Divieto per le PP.AA. di richiedere ai privati atti o certificati riguardanti stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione (Cons. Stato n. 3231/2013)

Redazione 11/06/13
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FATTO

Con domanda in data 29.03.2010, la Plan 1 ************ ( d’ora in poi Plan ). partecipava al bando approvato dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia con Deliberazione giuntale n. 116 del 28 gennaio 2010, finalizzato all’erogazione di incentivi per la realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, stanziati nell’ambito del programma POR FESR 2007-2013.
Avvalendosi della possibilità prevista dall’art. 5, comma VI, lett g n. 1 del bando, l’impresa allegava alla domanda la richiesta (datata 18 marzo 2010) del Documento Unico di Regolarità Contributiva che aveva provveduto ad inoltrare allo sportello unico INPS – INAIL, riservandosi di trasmettere il rilasciando certificato nel termine, indicato nella lex specialis, del 30 giugno 2010.
In data 14 aprile 2010, la Plan 1 Health acquisiva l’originale cartaceo del DURC, che il successivo 6 maggio 2010 affidava al servizio postale, in modo che potesse pervenire nell’indicato termine.
Tuttavia, il predetto plico non perveniva utilmente al destinatario.
Con nota prot. n. 15947/DIPOR11A/1 del 28 giugno 2010, la competente Direzione Regionale comunicava l’avvio del procedimento, precisando che il Responsabile avrebbe potuto richiedere supplementi istruttori, nel caso di rilevata necessità di regolarizzare e/o integrare la domanda.
Con successiva nota prot. n. 18575/DIPOR11A/1 in data 27 luglio 2010, la Regione comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, ritenendo che la mancata ricezione del DURC entro il 30 giugno 2010 costituiva omissione tale da comportare l’archiviazione della domanda.
Con distinte memorie di controdeduzioni, la Plan rappresentava alla Regione procedente il possesso del requisito sostanziale, invitandola ad esercitare il “dovere di soccorso” previsto dall’art. 15 del bando e forniva la prova dell’avvenuta spedizione del plico contenente il DURC, producendo la distinta della corrispondenza affidata all’Ufficio postale di Amaro, dal quale il plico medesimo risultava regolarmente partito in data 7 maggio 2010.
Nonostante le predette controdeduzioni la Regione, con nota prot. n. 24254/DIPOR11A/1 del 30 settembre 2010, comunicava all’impresa il decreto direttoriale n. 1800/IND con cui era stata disposta l’archiviazione della domanda.
Per quanto sopra, la Plan proponeva ricorso al TAR per il Friuli Venezia Giulia chiedendo l’annullamento , sia della clausola del bando a mezzo della quale era stata prevista l’automatica esclusione nel caso di mancata ricezione del DURC nei termini prescritti , sia del predetto decreto di archiviazione adottato in applicazione di tale clausola .
Si costituiva in giudizio la Regione intimata , chiedendo la reiezione del gravame.
Pronunciandosi sull’istanza di sospensione, il primo giudice concedeva la misura cautelare e, con successiva sentenza 24 novembre 2011 n. 542, accoglieva il ricorso ritenendo fondato il primo motivo di gravame, con conseguente annullamento degli atti impugnati, tra cui la contestata clausola del bando.
Avverso la predetta sentenza la Regione Friuli Venezia Giulia ha interposto l’odierno appello, chiedendone la riforma
Si è costituito in giudizio l’appellata Plan , chiedendo il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 20 novembre 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Per ragioni di ordine logico-giuridico va esaminato prioritariamente il terzo ed ultimo motivo di gravame, a mezzo del quale la Regione lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per non aver il primo giudice rilevato l’inammissibilità del ricorso introduttivo.
Assume ,al riguardo, che la Plan avrebbe dovuto impugnare immediatamente nel prescritto termine decadenziale dalla pubblicazione del bando, la clausola con la quale è prevista l’archiviazione in caso di mancato rispetto del termine per la consegna del DURC da parte del partecipante.
A detta clausola, sempre secondo la Regione, l’impresa avrebbe pertanto prestato acquiescenza, proprio avvalendosi della possibilità di presentare, in sede di deposito della domanda di partecipazione, la sola richiesta di DURC.
Il motivo è infondato.
1.1. Ed invero, è pacifico insegnamento giurisprudenziale quello per cui non sussiste l’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando di gara che non impediscano la partecipazione, o non risultino manifestamente incomprensibili o sproporzionate rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, manifestando un’efficacia lesiva solo a seguito dell’espletamento della gara e mediante l’applicazione che ne faccia l’Amministrazione.
Per esse, infatti, vale il principio della loro impugnazione unitamente agli atti che ne costituiscono specifica attuazione , dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto interessato ed a rendere attuale la lesione della sua sfera giuridica ( cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. III, 18 gennaio 2013, n. 293).
Ciò posto, la clausola in questione non impediva di certo alla Plan l’accesso alla procedura, né imponeva oneri incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai fini della partecipazione , per cui la stessa non doveva ( non sussistendone specifico e concreto interesse ) essere fatta oggetto di immediata impugnativa .
La lesività della clausola, invero, si è attualizzata solo al momento dell’applicazione fattane dall’Amministrazione con il provvedimento di archiviazione,ed è unitamente a quest’ultimo che la clausola stessa doveva quindi essere impugnata , così come correttamente effettuato dalla Plan.
1.2. Né può ritenersi che la partecipazione alla gara a mezzo della presentazione della richiesta di DURC abbia costituito acquiescenza al bando, impedendone la successiva impugnazione.
La presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura concorsuale,infatti, non implica certamente di per sè acquiescenza alle clausole del relativo bando, le quali anzi possono di regola essere impugnate solo dopo avere concretamente dimostrato, non solo la volontà di partecipare alla procedura selettiva, ma anche la lesione attuale e concreta dell’interesse legittimo azionato considerato, d’altro canto, che la presentazione della domanda è un atto normalmente necessario proprio per radicare l’interesse al ricorso ( cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135).
1.3. Ne consegue, che la Plan ha tempestivamente impugnato in primo grado la contestata clausola unitamente al decreto di archiviazione che di essa ha fatto applicazione, ossia allorquando la sua sfera giuridica è stata concretamente incisa in modo negativo.
2. Deve anticiparsi anche l’analisi del secondo motivo d’appello, con il quale viene dedotto il vizio di ultrapetizione da cui sarebbe afflitta la sentenza impugnata.
Assume al riguardo la Regione,che il primo giudice non si sarebbe limitato (pur erroneamente) ad annullare la clausola del bando contestata dalla Plan (art. 5, comma VI, lett. g, n. 1), ma avrebbe esteso l’annullamento a tutto l’art. 5 comma VI, lett. g.
Il motivo è infondato.
2.1. Ed invero, sebbene il dispositivo della sentenza gravata indichi l’annullamento della “clausola del bando di cui all’art. 5, co. VI, lett g)”, la lettura integrata e coordinata di detto dispositivo con il contenuto motivo della sentenza non lascia dubbio alcuno circa la concreta portata di quest’ultima, a mezzo della quale il Tar ha inequivocabilmente ritenuto che “la richiesta della produzione del Durc da parte delle imprese a pena di archiviazione della domanda di contributo – di cui all’art. 5, co. VI, lett. g), n. 1 del bando – sia illegittima”.
E’ di tutta evidenza,quindi,come l’annullamento disposto dal primo giudice sia sostanzialmente limitato e corrispondente al petitum dedotto in causa.
3. Con il primo motivo di appello la Regione lamenta l’erroneità della pronuncia impugnata, laddove ha ritenuto che fosse onere della Regione stessa acquisire in via officiosa il DURC della Plan , il cui originale non era pervenuto all’ufficio procedente nel termine fissato dal bando.
Assume, al riguardo,che il primo giudice avrebbe mal interpretato l’art. 25 della L.R. 7/2000, l’art. 25 della L. 241/1990 e l’art. 43 del D.P.R. 445/2000, posto che il combinato disposto di queste norme (nel testo vigente al momento dell’adozione del provvedimento di archiviazione) non costituirebbe un principio fondamentale applicabile alla presentazione del DURC, tanto più ove si consideri che all’epoca non sarebbe stato neppure possibile acquisire d’ufficio il certificato de quo, se non con una data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle domande, circostanza, quest’ultima, che avrebbe frustrato l’esigenza della par condicio tra i partecipanti.
Il motivo è infondato.
3.1.Ed invero,dalla normativa sopra richiamata, che costituisce espressione del fondamentale canone costituzionale del buon andamento a cui deve ispirarsi l’azione amministrativa, si evince il generale principio secondo cui quest’ultima non può richiedere ai privati atti o certificati relativi a stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione.
In particolare, ai sensi dell’art. 43 del richiamato D.P.R. 445/2000 nel testo previgente, “le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultino elencati all’art. 46, che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. In luogo di tali atti o certificati i soggetti indicati nel presente comma sono tenuti ad acquisire d’ufficio le relative informazioni”.
Ed il DURC, giust’appunto, rientra tra i certificati di cui all’art. 46, comma I, lett. p) (“assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto”), come riconosciuto anche dalla più recente giurisprudenza amministrativa..
Inoltre l’art. 16 bis, c. 10, del D.L. 185/2008 , come correttamente rilevato dal Tar quale argomento a fortiori, rappresenta una specifica declinazione in materia di appalti del sopra riportato principio generale (applicabile a tutti i rapporti tra P.A. e cittadini ) e non già, come assume la Regione, un’eccezione ad un (inesistente) opposto principio per cui, nei settori diversi da quelli di cui al D.Lgs. 163/2006, l’acquisizione d’ufficio non potrebbe essere disposta.
Né il principio de quo può ritenersi inoperante, avuto riguardo all’invocato art. 1, comma 553 della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel caso di erogazione di contributi e sovvenzioni comunitarie.
Detta disposizione, infatti, nel prevedere che “per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento di regolarità contributiva”, si limita unicamente a prescrivere che il DURC sia acquisito al procedimento, senza specificare le concrete modalità della relativa acquisizione,con la conseguenza che deve comunque trovare applicazione, anche in questo settore, il sopramenzionato principio generale dell’acquisizione officiosa da parte della P.A. A ciò aggiungasi, che nel caso di specie la Plan ha tempestivamente prodotto la richiesta del DURC inoltrata allo sportello unico INPS-INAIL sin dal 18.03.2010 ed ha altrettanto tempestivamente spedito in data 6 maggio 2010 il relativo documento fornendone la prova , per cui l’Amministrazione era vieppiù tenuta ad acquisire d’ufficio il cartaceo della certificazione alla stregua del principio anzidetto, disponendo dei dati dell’impresa richiedente e del relativo numero identificativo.
Così procedendo,peraltro, la Regione avrebbe potuto verificare in concreto se la Plan possedeva,alla data di presentazione della domanda, la necessaria regolarità contributiva e potesse,quindi,essere ammessa a beneficiare degli incentivi per cui è causa
4. Per le ragioni esposte l’appello si appalesa infondato e,come tale, da respingere.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la Regione appellante al pagamento in favore della Plan 1 Health S.r.l. delle spese e degli onorari del presente giudizio, che si liquidano in euro 5.000,00 (cinquemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2012

Redazione