Fallimento: la prescrizione della responsabilità decorre dalla pubblicazione del bilancio (Cass. n. 12065/2013)

Redazione 17/05/13
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Svolgimento del processo

La Curatela del Fallimento della s.r.l. T.E.A.-Tecnologie Elettriche ed elettroniche ********, dichiarato dal Tribunale di Napoli con sentenza del (omissis), ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, in epigrafe indicata, che ha accolto l’appello proposto da P.G. (amministratore unico della società dal marzo 1990 al marzo 1993, e ritenuto amministratore di fatto nel periodo successivo) e di sua moglie R.A. avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli aveva dichiarato la responsabilità del P. per violazione dei doveri inerenti alla carica, condannato il medesimo al risarcimento del danno liquidato in Euro 77.468,53 e revocato l’atto in data 2 dicembre 1993 con il quale egli aveva costituito con la R. in fondo patrimoniale le quote di sua pertinenza di un immobile e di alcuni beni mobili. La Corte napoletana ha rigettato l’azione di responsabilità esercitata dalla Curatela – e di conseguenza anche la domanda di revoca a norma dell’art. 2901 c.c., della costituzione del fondo patrimoniale- ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal P. e disattesa dal primo giudice. A tal riguardo, premesso che rettamente il Tribunale aveva tenuto conto della concorrenza nell’azione di responsabilità esercitata dal Curatore tanto dell’azione esercitabile dalla società a norma dell’art. 2393 c.c., quanto di quella esercitabile dai creditori sociali a norma dell’art. 2394 c.c., (entrambi nel testo previgente alla riforma), ha tuttavia ritenuto che, con riferimento ad entrambe le azioni, la notifica in data 6 maggio 1998 dell’atto di citazione in primo grado sia avvenuta oltre il termine quinquennale di prescrizione stabilito dall’art. 2949 c.c.. Ciò tenendo conto, da un lato, della cessazione dalla carica del P. nel marzo 1993 e dell’erroneo accertamento da parte del primo giudice della gestione di fatto della società da parte del medesimo anche dopo la nomina del nuovo amministratore, e, d’altro lato, dell’accertata insorgenza nel corso dell’esercizio 1992 della insufficienza del patrimonio sociale alla soddisfazione dei creditori della società, sì che la decorrenza iniziale del termine prescrizionale deve, al più tardi, collocarsi alla data del 31 dicembre 1992 di chiusura dell’esercizio con una perdita accertata in bilancio di L. 206 milioni su un capitale di L. 90 milioni. Al riguardo, ha ritenuto la Corte territoriale che l’art. 2394 c.c., comma 2, deve interpretarsi nel senso, coerente anche con la norma generale dell’art. 2935 c.c., che ciò che rileva ai fini della decorrenza iniziale della prescrizione è il dato obiettivo dell’insufficienza patrimoniale, non la sua conoscibilità da parte dei creditori sociali a seguito della pubblicazione del bilancio avvenuta in data 29 maggio 1993, in quanto dalla pubblicazione del bilancio non deriva la possibilità legale dell’esercizio del diritto ma solo un’impossibilità di fatto.

Al ricorso resistono, con controricorso e ricorso incidentale in ordine alla compensazione delle spese, il P. e la R.. Il Fallimento ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

I due ricorsi avverso la medesima sentenza debbono essere riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c..

1. Con il primo motivo del ricorso principale viene censurato, sotto il profilo della violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, il rigetto della eccezione di inammissibilità della prospettazione in appello di un nuovo profilo della prescrizione: il Fallimento ribadisce che controparte aveva, nel costituirsi in primo grado, proposto l’eccezione di prescrizione esclusivamente con riguardo al decorso del termine dalla cessazione dalla carica di amministratore, e che solo in atto di appello ha, in violazione della norma richiamata, introdotto il diverso tema della decorrenza dal momento in cui si è manifestata la insufficienza patrimoniale.

1.1. La doglianza è priva di fondamento, in quanto non intercetta pienamente la ratio decidendi della statuizione impugnata. La Corte di merito: a) ha precisato che le questioni sulla decorrenza del termine prescrizionale in relazione alla responsabilità nei confronti dei creditori sociali (art. 2394 c.c., comma 2), e quindi sulla distinzione tra il fenomeno della insufficienza patrimoniale e quello della insolvenza della società, erano state introdotte nel dibattito processuale in primo grado dalla stessa ******** (nell’atto di citazione, nelle note depositate ex art. 183 c.p.c., e nella comparsa conclusionale) ed erano state esaminate dal Tribunale nella sentenza appellata; b) ha quindi concluso che l’appellante, nel lamentare la erronea valutazione di tali circostanze da parte del tribunale, non ha allegato fatti nuovi precedentemente non esaminati, nè ha violato il principio del contraddittorio sotteso all’art. 345 c.p.c.. Tali argomentazioni, peraltro non specificamente contestate in ricorso, meritano condivisione, considerando anche che – come questa Corte più volte ha avuto modo di affermare (cfr. ex multis: Sez. L n.21752/10; Sez. 1 n. 11843/07; S.U. n. 10955/02; S.U. n. 11720/1998) – l’elemento costitutivo della eccezione di prescrizione è la allegazione dell’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la individuazione del termine applicabile o del momento iniziale o finale di questo costituisce questione di diritto che compete al giudice esaminare, previa attivazione del contraddittorio tra le parti (che, come detto, nella specie non è mancato).

