Evasione fiscale: beni dell’evasore fiscale confiscati in misura pari all’imposta evasa più le sanzioni previste e gli interessi scattati con l’accertamento (Cass. pen. n. 45849/2012)

Redazione 23/11/12
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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Perugia, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 3.2.2012, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di C.D., indagato per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 10 bis e 10 ter, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dai Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella città in data 19.10.2011 ed avente ad oggetto la somma di Euro 533.883,00, laddove giacente su conti correnti da individuare a cura della Guardia di Finanza e direttamente riconducibile alla persona dell’indagato ovvero, nell’impossibilità di ciò, i titoli, beni mobili registrati e beni immobili intestati ai medesimo, per l’equivalente della somma indicata.

Avverso tale provvedimento il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 125 c.p.p., riguardo all’omessa motivazione circa la denunciata insussistenza del fumus dei reati ipotizzati, che non può derivare dal mero controllo cartolare, nonchè la violazione di legge, per l’assenza del requisito del fumus commissi delicti stesso.

Osserva, a tale proposito, che i giudici del riesame si sarebbero limitati a ribadire la sussistenza dei fumus del reato sulla base di una informativa della Guardia di Finanza, il cui contenuto era limitato alla sola individuazione dei beni da sottoporre a sequestro, omettendo così ogni motivazione in ordine alla specifica doglianza sul punto.

Tale situazione avrebbe inoltre comportato, quale immediata conseguenza, la violazione dell’art. 322 ter c.p., e art. 321 c.p.p..

3. Con un secondo motivo di ricorso rileva la violazione di legge in relazione alla sussistenza del prezzo o profitto dei reato, sui quale i giudici non avrebbero speso parola alcuna, così come in ordine alla denunciata sproporzione “tra i delitti ipotizzati ed i beni sequestrati” ed al collegamento tra i beni ed il profitto del reato, rispetto al quale, con motivazione meramente apparente, avrebbero fatto semplicemente riferimento alla circostanza che il sequestro finalizzato alla confisca “per equivalente” è applicabile nel caso in cui non sia possibile collegare i beni direttamente al profitto o ai prezzo del reato.

Deduce infine, in subordine, la perdita di efficacia dell’ordinanza applicativa della misura reale “…perchè te decisione del Tribunale risulta depositata fuori i termini massimi di giorni 10 stabiliti dalla legge”, insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è solo in parte fondato.

Occorre osservare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il Tribunale del riesame, previo pertinente richiamo ad alcuni principi fissati da questa Corte, ha ritenuto sussistente il fumus dei reati contestati attraverso un mero richiamo ai contenuti dell’informativa della Guardia di Finanza di Gubbio dell’11.8.2011.

Ciò premesso, va ricordato, a tale proposito, che l’ambito di operatività della competenza del giudice del riesame è stato delimitato, dalla giurisprudenza di questa Corte, alla verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare che non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (SS. UU. n. 7, 4 maggio 2000, richiamata anche nel provvedimento impugnato ed altre succ. conf.), pur permanendo l’obbligo di esaminare anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del “fumus” dei reato contestato (Sez. 3^ n. 18532, 17 maggio 2010; n. 27715, 16 luglio 2010).

Va comunque rammentato che si è anche affermato che compito del Tribunale del riesame è pure quello di espletare il proprio ruolo di garanzia non limitando la propria cognizione alla astratta configurabilità del reato, dovendo invece considerare e valutare tutte le risultanze processuali in modo coerente e puntuale esaminando, conseguentemente, non solo le allegazioni probatorie del Pubblico Ministero, ma anche le confutazioni e gli altri elementi offerti dalla difesa degli indagati che possano influire sulla configurabilità e sussistenza del fumus del reato ipotizzato (ex pl., Sez. 3^ n. 27715/2010 cit.; Sez. 3^ n. 26197, 9 luglio 2010; Sez. 3^ n. 18532/2010 cit., con ampi richiami ai precedenti).

Si tratta di argomentazioni che il Collegio condivide e che chiariscono esattamente come il sindacato del Tribunale del riesame, lungi dell’estendersi ad ogni questione prospettata dell’indagato, resta comunque vincolato entro limiti ben precisi rappresentati dalla effettiva influenza della questione dedotta sulla fondatezza del fumus del reato.

Tuttavia, il ruolo di garanzia demandato ai Tribunale del riesame richiede una indicazione, ancorchè sommaria, dei motivi che, allo stato, evidenziano la fondatezza dell’ipotesi accusatorie e non può ritenersi validamente assolto, come avvenuto nella fattispecie, attraverso un richiamo del tutto generico al contenuto di una informativa della polizia giudiziaria, senza riferimento alcuno ai contenuti della stessa ed agli altri elementi indiziari che rendono superabili le deduzioni difensive e legittimamente applicata la misura reale (cfr. Sez. 3^ n. 26197, 9 luglio 2010; Sez. 3^ 26198, 9 luglio 2010, non massimata).

In mancanza di tali puntualtzzazioni la motivazione si palesa come meramente apparente e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, sul punto, con rinvio al Tribunale affinchè venga colmata l’indicata lacuna motivazionale.

5. Il secondo motivo di ricorso è invece infondato.

Il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente va riferito, nei reati tributari, all’ammontare dell’imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di “profitto”, costituito dal risparmio economico da cui consegue l’effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo (così Sez. 3^ n. 1199, 16 gennaio 2012).

La quantificazione di detto risparmio è comprensiva del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all’accertamento del debito tributario (Sez. 5^ n.1843, 17 gennaio 2012).

Nella fattispecie, detto profitto è evidentemente individuato nella somma indicata nel provvedimento impugnato e destinata all’apprensione in quanto profitto dell’illecita condotta posta in essere dall’indagato, come pure indicato nel medesimo provvedimento, nella sua qualità di legale rappresentante di una s.r.l., così evidenziandosi un concreto collegamento tra i reati contestati ed il soggetto indagato destinatario del vincolo reale.

Viene altresì espressamente chiarito che il sequestro ha colpito beni diversi da quelli direttamente collegati ai reati in contestazione nell’impossibilità di reperire i primi e che il loro valore, come emerge dalla verbalizzazione delle operazioni di esecuzione della misura, non supera l’importo della somma illecitamente sottratta al fisco.

6. Per quanto riguarda, infine, la dedotta tardività della pronuncia sulla richiesta di riesame per mancato rispetto del termine di 10 giorni di cui all’art. 324 c.p.p., comma 5, osserva preliminarmente il Collegio che, secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, il termine di dieci giorni per la decisione sulla richiesta di riesame delle misure cautelari reali è perentorio e non prorogabile, con conseguente inefficacia della misura ove detto termine non sia osservato (Sez. 3^ n. 26593, 26 luglio 2009; Sez. 3^ n. 42963, 21 novembre 2007).

Tuttavia, nella fattispecie, dalla consultazione degli atti, consentita a questa Corte stante la natura processuale della questione dedotta, emerge che la richiesta di riesame è stata depositata in data 21.1.2012 presso il Tribunale di Perugia e la ricezione degli atti (richiesti in pari data) da parte del Tribunale, dalla quale decorre il termine suddetto, è avvenuta il 26.1.2012, mentre il dispositivo del provvedimento impugnato, il cui deposito è sufficiente per il rispetto del termine, è stato redatto il 3.2.2012.

Ne consegue che il termine di cui all’art. 324 c.p.p., comma 5, è stato pienamente rispettato e che il motivo di ricorso è infondato.

7. Il ricorso deve pertanto essere accolto limitatamente al primo motivo, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio ai Tribunale di Perugia.

Redazione