Dissenso in conferenza (TAR Campania, Napoli, n. 4259/2012)

Redazione 25/10/12
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SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1451 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Autorità di Bacino del Fiume Sarno, in persona del legale rapp.te p.t.,
rappresentato e difeso dall’avv. ***************, presso il cui studio in Napoli, viale A. Gramsci 19, è elettivamente domiciliata;

contro

Comune di Massa Lubrense, in persona del legale rapp.te p.t.,
rappresentato e difeso dall’avv. *********************, con domicilio eletto presso ********************* in Napoli, via S.Brigida 79 c/o Avv.Salvia; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero per i **** e le Attività Culturali, Ministero della Difesa, Agenzia del Demanio, in persona del rispettivo legale rapp.te p.t.,
rappresentati e difesi per legge dall’Avvoc.ra Distrett.le Stato Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
la Regione Campania, Area Marina Protetta di ****************, in persona del legale rapp.te p.t.,
Agenzia del Demanio sede di Napoli, Agenzia del Territorio, Agenzia del Territorio s Sede di Napoli, Agenzia delle Dogane Napoli 2, Agenzia delle Dogane, Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, in persona del rispettivo legale rapp.te p.t.,
Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia, in persona del legale rapp.te p.t.,
Provveditorato Interregionale per Le Opere Pubbliche per la Campania e il Molise, in pers Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, in persona del legale rapp.te p.t., tutti non costituiti; Provincia di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t.,
rappresentata e difesa dall’avv. **************, presso il cui studio in Napoli, piazza Matteotti n. 1, è elettivamente domiciliata;

nei confronti di

Terra delle Sirene S.p.A.in pers.;
Marina di Lobra S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t.,
rappresentata e difesa dall’avv. ****************, con domicilio eletto presso **************** in Napoli, via Cesario Console n. 3;

per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 91 del 29 dicembre 2011 recante provvedimento conclusivo della conferenza di servizi diretta all’approvazione del progetto definitivo per la ristrutturazione dell’area portuale di Marina Lobra e rimessaggio con sistemazione per la balneazione del litorale ******;

nonché dell’accordo di programma tra il Comune di Massa Lubrense e la società concessionaria Marinalobra s.r.l., avente ad oggetto la realizzazione del programma di cui alla conferenza di servizi, e dei relativi atti di approvazione e ratifica dell’accordo medesimo.

 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense e dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, per i **** e le Attività Culturali e di Ministero e della Difesa, nonché della Provincia di Napoli, dell’Agenzia del Demanio e della Marina di Lobra S.r.l.;

Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012 il dott. *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

 

Premesso che:

a) veniva convocata dall’amministrazione comunale resistente una conferenza di servizi per la “ristrutturazione dell’area portuale di Marina Lobra e rimessaggio, con sistemazione per la balneazione del litorale ******”;

b) benché convocata a partecipare ai lavori della richiamata conferenza di servizi, l’amministrazione ricorrente si limitava a riscontrare la propria posizione negativa (per ritenuto contrasto dell’intervento predetto rispetto agli atti di pianificazione di competenza dell’autorità di bacino) mediante fax, in data 15 novembre 2011;

c) detto parere veniva ritenuto inammissibile, dall’amministrazione comunale procedente, in quanto espresso al di fuori della conferenza. Veniva inoltre rilevata la incompetenza del commissario straordinario dell’autorità di bacino ad esprimere la volontà dell’ente stesso e la non condivisibilità nel merito delle valutazioni operate dalla stessa autorità;

d) la determinazione finale contenente il superamento, nei termini di cui al punto c), del parere negativo espresso dall’autorità di bacino, induceva quest’ultima a presentare ricorso per violazione dell’art. 14-quater, commi 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, nonché per plurime violazioni delle norme di attuazione del piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino del fiume Sarno, approvato dal Consiglio regionale della Campania in data 24 novembre 2011;

e) si costituivano in giudizio le amministrazioni intimate e la contro interessata per chiedere il rigetto del gravame. In particolare la Provincia di Napoli chiedeva l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva;

f) con atto di motivi aggiunti venivano impugnati, per illegittimità derivata nonché per plurime violazioni di legge e per incompetenza, l’accordo di programma, ed i relativi atti comunali di approvazione e ratifica dello stesso, recante in particolare la variante allo strumento urbanistico. Tale accordo veniva tra l’altro impugnato per incompetenza del Comune a provvedere in tal senso, violazione delle disposizioni in materia di valutazione ambientale strategica ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 nonché per violazione della legge regionale n. 35 del 1987 in tema di tutela del paesaggio;

g) alla camera di consiglio del 12 ottobre 2012, avvisate le parti circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Considerato che:

1) va rigettata l’istanza di estromissione dal giudizio della Provincia di Napoli in quanto la sua posizione ha comunque influito sulla adozione della determinazione finale, soprattutto ai fini della variante al piano regolatore che pure ha formato oggetto di specifica impugnativa;

2) quanto al primo motivo del ricorso originariamente interposto osserva il Collegio che il comma 1 dell’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990 prevede che “il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale … a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi”.

Tale disposizione reca il principio dell’acquisizione del “dissenso in conferenza”.

