Edilizia e urbanistica: concessione per nuove costruzioni (Cons. Stato n. 5941/2012)

Redazione 23/11/12
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Svolgimento del processo

I signori E.N. e F.M. hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale la Sezione di Brescia del T.A.R. della Lombardia, in accoglimento del ricorso proposto da WWF Italia ONG Onlus, ha annullato il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Aviatico in loro favore, in data 10 giugno 2011, per la realizzazione di tre piccoli fabbricati a uso residenziale su area di loro proprietà a destinazione agricola.

L’appello è affidato ai seguenti motivi:

1) contrasto tra ordinanza cautelare nr. 387 del 15 luglio 2010 e ordinanza cautelare nr. 753 del 2 settembre 2011 adottate dal medesimo Tribunale (essendo stata la prima, afferente a precedente permesso di costruire avente identico oggetto, sfavorevole agli odierni appellanti al contrario della seconda, con la quale è stata respinta l’istanza di sospensione dell’efficacia del secondo permesso, poi invece annullato);

2) inammissibilità del ricorso originario e dei motivi aggiunti per carenza di legittimazione attiva del ricorrente WWF (essendo state da quest’ultimo articolate censure incidenti esclusivamente su aspetti urbanistici ed edilizi, e non già su profili di tutela ambientale);

3) inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti avverso il permesso di costruire nr. 5 del 2011 per irrituale notifica ai sigg.ri N./M. (non essendo stato detto ricorso notificato presso il procuratore costituito, e quanto meno nei confronti della signora M. non potendo operare la sanatoria di cui all’art. 156 cod. proc. civ.);

4) inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per violazione dell’art. 73 cod. proc. amm. (essendo lo stesso successivo alla scadenza dei termini fissati da detta norma);

5) sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge regionale 11 marzo 2005, nr. 12, per l’edificazione nelle aree agricole; inapplicabilità (con riferimento alle ragioni per le quali il primo giudice ha ritenuto illegittimo il censurato permesso di costruire);

6) applicabilità dell’art. 17, comma 8, del P.T.P.R. per l’edificazione in ambiti di elevata naturalità; rilevanza (con riguardo al regime giuridico dell’area interessata dall’intervento).

Nel costituirsi, il Comune di Aviatico si è associato all’appello proposto dagli istanti in epigrafe indicati, chiedendone l’accoglimento.

Si è altresì costituito il ricorrente in primo grado, WWF Italia ONG Onlus, argomentando diffusamente a sostegno dell’infondatezza delle domande attoree e chiedendone la reiezione.

Alla camera di consiglio dell’8 maggio 2012, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

Le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

All’udienza del 6 novembre 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Gli odierni appellanti, signori E.N. e F.M., hanno chiesto al Comune di Aviatico, già nel 2009, il permesso di costruire per la realizzazione di tre piccoli edifici a uso residenziale su suolo in loro proprietà, a destinazione agricola, sul quale sorgono alcuni manufatti dell’azienda agricola gestita dal sig. N. e una trattoria con agriturismo gestiti dal di lui coniuge, signora M..

Alla base dell’istanza ad aedificandum vi era la necessità di reperire spazi idonei all’alloggio per i tre figli dei richiedenti, i quali avrebbero dovuto coadiuvare questi ultimi nella gestione dell’azienda familiare, alla quale essi non erano più in grado di provvedere da soli a cagione dell’età.

All’esito dell’istruttoria preliminare, un primo permesso di costruire è stato rilasciato in data 15 gennaio 2010, venendo quasi subito impugnato da WWF Italia ONG Onlus: nel ricorso, premesso che l’area interessata dall’intervento assentito risulta classificata dal vigente Piano Territoriale Paesistico Provinciale (P.T.P.P.) come “ambito di elevata naturalità” e dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) come “contesto di elevato pregio naturalistico e paesistico”, si lamentava la violazione della disciplina regionale vigente, e segnatamente l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 59 della legge regionale della Lombardia 11 marzo 2005, nr. 12, per l’edificazione nelle aree agricole.