2. Con il secondo motivo del ricorso principale, si censura, sotto il profilo della violazione degli artt. 2394 e 2949 c.c., nonchè sotto quello del vizio di motivazione, la statuizione in ordine alla decorrenza iniziale della prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti dei creditori sociali.

Si sostiene che l’art. 2394 c.c., dispone che l’azione può essere proposta quando il patrimonio sociale risulta insufficiente, cioè dal momento in cui tale insufficienza si sia manifestata e sia dunque conoscibile: ciò – ove si ritenga provato che l’insufficienza patrimoniale coincida con l’accertamento di perdite che hanno assorbito l’intero patrimonio sociale – non può comunque affermarsi fino a che il bilancio non è reso pubblico, il che nella specie è avvenuto il 29 maggio 1993, con la conseguenza che la notifica della citazione in data 11 maggio 1998 sarebbe avvenuta prima del compimento del termine quinquennale di prescrizione.

2.1. Il motivo è fondato. Il Curatore che esercita a norma della *******., art. 146, l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società fallita, nella quale confluiscono entrambe le azioni previste dal codice civile a favore della società e dei creditori sociali, può avvalersi sia del regime della sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 7, (che, come precisato dall’art. 2393, nel testo modificato dalla riforma del 2003, successiva peraltro ai fatti qui in discussione, comporta la decorrenza della prescrizione dell’azione sociale dalla cessazione dell’esercizio delle funzioni amministrative) sia del regime della prescrizione dell’azione dei creditori sociali, la cui decorrenza è stabilita dall’art. 2394 c.c., comma 2, nel momento in cui “il patrimonio sociale risulta insufficiente al pagamento dei loro crediti”. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la presunzione relativa che tale momento coincida con la data di dichiarazione dello stato di insolvenza della società (nella specie emessa circa un anno prima dell’esercizio dell’azione in esame) può essere vinta dal convenuto il quale eccepisca la prescrizione deducendo una (per lui più favorevole) decorrenza anteriore, assumendo quindi su di sè l’onere della prova relativa (cfr. ex multis: n. 5287/98; n. 15074/00; n. 9815/02; n. 941/05; n. 20476/08; n. 17121/10). Egli ha dunque, in tal caso, l’onere di dimostrare il momento in cui l’eccedenza delle passività sulle attività si sia manifestata, cioè resa oggettivamente conoscibile all’esterno della società stessa da parte di tutti i suoi creditori: in tal senso viene diffusamente interpretata, non solo dalla giurisprudenza richiamata ma anche da autorevole dottrina, l’espressione “risulta” contenuta nell’art. 2394 c.c., comma 2, della quale non sfugge il chiaro riferimento ad un dato di fatto ulteriore rispetto alla sola verificazione della insufficienza patrimoniale, che è appunto la sua oggettiva conoscibilità da parte dei terzi.

Ne deriva che ove – come nella specie si desume dalla sentenza impugnata e dal ricorso del P. (cfr. pag. 17) – sia incontroverso tra le parti che l’insufficienza patrimoniale si sia verificata per le perdite maturate nel corso dell’esercizio sociale chiuso al 31.12.1992 (pur non essendo tale insufficienza situazione immediatamente coincidente nè con la perdita del capitale sociale nè con lo stato di insolvenza – cfr. Cass. n. 5287/98; n. 941/05; n. 20476/08-) e che di essa fosse possibile per ogni creditore avere cognizione con l’esame del bilancio di tale esercizio, la decorrenza della prescrizione non può farsi coincidere con la data del 31.12.1992 per il fatto solo che ad essa fa riferimento la rilevazione dei dati contenuta nel documento di bilancio, dovendo invece tenersi conto della data in cui il bilancio è stato pubblicato, cioè reso conoscibile ai terzi a norma dell’art. 2435 c.c., nel Registro delle imprese istituito presso la Camera di Commercio competente L. n. 580 del 1993, ex art. 8. La contraria opinione espressa dalla Corte territoriale – secondo la quale la non conoscibilità del bilancio da parte dei terzi creditori opererebbe solo quale impedimento di fatto, alla stessa stregua della soggettiva ignoranza della possibilità di esercizio del diritto – non sembra tener conto della inequivoca indicazione normativa fornita dall’art. 2392, comma 2, (nel senso sopra esposto), che vale anche a definire l’applicazione, nell’ambito speciale di rapporti che tale norma è destinata a regolare, della norma generale contenuta nell’art. 2935 c.c., dando specifico rilievo alla possibilità di conoscere la situazione di fatto dalla quale deriva il diritto dei creditori di agire.

3. Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, restando in tale pronuncia assorbito il terzo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale, riguardante il regolamento delle spese espresso nella sentenza stessa. La causa deve essere conseguemente rinviata alla Corte d’appello di Napoli, che in diversa composizione procederà ad un nuovo esame delle cause riunite (anche con riguardo alle altre questioni non esaminate in quanto assorbite) regolando anche le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2013.

Redazione