Detenzione di sostanze stupefacenti: sotto le 2.000 dosi non sussiste l’aggravante dell’ingente quantità (Cass. pen. n. 49452/2012)

Redazione 20/12/12
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Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 16.5.2011 la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Catania, emessa il 14.10.2010, con la quale G.P., applicata la diminuente per la scelta del rito abbreviato, era stato condannato alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81, 110 cod.pen., 73 e 80 comma 2 DPR 309/90 perché illecitamente deteneva, a fini di spaccio, Kg.24,800 di sostanza stupefacente di tipo marijuana e grammi 17,4 circa di sostanza stupefacente di tipo cocaina (capo a), ed alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81 comma 1, 110 c.p., 2 e 7 L. 895/67 (capo b), 81 comma 1, 110 c.p., 23 comma 3 L. 110/5 (capo c), 81,110, 648 c.p.(capo d), 81, 110 c.p.2 L.895/67 (capo e), 81, 110 c.p. e 2 L.895/67 (capo f) 81 cpv.110, 697 c.p. e 2 L 895/67 (capo g), unificati sotto il vincolo della continuazione.
Riteneva la Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, che sussistesse la contestata aggravante di cui all’art. 80 comma 2 DPR 309/90, in quanto la sostanza stupefacente detenuta era tale da agevolare, nell’ambito territoriale catanese, il consumo da parte di un rilevante numero di tossicodipendenti e quindi un aumento del pericolo per la salute pubblica. Riteneva, altresì, infondata la tesi difensiva in ordine all’unicità dell’atto (aver dato cioè la disponibilità del locale per il deposito della droga e delle armi) e, comunque, escludeva che potesse esservi unicità di disegno criminoso tra la detenzione dello stupefacente e la detenzione della droga. Riteneva, infine, che non potessero essere concesse le circostanze attenuanti generiche per la estrema gravità dei fatti e per il comportamento processuale, assolutamente negativo, dell’imputato.
2. Propone ricorso per cassazione il P., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la erronea applicazione della circostanza aggravante di cui all’art.80 comma 2 DPR 309/90. La Corte territoriale, dopo aver richiamato la sentenza delle sezioni unite n.17/2000, con la quale si abbandonò il criterio della saturazione del mercato, mostra di non condividere gli arresti giurisprudenziali della sezione quinta (secondo cui non possono definirsi ingenti quantitativi di droga quelli che non superino i due chili in caso di droghe pesanti e i cinquanta chili in caso di droghe leggere), reintroducendo così di fatto il superato concetto di ambito territoriale con una serie di valutazioni irrilevanti ai fini dell’applicabilità della circostanza. La normativa, contrariamente all’assunto dei Giudici di merito, non fa alcuna distinzione tra le varie condotte; quel che rileva è l’eccezionale lesività per la collettività. Secondo l’assunto della Corte, poi, l’aggressione alla salute pubblica va differenziata con criterio di territorialità, per cui una medesima condotta andrebbe sanzionata diversamente a seconda del luogo in cui venisse posta in essere. Evidente è l’errore nell’applicazione della norma e la violazione del principio di legalità di cui all’art. 25 comma secondo Cost. La giurisprudenza della quinta sezione della Suprema Corte, al fine di eliminare criteri di incertezza e di opinabilità, ha fatto riferimento a parametri oggettivi (nel caso di specie 25 Kg. di marijuana rappresentano meno della metà del dato ponderale indicato dalla Corte di legittimità).
Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine all’applicazione della continuazione ex art.81 c.p. Dagli atti, ed in particolare dalla consulenza dattiloscopica, emerge che il ricorrente, proprietario del garage, non era mai venuto in contatto con le armi o con la droga; il che esclude l’ipotesi di una sua presunta attività di cedente a terzi. Come ritenuto dal Giudice di primo grado, sulla base anche della confessione resa dall’imputato confortata dai risultati della consulenza dattiloscopica, il P. aveva messo a disposizione consapevolmente il proprio immobile al fine di consentire l’occultamento di armi e droga. La Corte territoriale ha sovvertito, senza adeguata motivazione, l’impostazione della sentenza di primo grado.
Con il terzo motivo denuncia l’erronea applicazione della disciplina del concorso formale tra reati ed, in via subordinata, della continuazione. La stessa sentenza impugnata riconosce che vi è un’unica determinazione volitiva (cessione del garage), ma non spiega poi perché non trovi applicazione l’art.81 c.p.
Ma anche ammettendo che il P. spacciasse lo stupefacente e contestualmente detenesse le armi, non vi è ragione per non applicare la disciplina del concorso formale di cui all’art.81 c.p.
2.1) Con memoria del 2.11.2012 si richiama la sentenza delle Sezioni Unite del 24.5.2012 e si ribadisce che la circostanza aggravante contestata è insussistente.

