Emersione del lavoro irregolare (Cons. Stato n. 2242/2013)

Redazione 23/04/13
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FATTO e DIRITTO

Premesso che:

– I signori ******** e ********** hanno impugnato la sentenza del TAR di Brescia n. 4035/2010, che ha respinto il loro ricorso per l’annullamento del decreto, con il quale la Prefettura di Mantova ha rigettato la pratica di emersione/legalizzazione presentata da signor S. come datore di lavoro a favore del signor S., ex-legge n. 102/2009, in quanto quest’ultimo ha subito una condanna, ostativa allo svolgimento della procedura di emersione, per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del t.u. 25 luglio 1998, n. 286, per essersi trattenuto illegittimamente in Italia in violazione di un precedente provvedimento di espulsione;

– La III Sezione del Consiglio di Stato ha successivamente accolto la istanza cautelare presentata dall’appellante con la ordinanza n. 1595/2011, che ha sospeso l’esecuzione della sentenza impugnata, sottolineando che la questione era stata sottoposta al vaglio dell’Adunanza plenaria;

– Il reato di immigrazione clandestina, previsto dall’art. 14 comma 5-ter, t.u. 25 luglio 1998, n. 286, non può più ritenersi ostativo ai fini della procedura di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari dopo la direttiva U.E. n. 115 del 2008 che, essendo di immediata applicazione, secondo l’interpretazione datane con sentenza 28 aprile 2011 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, è entrata in vigore, anche prima di essere recepita, trascorsi tre anni dalla sua adozione, e ha determinato l’abolizione del suddetto reato, come tempestivamente riconosciuto dal Consiglio di Stato con le sentenze dell’Adunanza plenaria 10 maggio 2011, n. 7 e n. 8 e da ampia giurisprudenza successiva (Cfr. CdS, III Sezione, nn. 271/2013, 2684/2012, 6780/2011, 6411/2011);

– L’abolizione del reato previsto dalla disposizione sopra citata opera con efficacia retroattiva, ai sensi dell’art. 2 del codice penale, e pertanto non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato, in quanto il principio del tempus regit actum esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l’atto inerisce sia irretrattabilmente definito, e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento;

– In seguito è intervenuta la attuazione legislativa su questo punto della direttiva CE n. 115/2998 con le disposizioni dell’art. 3, comma 1, lettera d), n. 6, del decreto legge n. 89/2011 come convertito dalla legge n. 129/2011. Tali disposizioni hanno sostituito il precedente testo dell’art. 14, comma 5-ter, già citato, che prevedeva la pena edittale fino a 4 anni di reclusione per il reato di violazione dell’ordine di espulsione, con un nuovo testo che prevede una multa nella misura massima di 20.000 euro e che non può evidentemente incidere sui fatti pregressi rispetto alla data della sua entrata in vigore e non potrebbe comunque avere efficacia preclusiva rispetto alle procedure di emersione.

Ritenuto che:

– Conseguentemente il presente appello deve essere accolto e conseguentemente va accolto il ricorso presentato in primo grado;

– Restano salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione;

– In relazione al mutamento della base normativa e giurisprudenziale sussistono giusti motivi per compensare le spese per entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

accoglie l’appello e, per l’effetto, accoglie il ricorso in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013

Redazione