Evasione ritenute previdenziali: niente condizionale all’imprenditore (Cass. pen. n. 38345/2013)

Redazione 18/09/13
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RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza del 28 settembre 2012, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Casarano del 17 dicembre 2009, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui agli
artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 2 del decreto-legge n. 463 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 dei 1983, per avere omesso di versare all’Inps le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti nei periodi gennaio 2005 – novembre 2006, per complessivi euro 54345,00.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 163 cod. pen., perché la Corte d’appello avrebbe confermato la sentenza dei Tribunale in relazione alla sospensione condizionale della pena, subordinata al versamento, entro 3 mesi dal passaggio in
giudicato della sentenza, dei contributi dovuti all’Inps. Tale statuizione non sarebbe coerente con il sistema sanzionatorio, perché il giudice di merito avrebbe omesso di verificare le effettive condizioni patrimoniali del ricorrente. In via subordinata, si prospetta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 163 cod. pen. nella parte in cui consente al giudice di subordinare la sospensione della pena al pagamento di somme di denaro “di cui non sia accertata l’effettiva possibilità economica del condannato”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso, che non attiene alla responsabilità penale o alla misura della pena, ma alla sola subordinazione della sospensione condizionale alle restituzioni, è infondato.
3.1. – Deve preliminarmente rilevarsi che la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, ai sensi dell’art. 165 cod. pen., anche se non vi è stata costituzione di parte civile, a condizione che l’oggetto delle restituzioni stesse sia determinabile (sez. 2, 29 marzo 2007, n. 16629, rv. 236655). Tale obbligo va infatti tenuto distinto da quello del pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata”, che presuppone, invece, la costituzione di parte civile proprio al fine di consentire al giudice la determinazione del pregiudizio sofferto. In altri termini, soltanto gli accadimenti lesivi riconnessi causalmente in via diretta al fatto di reato, che ne caratterizzino il contenuto offensivo, possono essere presi in considerazione dal giudice al fine di arricchire di contenuti positivi la sospensione condizionale della pena.
Ciò è quanto è avvenuto nel caso di specie, in cui l’entità delle somme dovute all’Inps risulta certa e determinata nella misura indicata nell’imputazione, senza che sia necessario per il giudice procedere a ulteriori indagini sul punto.
Quanto alla specifica doglianza del ricorrente, deve rilevarsi che questa Corte ha escluso che il giudice sia tenuto a compiere un’indagine sulle condizioni economiche dell’imputato, precisando che la verifica della concreta possibilità del condannato di far fronte al|’onere restitutorio può comunque trovare la sua realizzazione in sede esecutiva (ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre 2003, n. 713, rv. 228261; sez. 3, 13 novembre 2008, n. 3197, rv. 242177).
3.2. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 163 cod. pen., nella parte in cui non esclude che la sospensione condizionale della pena possa essere subordinata al pagamento di somme di cui non sia accertata l’effettiva disponibilità in capo al condannato – proposta dal ricorrente in via subordinata – è inammissibile, per difetto di rilevanza. Il ricorrente non specifica, infatti, se egli versi concretamente, nel caso di specie, in una condizione di dissesto economico né quali siano gli elementi dai quali i giudici di merito avrebbero potuto desumere tale situazione. E ciò, a prescindere dal fatto che la questione è anche manifestamente infondata, perché prospettata in relazione all’art. 163 e non in relazione all’art. 165 cod. pen., disposizione, quest’ultima, che disciplina la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo di restituzione. Deve inoltre rilevarsi che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 49 del 1975 ha escluso l’illegittimità costituzionale dell’art. 165 cod. pen., in relazione all’articolo 3 Cost., nella parte in cui, attribuendo al giudice la facoltà di concedere la sospensione condizionale della pena subordinatamente all’effettiva riparazione del danno, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado di prestare il dovuto risarcimento. La questione è stata dichiarata infondata sul rilievo che l’art. 165 richiamato rientra tra le norme che impongono oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini, ma non determina situazioni di privilegio o di svantaggio in difetto di una giustificazione ragionevole desumibile da esigenze obiettive, ben potendo il giudice valutare la capacità economica del condannato di sopportarne l’onere. Di tale pronuncia ha costantemente tenuto conto questa Corte, la quale ha già dichiarato la manifesta infondatezza di analoga questione di legittimità costituzionale, escludendo – come visto – che il giudice sia tenuto a compiere un’indagine sulle condizioni economiche dell’imputato e precisando che la verifica della concreta possibilità del condannato di far fronte all’onere restitutorio può comunque trovare la sua realizzazione in sede esecutiva (sez. 6, 31 gennaio 2000, n. 2390, rv. 217115; cfr. anche sez. 6, 1° dicembre 2003, n. 713, rv. 228261; sez. 3, 13 novembre 2008, n. 3197, rv. 242177).
4. – Ne deriva il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2013.

Redazione