 

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Risolvendo i contrasti giurisprudenziali esistenti sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 36258 del 24.5.2012, hanno affermato il principio così massimato: in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante della ingente quantità, di cui all’art.80, comma secondo, DPR n. 309 del 1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata.
In motivazione si afferma: “Le tabelle in questione indicano, tra l’altro, i c.d. “limiti soglia”, cioè i limiti quantitativi massimi previsti, oltre i quali le condotte descritte nell’art.73 comma 1 bis del DPR 309/90 sono considerati di regola penalmente rilevanti e, quindi, potenzialmente assoggettabili al trattamento sanzionatolo previsto dal comma 1 del medesimo articolo. Tali limiti, dunque, costituiscono il discrimine tendenziale fra “uso personale” che non comporta sanzione penale, e le condotte di detenzione penalmente rilevanti”. E si precisa, poi: “Invero proprio dal riferimento al “sistema tabellare” e dal rilievo (diretto e riflesso) che esso ha nel sistema, si può e si deve trarre la conclusione che è necessario individuare un parametro numerico anche per la determinazione del concetto di ingente quantità. Infatti se il legislatore ha positivamente determinato la soglia quantitativa, appunto, di punibilità (dunque un limite “verso il basso”) consegue che l’interprete ha il compito di individuare una soglia al di sotto della quale, secondo i dati offerti dalla fenomelogia del traffico di sostanze stupefacenti, non possa parlarsi di ingente quantità (un limite quindi “verso l’alto”)” E quindi: ” Più correttamente tuttavia, per quel che si è anticipato, piuttosto che far riferimento al valore ponderale globale, appare opportuno riferirsi appunto, alle dosi soglia, individuando, come si diceva in 2000 il limite al di sotto del quale non potrà essere di norma contestata l’aggravante della ingente quantità atteso che a tale limite corrispondono, in linea di massima, i valori ponderali individuati come “medi” (rectius non eccezionali) dalla giurisprudenza di merito”. “La soglia così stabilita, come si è chiarito, definisce tendenzialmente il limite quantitativo minimo, nel senso che, al di sotto di essa, la “ingente quantità” non potrà essere di regola ritenuta; al di sopra viceversa, deve comunque soccorrere la valutazione in concreto del giudice di merito. In altre parole i parametri sopra enunciati non determinano – di per sé automaticamente – se superati, la configurabilità dell’aggravante. Essi invero valgono solo in negativo, nel senso che al di sotto degli accennati valori quantitativi, l’aggravante (ex art.80 comma 2) deve ritenersi in via di massima non sussistente”.
2.1. Compete dunque al Giudice di merito verificare, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, se nel caso di specie sussista la circostanza aggravante contestata.
3. Con i motivi di appello venivano svolte specifiche ed articolate censure in ordine alla erronea applicazione della disciplina del concorso formale tra reati e, in via subordinata, della continuazione.
La Corte territoriale; senza confutare, con argomentazioni adeguate, tali doglianze, si è limitata ad affermare che “il secondo motivo di appello è basato essenzialmente su una petizione di principio”.
4. La sentenza impugnata va, pertanto annullata, limitatamente (considerato che sull’affermazione di responsabilità non vi sono contestazioni di sorta) all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art.80 co.2 DPR 309/90 ed all’applicazione dell’art.81 c.p., e quindi al complessivo trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo esame, tenendo conto dei principi e del rilievi sopra evidenziati.

 

P.Q.M.

Annulla la sentenza Impugnata limitatamente all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art.80 comma 2 DPR 309/90 ed all’applicazione dell’art.81 c.p., e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo giudizio.

Redazione