta paga del mese di settembre 1995 e successive.
Condanna in solido l’Azienda Sanitaria Ospedaliera “S. Maria” di Terni e la Regione Umbria a rifondere in favore di (omissis), le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida nell’importo di € 10.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2013

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