Diritti pensionistici del funzionario dell’Unione: trasferimento del regime (CGCE 5.12.2013 C. 166/12)

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Massima

Per il calcolo dell’importo del capitale – che rappresenta i diritti maturati a pensione nel regime pensionistico nazionale che saranno, poi, trasferiti al regime pensionistico dell’Unione, non si deve tenere in considerazione il periodo durante il quale il funzionario era già affiliato all’ultimo regime, ovvero quello dell’Unione.

 

Premessa

Nella decisione del 5 dicembre 2013 (CGCE) la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII del regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunita europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (GU 1968, L 56, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: lo «Statuto»), nonché dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede il sig. E. opporsi alla Èeská správa sociálního zabezpeèení (1) in merito al calcolo del capitale che rappresenta i diritti a pensione da lui maturati nel regime pensionistico nazionale e può essere trasferito, per suo conto, al regime pensionistico dell’Unione.

Viene, inoltre, precisato che gli  articoli 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII del regolamento n. 259/68, come modificato dal regolamento n. 723/2004 e 4, paragrafo 3, TUE devono essere interpretati nel senso che, ai fini del calcolo dell’importo del capitale che rappresenta i diritti a pensione maturati nel regime pensionistico nazionale ed è destinato a essere trasferito al regime pensionistico dell’Unione, non va tenuto conto del periodo durante il quale il funzionario era già affiliato a tale ultimo regime.

 

Conclusioni

 

Con la decisione in commento è stato rilevato che l’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII del regolamento (2) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (4) deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro può determinare l’importo del capitale che rappresenta i diritti a pensione fondandosi o sul metodo dell’equivalente attuariale o su quello del forfait di riscatto o su altri metodi ancora, purché la somma da trasferire rappresenti materialmente i diritti a pensione maturati per le attività anteriormente svolte dal funzionario interessato.

La citata disposizione offriva agli Stati membri un’alternativa nell’adempimento dell’obbligo di adottare le misure nazionali necessarie per garantire ai funzionari delle istituzioni la possibilità di trasferire i diritti a pensione di anzianità al regime pensionistico comunitario. Pertanto, non essendo tenuti ad accordare ai funzionari la facoltà di scegliere tra il trasferimento dell’equivalente attuariale e quello del forfait di riscatto, gli Stati membri erano liberi di ricorrere ad uno qualsiasi di tali due metodi di calcolo (5).

Gli Stati membri possono applicare o il metodo dell’«equivalente attuariale», che serve a calcolare il valore attuale di una prestazione pensionistica futura ed eventuale, di importo normalmente ridotto per tener conto dell’anticipazione del versamento nonché del rischio di morte prima della scadenza, o il metodo del «forfait di riscatto», dove il forfait è ottenuto sommando i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro maggiorati degli eventuali interessi (v., quanto a tali metodi di calcolo, sentenza del 18 marzo 1982, Bodson, 212/81, Racc. pag. 1019, punti 7 e 8), oppure altri metodi ancora.

Ancora viene precisato che tale sopra menzionato articolo, nonché l’articolo 4, paragrafo 3 TUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che sia applicato un metodo di calcolo del capitale che rappresenta i diritti a pensione maturati anteriormente come quello definito dalla normativa ceca, anche qualora tale metodo comporti che l’ammontare del capitale da trasferire al regime pensionistico dell’Unione sia fissato a un livello pari nemmeno alla metà dei contributi versati dal funzionario e dal suo precedente datore di lavoro al regime pensionistico nazionale.

 

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1)     Istituto ceco di previdenza sociale: ÈSSZ

2)     CEE, Euratom, CECA

3)     CE, Euratom

4)     come modificato dal regolamento (3) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004

5)     Cfr.  sentenze del 17 dicembre 1987, Commissione/Lussemburgo, 315/85, Racc. pag. 5391, punti da 20 a 22

Sentenza collegata

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Rinaldi Manuela

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