Emissione di più fatture false nello stesso periodo d’imposta: si considera come un solo reato (Cass. pen. n. 41488/2012)

Redazione 21/10/12
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Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 11.11.2011 il Tribunale di Sondrio rigettava la richiesta di riesame proposta da M. P. avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Sondrio del 14.9.2011.
Premetteva il Tribunale che, con decreto del P.M. del 9.9.2011, era stato disposto il sequestro preventivo d‘urgenza del conto corrente n. 35809 intestato a C. srl, società cartiera per fraudolente transazioni in danno dell’erario nell’ambito del commercio di autoveicoli, ravvisandosi, sulla base di un’informativa della G.d.F., a carico del P., amministratore della società, la violazione degli artt. 416 c.p., 485 c.p. e degli artt. 5, 8 e 10 D.L.vo n.74/2000. Il GIP, con l’ordinanza impugnata, aveva convalidato l’operato del P.M. e disposto il sequestro preventivo del conto corrente.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale infondata la richiesta di riesame, non essendovi dubbi che la mera disponibilità del deposito bancario, intestato a società fittizia amministrata dall’indagato, potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato, e sussistendo il fumus dei reati contestati in base alle attività di indagini della G.d.F. L‘ipotesi del ne bis in idem non aveva poi alcun fondamento, procedendosi per reati diversi da quelli oggetto del processo pendente presso il Tribunale di Milano e risultando diverse le annualità considerate e le condotte poste in essere.
2. Ricorre per cassazione M. P., denunciando la violazione dell’art. 649 c.p.p.
Risulta dimostrato, sulla base della documentazione depositata davanti al riesame, che il conto corrente, oggetto del provvedimento di sequestro, era stato già sequestrato da parte di altra autorità giudiziaria (provvedimenti del GIP di Milano del 22.2.2006 e 13.2.2006 nell’ambito del procedimento n. 7547/2005, definito con sentenza di applicazione pena del 22.7.2010, irrevocabile, in relazione alla emissione di fatture per operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti negli anni 2004, 2005 e fino all‘aprile 2006). Le somme di denaro, di cui ai sequestri preventivi disposti in quel procedimento, non erano state confiscate ed il G.E., con provvedimento del 15.9.2011, ne aveva disposto la restituzione.
Il che significa che le somme presenti sul c/c sono confluite in esso prima del febbraio 2006 (data dei provvedimenti di sequestro) e che il P. ha patteggiato la pena in relazione al reato di cui all‘art. 8 D.L.vo 74/2000 commesso fino all’aprile 2006.
Evidente, pertanto, è la violazione del principio del ne bis in idem e quindi l’inesistenza del fumus commissi delicti. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale vi è perfetta corrispondenza anche temporale tra i reati contestati nel procedimento di Milano ed i reati ipotizzati dall’A.G. di Sondrio (fino all’aprile 2006).
Peraltro il Tribunale ha omesso di motivare in ordine al rapporto di pertinenzialità tra i reati ipotizzati ed il denaro sequestrato (pertinenzialità certamente insussistente dal momento che nessuna operazione di c/c risulta effettuata in epoca successiva al febbraio/aprile 2006 (periodo coperto dal giudicato).

 