Dopo che il T.A.R. adito, in accoglimento dell’istanza cautelare formulata dalla parte ricorrente, ha sospeso l’efficacia dell’impugnato permesso di costruire, gli stessi richiedenti ne hanno chiesto e ottenuto dal Comune l’annullamento, con successivo rilascio di un nuovo permesso (in data 10 giugno 2011) all’esito di un’integrazione istruttoria.

Il WWF ha impugnato con motivi aggiunti anche il secondo titolo, ritenendolo affetto dagli stessi vizi che connotavano il precedente.

Con la sentenza qui impugnata dagli originari beneficiari dei permessi, il T.A.R. della Lombardia ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo a cagione del sopravvenuto annullamento del provvedimento con esso impugnato, mentre ha accolto i motivi aggiunti, per l’effetto annullando il secondo titolo ad aedificandum.

2. Tutto ciò premesso, l’appello è fondato e va conseguentemente accolto.

3. In particolare, la Sezione reputa fondato e assorbente il quinto motivo di gravame, afferente al merito delle ragioni che hanno indotto il primo giudice ad annullare il censurato permesso, con conseguente esonero dall’esame dei residui mezzi (con i quali sono lamentati vizi procedurali, ovvero profili di inammissibilità afferenti alla legittimazione della parte ricorrente in primo grado o ad altro, o ancora l’erronea definizione del “regime” urbanistico dell’area interessata dall’intervento).

3.1. Per migliore comprensione delle statuizioni che seguiranno, giova richiamare il disposto del citato art. 59 della l.r. nr. 12 del 2005 il quale, nel disciplinare i presupposti per l’edificazione nelle zone agricole, così recita: “Nelle aree destinate all’agricoltura dal piano delle regole sono ammesse esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alle residenze dell’imprenditore agricolo e dei dipendenti dell’azienda, nonché alle attrezzature e infrastrutture produttive necessarie per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le modalità previsti dall’articolo 60” (comma 1); e ancora: “La costruzione di nuovi edifici residenziali di cui al comma 1 è ammessa qualora le esigenze abitative non possano essere soddisfatte attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente” (comma 2).

Pertanto, come del resto concordemente ammesso da tutte le parti del presente giudizio, con specifico riferimento alla realizzazione di edifici a uso residenziale in zona agricola, la normativa testé richiamata richiede la sussistenza di due requisiti: uno di carattere soggettivo, e cioè la qualità di “imprenditore agricolo” del richiedente, con la connessa destinazione degli immobili da edificare alla residenza dello stesso ovvero dei “dipendenti dell’azienda”; uno di carattere oggettivo, consistente nella comprovata impossibilità che gli immobili già esistenti in loco riescano a soddisfare le esigenze abitative dei soggetti suindicati.

3.2. Nel caso che qui occupa, dopo aver rilevato in sede cautelare la carenza del predetto requisito oggettivo nel primo permesso di costruire del 2010, il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente analogo vizio anche nel secondo permesso, del quale gli istanti si erano muniti supponendo di aver colmato la ridetta carenza attraverso un’integrazione istruttoria; al contrario, il T.A.R. ha ritenuto del tutto insufficiente la motivazione con la quale, nella nuova relazione istruttoria dell’Ufficio Tecnico Comunale datata 4 febbraio 2011, erano state considerate evidenti la sussistenza delle esigenze abitative richieste dalla norma innanzi citata e l’impossibilità di farvi fronte con gli edifici già esistenti.

3.3. Tutto ciò premesso, non è fuori luogo rilevare – innanzi tutto – come nella specie sia certamente sussistente il requisito soggettivo richiesto dalla precitata norma regionale: infatti, la parte appellata ne contesta la sussistenza con diffuse argomentazioni, pur senza aver proposto rituale appello incidentale avverso la sentenza in epigrafe (nella quale, per vero, si dà per scontata la sussistenza della qualità di imprenditore agricolo del richiedente signor N., revocata in dubbio solo in relazione al primo permesso di costruire del 2010).