Il Ccollegio, pur consapevole di un diverso orientamento in materia, ritiene di aderire a quella parte della giurisprudenza (cfr. TAR Toscana, 1° marzo 2005, n. 978) secondo cui “occorre convenire che è stato sancito l’obbligo della partecipazione alla conferenza delle amministrazioni convocate nonchè l’impossibilità di esprimere al di fuori di tale sede il proprio consenso o dissenso, di talchè l’unica maggioranza utile ai fini della validità delle decisioni che si vanno ad assumere è quella che risulta fisicamente presente alla adunanza”.

Ratio dell’istituto è dunque anche quella di mediare e contemperare “de visu” le diverse posizioni e discrezionalità amministrative, così garantendo la contestuale valutazione di tutti gli interessi in gioco e del confronto reciproco. Obiettivi questi che sono utilmente perseguibili – si ribadisce –soltanto attraverso la necessaria presenza fisica di tutti i rappresentanti delle amministrazioni convocate.

A siffatta conclusione si perviene altresì mediante la lettura di altre due disposizioni contenute nell’art. 14-ter:

a) al comma 1 ove si afferma che “la conferenza di servizi … può svolgersi per via telematica”. E ciò al fine di consentire a tutte le amministrazione di partecipare in ogni caso, dunque anche ove risulti impossibile la presenza fisica dei relativi rappresentanti;

b) al comma 2 ove si afferma che “i responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l’edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali”. Ciò proprio al fine di garantire la presenza fisica di una amministrazione, quella dei beni culturali, che viene spesso coinvolta in siffatte conferenze e per cui il legislatore ha ritenuto di predisporre uno specifico calendario di attività.

Da quanto detto deriva che la posizione dell’autorità di bacino doveva essere “riscontrata” in conferenza, e non fuori di essa mediante fax.

Di qui la legittimità dell’operato della amministrazione comunale intimata, la quale ha correttamente ritenuto in prima istanza inammissibile il diniego opposto dall’autorità di bacino in quanto espresso in modo irrituale, ossia al di fuori del lavori della conferenza, sede naturale come già detto di mediazione e confronto.

Ne consegue che le ulteriori considerazioni formulate nella determinazione comunale, relative alla incompetenza del commissario straordinario della predetta autorità ed alla non condivisibilità nel merito dei motivi posti alla base del diniego, non assumono alcun rilievo in questa sede, posto che la acclarata inammissibilità dell’intervento emesso dall’autorità ricorrente (per essere stato il parere espresso “fuori” conferenza) è di per sé sufficiente a garantire la tenuta del provvedimento impugnato con il ricorso originario e si attesta anzi in una fase procedimentale propedeutica rispetto ad altre valutazioni quali quelle poi comunque formulate dall’amministrazione comunale: in altre parole non era necessario che quest’ultima, una volta correttamente rilevata l’inammissibilità dell’intervento, dovesse altresì confutare i rilievi svolti dell’autorità di bacino. Motivo questo che consente al Collegio di non dover affrontare i successivi motivi di gravame che, per l’appunto, si attestano sulle ulteriori ragioni in base alle quali l’amministrazione comunale ha ritenuto di non dare ingresso alle posizioni espresse dalla suddetta autorità di bacino (incompetenza commissario e non condivisibilità della posizione assunta nel merito della questione).

Da quanto sopra detto deriva dunque l’infondatezza del ricorso originario.

3) I motivi aggiunti vanno infine dichiarati inammissibili per difetto di interesse in capo alla amministrazione ricorrente.

Ciò in quanto per giurisprudenza costante (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3567) è ammessa l’impugnativa da parte di una pubblica amministrazione, nei confronti di un atto adottato da altre PA, soltanto qualora l’organo ricorrente impugni un atto ritenuto lesivo delle proprie competenze, in quanto, ad esempio, invasivo e/o limitativo delle proprie attribuzioni.

La differenza tra la legittimazione e l’interesse del privato ricorrente e quella del soggetto pubblico titolare del potere sta nel fatto che mentre il primo, eccettuate le ipotesi tassative di azione popolare, può agire in giudizio solo a tutela di interessi privati, la p.a. agisce, anche tramite gli strumenti processuali, a tutela di interessi pubblici, che non sono però astratti interessi alla legalità, ma quegli interessi pubblici particolari e concreti che essa, di volta in volta, è chiamata a perseguire, e in vista dei quali l’ordinamento le attribuisce il potere amministrativo.

Ne discende che l’Amministrazione, quando ritiene che quegli interessi pubblici particolari siano ostacolati o compromessi, può senz’altro intraprendere le opportune iniziative giurisdizionali ritenute opportune o necessarie alla loro difesa.

Ebbene osserva il Collegio che mentre tali presupposti processuali ricorrono per quanto attiene al ricorso originario (dove viene prospettata la lesione di beni e valori ambientali e della pubblica incolumità cui l’autorità ricorrente è specificamente preposta), in ordine ai motivi aggiunti viene dedotta in maniera specifica la violazione di disposizioni che a tali interessi particolari tuttavia non si riferiscono (competenza a stipulare accordi di programma, rispetto disposizioni in materia di VAS, etc.).

Di qui l’inammissibilità dei motivi aggiunti per difetto di lesione e dunque di interesse originario.

In conclusione il ricorso originario va rigettato mentre i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) rigetta il ricorso originario; b) dichiara inammissibili i motivi aggiunti.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, da liquidarsi nella complessiva somma di euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre IVA e CPA, da corrispondersi in parti eguali in favore di ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012

Redazione