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. In ordine all’eccepita violazione del principio del ne bis in idem, correttamente il Tribunale ha ritenuto che i reati ipotizzati dal P.M. nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza fossero in parte diversi (art. 416 e 485 c.p., art. 10 D.L.vo 74/2000) ed in parte riferiti ad annualità diverse (in relazione agli artt. 5 e 8 D.L.vo 74/2000) rispetto a quelli oggetto della sentenza del GIP del Tribunale di Milano del 22.7.2010, irrevocabile.
Quanto, però, al reato di cui all’art. 8 D.L.vo 74/2006 in riferimento all’emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’anno 2006, non ha tenuto conto il Tribunale che, a norma del comma 2 del medesimo articolo 8, ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.
Sotto l’imperio della precedente disciplina di cui alla L. 516/1982 la prevalente giurisprudenza riteneva che il reato di cui al n. 5 dell‘art. 4 si consumasse “appena la
fattura falsa è emessa o utilizzata; se le fatture sono più d’una, i reati sono molteplici, anche se unificabili nel vincolo della continuazione”- cfr. Cass. pen. sez. 3, 13.11.1997 n. 10207- (in motivazione si precisava che la tesi contraria, secondo cui il reato è unico per tutte le fatture emesse nello stesso periodo di imposta, sarebbe sostenibile soltanto se la frode fiscale fosse un reato di evento a dolo generico, integrato solo con il conseguimento del risultato tributario-evasione o indebito rimborso).
I dubbi interpretativi manifestatisi non hanno più ragion d’essere alla luce del chiaro disposto normativo di cui al comma 2 dell’art. 8 D.L.gvo 74/2000 che, come si è visto, considera “unitario“ il reato anche in presenza della emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti.
Per il reato di cui all’art. 8 D.L.vo 7472000, relativamente alle fatture emesse fino al febbraio dell’anno 2006, si era, pertanto, già formato il giudicato.
3. Con la richiesta di riesame si deduceva, altresì, che le somme depositate sul conto corrente n. 35809 erano state gia oggetto dei sequestri preventivi in data 13.2.2006 e 22.2.2006 e che tutte le disponibilità presenti su detto c/c (fino alla confluenza nel Fondo Unico Giustizia) erano frutto di operazioni compiute sino al febbraio 2006, e, quindi, riguardavano fatti coperti dal giudicato della sentenza 22.7.2010. Sicché tali somme non potevano essere in rapporto di pertinenzialità con i fatti per i quali il P. era indagato dalla Procura di Sondrio (pag. 6, 7 richiesta riesame).
3.1. Il Tribunale ha omesso ogni esame sul punto, prescindendo dal rapporto di pertinenzialità come se si trattasse di sequestro disposto ai fini della confisca ex art. 321 co. 2 c.p.. Tale sequestro costituisce figura specifica ed autonoma che si propone come distinto rimedio rispetto al sequestro preventivo regolato dal comma 1. La particolarità di tale mezzo cautelare reale consiste nel fatto che per l’applicabilità di esso non occorre necessariamente la sussistenza dei presupposti di applicabilità previsti dal comma 1, ma basta il presupposto della confiscabilità, la quale non è subordinata alla pericolosità sociale dell’agente. Ciò che si richiede — ma solo nel caso di confisca facoltativa – è che il giudice dia ragione del potere discrezionale di cui abbia ritenuto di avvalersi…” (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 6, 17.3.1994 n.151; conf. Cass. sez. 6 n. 4144 del 21.10.1994; Cass. sez. 3 n. 1810 del 2.5.2000).
In particolare, in relazione alla confisca per equivalente prevista dall’art.322 ter cod. pen. e, quindi, al sequestro preventivo ad essa finalizzato, è stato esclusa la necessità di un nesso di pertinenzialità tra i beni da confiscare ed il reato addebitato al soggetto che ne dispone (cfr. Cass. sez.6 n. 31692 del 5.6.2007, Cass. sez. 6 n. 11902 del 27.1.2005 cit.; Cass. sez. 6 n. 7250 del 19.1.2005).
3.2. Risulta chiaramente dallo stesso decreto di sequestro preventivo d’urgenza del P.M., poi convalidato dal GIP che si faceva, invece, riferimento all’art. 321 co. 1 c.p.p.. Si legge nella motivazione di detto provvedimento: “Il predetto c/c bancario n. 35809 acceso presso l’agenzia n.9 della Banca (omissis), intestato alla società C. srl, con sede a Sondrio era stato già oggetto di sequestro nell’ambito del p.p. 7547/05 RGNR della Procura della Repubblica di Milano conclusosi con patteggiamento senza alcun provvedimento di confisca del conto tanto che appare fondato il periculum in mora che le disponibilità finanziarie ivi depositate, costituenti il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, possano essere movimentate velocemente degli indagati”.
Il Tribunale, quindi, non poteva prescindere dall’accertamento della sussistenza del requisito della pertinenzialità, stante l’espressa contestazione contenuta, in proposito, nella richiesta di riesame.
4. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sondrio.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Sondrio
Cosi deciso in Roma il 4.10.2012

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