Infatti, se è vero che solo in epoca successiva al primo permesso di costruire l’odierno appellante ha provveduto a formalizzare la propria iscrizione nel registro degli imprenditori agricoli professionali, altrettanto vero – e non contestato ex adverso- è che l’azienda agricola da lui condotta esistesse in loco fin dal 1974, essendo egli in precedenza iscritto con la qualifica di coltivatore diretto: qualifica che, per prevalente dottrina e giurisprudenza, comporta il conseguimento di uno status di piccolo imprenditore riconducibile, ai sensi della disciplina del codice civile, alla categoria degli imprenditori agricoli.

Quanto poi alle rappresentate esigenze di avvalersi dell’apporto continuativo dei tre figli per la gestione dell’azienda, a causa della non più verde età dei coniugi N. – M., poco pregio hanno gli argomenti in contrario addotti dalla parte appellata, la quale sulla scorta di indagini camerali ha rilevato che i figli degli istanti svolgerebbero altre e diverse attività professionali: infatti, è pacifico da un lato che la qualifica di imprenditore agricolo non è esclusa affatto dal concorrente svolgimento di diverse e ulteriori attività economiche, e per altro verso è connaturato alla qualifica di piccolo imprenditore, ai sensi dell’art. 2083 cod. civ., lo svolgimento di attività anche con l’ausilio di familiari anziché di veri e propri dipendenti.

3.4. Tutto ciò premesso, la Sezione non condivide l’avviso del primo giudice in ordine all’inadegjuatezza della motivazione spesa a sostegno della sussistenza del requisito della insufficienza del patrimonio edilizio esistente a soddisfare le suindicate esigenze abitative.

Nella sentenza gravata tale motivazione, riassunta in una relazione tecnica datata 4 febbraio 2011, è stata considerata generica e apodittica, ma invero deve tenersi conto del fatto che essa non poteva che fare rinvio a quanto rappresentato dai richiedenti attraverso la documentazione grafica e fotografica allegata al progetto: e, alla luce dell’esame di detta documentazione, risulta tutt’altro che smentita la prospettazione delle parti istanti.

Infatti, risulta evidente – e, per vero, non è nemmeno smentito dalla parte originaria ricorrente – che gli unici edifici esistenti sull’area siano, da un lato, i manufatti strettamente adibiti all’attività ******** (stalla e manufatti annessi) e, dall’altro, gli immobili adibiti a locanda e trattoria in cui vengono somministrati al pubblico i prodotti dell’azienda agricola; ne consegue che – dato per acquisito che all’interno di questi ultimi edifici insista la residenza dei coniugi N. – M. – è evidente l’inesistenza di immobili idonei ad alloggiare i tre figli destinati a collaborare all’azienda.

Né può dirsi che l’ammissibilità della nuova edificazione dovrebbe in ogni caso escludersi, in considerazione della possibilità di una “riconversione” ad uso residenziale di tutti o di parte dei manufatti già esistenti: infatti, la disposizione regionale sopra richiamata si limita a richiedere, quale condizione per la nuova edificabilità residenziale, la mera (ancorché documentata) impossibilità di far ricorso al “patrimonio edilizio esistente”, con ciò facendo chiaramente riferimento agli immobili insistenti in loco nella loro attuale ed effettiva destinazione, senza in alcun modo porre a carico dell’imprenditore agricolo un onere di “riconversione” del tipo suindicato (ciò che, stanti le evidenti ricadute in termini di ridimensionamento dell’azienda rispetto al preesistente, avrebbe certamente richiesto una previsione espressa).

È appena il caso di aggiungere che restano estranei all’attuale verifica di legittimità del titolo ad aedificandum, per ricadere nella sfera della doverosa vigilanza sul territorio cui il Comune è tenuto, gli argomenti basati sulla possibilità che, in fase esecutiva, i titolari del permesso di costruire realizzino qualcosa di diverso dal dichiarato, finendo per conseguire un reale ampliamento dell’azienda agricola piuttosto che la rappresentata mera dotazione di alloggi per soggetti destinati a operare all’interno di essa.

4. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, si impone la parziale riforma della sentenza impugnata, con la reiezione dei motivi aggiunti di primo grado.

5. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge i motivi aggiunti di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione