Escluso dal concorso per Carabinieri per la presenza di un tatuaggio sulla coscia (Cons. Stato n. 6191/2012)

Redazione 04/12/12
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Fatto

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato chiesto dall’odierno appellante Ci. Ge. l’annullamento – del provvedimento con cui lo stesso era stato escluso dal concorso indetto per il reclutamento di 1552 Carabinieri in ferma quadriennale per una sua riscontrata alterazione della cute (e, più precisamente, di un tatuaggio – delle dimensioni di cm.13×8 – sulla coscia sinistra) prospettando articolati motivi di censura incentrati sui vizi di eccesso di potere e violazione di legge.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio -Sede di Roma – alla camera di consiglio del 16 febbraio 2011 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare ha deciso la causa con sentenza in forma semplificata, analiticamente e partitamente esaminando le doglianze proposte e respingendole.
Il primo giudice, premesso un articolato excursus in ordine alla normativa che regolava la fattispecie aveva rammentato che non tutti i tatuaggi costituivano, in astratto, motivo di esclusione dalla procedura concorsuale: un simile effetto era proprio soltanto di quelle alterazioni della cute che, secondo la valutazione dell’Amministrazione, assumevano una rilevanza tale da incidere negativamente (alla stregua di un giudizio di valore) sugli aspetti di idoneità fisiopsicoattitudinale indicati nel bando (e, più in generale, nella vigente normativa di settore),
Il provvedimento gravato aveva fatto riferimento alle ipotesi di cui all’art.19 della Direttiva Tecnica del 5.12.200: recante l’elenco delle imperfezioni che sono, quanto alla “Dermatologia”, causa di inidoneità al servizio militare .
Nel caso di specie, vi era stata indubbiamente un’infiltrazione patologica di sostanze chimiche nel derma dell’interessato: con ripercussioni (ed è in ciò che consistono, appunto, i “riflessi fisiognomici” menzionati dalla cennata normativa settoriale) sull’epidermide e sull’ipoderma.
Ne conseguiva che, posto per realizzare un tatuaggio, si utilizzavano sostanze di natura cancerogenetica atte a provocare la comparsa di malattie dermatologiche: quali la psoriasi e le dermatiti eczematose la p.a. – pena la violazione del principio della “par condicio” tra i candidati (e, comunque, di una specifica norma di bando: nella quale la predetta Direttiva è espressamente richiamata) – non avrebbe potuto esimersi dall’assumere la determinazione gravata, peraltro congruamente motivata e adottata, più in generale, all’esito di una procedura in cui non era dato riscontrare la sussistenza di alcun invalidante vizio di forma.
Avverso la sentenza in epigrafe l’ originario ricorrente ha proposto un articolato appello evidenziando che la motivazione della impugnata decisione era apodittica e non teneva conto della labilità ed inconsistenza del supporto motivazionale sotteso all’esclusione.
Né ai sensi dell’art. 10.8 del bando di concorso, né per quanto disposto dall’art. 19.5 della direttiva tecnica 5dicembre 2005 il modesto tatuaggio dell’appellante, collocato sotto l’inguine ed invisibile con qualsivoglia uniforme o divisa avrebbe potuto provocare l’esclusione dello stesso in quanto non esteso, non determinate alterazione “grave” quanto alle dimensioni e per “sede” del tutto invisibile indossando qualsivoglia divisa.
Il primo giudice, facendo riferimento al concetto di “pericolosità” (peraltro potenziale) del tatuaggio aveva di fatto introdotto nel sistema una (non prevista ex lege) causa di esclusione, per di più incidente su ogni tipo di tatuaggio, quali che ne fossero le dimensioni e, quindi, contra legem,
Se, infatti, la causa di esclusione in ultima analisi riposava nella circostanza che per realizzare un tatuaggio venivano iniettate nel derma sostanze cancerogene, si sarebbe dovuta disporre la indiscriminata esclusione delle procedure selettive di tutti i soggetti che ne possedessero alcuno: quali che ne fossero le dimensioni o l’ubicazione.
La sentenza era illogica e meritava riforma, previo eventuale espletamento di consulenza tecnica sulle condizioni di salute dell’appellante.
Con memoria ritualmente depositata l’appellante ha puntualizzato e ribadito le proprie doglianze facendo presente che l’opinamento reso dalla Sezione in sede cautelare contrastava con la consolidata giurisprudenza più volte affermata in simili controversie.
Con ulteriore memoria l’appellante ha ribadito che la collocazione (in area inguinale) del predetto tatuaggio lo rendeva invisibile a chiunque, quale che fosse la divisa dallo stesso utilizzata, e che pertanto (in carenza di alcun accertamento psichiatrico o di altra natura in ordine a possibili alterazioni della personalità dell’appellante) la decisione appellata era gravemente erronea e doveva essere riformata.
All’adunanza camerale del 19 luglio 2011 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare la Sezione con l’ordinanza n. 3146/2011 ha respinto l’appello cautelare ” considerato che nella fattispecie non sussistono profili che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso, e ciò in base all’orientamento già affermato per il quale il tatuaggio di grandi proporzioni assume una valenza deturpante, integrando quindi un fattore ostativo al reclutamento”.
L’appellata amministrazione ha depositato una articolata memoria chiedendo di respingere il ricorso perché infondato: la circostanza che vi fosse una alterazione della funzione fisiognomica rendeva superflua ogni ulteriore indagine circa l’ampiezza e l’allocazione del tatuaggio.
Peraltro i carabinieri prestavano servizio anche in costume da bagno, di guisa che il tatuaggio avrebbe reso possibile il riconoscimento del militare da parte di terzi (circostanza, quest’ultima, assai grave in ipotesi di infiltrazione del carabiniere in organizzazioni criminali).
Alla pubblica udienza del 4 maggio 2012 il Collegio ha emesso una ordinanza collegiale istruttoria disponendo “la convocazione dell’odierno appellante da parte del Comando Generale dell’ Arma dei Carabinieri presso idonea struttura dell’ Arma dei Carabinieri medesima dove si procederà alla vestizione dello stesso con la divisa utilizzata dall’Arma dei Carabinieri nel servizio a mare, “costituita da una canottiera ed un costume da bagno” e ad acquisizioni fotografiche in relazione alla contestata circostanza relativa alla visibilità del tatuaggio predetto con predisposizione di relazione esplicativa opportunamente documentata con foto da prodursi in 5 copie presso la Segreteria di questa Sezione entro 40 giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza.”.
Sospesa ogni determinazione in rito, sul merito, e sulle spese, la trattazione del procedimento è stata rinviata alla odierna pubblica udienza del 30 ottobre 2012.
L’amministrazione ha ottemperato alla detta richiesta facendo pervenire unitamente alla documentazione fotografica versata in atti una nota nella quale si chiariva che la motivazione del provvedimento espulsivo era incentrata (non tanto sulla “visibilità” del tatuaggio quanto) sulla refluenza dello stesso, per la sua eccentricità e particolarità, sulla personalità dell’appellante.
Con nota dell’8 giugno 2012 l’appellante ha richiesto chiarimenti in ordine all’espletamento dell’incombente istruttorio ed evidenziato che la verificazione era stata affidata alla stessa Arma dei Carabinieri e che, comunque, la divisa estiva degli stessi, ed il servizio navale, avrebbero al più determinato che l’appellante indossasse i bermuda, e giammai un costume da bagno.
Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2012 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

 

Diritto

1. L’appello è fondato e merita di essere accolto, con conseguente riforma dell’impugnata decisione, accoglimento del ricorso di primo grado, ed annullamento degli atti impugnati.
