Esclusione dal concorso per allievi agenti della polizia di stato: la valutazione effettuata dall’amministrazione in ordine alla idoneità del candidato non può essere contraddetta da certificazioni di parte (Cons. Stato n. 1326/2013)

Redazione 05/03/13
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FATTO e DIRITTO

************** ha appellato la sentenza n. 9502/2012, depositata il 19.11.2012 e non notificata, con la quale il TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, ha respinto il ricorso, integrato anche da motivi aggiunti, dal medesimo Valenti proposto avverso il provvedimento di esclusione dal concorso per il reclutamento di 2800 agenti della P.S. – di cui al bando pubblicato nella G.U. n. 94/2011 – adottato nei suoi confronti dal Ministero dell’Interno per la carenza dei requisiti attitudinali previsti dall’art. 4 del D.M. 198 del 2003.

Il TAR Lazio, sulla scorta della documentazione depositata dall’amministrazione resistente nel giudizio di primo grado, ha infatti condiviso le motivazioni addotte dalla Commissione esaminatrice in ordine alla negativa valutazione del ricorrente sotto il profilo dell’assenza dei requisiti attitudinali richiesti dalla pertinente normativa concorsuale, con particolare riferimento ad alcuni indici di idoneità psicologica risultati non adatti allo specifico profilo professionale.

Il giudice di prime cure ha valorizzato, in tale prospettiva, le risultanze dei peculiari test e altri strumenti di indagine, utilizzati dalla Commissione esaminatrice; ha escluso qualsivoglia contraddizione tra la diagnosi formulata nelle perizie di parte e quella della Commissione stessa, e ha sottolineato, tra gli elementi di valutazione, la centralità del colloquio di selezione, volto ad instaurare tra intervistatore e candidato un rapporto relazionale il più possibile scevro da pregiudizi e inteso a farne emergere gli aspetti del carattere; ha negato che tale colloquio sia suscettibile di essere replicato, come invece richiesto dal ricorrente escluso, affermando che è impossibile rinnovare l’esame in un contesto veridico e neutrale, contraddistinto dall’indifferenza dei risultati rispetto a diversi apprezzamenti compiuti in momenti e con modalità differenti.

L’appellante lamenta la non condivisibilità, l’erroneità, la contraddittorietà, il travisamento dei fatti e la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 4 del D.M. 198/2003 e dell’allegata Tabella 2 da parte dell’impugnata sentenza.

A sostegno di tale assunto, l’interessato si è sottoposto ad approfonditi esami sia presso strutture pubbliche (e, in particolare, presso l’Azienda Sanitaria Provinciale n. 2 di Caltanissetta, ********************* di Salute Mentale) sia presso liberi professionisti esperti nella somministrazione di test attitudinali e in colloqui e prove volte ad accertare i profili della sua personalità e la sua attitudine psicologica. Quindi ha prodotto due perizie di parte, contenenti i risultati di tali accertamenti, dai quali emergerebbe l’insanabile contrasto tra il giudizio, eccessivamente negativo, espresso dalla Commissione e la contraria positiva valutazione formulata da altri esperti, sicché “il giudizio negativo della Commissione, nella sua assolutezza, per quanto espressivo di libero apprezzamento tecnico-discrezionale, non può essere così diametralmente opposto al giudizio formulato da altri esperti del settore nei confronti dello stesso soggetto esaminato” (p. 21 del ricorso in appello).

Ne discenderebbe, secondo la tesi dell’appellante, che è opinabile ed erroneo il giudizio espresso dalla Commissione. Questa, nel recepire le valutazioni aprioristiche e generiche del selettore, avrebbe escluso l’interessato dal concorso senza farsi carico di esaminare, in modo completo, approfondito e, comunque, ampiamente motivato, il complessivo profilo della sua personalità per formulare un giudizio di idoneità effettivamente rappresentativo della sua struttura psicologica.

Di qui la conclusione, formulata nell’atto di gravame, che le valutazioni negative espresse dalla Commissione esaminatrice in relazione alle singole prove attitudinali, alle quali è stato sottoposto il candidato, costituiscano il portato di travisamenti, di errori, di illogicità che infirmano non solo la valenza dei singoli giudizi, ma anche e soprattutto la valutazione finale di inidoneità. Di conseguenza l’impugnata sentenza sarebbe incorsa in errore, quando ha confermato tale valutazione finale, inficiata da travisamento dei fatti ed illogicità, e non ha fatto ricorso nemmeno alla verificazione o alla c.t.u., richieste dal ricorrente, per rinnovare l’esame dei requisiti attitudinali.

Si è costituito nel presente grado di giudizio l’appellato Ministero dell’Interno, il quale ha chiesto di accertare la radicale infondatezza dell’avverso appello e di confermare integralmente il provvedimento gravato. Sostiene che gli accertamenti eseguiti dalla Commissione hanno correttamente evidenziato l’assenza, nel candidato, dei requisiti caratteriologici funzionali ad un positivo impegno nei compiti della Polizia di Stato.

All’odierna camera di consiglio, fissata per l’esame dell’istanza di sospensione, il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione per definire la controversia ai sensi dell’art. 60 c.p.a..

L’appello è infondato.

L’interessato ha inteso far valere, in prime cure come nel presente giudizio di appello, la contrarietà delle valutazioni negative espresse dalla Commissione sui profili caratteriologici della sua personalità rispetto ai risultati, opposti, emersi dagli accertamenti successivi ai quali si è sottoposto, presso strutture pubbliche e liberi professionisti, e ben evidenziati nelle perizie di parte.

L’appellante, così argomentando, omette tuttavia di considerare che le valutazioni espresse dalla Commissione, fondate sui risultati dei test somministratigli e dei colloqui, individuale e collegiale, da lui sostenuti, non avevano la funzione esclusiva di accertare eventuali patologie psichiche e non erano intese a formulare un giudizio complessivo circa la sua personalità, quale invece emerge dalle perizie di parte. Esse miravano piuttosto ad accertare se e in quale misura taluni suoi profili caratteriologici siano compatibili con le specifiche funzioni del ruolo – quello di agente di polizia – al quale egli ha concorso.

Questi profili, inerenti alla capacità intellettiva, al livello evolutivo, al controllo emotivo e alla socialità, non sono stati positivamente valutati dalla Commissione. Questa ha formulato in ordine a ciascuno di essi giudizi che, per quanto sintetici, appaiono esaustivi, poiché ben esprimono le risultanze di una valutazione fondata su accertamenti e prove, come test e colloqui, condotti con modalità procedimentali e secondo metodologie scientifiche che non sembrano rivelare alcun vizio logico o intima contraddizione.

L’arruolamento nella Polizia di Stato richiede, d’altro canto, una particolare attitudine psicologica, ragionevolmente esigibile in relazione alle caratteristiche dell’impiego operativo da espletare, che può essere impedita anche da alterazioni di carattere non patologico.

Il mero contrasto del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice con la valutazione fornita da altri esperti del settore, laddove non evidenzi un vizio logico o un errore scientifico nel procedimento seguito dalla prima, non costituisce un elemento che, isolatamente considerato, possa dimostrare un cattivo esercizio del potere nella valutazione di fatti o situazioni complesse, costituendo l’opinabilità delle regole seguite dalla p.a., in questa materia, il contenuto peculiare della discrezionalità tecnica.

Quando la commissione formula un giudizio circa l’idoneità psicologica del candidato rispetto alle funzioni alle quali aspira, infatti, essa ricorre all’applicazione di regole e/o leggi scientifiche che, pur presentando un margine di opinabilità, si sottraggono al sindacato giurisdizionale se applicate, come nel caso di specie, alla stregua della miglior scienza ed esperienza nel settore di interesse, con un procedimento valutativo scevro da vizi logici e da travisamenti dei fatti.

È un principio consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, che l’accertamento dei requisiti psico-attitudinali necessari ai fini del reclutamento nella Polizia di Stato costituisce tipica manifestazione di discrezionalità tecnica, con la conseguenza che esso sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia inficiato da un macroscopico travisamento dei fatti assunti ad oggetto di valutazione o per illogicità di quest’ultima e incongruenza delle relative conclusioni, fermo restando che, sotto il profilo della motivazione, la discrezionalità tecnica deve essere esercitata in modo che gli interessati possano comprendere in base a quali elementi siano state operate le valutazioni e le scelte.

La valutazione effettuata dall’amministrazione in ordine alla idoneità del candidato non può essere contraddetta da certificazioni di parte, in quanto le commissioni mediche sono gli unici organi abilitati a compiere tali accertamenti.

Nel caso di specie la Commissione ha pienamente e motivatamente espresso il suo giudizio per quanto concerne i profili caratteriologici rilevanti ai fini concorsuali, sottolineando, quanto al livello evolutivo, che il candidato appare titubante ed emotivo rispetto a circostanze che richiedono sicurezza espositiva e decisione operativa; che appare disorientato sotto stress, in rapporto al controllo emotivo; che sono insufficienti i risultati nei test logici e in quelli psicosensoriali e motori, sul piano della capacità intellettiva, presumibilmente per l’ansia che ha condizionato l’impegno; che l’interessato appare emozionabile e remissivo nelle relazioni interpersonali, per ciò che concerne il profilo della socialità, con prognosi sfavorevole circa la capacità di adattamento al contesto professionale proprio del ruolo al quale l’appellante concorreva.

Il giudizio di inidoneità formulato dalla Commissione, ben lungi dal recepire in modo acritico e, per così dire, atomistico i risultati dei test e le pur sintetiche valutazioni effettuate dal selettore, appare al contrario fondato su una valutazione ben ponderata, completa e complessiva, di tutti gli aspetti caratteriologici utili ai fini dell’idoneità ed emersi all’esito delle prove e, in particolare, dal colloquio attitudinale che lo stesso candidato ha sostenuto con la Commissione, davanti alla quale si sono evidenziati marcatamente tutti gli aspetti di inadeguatezza, sopra richiamati, con sostanziale e indiscutibile conferma dei risultati dei test e della negativa valutazione da parte dello psicologo selettore.

Di fronte a tale quadro, che non lascia dubbio alcuno sulla completezza e sulla correttezza dell’iter procedimentale, il contrapporre le risultanze di indagini demandate ad altri esperti, come pretende l’appellante, non vale certo ad infirmare il giudizio tecnico espresso dalla Commissione, poiché il contrasto, anche stridente, di questo rispetto alle citate risultanze, sul quale tanto insiste l’appello, è in sé considerato solo la conseguenza di una eventuale erroneità della valutazione amministrativa, rimasta invero indimostrata da parte dell’appellante, non già la causa dell’affermata erroneità o illegittimità della valutazione stessa.

Si delinea quindi chiara la ragione per la quale la richiesta di verificazione e/o di c.t.u., formulata dall’appellante in prime cure e ribadita anche nel presente giudizio, non può essere accolta, mirando essa a rinnovare il giudizio tecnico, demandato alla p.a., soltanto perché ritenuto non condivisibile e non perché provato come erroneo.

In tale prospettiva deve solo aggiungersi che la irripetibilità del colloquio psicologico, alla quale la sentenza impugnata ha fatto riferimento dando seguito ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio, non è certo un valore assoluto, che possa prescindere dalla correttezza del procedimento valutativo seguito dalla p.a., ma solo presidio di tale correttezza, che la presuppone tutte le volte in cui la neutralità del colloquio sia stata assicurata in sede amministrativa, come è accaduto nel caso di specie, e rischia di essere rimessa indebitamente in dubbio, invece, dalla rinnovazione di un esame già correttamente svolto.

È in questo senso e con questo limite che deve rettamente intendersi il principio, affermato da questo Consiglio (v., inter alias, Cons. St., sez. IV, 11.9.2006, n. 5252), secondo il quale l’accertamento dei requisiti psico-attitudinali necessari ai fini del reclutamento nella Polizia di Stato è caratterizzato dal fatto di essere riferito ad un determinato momento, che assume un caratteristico rilievo esclusivo, nel senso della sua sostanziale irripetibilità, anche al fine di non violare il principio della par condicio dei concorrenti, con la conseguenza che il fatto che in altra sede e in altri momenti il profilo psicologico del candidato possa differire non costituisce sintomo dell’erroneità o dell’illegittimità, sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria o di carenza di motivazione o di contraddittorietà o irragionevolezza del primo accertamento.

In conclusione, quindi, l’appello deve essere respinto, meritando piena ed integrale conferma tutte le statuizioni adottate dal giudice di prime cure.

La complessità delle ragioni, sin qui esposte, induce il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese di lite inerenti al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando l’impugnata sentenza.

Dispone la totale compensazione delle spese inerenti al presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2013 

Redazione