Domanda di sanatoria di abusi edilizi: i precedenti atti sanzionatori diventano inefficaci (Cons. Stato n. 2280/2013)

Redazione 24/04/13
Scarica PDF Stampa

FATTO e DIRITTO

I signori ******* ed *********, in data 27 febbraio 1995, presentavano al Comune di Limena istanza di concessione edilizia per la realizzazione di un’opera di consolidamento di circa 3000 mq in un terreno di loro proprietà, avente destinazione urbanistica di zona agricola, da adibire a parcheggio e sosta dei loro automezzi.

L’amministrazione comunale, con provvedimento n. 5127 del 13 aprile 1995 rigettava la richiesta, ritenendo l’opera di cui si chiedeva la concessione edilizia in contrasto con la legge regionale n. 24/1985 e con l’art. 22 del regolamento di attuazione del piano regolatore generale del Comune.

I sigg. ******* ed ********* presentavano anche domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994, per l’opera abusiva realizzata nel proprio terreno, consistente nel consolidamento mediante “ghiaione” di una porzione di terreno di estensione di circa 1000 mq. nonché nell’aver sterrato e compattato ulteriori 2000 mq. di terreno adibiti, unitamente alla prima porzione, a parcheggio, sosta e manovra di autocarri ed autoarticolati di proprietà dei richiedenti.

A seguito di una ispezione effettuata dalla polizia municipale, il sindaco del Comune di Limena, con ordinanza n. 1270 del 29 agosto 1995, ingiungeva ai sigg. P. di sospendere ogni attività edilizia sul terreno di loro proprietà, atteso il carattere abusivo delle opere.

Con successiva ordinanza n. 1277 del 9 ottobre 1995 il Sindaco di Limena disponeva la rimessione in pristino dei luoghi ove erano state realizzate le opere ritenute abusive.

Avverso tale provvedimento i sigg. ******* ed ********* proponevano ricorso al T.A.R. per il Veneto, lamentando la violazione dell’art. 39 della legge n. 724/1994 anche in relazione all’art. 38 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneità dei fatti presupposti e la violazione e falsa applicazione degli artt. 76, 92 della legge regionale n. 612/1985 anche in relazione alla legge regionale n. 24/1985.

Il T.A.R. per il Veneto, con sentenza n. 1008 del 16 dicembre 1999 depositata il 12 maggio 2000, ha accolto il ricorso proposto dai sigg. P. e conseguentemente ha annullato il provvedimento n. 1277 del 9 ottobre 1995 del Comune di Limena.

I giudici di prime cure hanno ritenuto che il Comune non si fosse pronunciato sulla precedente domanda di condono del 31 marzo 1995 e che, comunque, l’ordinanza impugnata di rimessione in pristino dovesse essere considerata superata dall’intervenuto rilascio del condono edilizio per silenzio assenso, stante il decorso dei ventiquattro mesi previsti dall’art. 35 della legge n. 47/1985, senza una pronuncia esplicita da parte del Comune.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello il Comune di Limena.

Con il primo motivo l’appellante lamenta la violazione dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modifiche ed integrazioni.

L’appellante deduce l’erroneità della sentenza del T.A.R. in quanto: – nel provvedimento impugnato di rimessione in pristino dei luoghi, vi sarebbe già un diniego espresso all’istanza di sanatoria presentata dai sigg. P.; – il termine annuale decorrente dalla data della presentazione della domanda di sanatoria (31.3.1995) non sarebbe comunque decorso essendo intervenuto un provvedimento interlocutorio comunale in data 15.2.1996; – il silenzio assenso non si sarebbe formato in quanto l’istanza di sanatoria difettava di alcuni indispensabili requisiti.

Con il secondo motivo l’appellante lamenta eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e dell’erroneità dei fatti presupposti.

Il Comune di Limena, rilevando che i sigg. P. a distanza di poco più di un mese hanno prima presentato istanza di concessione edilizia (27.2.1995) e dopo la domanda di sanatoria delle opere abusive (31.3.1995), asserendo che le stesse sarebbero state realizzate nel 1990, sostiene che le opere non avrebbero potuto essere oggetto di sanatoria ex legge n. 724/1994, in quanto non sarebbero state realizzate anteriormente alla data del 31.12.1993.

Si sono costituiti in giudizio i sigg. ******* ed *********, i quali, con la memoria del 14 gennaio 2012, in via preliminare, eccepiscono la violazione dell’art. 104 del cod. proc. amm. atteso che il Comune appellante avrebbe proposto nuove domande e prodotto nuovi documenti nel giudizio di appello e nel merito la infondatezza dei motivi di appello proposti dal Comune.

I sigg. ******* ed ********* ripropongono inoltre i motivi di ricorso dichiarati assorbiti dalla decisione del T.A.R. n. 1008/2000 oggetto del presente gravame.

In via preliminare è da esaminare la eccezione di inammissibilità ex art. 104 del codice del processo amministrativo avanzata dai sigg. P. per avere il Comune di Limena, non costituito nel giudizio di primo grado, proposto domande e depositato documenti solo in sede di appello.

