Estinzione obbligazione pecuniaria (Cass. n. 17146/2012)

Redazione 09/10/12
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Svolgimento del processo

Con sentenza del 25/1/2006 il Tribunale di Roma respingeva il gravame interposto dal sig. F.D. nei confronti della pronunzia G. di P. Roma n. 14169/04, di accoglimento dell’opposizione all’esecuzione proposta dalla compagnia Assicurazioni spa e conseguente declaratoria di nullità inefficacia ed improduttività di effetti giuridici dell’atto di precetto del 21/2/02 e dell’atto di pignoramento presso terzi del 27/4/02 da lui a quest’ultima notificati.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il F. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso la compagnia di Assicurazione spa, che ha presentato anche memoria.

 

Motivi della decisione

Con UNICO motivo il ricorrente denunzia “violazione e mancata applicazione” degli artt.1182, 1277, 2004 e 2697 cc, in riferimento all’art.360 cpc, comma 1, n.3.

Si duole che, in presenza di contrasto interpretativo al riguardo, il giudice dell’appello abbia “implicitamente aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’assegno bancario a termine inviato al creditore prima della notificazione all’atto di precetto o di pignoramento estinguerebbe immediatamente l’obbligazione pecuniaria”.

Lamenta che “la consegna di un assegno bancario – che in assenza del consenso del creditore rimane una offerta non formale – non può mai avere effetto liberatorio, anche se il rifiuto opposto dal creditore sia contrario a buona fede”.

Lamenta non essere altresì “chiaro attraverso quale principio il giudice del gravame abbia potuto dichiarare che al creditore nulla è più dovuto nonostante sia accertato che egli nulla ha percepito”, e che “il Tribunale ha dichiarato liberato il debitore, nonostante i molteplici dubbi emersi dagli atti”.

Chiede che la causa venga rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte “per dirimere il contrasto tra i due opposti orientamenti giurisprudenziali, ovvero quello secondo il quale il pagamento effettuato con assegno bancario e/o circolare non libera il debitore dall’ obbligazione”… e quello secondo cui “l’adempimento dell’obbligazione può avvenire anche tramite consegna o invio di assegni bancari e/o circolari a prescindere dalla preventiva accettazione del creditore e/o dalla effettiva monetizzazione, con effetto estintivo immediato al momento della consegna”.

Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa, con – fra l’altro – l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito.

Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all’art.366 cpc, comma 1, n.4, che il ricorso, almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonchè delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito e la sentenza impugnata (v. Cass., 23/7/2004, n.13830; Cass., 17/4/2000, n.4937; Cass., 22/5/1999, n.4998).

E’ cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v.Cass., 4/6/1999, n. 5492).

Orbene, i suindicati principi risultano non osservati dall’odierno ricorrente.

Già sotto l’assorbente profilo dei requisiti ex art.366 cpc, comma 1, n.6, e art.369 cpc, comma 2, n. 4, va posto in rilievo come il medesimo faccia richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all’”atto di citazione in opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc”, all’”atto di precetto”, al “pignoramento mobiliare del 27.4.2002″, all’”assegno bancario per L. 1.900.000”, al “precetto… divenuto inefficace per decorrenza dei termini ex art.481 cpc”, all’atto di “appello del sig. F.”, all’”assegno bancario in data 21.1.1997″, alla circostanza che “contrariamente a quanto presupposto da entrambi ì giudici del merito, l’obbligazione pecuniaria non è mai stata estinta nè prima nè dopo la notificazione dell’atto di precetto del 21.2.2002 e che ad oggi il sig. F. nulla ha percepito di quanto dovutogli dalla debitrice”, ai “molteplici dubbi emersi dagli atti”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

A tale stregua non osserva il principio da questa Corte ripetutamente – anche a Sezioni Unite – affermato secondo cui l’indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto, tale prescrizione ritenendosi soddisfatta qualora

a) il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile;

b) il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art.369 cpc, comma 2, n.4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;

c) si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art.372 cpc) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (v. Cass., Sez. Un., 25/3/2010, n. 7161; Cass., Sez. Un., 2/12/2008, n. 28547. Da ultimo v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726).

Ne consegue che non pone invero questa Corte nella condizione di effettuare il richiesto controllo (anche in ordine alla tempestività e decisività dei denunziatì vizi), da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n.12444; Cass., l/2/1995, n.1161).

L’assoluta pregnanza che il rispetto dei suindicati requisiti assume nel caso emerge con tutta evidenza, si noti, ove si consideri che lo stesso ricorrente argomenta nei suoi scritti difensivi con riferimento all’assegno bancario e/o circolare, laddove il controricorrente afferma essere il pagamento avvenuto “tramite assegno di traenza rimesso all’avv.G.T.” (v. la non numerata pag. 2 del controricorso, in atti).

Orbene, va al riguardo anzitutto sottolineato che a composizione dell’insorto contrasto interpretativo le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di porre il principio in base al quale nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 Euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare.

Nel primo caso, il creditore non può rifiutare il pagamento, come invece può nel secondo, solo per giustificato motivo, da valutarsi secondo le regole della correttezza e della buona fede oggettiva.

L’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio per il debitore si verifica, nel primo caso, con la consegna della moneta, e, nel secondo, quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno (v. Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n.26617, nonchè, conformemente, Cass., 1/12/2010, n.24402).

