Diniego di accesso ai documenti relativi a fase esecutiva appalto (Cons. Stato n. 1402/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 12/03/12
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FATTO e DIRITTO
Attraverso l’atto di appello in esame (n. 9973/11, notificato il 12 dicembre 2011) la società Ing. ************** s.p.a. (già **************** s.r.l.) contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, III-ter, 26 settembre 2011, n. 7535, non notificata, con cui era stato respinto il ricorso avverso un diniego di accesso ai documenti, opposto in data 14 febbraio 2011 dalla società Italferr s.p.a., con riferimento alla fase esecutiva del contratto (già oggetto di gara di appalto) per la progettazione esecutiva e la realizzazione della prima fase funzionale della chiusura dell’anello ferroviario di Palermo in sotterraneo, nel tratto di linea tra la stazione di Palermo-************ e la fermata ******** e proseguimento fino al Politeama.
Premesso che l’attuale appellante si era classificata al secondo posto in graduatoria nella predetta gara, aggiudicata alla società Tecnis s.p.a., e che la legittimità di tale aggiudicazione risulta confermata dal Consiglio di Stato, VI, con sentenza n. 3146/09, la medesima appellante riteneva di aver titolo (in attuazione del suo interesse strumentale alla rinnovazione della gara di appalto) a verificare la sussistenza, o meno, di una fase di rinegoziazione del contratto, cui sarebbero state apportate – sondo alcuni organi di stampa – modifiche sostanziali, tali da imporre l’annullamento dell’aggiudicazione.
La sentenza qui appellata riteneva giustificato il diniego di accesso, in quanto relativo ad un’istanza, riconducibile ad un soggetto privo di posizione giuridica qualificata e, comunque, preordinata ad un controllo generalizzato in ordine alla corretta esecuzione del contratto.
In sede di appello si ribadisce, invece, che “la prospettazione dell’imminente rinegoziazione, o dell’avvenuta rinegoziazione delle originarie condizioni dell’affidamento” non avrebbe trovato “smentita o contestazione” e risulta anzi confermata da circostanze successive, tanto da imporre – secondo l’orientamento anche della Corte di Giustizia europea – un nuovo procedimento di aggiudicazione, a cui la parte appellante è evidentemente interessata.
L’Amministrazione ferroviaria e la società controinteressata escludono la sussistenza di varianti o atti aggiuntivi al contratto, con ulteriore erronea presentazione dell’istanza a Italferr anziché a **************** italiana s.p.a., quale soggetto attuatore dell’opera, in nome e per conto del quale agisce Italferr. La società Ing. *********, inoltre, non è da sola in possesso delle qualifiche necessarie per partecipare all’ipotetica nuova procedura di gara, né può agire in rappresentanza di un’ATI non più costituita. Così come formulata, inoltre, la domanda di accesso implica un inammissibile controllo generalizzato, circa la corretta esecuzione del contratto.
Quest’ultima osservazione è condivisa dal Collegio.
L’oggetto del presente giudizio investe infatti i limiti applicativi della disciplina del diritto di accesso, secondo le prescrizioni della l. 7 agosto 1990, n. 241- artt. 22 e ss. – e del regolamento di attuazione approvato con d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, sotto il duplice profilo della legittimazione del soggetto presentatore dell’istanza e dell’idoneità degli atti richiesti ad essere oggetto del diritto in questione.
L’art. 22., in effetti, riconosce un siffatto diritto “a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, mentre il regolamento attuativo specifica all’art. 2 che questo interesse deve essere “personale e concreto”, e nel successivo art. 9 che le disposizioni in materia si applicano, “in quanto compatibili, alle amministrazioni, associazioni e comitati, portatori di interessi pubblici e diffusi”. Lo stesso art. 22, inoltre, definisce “documento amministrativo”, ai fini dell’accesso, “ogni rappresentazione grafica […] di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Nulla impedisce dunque, in via di principio, la legittimazione attiva di un soggetto, anche come singolo partecipante ad una costituenda ATI, a prendere visione del contratto stipulato da altro soggetto aggiudicatario, dovendo un tale contratto corrispondere puntualmente a quanto oggetto di aggiudicazione, con lesione, in caso contrario, dell’interesse protetto dei partecipanti ad una gara di appalto alla sua corretta conclusione, tenuto conto anche della fase strettamente consequenziale (accordo contrattuale conforme al capitolato, posto come base di gara e all’offerta risultata migliore); analogamente, non può essere negata la legittimazione passiva di Italferr alla domanda di accesso, finalizzata all’acquisizione di atti che debbono presumersi in possesso della medesima, quale soggetto delegato alla contrattazione da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a..
Le disposizioni vanno però coniugate con la ratio del diritto di accesso, enunciata dallo stesso art. 22, che sul punto richiama la trasparenza e l’imparzialità dell’Amministrazione, non anche l’efficienza e l’efficacia del relativo operato.
Il soggetto attivamente legittimato, pertanto, può rivolgersi al legittimato passivo – in base alla normativa in esame – per conoscere singoli atti già materialmente posti in essere (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1925), i quali che possono essere sia conclusivi che interni, ma debbono in ogni caso incidere in modo diretto sugli interessi del richiedente, che attraverso l’accesso è messo in grado di verificare la corretta ponderazione degli interessi coinvolti, nonché l’esatta assunzione ed elaborazione dei dati decisionali assunti dall’amministrazione. Il medesimo soggetto non può, invece, attivare forme di supervisione di un’attività, che sospetta inefficiente o inefficace, o di cui si vuole verificare in via generale la legittimità: in senso preclusivo dispone, del resto, formalmente la norma di chiusura di cui all’art. 24, comma 3, della stessa l. n. 241 del 1990, in base al quale “non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato delle pubbliche amministrazioni” (cfr. anche Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2008, n. 721).
Nella situazione in esame è stato richiesto di prendere conoscenza di una serie generalizzata di atti ( “elenco di tutti gli atti e/o documenti, relativi all’esecuzione dell’appalto […] ivi compresi: elaborati progettuali, supporti informatici, relazioni, computi, richieste e proposte di variante”), per i quali appaiono incerti non solo il diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti, ma persino (per quanto riguarda la presunta rinegoziazione) la giuridica esistenza, peraltro negata dall’Amministrazione.
Nei termini in cui è stata formulata, pertanto, la richiesta di accesso dell’attuale appellante non poteva che essere inammissibile, non essendo limitata all’acquisizione di copia dell’accordo contrattuale oggettivamente esistente, quale attuale riferimento per l’esecuzione delle opere appaltate ed unico atto dal quale poteva, in ipotesi, discendere una lesione dell’interesse protetto dei partecipanti alla gara di appalto, ad una gestione del rapporto conseguente conforme all’esito della stessa.
Come illustrato, invece, il diritto di accesso non si estende – come avverrebbe in esecuzione della domanda di accesso, qui presentata dall’appellante – in un generalizzato conferimento di poteri ispettivi sull’esecuzione di opere pubbliche: poteri che, mossi da finalità di interesse generale, esulano dalle finalità della legge n. 241 del 1990 e rientrano propriamente nella disciplina dei controlli pubblici (cui possono essere di giovamento e di impulso, ma senza confusione, gli istituti partecipativi previsti dalla legge n. 241 del 1990).
Per le ragioni esposte ed allo stato degli atti, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto. Quanto alle spese giudiziali, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello indicato in epigrafe, nei termini di cui in motivazione; compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione