Differenza tra annullamento in autotutela e convalida dell’atto amministrativo (Cons. Stato n. 1228/2013)

Redazione 28/02/13
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FATTO e DIRITTO

La titolare dell’azienda agricola, odierna appellante, presentava in data 11/1/2006 un Programma di miglioramento agricolo ambientale con contestuale richiesta di permesso per la costruzione di un edificio destinato alla residenza di un dipendente agricolo, conformemente alle previsioni del PRG.

In data 10/02/2006 il Comune adottava una variante al PRG le cui previsioni comportano limitazioni alla realizzazione di parte dell’edificio, sicchè, in forza delle norme di salvaguardia, sospendeva l’esame del progetto con provvedimento del 10/05/2006.

Gli atti erano impugnati dinanzi al TAR Toscana. Nelle more dell’impugnativa l’azienda presentava comunque una proposta di modifica del programma di miglioramento onde conformarsi ai nuovi parametri urbanistici espressi a mezzo dell’intervenuta variante.

Il Comune di Capalbio, con nota del 10/10/2006 comunicava all’interessata i contenuti del parere della Provincia di Grosseto e le prescrizioni dalla stessa imposte (diversa localizzazione del fabbricato, obbligatoria iscrizione all’ex SCAU del salariato agricolo…..).

La società agricola formulava osservazioni circa l’impossibilità di una diversa dislocazione del fabbricato.

Il Comune, con determinazione dirigenziale del 14/11/2006, approvava il programma agricolo ambientale. Il progetto dell’edificio, previsto nell’ambito del programma, era poi esaminato dalla Commissione edilizia nella seduta del 28/12/2006, la quale esprime parere favorevole con prescrizioni (orientamento dell’annesso agricolo parallelamente alla strada provinciale con aggregazione dello stesso all’edificio principale; separata progettazione per le sistemazione esterne) La società adeguava i propri elaborati progettuali nell’immediatezza, talchè il giorno successivo, in data 29/12/2006, era rilasciato il permesso di costruire n. 6333.

Il 12/2/2007, il Comune però annullava in autotutela il permesso di costruire per una serie di motivi (mancata acquisizione del parere della Provincia, contrasto con il Piano Territoriale di Coordinamento, difformità dalle prescrizioni della Commissione edilizia, erronea rappresentazione cartografica dello stato dei luoghi).

L’annullamento era impugnato dalla società, sulla base anche della perdurante validità del Programma di miglioramento ambientale.

In pendenza del giudizio, il Comune annullava anche il programma di miglioramento rilevando la mancata acquisizione del parere della Provincia. La società proponeva motivi aggiunti.

Definitivamente decidendo Il TAR ha respinto i motivi aggiunti, in sostanza condividendo l’efficacia invalidante della mancata acquisizione del (nuovo) parere sul mutato Programma di miglioramento agricolo ambientale. Confermata la legittimità dell’autoannullamento dell’atto presupposto, ha altresì dichiarato improcedibile il ricorso avverso l’autoannullamento dell’atto a valle.

Appella ora la società:

1) L’ultima versione del Programma di miglioramento prevedeva interventi ridotti rispetto al primo (si passerebbe da 599 a 500 mc), talchè una volta acquisito il parere sul primo, sarebbe stato un unitile aggravio richiedere nuovamente un parere. Gli interventi non potrebbero differenziarsi in ordine alla mutata destinazione dell’edificio, poichè ciò che rileverebbe non è la destinazione ad un salariato (com’era nella prima versione) o all’imprenditore stesso (com’è nell’ultima) ma il monte ore di lavoro necessario per condurre l’attività agricola del fondo e la congruità tra superfici coltivate e ore richieste per la coltivazione;

2) Il vizio rilevato si sarebbe potuto sanare attraverso l’acquisizione postuma del parere. La sentenza avrebbe erroneamente escluso l’acquisizione postuma, in considerazione della natura istruttoria del parere, obliterando che l’art. 21 nonies, comma secondo, della legge 241/90 ha previsto in via generale il potere di convalida, prevedendo alcuni limiti, tra i quali non rientra quello in esame. L’effetto della decisione sarebbe alla fine quello di precludere in via definitiva l’edificazione (atteso che nelle more è stato approvato il PSC che vieterebbe in radice l’edificazione), ragione ulteriore per l’esercizio del potere di convalida.

3) In subordine, ai fini dell’annullamento, il Comune avrebbe dovuto acquisire il parere della Provincia, in forza del principio del contrarius actus. Il TAR avrebbe errato nel ritenere il principio inapplicabile alle ipotesi di mancata preventiva acquisizione.

4) Il TAR ha ritenuto possibile per l’amministrazione l’annullamento dell’atto presupposto (Programma di miglioramento) pur in presenza di un giudizio pendente sull’autoannullamento dell’atto susseguente, fondato proprio su censure relative alla rilevata sopravvivenza dell’atto presupposto (cd convalida in corso di giudizio). Così decidendo avrebbe di fatto consentito la convalida dei vizi dell’atto successivo al di fuori dei limiti e delle garanzie previste dall’art. 21 nonies citato, violando il diritto di difesa del ricorrente.

5) L’erroneità della sentenza in ordine ai motivi aggiunti, e la supposta invalidità dell’annullamento del Programma di miglioramento comporterebbe l’invalidità derivata dell’annullamento del permesso di costruire;

6) Il giudice di primo grado avrebbe infine errato nel rilevare la mancanza di interesse del ricorrente in ordine al contestato mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel contenuto della Provincia. Una volta accertato che non avrebbe potuto procedersi all’annullamento dell’atto per la solo mancata acquisizione del parere della provincia, le doglianze avrebbero dovuto essere esaminate ed accolte.

7) Così dicasi anche per la dichiarata improcedibilità del ricorso principale: una volta accertata l’illegittimità dell’annullamento dell’atto presupposto (oggetto dei motivi aggiunti), le censure relative all’atto a valle avrebbero dovuto essere esaminate ed accolte.

Si difende il Comune di Capalbio, tra l’altro evidenziando come la vicenda si inquadri in un processo di progressiva edificazione delle aree agricole, che l’amministrazione starebbe cercando di bloccare nelle more della definitiva approvazione del PSC, che interviene radicalmente sul punto. Nella specie il Programma di miglioramento avrebbe subito, dopo il primo parere, profonde variazioni (le dimensioni dell’edificio sarebbero variate; esso prima era destinato ad un salariato e poi invece è stato destinato all’imprenditore) talchè non poteva non acquisirsi un nuovo parere della Provincia, avente ad oggetto, secondo la normativa vigente, soprattutto il Piano aziendale e la sua congruità in relazione all’esigenza della costruzione di un edificio.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 29 gennaio 2013.

L’appello non è fondato.

1. La questione fondamentale concerne la mancata acquisizione del parere della Provincia sul Piano di miglioramento agricolo ambientale risultante dalla modifiche conseguenti alla variante al PRG.

Secondo il primo Giudice “mentre il primo prevede per il fabbricato ad uso abitativo mq.165 e mc.500, e contempla una disponibilità di manodopera di 1728 ore assegnate alla titolare dell’azienda e 996 ore assegnate all’operaio agricolo (per un totale di 2724 ore), il parere provinciale ha riguardato programma indicante per il suddetto fabbricato 110 mq. e 599,63 mc., e per l’impiego di manodopera 1728 ore assegnate alla titolare dell’azienda e 1728 ore assegnate ad un salariato fisso. Trattasi pertanto di programmi che, essendo diversificati per tali aspetti sostanziali, non sono assimilabili tra loro, cosicchè il parere formulato dall’Ente in relazione alla proposta originaria non può estendersi al programma successivamente emendato dall’interessata in forza della sopravvenuta disciplina urbanistica adottata dal Comune”

1.1. Le obiezioni dell’appellante riguardano il calcolo della superficie del fabbricato: la superficie complessiva (utile + accessoria) del progetto iniziale sarebbe più elevata dei 165 mq dell’ultimo progetto. L’apparente diminuzione sarebbe solo legata al confronto di dati non omogenei (superficie utile nel primo progetto; superficie utile + accessoria nel secondo). La riduzione dell’intervento edilizio rispetto a quello già passato al parere renderebbe perciò ultroneo un ulteriore parere.

Lo stesso dovrebbe dirsi per il monte ore, che sebbene corretto a seguito della modifica dei parametri apportata dalla variante, si attesterebbe comunque al di sopra del minimo di 1728 ore richiesto dalla legge per legittimare il titolo edilizio. Per il resto, il mutamento del soggetto al quale l’immobile è destinato (imprenditore piuttosto che il dipendente) sarebbe indifferente rispetto alle finalità per le quali è previsto l’intervento della Provincia nel procedimento.

2. Giova preliminarmente esaminare la norma regionale dei riferimento.

2.1. Viene qui in rilievo l’art. 4 della legge regionale Toscana n. 64/95, ai sensi del quale, gli edifici rurali “sono consentiti a seguito dell’ approvazione di un programma aziendale di miglioramento agricolo ambientale che metta in evidenza le esigenze di realizzazione degli interventi edilizie o di trasformazione territoriale necessari allo sviluppo aziendale …….Il programma è approvato dal Comune, secondo il procedimenti … previo parere dell’ Ente delegato in materia di agricoltura e foreste. Tale parere consiste: a) nella verifica degli aspetti agronomici e forestali, con riferimento a classi colturali e non a singole colture; b) nella verifica degli aspetti paesistico ambientali e idrogeologici; c) nella verifica di conformità con il PTC di cui all’ art. 16 della LR 16.1.1995, n. 5 (ndr contenente a sua volta parametri per consentire alle aziende agricole la realizzazione di nuove residenze rurali ed annessi agricoli in considerazione di: a. prodotto lordo vendibile; b. impegno di manodopera; c.tipologie produttive)…. L’ approvazione del programma costituisce condizione preliminare per il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie”.

2.2. La provincia, ente delegato, ha dunque un ruolo fondamentale nella verifica, oltre che degli aspetti ambientali, di quelli agronomici e gestionali, poichè la residenza rurale è giustificabile, nel quadro di una rigorosa salvaguardia del paesaggio agricolo, solo se strumentale allo gestione ed allo sviluppo aziendale.

Nel caso di specie, la Provincia ha avuto modo di esprimersi una prima volta su un programma di miglioramento agricolo ed ambientale, che ha poi subito modifiche, in parte imposte dal mutato quadro regolatore urbanistico (dimensionamento dell’edificio), in parte frutto di libere scelte (mutamento del fruitore dell’edificio rurale). A prescindere dalle ragioni delle modificazioni, il Comune avrebbe dovuto quindi, prima dell’approvazione, nuovamente sottoporre alla Provincia il Programma modificato.

2.3. Non può valere ad elidere la necessità del passaggio procedimentale, la circostanza che le modifiche siano nella direzione della riduzione piuttosto che dell’ampliamento, o appaiano, secondo un approccio sostanzialistico, ininfluenti ai fini del tenore del parere provinciale, poichè queste sono valutazioni che compete alla Provincia fare, sempre e comunque, salvo che trattasi di aggiustamenti meramente formali o marginali tali da far qualificare il parere come un mero duplicato.

Tra l’altro, la Provincia nel suo originario parere non aveva genericamente assunto una posizione favorevole, ma formulato prescrizioni limitative in ordine alla localizzazione dell’edificio, ed anche alla situazione previdenziale del lavoratore salariato, evidentemente relazionate a specifici contenuti del programma. La variazione di quest’ultimo complica ulteriormente il quadro e rende inverosimile la tesi dell’inutilità del parere. Per converso l’osservazione – sul quale basa il fondamento logico della tesi dell’appellante – che le modifiche siano in diminuzione o comunque ininfluenti, non sposta, a prescindere dalla loro effettivo riscontro, i termini della questione, atteso che seppur essa potrebbe legittimare il sindacato di un eventuale secondo parere irragionevolmente difforme, di certo non può giustificare l’omessa acquisizione del parere.

L’omissione ha assunto pertanto un efficacia invalidante.

3. Quanto al secondo ed al quarto motivo d’appello, entrambi incentrati, sebbene con diversa declinazione, sulla convalidabilità dell’atto annullabile, ex art. 21 nonies, secondo comma, della legge 241/90 a mente del quale, “è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”, può osservarsi che la fattispecie oggetto dell’odierno esame integra piuttosto un’ipotesi di sanatoria in senso stretto esulante dai margini applicativi della norma citata. Ma anche a volere ammettere un generale potere di sanatoria, esso potrebbe estendersi esclusivamente agli apporti procedimentali necessari che non siano collegati ad una fisiologica e funzionale scansione temporale, com’è invece per i pareri, espressione di un potere consultivo il cui esercizio informa ed istruisce quello provvedimentale successivo.

3.1. Inappropriato è poi il riferimento alla convalida con riguardo all’autoannullamento dell’atto presupposto. Nella tesi dell’appellante, siccome l’ultra vigenza dell’atto presupposto provocava l’invalidità dell’atto conseguente (e fondava la doglianza ritualmente avanzata nel giudizio) l’avere l’amministrazione annullato anche l’atto presupposto si tradurrebbe in una indiretta convalida dei vizi dell’atto a valle, effettuata in corso di giudizio.

In proposito è sufficiente sottolineare che la convalida attiene alla rimozione ex ufficio del vizio di un atto invalido e non già nell’annullamento in autotutela del medesimo, e che quantunque quest’ultimo sia posto in essere (anche) per dare coerenza e legittimità al successivo operato dell’amministrazione esso non per questo perde i caratteri della discrezionalità e della cura di interessi ulteriori rispetto al mero ripristino della legalità, caratteri incompatibili con la vicenda della convalida descritta dall’art. 21 nonies secondo comma.

4. Del pari infondato è il terzo motivo d’appello. Il principio del contrarius actus, invocato dall’appellante a sostegno dell’obbligo di assumere il parere della Provincia anche per procedere all’annullamento del Programma di miglioramento, è privo di addentellati qualora il motivo di annullamento in autotutela sia proprio l’omessa acquisizione del parere della Provincia.

5. I rimanenti motivi, aventi prevalentemente ad oggetto l’atto conseguente, basano sul supposto accoglimento dei già esaminati motivi di gravame relativi al Programma di miglioramento (atto presupposto). Non essendosi realizzata la premessa, il basamento teorico e l’interesse che da esso trae linfa vengono meno.

6. In conclusione l’appello è respinto.

7. La peculiarità dei temi trattati e l’oggettivo margine interpretativo che alcune delle fattispecie esaminate presentano, giustificano la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013

Redazione