Estorsione: la minaccia può anche essere manifestata in via indiretta ed implicita (Cass. pen. n. 16397/2013)

Redazione 11/04/13
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Ritenuto in fatto

Con sentenza del 9.11.2010, il Tribunale di Lecce dichiarò R.G. responsabile dei reati di cui all’art. 9 comma 1 (così qualificata l’originaria contestazione di cui al comma 2) legge n. 1423/1956 (capo a) e 116 commi 1 e 13 C.d.S. (capo c) e lo condannò alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 2.257,00 di ammenda. L’imputato fu assolto dal reato di cui all’art. 629 cod. pen. (capo b) perché il fatto non sussiste.
Avverso tale pronunzia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce propose gravame e la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 13.6.2012, in parziale riforma della decisione di primo grado, dato atto che la condanna per guida senza patente era passata in giudicato, riqualificò il reato di cui al capo a nell’originaria ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 9 legge 1423/1956, dichiarò l’imputato altresì colpevole del reato di cui al capo b), ritenuto il concorso formale e riconosciute le attenuanti generiche ed esclusa la recidiva, lo condannò alla pena di anni 3 mesi 7 di reclusione ed Euro 900,00 di multa, pena accessoria.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato il quale, dopo aver premesso che R.G. aveva richiesto ad O.A. l’autovettura di costui in prestito, che successivamente era stato aggredito da G.G. che gli aveva procurato lesioni ed aveva danneggiato il veicolo) deduce:
1. violazione della legge processuale in relazione alla mancata valutazione da parte del giudice d’appello di risultanze favorevoli all’imputato quali: che O.A. aveva dichiarato di aver prestato l’autovettura a R.; che R., dopo aver subito un’aggressione da parte di G.G. aveva dichiarato di aver avuto in prestito il veicolo; che subito dopo aver consegnato l’auto a R.O. aveva ripreso a giocare a calcio; che O. ha dichiarato che era sua intenzione presentare denunzia solo per i danni subiti dalla sua autovettura;
2. vizio di motivazione in quanto la sentenza di appello oltre a non motivare su gli elementi sopra indicati, aveva omesso di confutare adeguatamente le argomentazioni del giudice di primo grado;
3. vizio di motivazione per avere la Corte territoriale tratto conclusioni dalle dichiarazioni di O.A. non congruenti con le stesse; infatti O. ha riferito di non essere stato minacciato, ma di essersi spaventato conoscendo i precedenti di R.; ciò nonostante la Corte d’appello ha ritenuto che il comportamento di R. preludesse ad una reazione violenta laddove perdurasse il rifiuto di O.;
4. violazione di legge in quanto nel caso in esame non vi sarebbe stata alcuna condotta minacciosa o violenta, né l’intenzione di procurarsi un ingiusto vantaggio con altrui danno.

 

Considerato in diritto

Tutti i motivi di ricorso sono infondati ed in parte svolgono censure di merito.
La Corte d’appello ha ritenuto, sulla scorta delle dichiarazioni rese da O.A., che lo stesso si sia indotto a consegnare l’autovettura in quanto R.G., di cui conosceva i precedenti penali, “ha alzato il tono di voce, mi sono spaventato, poteva avere pure qualche reazione con me” (p. 4 sentenza impugnata).
Il tale valutazione di merito, fondata sul tono fermo e arrogante, assenza di spiegazioni, reiterazione della pretesa, spavalderia dell’interlocutore e mutamento del tono di voce dopo il primo rifiuto, nonché in ragione dei precedenti penali dell’imputato noti alla persona offesa (p. 5 e 6 sentenza impugnata) non vi è alcuna violazione di legge o vizio di motivazione.
Questa Corte ha infatti chiarito che la minaccia costitutiva del delitto di estorsione, oltre ad essere palese ed esplicita, può essere manifestata anche in maniera implicita ed indiretta, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19724 del 20/05/2010 dep. 25/05/2010 Rv. 247117, già citata nella sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha confutato le diverse argomentazioni del Tribunale e motivato anche in punto di elemento soggettivo e dell’esistenza dell’ingiusto profitto (disponibilità dell’auto) con danno della persona offesa (conseguente alla privazione dell’autovettura).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione