Falsa dichiarazione dei redditi: precluso l’accesso al beneficio del gratuito patrocinio (Cass. pen. n. 25409/2012)

Redazione 27/06/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Cagliari revocava di ufficio, su richiesta dell’Agenzia delle Entrate, il provvedimento con il quale C. R. era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato: secondo gli accertamenti svolti dall’ufficio finanziario, i redditi del nucleo familiare della C. relativi al 2007 sarebbero stati pari a Euro 11.929,00 e quindi superiori al limite per il beneficio.

Ricorre per cassazione la C. osservando che: a) nell’istanza di ammissione era stato precisato che il reddito era pari a Euro 0,0 perchè la C. era stata licenziata con lettera del 18 maggio 2007 allegata all’istanza stessa; b) il licenziamento era avvenuto dopo la presentazione dell’ultima dichiarazione dei redditi e prima della presentazione dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, e quindi il giudice non avrebbe dovuto tener conto del reddito dichiarato nell’anno precedente in quanto non più corrispondente alla realtà.

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Il principio di diritto evocato dalla ricorrente – secondo cui in tema di patrocinio a spese dello Stato, sono rilevanti le variazioni di reddito, intervenute successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, le quali comportino un ammontare inferiore del reddito già indicato – non risulta pertinente nella concreta fattispecie. Detto principio, infatti, presuppone pur sempre una (precedente) fedele dichiarazione reddituale, corrispondente, cioè, alla effettiva condizione dell’istante. Nel caso in esame, invece, per come accertato dall’Agenzia delle Entrate, la C. aveva reso una dichiarazione rivelatasi oggettivamente non corrispondente alla effettiva sua situazione reddituale. Giova ricordare la decisione n. 6591/09 (cc 27/11/2008) delle Sezioni Unite – nell’occasione chiamate a pronunciarsi in ordine agli elementi costitutivi del reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 – con la quale è stato precisato che la falsità delle indicazioni contenute nell’autocertificazione deve ritenersi connessa “all’ammissibilità dell’istanza non a quella del beneficio (art. 96, comma 1), perchè solo l’istanza ammissibile genera obbligo del magistrato di decidere nel merito, allo stato”. Dunque, non assume importanza, in presenza di una dichiarazione rivelatasi non corrispondente alla reale situazione reddituale, nemmeno l’effettivo ammontare del reddito; in tal senso si sono ancora esplicitamente espresse le Sezioni Unite con la richiamata decisione, laddove hanno avuto modo di precisare, in motivazione, testualmente quanto segue:

“L’inganno potenziale, della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito, sussiste quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito, previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio”.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione