Diniego accesso e rilascio copia di cartella clinica: risarcimento danni (Cons. Stato n. 5714/2012)

Redazione 13/11/12
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FATTO e DIRITTO

1. con sentenza n. 180 del 2012 il T.A.R. per la Calabria, in parziale accoglimento di ricorso proposto dalla sig.ra G. G., ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni:
– dichiarava l’obbligo dell’ Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro di consentire l’accesso ad ulteriori documenti e referti medici non contenuti nella cartella clinica già resa disponibile dall’ Amministrazione per il ritiro a partire dal 26 agosto 2011, quali elencati dal ricorrente in memoria del 19 dicembre 2011, “fatta eccezione per i nomi dei somministratori dei farmaci”.
– respingeva la domanda di risarcimento del danno morale per ingiusta violazione di un diritto costituzionalmente garantito inerente alla tutela della salute, quantificato dalla ricorrente in via equitativa in euro 1000,00;
– compensava fra le parti spese ed onorari del giudizio.
Avverso detta sentenza la sig.ra G. ha proposto atto di appello ed ha dedotto:
– che a fronte della duplice violazione di diritti costituzionalmente garantiti inerenti alla tutela della salute (art. 32 della Costituzione) ed alla trasparenza dell’azione amministrativa (art. 97 della Costituzione), il primo giudice doveva riconoscere la fondatezza della domanda risarcitoria per il danno morale sofferto, da determinarsi in via equitativa nella misura in euro 1000,00, somma elevata in sede di appello ad euro 4.000,00, stante il permanere dell’inerzia dell’ Azienda sanitaria a rendere disponibili gli ulteriori documenti da inserirsi nella cartella clinica;
– che, in applicazione dell’art. 92 c.p.c., va modificato il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese del giudizio, in presenza della condotta negligente dell’amministrazione che ha reso necessario il ricorso al patrocinio di avvocato, con deminutio nella stessa sfera patrimoniale dell’appellante.
L’azienda sanitaria provinciale intimata non si è costituita in giudizio.
Alla camera di consiglio del 19 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto per le decisione.
2. L’appello è infondato.
2.1. La ricorrente insiste per il riconoscimento della fondatezza della pretesa risarcitoria per il danno morale soggettivo sofferto in connessione alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti inerenti alla tutela della salute, nonché alla trasparenza dell’azione amministrativa.
Osserva al riguardo il collegio che l’ Azienda sanitaria intimata non si è sottratta all’ordinario dovere di rendere ostensibile la cartella sanitaria nel suo contenuto essenziale in un momento immediatamente successivo (26 agosto 2011) alle dimissioni della ricorrente dopo il periodo di ricovero presso l’ Ospedale di Lamezia Terme.
Non è messa in discussione la conoscenza del giudizio diagnostico.
Le doglianze, tuttavia, si appuntano in via principale sulla mancata allegazione di referti consistenti nel tracciato dell’ elettrocardiogramma e dell’esame ecografico.
Tuttavia, a fronte dell’assenza di tali elementi documentali, non è stato offerto alcun elemento onde dimostrare che dalla loro mancata cognizione in termine ristretto si sia determinato – in rapporto di diretta efficienza causale – un vulnus nella sfera morale e nell’equilibrio interiore della ricorrente, consistente in un turbamento, da ricondursi, secondo un criterio di ragionevolezza, eventualmente all’incertezza della diagnosi, ovvero all’impossibilità di ricorrere ad altri presidi terapeutici in presenza dell’indisponibilità degli accertamenti clinici già effettuati presso l’Ospedale di Lamezia Terme.
Né viene indicata e tantomeno comprovata la sussistenza di uno stato patologico di turbamento della sfera psichica conseguente al ritardo nella conoscenza degli ulteriori elementi contenutistici della cartella clinica.
Correttamente il T.A.R. ha dichiarato l’inammissibilità della domanda risarcitoria perché formulata in via generica ed astratta poiché, anche se rivolta ad ottenere un ristoro da stabilirsi in via equitativa, ciò non esime l’istante dall’ indicare le componenti essenziali del fatto che si qualifica come illecito e, segnatamente con riguardo al caso di specie, il rapporto di casualità nel contingente fra il comportamento omissivo dell’amministrazione in materia di accesso ed il danno che si afferma sofferto nella sfera morale.
Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.
La sentenza appellata va confermata anche in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio – secondo quanto previsto dall’art. 92, comma 2, c.p.c., cui rinvia l’art. 26, comma 1, cod. proc. amm. – stante la reciprocità dei capi di soccombenza nel primo grado di giudizio.
Nessuna determinazione è adottata per il presente grado non essendosi costituita l’intimata Azienda sanitaria provinciale.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2012

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