Alla stregua della posta interpretazione evolutiva, costituzionalmente orientata, dell’art.1277 cc si è nell’occasione al riguardo sottolineato che, se da un canto l’espressione “moneta avente corso legale nello Stato al momento del pagamento” significa che i mezzi monetari impiegati debbono riferirsi al sistema valutario nazionale, senza che possa dedursene alcuna definizione della fattispecie del pagamento solutorio, ben ammissibili debbono per altro verso ritenersi anche “altri sistemi di pagamento” idonei a garantire al creditore il medesimo effetto del pagamento per contanti, e cioè la disponibilità della somma di denaro.

Si è al riguardo espressamente negato che ad una tale conclusione osti il dettato di cui all’art.1182 cc, in ordine ai criteri di individuazione del luogo dell’adempimento, giacchè “l’obbligazione pecuniaria non è assimilabile all’obbligazione di dare cose fungibili, sicchè non risulta perfettamente adattabile lo schema di tale tipo di obbligazione, mentre assume rilevanza l’interesse del creditore alla giuridica disponibilità della somma invece che al possesso dei pezzi monetari” (cosi Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n.26617).

Si è a tale stregua quindi sottolineato che “il concetto di domicilio del creditore non coincide con il suo domicilio anagrafico soggettivamente riconducibile alla persona tisica, ma deve essere oggettivizzato e può individuarsi nella sede (filiale, agenzia o altro) della banca presso la quale il creditore ha un conto” (così Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n.26617).

Va per altro verso osservato come questa Corte abbia posto ulteriormente in rilievo (v. Cass., Sez. un., 26/6/2007, n. 14712) che l’assegno di traenza (e cioè l’assegno che una banca – inviandogli il modulo appositamente predisposto – autorizza taluno a sottoscrivere, appunto per traenza su di essa, presupponente l’esistenza presso la banca medesima della relativa provvista (non importa se fornita all’origine dalla banca stessa o da terzi) di cui il traente può disporre in favore proprio o di altro eventuale beneficiario indicato come prenditore del titolo, e la cui peculiarità riposa nell’assolvere ad una funzione corrispondente a quella del bonifico a mezzo banca benchè esso sia riconducibile al genus dell’assegno bancario (del quale ha tutte le caratteristiche, a differenza dell’assegno di conto corrente) non presuppone invero l’esistenza di una pregressa convenzione d’assegno stipulata tra la banca ed il proprio correntista (in forza della quale la banca è tenuta ad onorare gli assegni da quest’ultimo emessi entro i limiti della provvista), ma trova pur sempre fonte in un rapporto contrattuale intercorrente tra la banca e colui che ha fornito o in favore del quale è stata fornita la provvista, onde quest’ultimo è autorizzato dalla banca a darle disposizione di pagamento e quella accetta d’inviare l’assegno al soggetto che lo sottoscrive per traenza, alla cui circolazione e pagamento è applicabile la disciplina stabilita dal legislatore in materia di assegno bancario non trasferibile (trovante fondamento nell’art.43 L. assegni applicabile anche all’assegno circolare, in virtù del rinvio operato dal successivo art.86, comma 1 -, ove si prevede che l’assegno emesso con clausola di non trasferibilita può essere pagato soltanto al prenditore o a richiesta di costui accreditato sul suo conto corrente, e che il prenditore non può perciò girarlo se non ad un banchiere per l’incasso, fermo il divieto per quest’ultimo di apporvi ulteriori girate, che si hanno per non scritte, mentre l’eventuale cancellazione della clausola si ha per non avvenuta (comma 1); e che colui il quale paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento (comma 2): così la citata Cass., Sez. Un., 26/6/2007, n. 14712).

Si è pervenuti pertanto ad ammettere che le caratteristiche dell’adempimento (da Cass., Sez. Un., 18/12/2007, n.26617 inteso non già quale atto materiale di consegna della moneta contante bensì quale prestazione diretta all’estinzione del debito, per cui rilevano la condotta improntata alla dovuta diligenza del debitore e quella improntata a buona fede o correttezza del creditore) ben si rinvengono anche nell’ipotesi di pagamento a mezzo dell’assegno bancario in questione (v. Cass., 10/3/2008, n. 6291; Cass., 15/7/2008, n.19427).

Attesa la segnalata precostituzione della provvista, l’assegno di traenza integra infatti un sistema che assicura al creditore la disponibilità della somma dovuta, sicchè il pagamento con esso eseguito può essere dal creditore rifiutato solo per “giustificato motivo”.

Resta in tal caso fermo che per il debitore l’effetto liberatorio si verifica solamente nel momento in cui il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro indicata nel titolo, ricadendo sul debitore il rischio della relativa inconvertibilità (v. Cass., 10/3/2008, n. 6291; Cass.,15/7/2008, n.19427).

Orbene, emerge evidente, a tale stregua, come operi in tale ipotesi un principio esattamente contrario a quanto dedotto dall’odierno ricorrente. E, per altro verso, come risulti in ogni caso superato il contrasto interpretativo segnalato dal ricorrente.

Stante quanto sopra rilevato ed esposto deve allora osservarsi come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dell’odierno ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art.366 cpc, n.4, si risolvono in realtà nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n.20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n.8932).

Per tale via il ricorrente in realtà sollecita, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Considerato che le richiamate pronunzie di questa Corte – e in particolare quella delle Sezioni Unite – sono state emesse successivamente alla proposizione del presente ricorso, va disposta la compensazione tra le parti ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Redazione