Fallimento: cartella esattoriale notificata entro due anni dall’accertamento definitivo (Cass. n. 22437/2012)

Redazione 10/12/12
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Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 14.3.2011 è stato notificato al Fallimento M.V. e ad “Rquitalia Polis spà” un ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata l’8.03.2010), che ha respinto l’appello proposto dall’Ufficio di Aversa dell’Agenzia delle entrate contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Casella n. 388/15/2007, che aveva accolto il ricorso della curatela fallimentare avverso cartella di pagamento per IRPEF-ILOR relative agli anni 1991-1992.

La curatela fallimentare si è costituita con controricorso;

Equitalia Polis si è costituita con il deposito della sola procura speciale al difensore.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 28.11.2012, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

La menzionata cartella esattoriale scaturisce dall’iscrizione a ruolo delle imposte dovute da M.V. per gli anni 1991-1992 ed accertate con avvisi notificati in data 5.6.1996 sia al M. (che ne aveva fatto impugnazione) che alla curatela (che invece non li aveva impugnati, rimanendo inerte). Solo a seguito dell’esito del N giudizio proposto dal M. per l’impugnazione dei predetti avvisi ed a seguito della conseguente iscrizione a ruolo a titolo definitivo, la cartella esattoriale era stata notificata (il 17.11.2006) alla curatela fallimentare, la quale ultima ne aveva fatto impugnazione assumendo che la cartella medesima fosse ormai tardiva, per essere decaduta l’Amministrazione dal potere di esercitare l’azione esecutiva, tenuto conto della data in cui gli avvisi erano stati notificati, ormai risalente a più di dieci anni prima della notifica della cartella esattoriale.

L’adita Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della curatela fallimentare con sentenza che l’Ufficio ha appellato onde evidenziare l’errore asseritamele commesso dal giudice di primo grado nel collegare il termine ultimo per la notifica della cartella con la data di notifica degli avvisi di accertamento, anzicchè con la data (8 gennaio 2006) del passaggio in giudicato della sentenza conclusiva de procedimento instaurato dal M. innanzi alle commissioni tributarie.

L’appello interposto dalla parte pubblica avanti alla CTR di Napoli è stato disatteso, con conferma della ratio della decisione gravata.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata sulla base del rilievo che – attesa l’inerzia della curatela fallimentare ed avendo il fallito esercitato egli stesso l’azione di impugnazione dell’avviso di accertamento per crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento, con esito di sentenza che l’Agenzia pretendeva di far valere nei confronti della procedura fallimentare, per quanto questa non vi avesse preso parte, mentre vi aveva preso parte il solo fallito che non aveva titolo a rappresentare la massa dei creditori – l’avviso di accertamento notificato al curatore fallimentare dell’epoca si era reso definitivo nei confronti della massa fallimentare e ciò con riferimento al dies a quo della data di notifica al predetto curatore. Da detta data di definitività decorrevano – pertanto – i termini per l’emissione della relativa cartella di pagamento ai fini dell’inserimento tra i debiti della massa, sicchè l’omesso tempestivo invio aveva determinato la decadenza a carico dell’Amministrazione e la tardività della cartella notificata solo in data 17.11.2006, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione proposto dal Ministero e dall’Agenzia è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite in Euro 250.000,00 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Motivi della decisione

6. Rilievo preliminare.

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero delle Finanze, così come eccepito dalla parte controricorrente.

Il Ministero, infatti, non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il 1 gennaio 2001 – data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali – dal solo Ufficio locale dell’Agenzia) sicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente grado.

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione della *******. n. 267 del 1942, art. 43, e della L. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con l’anzidetto motivo le parti ricorrenti prospettano che – essendo l’incapacità processuale del fallito non assoluta ma relativa, sicchè il fallito può agire giudizialmente nei limiti in cui gli organi della curatela si disinteressino dei diritti patrimoniali del fallito stesso ed il difetto di legittimazione del fallito medesimo è rilevabile solo sulla scorta dell’eccezione della curatela – gli avvisi di accertamento notificati nella specie di causa alla curatela avevano acquistato e conservato piena efficacia nell’ambito della procedura fallimentare, sicchè la curatela non avrebbe avuto titolo per eccepirne l’inefficacia.

D’altronde, gli effetti del giudizio incardinato dal fallito si erano estesi nei confronti della curatela fallimentare: in seguito all’impugnazione del fallito, infatti, l’Amministrazione non aveva potuto procedere all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo dei carichi tributali compresi negli avvisi di accertamento (per l’impedimento costituito dalla previsione dell’art. 68 dianzi menzionato) e vi aveva provveduto solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che aveva chiuso il processo instaurato dal fallito stesso. Perciò, aveva errato la CTR a collegare il termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento alla scadenza del termine per impugnare gli avvisi di accertamento da parte del curatore, così riferendo detto decorso ad un momento in cui l’Amministrazione non avrebbe potuto provvedere all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo.

La doglianza è infondata e da disattendersi.

Siccome rileva anche la parte controricorrente, il motivo di impugnazione – pur fondato sulla censura di violazione di plurime disposizioni di legge, non reca puntuale delineazione delle specifiche previsioni normative che la pronuncia qui impugnata avrebbe violato, salvo affermare che il riferimento del dies a quo del decorso del termine di decadenza alla data della definitività dei provvedimenti impositivi determinati dall’avvenuta notifica alla curatela fallimentare contrasta con la disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, nella parte in cui (deve arguirsi per implicito dagli assunti di parte ricorrente) detta la regola che consente la riscossione solo a titolo provvisorio dei tributi, in pendenza del processo instaurato contro il titolo che li contempla.

