Esistenza di un trend legislativo: sì alla compensazione delle spese di giudizio (Cass. n. 789/2013)

Redazione 15/01/13
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Svolgimento del processo a motivi della decisione

1. R. R. ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 532 del 14.5.09 della corte di appello di Genova, con cui è stato rigettato il suo appello — con conferma della sola esclusione del nesso eziologico ed affermazione della legittimazione passiva in capo alla intervenuta Gestione Liquidatoria della USL n. 4 Chiavarese, in luogo della ASL n. 4 Chiavarese — avverso la reiezione — per carenza di nesso eziologico e maturata prescrizione quinquennale decorrente dalla data della scoperta del virus della contratta epatite C – della sua domanda di risarcimento dei danni alla salute a seguito di emotrasfusione praticatale il 19.1.74, proposta il l5.10.02 nei confronti del Ministero della Salute e della ASL 4 Chiavarese davanti il tribunale di quel capoluogo; il Ministero e la Gestione Liquidatoria resistono con separati controricorsi; e, alla pubblica udienza 22.11.12, la Corte ha deciso, raccomandando una motivazione semplificata.
2. Va premesso che:
2.1. la corte ligure ha, per quel che qui interessa, fissato a non oltre il l978, a quella data ancorando la scoperta del virus dell’epatite B (qualificato come notorio in base pure a Cass. 11609/05), la responsabilità del Ministero: e così confermato, sotto il profilo del difetto di nesso causale tra condotte omissive dei convenuti e malattia, il rigetto della domanda;
2.2. la ricorrente si duole:
2.2.1. con un primo motivo — ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. — del contrasto col fatto notorio della scoperta del virus epatite B fin dal 1965 del recepimento delle cautele diagnostiche con la Circolare del Ministero della Sanità n. 1188 del 30.6.1971) e con l’indizio di tale scoperta contenuto nell’indicazione del c.t.u. nella data del 1970; e conclude con il solo seguente testuale quesito: «dica codesta Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione se, in presenza della prova di uno specifico fatto, presente in atti e, più specificamente, della risultanza derivante dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio depositata in atti, sia consentito al Giudice ricorrere alle nozioni della comune esperienza (fatto notorio) prescindendo, da dette risultanze, ovvero il medesimo sia obbligato a valutare le suddette risultanze istruttorie e possa, motivatamente, discostarsene, ricorrendo alle nozioni si comune esperienza (fatto notorio), ovvero, ancora, se in presenza, in atti, della prova di un certo fatto, sia precluso al Giudice fare ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio)»;
2.2.2. con un secondo motivo — ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. – dell*individuazione della data di conoscenza dei diversi virus trasmessi per via di emotrasfusioni; e conclude con il solo seguente testuale quesito: «Dica Codesta Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione se, in presenza di motivate considerazioni espresse nell’ambito della Consulenza Tecnica d’Ufficio, sia consentito al Giudice ricorrere i alle nozioni della comune esperienza (fatto notorio) senza indicare espressamente in sentenza le motivazioni che lo inducono a discostarsi da quanto affermato in sede di Consulenza»;
2.3. il controricorrente Ministero della Salute sostiene la correttezza della individuazione nel 1978 della data più risalente in cui configurare la sua responsabilità, alla stregua dell’intervenuta giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte e segnatamente della sentenza n. 581/08;
2.4. la controricorrente ****. Liquidatoria USL n. 4 Chiavarese, dal canto suo: ribatte che il fatto notorio può essere posto a base della decisione indipendentemente dalle prove acquisite e finanche in contrasto con esse; nega rilevanza al mero inciso della c.t.u. sull’identificazione nel 1970 della data di scoperta del virus dell’epatite B;
eccepisce che l’inesatta affermazione del notorio va fatta valere esclusivamente con revocazione per errore di fatto;
sottolinea come il richiamo della corte ligure allo specifico precedente di Cass. 11609/05 integri idonea motivazione sulla sussistenza del notorio posto a base della decisione di esclusione del nesso causale.
3. Va premesso che alla fattispecie, nonostante la sua abrogazione, continua ad applicarsi — ai sensi dell’art. 58, comma quinto, legge 18 giugno 2009, n. 69 – l’art. 366-bis cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887): pertanto, i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. devono essere corredati da quesiti che devono compendiare; a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704); invece, i momenti di sintesi o di riepilogo a corredo dei motivi di vizio motivazionale devono consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.
16002; Cass. Sez. Un., 1° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680). Inoltre, i quesiti debbono porre questioni pertinenti alla ratio decidendi, perché, in contrario, essi difetterebbero di decisività (per tutte: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 4 gennaio 2011, n. 80; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901).
4. In applicazione dei parametri e criteri di cui al punto precedente, deve osservarsi che, nella specie:
4.1. non sono assistite da autonomi momenti di sintesi o riepilogo, dotati dei rigorosi requisiti di cui al punto 4.4, le doglianze per vizi motivazionali;
4.2. le doglianza di violazione di legge sono articolate su quesiti di diritto che non si fanno carico né delle conseguenze della lamentata pretermissione delle risultanze probatorie, né delle peculiarità del caso concreto (con indicazione della data di inizio della responsabilità dell’amministrazione convenuta in rapporto all’epoca di effettiva conoscibilità almeno della prima delle tre infezioni da emotrasfusione più diffuse);
4.3. inoltre, i quesiti, per come formulati, sono manifestamente non pertinenti alla ratio decidendi, che comunque si fonda sull’ulteriore argomento dell’esclusione del nesso causale in dipendenza del tempo della trasfusione dannosa e della carenza di colpa del convenuto Ministero;
4.4. tali vizi comportano l’inammissibilità del ricorso, che va pertanto senz’altro dichiarata in dispositivo.
5. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, la procedura transattiva prevista dalla l. 29 novembre 2007 n. 222, di conversione del d.l. 159/2007 e dalla l. 24 dicembre 2007, n. 2441 per il componimento dei giudizi risarcitori per effetto di trasfusioni con sangue infetto (pur lasciando libera la P.A. di valutare se pervenire alla transazione) denota un sostanziale trend legislativo di definizione stragiudiziale del contenzioso (da ultimo confermato dal d.m. 4.5.12, pubbl. in G.U. 13.7.12) e tanto integra giusto motivo di compensazione delle spese processuali, a norma dell’art. 92 cod. proc. civ., nella formulazione — applicabile alla fattispecie — anteriore alla modifica di cui all’art. 2, co. 1, l. n. 263/2005.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso: compensa tra
le parti le spese del giudizio di legittimita.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione

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