Al riguardo si osserva che la preclusione di cui all’art. 104 del codice si riferisce alle eccezioni in senso stretto e cioè a quelle volte a paralizzare la domanda basate su circostanze diverse da quelle poste a base della domanda medesima.

Quando invece la difesa incide proprio sui fatti costitutivi della domanda, essa è volta ad attivare il potere-dovere del giudice di accertare la fondatezza della domanda medesima e quindi è del tutto al di fuori della preclusione ex lege.

Ciò premesso, il ricorso va ritenuto ammissibile in quanto si basa sulla contestazione della motivazione della sentenza impugnata laddove, in difetto di una esplicita pronuncia sulla domanda di condono, il provvedimento impugnato sarebbe da ritenersi superato dall’intervenuto condono per silenzio assenso.

Tale motivazione è censurata dal Comune sotto tre diversi profili, sia perché con l’ordinanza di rimessione in pristino n. 1277/1995 e comunque con il provvedimento interlocutorio n. 1856/1996 sarebbe intervenuto un sostanziale rigetto della domanda di condono, sia perché il mancato adempimento di ordinanza interlocutoria del Comune sarebbe stato impeditivo della formazione del silenzio assenso, sia infine per la asserita incongruenza fra l’istanza di concessione edilizia e quella di condono, aventi per oggetto la medesima opera; incongruenza dalla quale si poteva dedurre che le opere medesime erano state eseguite fra il febbraio e il marzo 1995 con insussistenza quindi del requisito essenziale della realizzazione delle stesse prima del 31.12.1993.

Orbene, fondamentale ai fini del decidere è accertare se si sia configurato, nel caso di specie, un provvedimento di rigetto dell’istanza di condono, così come sostenuto con il primo dei motivi di ricorso.

E’ pacifico, infatti, che, in presenza di istanza di sanatoria, si possono emettere provvedimenti sanzionatori, quali quello oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo, solo se sia stato previamente adottato un provvedimento espresso sull’istanza di condono.

Nella fattispecie, invero, non può ravvisarsi che tale espresso diniego, che deve essere adottato con autonomo provvedimento, sia da individuarsi nell’ordinanza n. 1277/1995, che al riguardo fa rinvio a un successivo atto dell’amministrazione comunale e che quindi non ha alcun contenuto provvedimentale. Ma non può nemmeno individuarsi nel provvedimento interlocutorio n. 1856/1996, stante anche qui la sua natura interlocutoria e la mancanza di un espresso rigetto dell’istanza di sanatoria, rigetto che, data la rilevanza delle sue conseguenze, deve risultare, come si è detto, in modo espresso e non implicito come vorrebbe il Comune.

Quanto osservato evidenzia l’infondatezza di tale profilo di censura ed è elemento determinante per la conferma del dispositivo della sentenza impugnata, stante la illegittimità del provvedimento impugnato, perché emesso senza previa adozione di uno specifico provvedimento di rigetto dell’istanza di sanatoria.

Deve rilevarsi, infatti che, quando viene presentata domanda di sanatoria di abusi edilizi, diventano inefficaci i precedenti atti sanzionatori (ordini di demolizioni, inibitorie, ordine di sospensione dei lavori), nel presupposto, così come affermato da ricorrente giurisprudenza, che “sul piano procedimentale, il Comune è tenuto innanzi tutto a esaminare ed eventualmente a respingere la domanda di condono effettuando, comunque, una nuova valutazione della situazione mentre, dal punto di vista processuale, la documentata presentazione di istanza di condono comporta l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse avverso i pregressi provvedimenti repressivi” (Consiglio di Stato, Sez. V, 31 ottobre 2012, n. 5553).

Non è condivisibile quindi quanto ulteriormente affermato nella motivazione della sentenza impugnata, che cioè ogni altra questione relativa alla vicenda sarebbe superata dall’avvenuta concessione del condono per silenzio assenso.

Tale aspetto è, infatti, estraneo all’oggetto della controversia che attiene alla legittimità dell’ordinanza di remissione in pristino dei luoghi senza che i ricorrenti abbiano avanzato al T.A.R. alcuna richiesta a pronunciarsi circa la validità e l’esito della istanza di condono presentata. Tra l’altro, ai fini dell’accertamento della legittimità del provvedimento impugnato, il giudice si deve porre al momento della sua emanazione e non può considerare quanto intervenuto successivamente al provvedimento stesso e tanto meno al ricorso di primo grado.

Tanto ritenuto non occorre che siano qui presi in esame gli ulteriori profili di censura avanzati dal Comune, volti a contestare l’affermazione del T.A.R. che nella fattispecie sia sopravvenuta sanatoria edilizia, con riguardo agli elementi che secondo il Comune sarebbero potenzialmente ostativi alla concessione del condono, né la ritenuta incongruenza temporale esistente fra istanza di concessione e istanza di condono, che pure escluderebbe la possibilità di adottare un provvedimento positivo di condono.

Conclusivamente l’appello va respinto e, per l’effetto, la sentenza appellata va confermata, ma ne va riformata la motivazione laddove fa riferimento all’essere intervenuto, nel caso di specie, un condono edilizio.

Sussistono validi motivi per la compensazione integrale delle spese del presente grado di giudizio tra le parti.

 
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza impugnata con diversa motivazione.

Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013

Redazione