DIA in materia edilizia, l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione della P.A. (Cons. Stato n. 2593/2013)

Redazione 13/05/13
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FATTO

Con ricorso iscritto al n. 4402 del 2009, Helvetia Compagnia svizzera di assicurazioni SA propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 2029 del 27 marzo 2009, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Milano per l’annullamento della nota n. 10826/07 con la quale è stata comunicatacomunicata recante comunicazione del l’avvenuta rideterminazione in base alle tariffe approvate con deliberazione Consiglio cComunale n. 73/07 degli oneri di urbanizzazione relativi alla DIA presentata per l’esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia dell’immobile di via ************** n. 15/21, della delibera C.C. n. 73/07 del 21.12.2007 che approva le nuove tariffe degli oneri di urbanizzazione, nella denegata ipotesi in cui venisse considerata applicabile alle procedure autorizzative iniziate prima della data di esecutività della stessa delibera (8.1.2008); e per la condanna alla restituzione della somma cautelativamente versata a seguito di illegittima richiesta, maggiorata degli interessi e rivalutati come per legge, e al risarcimento dei danni subiti e subendi in conseguenza dell’illegittima richiesta di oneri di urbanizzazione integrativi per l’intervento di completamento ex art 105 RE in via G.B. ******** n. 15-21.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso che con delibera n. 73 del 21.12.2007 il Consiglio cComunale di Milano aveva approvato le nuove tariffe degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. La delibera, affissa all’Albo dal 28.12.2007 al 12.1.2008, era diventata esecutiva l’ 8.1.2008.

La società ricorrente aveva realizzato un intervento di recupero su un immobile sito in vVia Cassinis, in forza di DIA presentata in data 27.12.2004, versando i dovuti oneri. In data 10.12.2007 aveva poi presentato una nuova DIA per opere di completamento, versando il solo costo di costruzione.

In riscontro a quest’ultima denuncia di inizio attività, il Dirigente dello Sportello Unico aveva richiesto il versamento di una somma integrativa, in forza della nuova determinazione degli oneri, ritenendo che le nuove tariffe debbano essere applicate “a tutte le DIA che acquistano efficacia dopo l’entrata in vigore della deliberazione”.

Avverso il provvedimento di rideterminazione, la società ricorrente, dopo una ampia digressione sulla giurisdizione e sulla natura giuridica della DIA, articolava i seguenti motivi di illegittimità:

1) Violazione del DPR 380/2001, della L.R. 12/2005, del Regolamento Edilizio – contraddittorietà e arbitrarietà; violazione del giusto procedimento: il termine di 30 giorni dalla presentazione della DIA è riferibile al potere inibitorio, non determina l’acquisto dell’efficacia della DIA. Anche in base alle disposizioni della L.R. 12/05, l’importo degli oneri va commisurato alle tariffe vigenti al tempo della presentazione della DIA.

2) Violazione dell’art 1 L. 241/90, contrarietà ai principi dell’ordinamento comunitario, essendo violato il legittimo affidamento e il principio di certezza del diritto.

Costituitosi il Comune e respinta la domanda cautelare, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’esistenza di un principio di sensibilità della DIA alle modifiche legislative nei trenta giorni tra la presentazione e l’inizio dell’efficacia, estensibile anche alle eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Milano, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 16 aprile 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – In via preliminare va evidenziata la persistenza dell’interesse al ricorso da parte dell’appellante, atteso che l’emissione da parte dell’amministrazione comunale della nota prot. n. 155547 del 27 febbraio 2013 recante all’oggetto comunicazione di avvio del procedimento volto alla rideterminazione degli oneri di costruzione non preclude a codesto Collegio di valutare nel merito le doglianze proposte, giacché non avendo l’amministrazione ancora provveduto in tal senso, permane l’interesse a ricorrere dell’appellante al fine di ottenere un provvedimento giudiziale favorevole.

3. – Con il primo motivo di diritto, la parte ricorrente deduce error in iudicando del giudice di prime cure per violazione di legge del rispetto al D.P.R. 380/2001 ed d aella legge regionale n. 12 del 2005; violazione del regolamento edilizio; contraddittorietà, arbitrarietà e difetto di motivazione; violazione del giusto procedimento e travisamento dei fatti.

La censura si concentra in particolare sull’errata ricostruzione dogmatica dell’istituto della D.I.A., evidenziando come, anche in relazione alla particolare formulazione della legge regionale Lombardia in merito, tale denuncia costituisca essenzialmente una autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge al momento della dichiarazione per la realizzazione dell’intervento, sulla quale la P.A. svolge un’eventuale attività di controllo avendo come esclusivo riferimento la normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza e non la normativa sopravvenuta.

3.1. – La doglianza è fondata e va accolta.

Il giudice di prime cure ha affrontato il tema delle sopravvenienze normative intercorse tra la presentazione della DIA e la sua efficacia evidenziando come, indipendentemente dalla qualifica giuridica assegnata a secondao dei due differenti orientamenti, che sostengono, rispettivamente, la natura di autorizzazione implicita e quella di atto privato, la stessa produce effetti al trentesimo giorno dalla sua presentazione. Poiché in questo spatium deliberandi di trenta giorni dalla presentazione della denuncia, permane un compito di controllo in capo all’amministrazione, ha un compito di controllo, a conclusione del quale essa può esercitare poteri inibitori dei lavori non ancora avviati, le eventuali modifiche normative devono trovare applicazione, in quanto il procedimento non è ancora perfezionato e la DIA non può produrre effetti, evidenziandosi così l’esistenza di un principio di sensibilità della DIA alle modifiche legislative nei trenta giorni tra la presentazione e l’inizio dell’efficacia.

L’impostazione seguita dal giudice di prime cure non appare, però, in linea con i più recenti interventi giurisprudenziali e con le disposizioni legislative successive, che, sebbene non applicabili ratione temporis, servono a meglio illuminare il tema della disciplina applicabile alla fattispecie.

La vicenda de qua risulta già essere stata scrutinata dalla Sezione (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze n. 4669 e 4670 del 4 settembre 2012), con argomentazioni dalle quali non si ritiene di doversi discostare.

Occorre, infatti, rilevare come questo Consiglio abbia posto fine al dibattito sulla natura dei titoli abilitativi non provvedimentali in edilizia con la sentenza dell’Adunanza plenaria 29 luglio 2011 n. 15, dove, a seguito di un’attenta ricostruzione delle diverse posizioni sostenute, raffrontate al quadro normativo in evoluzione, si è affermato che “la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge”. Tale lettura, in senso non provvedimentale, è stata peraltro immediatamente fatta propria dal legislatore, il quale, introducendo il comma 6 ter dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” tramite l’articolo 6, comma 1, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, ha espressamente qualificato affermato che tali atti come “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili”.

In questo senso, appare consequenziale e condivisibile la ricostruzione della natura del silenzio tenuto dall’amministrazione (sempre come ritenuto dalla citata Consiglio di Stato ad. plen. 29 luglio 2011 n. 15), per cui “il passaggio del tempo non produce un titolo costitutivo avente valore di assenso ma impedisce l’inibizione di un’attività già intrapresa in un momento anteriore”. In tal modo, appare chiaro che l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato (rectius, la modalità abilitativa alla realizzazione dell’intervento edilizio) si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione da parte della pubblica amministrazione, trattandosi di fattispecie che operano su piani giuridici diversi.

Deve quindi convenirsi con l’appellante in merito all’immediato sorgere dell’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione in relazione alla situazione esistente al momento della presentazione della domanda, vicenda che deve ritenersi confermata anche dalla particolare disciplina della denuncia di inizio attività contenuta nella legge regionale (art 42 commi 2 e 3 della legge regionale Lombardia n. 12 del giorno 11 marzo 2005 “Legge per il governo del territorio”), che la quale prevede, da un lato, che il calcolo dei dovuti oneri di urbanizzazione e costo di costruzione sia allegato già al momento della presentazione della denuncia di inizio attività e, in secondo luogodall’altro, disponendo che il pagamento sia effettuato con le modalità previste dalla vigente normativa – secondo la qualeche, per gli oneri di urbanizzazione, si impone l’adempimento entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività -, rendendo quindi impermeabile la disciplina ai mutamenti disciplinari successivi.

L’accoglimento della doglianza comporta quindi l’annullamento dell’atto principalmente gravato.

4. – Con il secondo motivo di diritto, l’appellante denuncia error in iudicando del giudice di prime cure per violazione di legge dell’art. 1 legge 241/1990; contrarietà ai principi dell’ordinamento comunitario; difetto e contraddittorietà di motivazione. La società ricorrente sostiene che la determinazione dei contributi urbanistici da parte dell’amministrazione costituisce estrinsecazione di un’attività di tipo paritetico non autoritativo e pertanto l’operato amministrativo che si contesta contrasta gravemente anche con i principi civilistici ed in particolare con il principio dell’affidamento secondo buona fede, su cui la parte privata deve poter contare al fine di programmare con un ragionevole margine di certezza la propria attività economico-imprenditoriale.