Cosi delineato l’esclusivo thema decidendum che può essere desunto dalla prospettazione delle questioni poste a fondamento dell’impugnazione – e rilevato preliminarmente che, in quest’ottica, appare sufficientemente specifico e pertinente il motivo di censura proposto nei riguardi della decisione di secondo grado – viene subito pertinente evidenziare che con recente arresto (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 4126 del 15/03/2012) le Sezioni Unite di questa Corte – componendo un contrasto in precedenza delineatosi tra le pronunce delle sezioni semplici – hanno insegnato che “La domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente ad oggetto un credito di natura tributaria, presentata dall’Amministrazione finanziaria, non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza della documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su titolo di diverso tenore. (Nella specie, la domanda va fondata su titoli erariali, fogli prenotati a ruolo, sentenze tributarie di rigetto dei ricorsi del contribuente)”.

Nella parte motiva della pronuncia – e dopo avere evidenziato che il D.P.R. n. 602 del 1973, prende dapprima in considerazione le modalità di riscossione delle imposte, fra le quali quella realizzata mediante ruolo e tramite concessionario (titolo I), prevede poi l’ipotesi di mancato pagamento nonostante il ruolo e la notificazione dell’avviso di mora (titolo 2A), stabilisce infine che, in tal caso, l’esattore può procedere esecutivamente avvalendosi del ruolo come titolo ovvero, nell’ipotesi di pendenza di procedura concorsuale, per ottenere l’ammissione al passivo del credito insoddisfatto – le Sezioni Unite evidenziano che la predetta facoltà attribuita all’esattore non comporta, “come dato necessario ed ineludibile, la conseguenza che l’istanza di ammissione al passivo per un credito erariale debba essere sorretta dal ruolo preventivamente formato. Al contrario la disposizione in questione si limita a legittimare l’esattore, ove verificata l’intervenuta apertura di procedura concorsuale in danno del debitore, a procedere esecutivamente anche a fronte della nuova procedura in corso (in ciò confermandosi l’intento acceleratorio alla riscossione perseguito dal legislatore) ovvero ad avvalersi del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo, ai fini dell’ammissione al passivo del credito”……”tale conclusione, d’altro canto, è in sintonia con la disciplina dettata con riferimento alla domanda di ammissione al passivo (*******., art. 93), per la quale è richiesta la semplice esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, e non anche la necessaria allegazione di un titolo. Non vi è dunque ragione per ritenere che detta disciplina, stabilita in via generale per le domande di ammissione di crediti, debba essere derogata quando questa riguardi credito tributario e che al fine indicato sia indispensabile la precostituzione del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo”.

Consegue da quanto sopra evidenziato, ai fini della soluzione della questione qui controversa, che la situazione processuale nella quale l’Amministrazione creditrice sarebbe venuta a trovarsi insinuandosi al passivo della procedura fallimentare in difetto di una iscrizione a ruolo a titolo definitivo sarebbe stata del tutto identica a quella che si sarebbe determinata ove l’istanza di ammissione dell’Amministrazione fosse stata accompagnata dal ruolo. L’opposta conclusione implicherebbe – insomma – di dover attribuire al ruolo il valore di prova Segale del credito, attribuzione che non è coerente con la disciplina vigente e che neppure la parte ricorrente si è spinta a postulare, limitandosi ad affermare l’esistenza dell’impedimento desumibile dall’art. 68 menzionato ma senza argomentare e debitamente illustrare le ragioni di siffatto impedimento.

E quindi, l’assunto posto a base del motivo di impugnazione qui in esame, secondo il quale sarebbe stata comunque indispensabile la preventiva iscrizione a ruolo del credito azionato ai fini di coltivare la pretesa creditoria nell’ambito della procedura concorsuale, non appare condivisibile alla luce della disciplina che regola l’insinuazione fallimentare dei crediti erariali, la quale (per questo aspetto) in nulla differisce rispetto a quella relativa ai crediti ordinari.

Se non si tratta qui, perciò, di assumere che sia opponibile nei confronti della massa fallimentare una decisione conclusiva di un processo al quale la curatela fallimentare non ha preso parte (giacchè l’Agenzia ricorrente rivendica non già l’efficacia delle decisioni che riguardano il *****, ma bensì l’efficacia degli avvisi di accertamento notificati alla curatela fallimentare e da quest’ultima non impugnati), resta comunque che nessun impedimento di carattere giuridico può ora invocare l’Agenzia procedente ai fini di giustificare l’omessa tempestiva notifica delle cartelle esattoriali (entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di intervenuta definitività dell’accertamento), onde occorre concludere che bene ha fatto il giudice del merito a dichiararne la nullità per intervenuto difetto in capo all’Erario della potestà di pretendere l’esecuzione del credito.

La regolazione delle spese di lite è informata al criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e respinge quello dell’Agenzia delle entrate. Condanna le parti ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere le spese di questo grado di giudizio, che si liquidano in Euro 4.500,00 oltre accessori di legge ed oltre ad Euro 100,00 per esborsi.

Redazione