1.1. Il Collegio non ravvisa motivo per mutare convincimento rispetto alla propria consolidata giurisprudenza che ha affermato che “ai fini dell’esclusione dall’arruolamento nel Corpo dei Carabinieri, la mera presenza di un tatuaggio è di per sé circostanza neutra, che acquista una sua specifica valenza solo quando le dimensioni o i contenuti dell’incisione sulla pelle siano rivelatori di una personalità abnorme, ovvero quando sia oggettivamente deturpante della figura o incompatibili con il possesso della divisa; di conseguenza è illegittimo il giudizio di inidoneità psicofisica motivato dalla commissione medica in relazione alla presenza di un tatuaggio sul corpo dell’aspirante che, per contenuti, forma, dimensioni, era del tutto inidoneo a costituire una rilevante “?alterazione funzionale o fisiognomica ” della pelle, essendo anche collocato al di sotto del vestiario e della divisa, ivi comprese la tenuta ginnica ed alcune particolari tenute estive.”(Consiglio Stato, sez. IV, 02 marzo 2011, n. 1352).
Di converso, si è rilevato in passato che “ai sensi dell’art. 19, Direttiva tecnica del Ministero della difesa 5 dicembre 2005 è legittimo il provvedimento che dispone l’esclusione di un militare dell’Arma dei carabinieri dalla selezione riservata per l’ammissione al 16º corso biennale per allievi marescialli Ruolo Ispettori dell’Arma dei Carabinieri, in ragione della constatata presenza di alterazione acquisita della cute (tatuaggio).del braccio destro che per dimensioni determina rilevante alterazione dell’apparato cutaneo e della funzione fisionomica.”(Consiglio Stato, sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 504).
In particolare, piace al Collegio riportare per esteso una parte della motivazione della prima decisione soprarichiamata (n. 1352/2011), dalla quale possono trarsi utili elementi per chiarire le ragioni della favorevole delibazione dell’odierno appello.
Ivi si è affermato, infatti, che “l’esclusione in contestazione è stata assunta sul presupposto della rilevata presenza di due tatuaggi rispettivamente sulla gamba destra e sulla regione dorsale, circostanza per la quale ricorrerebbe ad avviso dell’Amministrazione militare l’ipotesi di non idoneità contemplata dall’art. 10 del bando di concorso secondo cui: ” costituiscono motivo di inidoneità le alterazioni acquisite dalla cute costituite da tatuaggi, quando per loro sede, dimensioni o natura sono deturpanti o contrari al decoro dell’uniforme o della persona o siano possibile indice di personalità abnorme (in tal caso da accertare con visita psichiatrica o con appropriati test psicodiagnostici) “.
Ora rileva il Collegio che il richiamo all’ipotesi di esclusione prevista dal bando è del tutto incoerente, per il fatto che nella specie non si rinvengono le condizioni di fatto e di diritto prevista dalla lex specialis per potersi fare luogo alla disposta esclusione.
Ed invero i tatuaggi in questione sono pacificamente situati in parti del corpo coperte sia con la divisa invernale sia con quella estiva e la non visibilità di tali segni induce ragionevolmente a ritenere che detti tatuaggi non sono classificabili come deturpanti.
Il concetto di deturpamento è da porsi in collegamento con la possibilità che tali segni possano essere visti e suscitare quindi visivamente e psicologicamente un giudizio di disgusto o comunque negativo dell’aspetto fisicoestetico e ciò, indubbiamente, mal si addice ad un soggetto che riveste lo status di carabiniere, di talché quando, come nella specie, tali tatuaggi sono collocati in posti coperti dell’uniforme, non possono assumere attitudine deturpante, proprio perché non percepibili.
Questo sta a significare che la sussistenza delle affermata causa di non idoneità non si può desumersi come fatto dall’Amministrazione dal mero riscontro dei tatuaggi in questione, dovendosi, invece valutare gli stessi in base alla loro visibilità (cfr Cons Stato Sez. VI 13 maggio 2010 n. 2950).
I segni impressi sulla cute potrebbero, per il vero, sempre alla luce della disciplina dettata dal bando, essere indice di personalità abnorme, ma tale evenienza non è ravvisabile nella fattispecie sia perché non risulta che siano stati esperiti gli accertamenti psichiatrici richiesti a tali fini dalla predetta normativa sia perché, in ogni caso, non v’è traccia di una motivazione in forza della quale è stato desunto, dall’esame del contenuto e delle dimensioni dei segni grafici, l’indice di una personalità abnorme dell’appellante e ciò rende senz’altro manchevole sotto il profilo motivazionale il provvedimento di non idoneità per cui è causa (cfr. Cons Stato Sez. IV 4 aprile 2007 n. 1520).