4.1. – Tale doglianza appare fondata.

Considerato che il momento su cui appuntare l’affidamento economico della società istante è quello della presentazione della DIA- che coincide con il momento perfezionativo per consolidazione postuma e non in quello in cui la DIA acquisterebbe efficacia – è evidente che, in caso di rideterminazione o modifica unilaterale dell’onere dovuto, la pubblica amministrazione non può limitarsi ad emettere un atto sostitutivo. L’amministrazione può avere titolo a rideterminare l’importo soltanto qualora il precedente conteggio sia stato frutto di un errore essenziale e riconoscibile ai sensi dell’art. 1427 e ss del c.c. Tale interpretazione può trovare conferma mediante il richiamo all’ art. 1 bis della legge n. 241/1990 che enuncia quanto segue: “ la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”; ma anche in relazione all’art. 1 , comma 1 lett. a) della legge n. 15 del 2005, secondo cuiper il quale l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario. In riferimento a quest’ultimo aspetto assume notevole rilevanza il principio generale di tutela dell’affidamento dei privati, considerato canone incluso, appunto, nell’ordinamento giuridico comunitario.

5. – Con il terzo motivo di diritto, la società ricorrente ripropone la domanda di restituzione della somma (pari ad Euro 647.167,90) cautelativamente versata a seguito di illegittima richiesta, maggiorata degli interessi e rivalutati come per legge oltreché il risarcimento dei danni subiti e subendi in conseguenza dell’illegittima richiesta di oneri di urbanizzazione integrativi per l’intervento di completamento ex art 105 RE in via G.B. ******** n. 15-21. L’appellante ritiene altresì di aver subito un danno patrimoniale derivante dalla condotta colposa del Comune di Milano.

5.1. – Tale doglianza appare solo parzialmente fondata.

Dall’esame della questione come sopra condotto appare acquisito che la società ricorrente avrebbe dovuto versare all’amministrazione comunale esclusivamente gli oneri contributivi della DIA previsti al momento della presentazione di tale domanda. Spetterà pertanto al Comune restituire la somma cautelativamente versata dall’appellante a seguito di illegittima richiesta.

Non è peraltro individuabile alcuna responsabilità ex art. 2043 c.c., venendo a mancare quanto meno il profilo della colpa, vertendosi in un caso in cui l’amministrazione ha fatto uso di una delle due ricostruzioni dogmatiche (peraltro, quella prevalente al momento dell’emissione del provvedimento) e quindi extracontrattuale, dovendosi rimarcare la buona fede del Comune percipiente proprio alla luce del contrasto giurisprudenziale relativo alla natura giuridica della DIA antecedente alla sentenza dell’Adunanza plenaria 29 luglio 2011 n. 15, sopra ricordato.

Sulle somme indebitamente riscosse dal Comune di Milano spettano quindi unicamente gli interessi legali dalla data della domanda di ripetizione e non la rivalutazione monetaria richiesta. Infatti, venendo in applicazione la norma sull’indebito oggettivo, deve notarsi come l’art. 2033 c.c. preveda espressamente a carico dell’accipiens la sola obbligazione di restituzione di quanto ricevuto con gli interessi, non facendo alcuna menzione delalla rivalutazione monetaria di questi ultimi. Spetteranno pertanto alla società ricorrente gli interessi maturati sull’ammontare illegittimamente versato all’amministrazione comunale non dal giorno del pagamento bensì dal giorno della domanda giudiziale.

L’appellante non potrà quindi richiedere invece il risarcimento dei danni subiti e subendi in conseguenza dell’illegittima richiesta di oneri di urbanizzazione integrativi per l’intervento di completamento ex art 105 RE in via G.B. ******** n. 15-21. Come sopra evidenziato, il caso di specie, configura un’ipotesi di indebito oggettivo ex. art. 2033 c.c.; e pertanto sulla base della disposizione normativa indicata non pare configurabile alcun danno risarcibile in capo all’accipiens. Il nostro ordinamento prevede esclusivamente due ipotesi di risarcibilità del danno, rispettivamente agli artt. 1218 e 2043 c.c., nessuna delle quali e non è rinvenibilei nel caso in esame.

6. – Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. – L’appello va quindi accolto in parte. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. aAccoglie in parte l’appello n. 4402 del 2009 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano, sezione seconda, n. 2029 del 27 marzo 2009, accoglie il ricorso di primo grado nei limiti di cui in motivazione;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013

Redazione