Falsa attestazione di assenza di precedenti penali in autocertificazione allegata a richiesta di iscrizione alla Camera di commercio (Cass. pen. n. 47117/2012)

Redazione 05/12/12
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Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Messina, con sentenza emessa il 16/01/2012, confermava la sentenza del Tribunale di Messina, in data 13/02/2008, appellata da G. S. imputato del reato di cui agli artt. 46, 76 d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 – per avere falsamente attestato, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata alla Camera di Commercio di Messina, al fine di comprovare i requisiti morali necessari per ottenere l’iscrizione al REC, ai sensi dell’art. 2 L. 287/1991 di non avere precedenti penali; il tutto nonostante avesse riportato una condanna per furto aggravato — e condannato alla pena di mesi tre di reclusione.
2. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 , lett. b) ed e) cod. proc. pen. 2.1. In particolare il ricorrente esponeva:
a)che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato;
b)che andavano concesse le attenuanti di cui agli artt. 62 n. 4, 6 cod. pen., nonché quelle generiche; la pena inflitta era eccessiva; andava concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1° grado — i due provvedimenti si integrano a vicenda — ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.
1.1. In particolare i giudici di merito, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, hanno accertato che G. S. nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti — nella dichiarazione sostitutiva della certificazione presentata alla Camera di Commercio di Messina, aveva mendacemente dichiarato di possedere i requisiti morali necessari per ottenere l’iscrizione al REC, ai sensi dell’art. 2 L. 287/1991, nonostante avesse riportato una condanna per furto aggravato, della quale non aveva fatto menzione alcuna nella predetta dichiarazione sostitutiva.
Ricorrevano pertanto nella fattispecie in esame gli elementi costitutivi del reato di cui agli artt. 46 e 76 d.P.R. 445/2000, come contestato in atti.
2. Le censure dedotte nei ricorso — quanto alla responsabilità penale dell’imputato — sono generiche perché meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello, già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale. Sono infondate perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito (vedi sent. 2° grado pagg. 1, 2; sent. 1° grado pag. 1).
Dette doglianze, peraltro — quantunque prospettate come violazione di legge e/o vizio di motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cpp – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poiché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all’art. 606 cod. proc. pen. I [Giurisprudenza consolidata: Sez. U, n. 6402 del 02/07/1997, rv 207944; Sez. I U, n. 930 del 29/01/1996, rv 203428; Sez. I, n. 5285 del 06/05/1998, rv 210543; Sez. V, n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Sez. V, n. 13648 del 14,/04/2006, rv 233381].
3. Le censure relative al trattamento sanzionatorio sono del tutto generiche, perché prive della indicazioni specifica e pertinente delle ragioni da porre a base delle doglianze medesime (vedi in particolare il riferimento agli artt. 62 n. 4 e 6 cod. pen.). Sono, altresì, infondate, avendo la Corte Territoriale congruamente motivato sul punto in esame, evidenziando: a) che i precedenti penali dell’imputato erano ostativi alla concessione delle attenuanti generiche; b) che la misura della pena era conforme ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.; c) che l’imputato aveva già usufruito per tre volte del beneficio della sospensione, con conseguente esclusione della possibilità di ulteriore concessione del predetto beneficio, ostandovi il dettato di cui all’art. 164, commi 1 e 4, cod. pen. 4. Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto da G. S. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si determina in € 1.000,00.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 25 ottobre 2012.

Redazione