Infine, non appaiono condivisibili le ragioni specificatamente poste dal giudice di primo grado a fondamento delle prese statuizioni.
IL TAR si lascia andare, a giustificazione della legittimità del provvedimento di inidoneità, a delle conclusioni di tipo squisitamente medicoscientifiche che per la verità, specie quelle relative alla pretesa natura cancerogena dei prodotti utilizzati per le infiltrazioni, sfuggono all’apprezzamento del giudice per essere le stesse rimesse alla cognizione di un organo medicolegale e che, in ogni caso, non sono evincibili (quanto meno non lo sono in maniera netta) dalle risultanze documentali che hanno caratterizzato la vicenda all’esame.”.
Sin qui la richiamata decisione.
2. Il Collegio condivide pienamente quanto affermato dalla Sezione in precedenza con la sentenza della quale si è riportato un ampio stralcio motivazionale (ed è evidente che la situazione esaminata in detta occasione è perfettamente sovrapponibile a quella oggetto della odierna cognizione)e ritiene di dovere aggiungere una sola considerazione.
E” altresì agevole riscontrare dalla documentazione allegata alla espletata verificazione che il tatuaggio sulla coscia sinistra di parte appellante è invisibile anche laddove questi indossa la divisa estiva (canottiera e pantaloncini).
L’interpretazione resa dal primo giudice, se nella forma richiama i riferimenti normativi secondari che regolamentano la fattispecie, nella sostanza collide coi medesimi, cadendo peraltro in patente contraddizione.
Si afferma infatti (nella prima parte della motivazione della gravata decisione) che si è consapevoli della circostanza che non ogni tatuaggio è vietato; nella seconda parte della decisione, tuttavia, si valorizza la circostanza che “per realizzare un tatuaggio, si utilizzano sostanze di natura cancerogenetica atte a provocare la comparsa di malattie dermatologiche quali la psoriasi e le dermatiti eczematose”.
Orbene, posto che tutti i tatuaggi vengono eseguiti con la tecnica suindicata, se questo fosse il parametro utilizzabile per valutarne la irrilevanza, conseguenzialità logica vorrebbe che si concludesse per l’affermazione che ogni tatuaggio (comportando i detti futuri possibili inconvenienti sulla salute del soggetto che vi si è sottoposto) dovrebbe essere causa di esclusione dal reclutamento.
Così tuttavia non è, per espressa ammissione del primo giudice (sulla quale il Collegio concorda pienamente avuto riguardo alla lettera della prescrizione di cui all’art. 10 del bando di concorso).
Appare evidente allora che il parametro in ordine alla rilevanza -o meno- di un tatuaggio sulla idoneità dell’aspirante militare non è quello fatto proprio dal primo giudice (che, lo si ripete, condurrebbe sempre e comunque alla indiscriminata esclusione dalla procedura dei soggetti che rechino un tatuaggio sul derma), ma riposa nella alterazione che implichi “riconoscibilità” da parte di terzi dell’aspirante militare a cagione della visibilità del tatuaggio,ovvero che sia indizio di personalità abnorme.
3. Nel caso di specie detta “visibilità” – come dimostrato dall’esito della disposta verificazione – non sussiste, e neppure si è mai fatto riferimento ad un supposto indizio di “personalità abnorme” e da ciò discende che, in forza di quanto sopra esposto il proposto gravame va accolto, l’impugnata sentenza deve essere integralmente riformata e, in accoglimento del mezzo di primo grado deve essere annullato l’impugnato provvedimento espulsivo.
4. Sussistono, peraltro, giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 5087 del 2011 come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la decisione gravata e, in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla gli atti gravati.
Spese processuali del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012

Redazione