Derivati (Cons. Stato n. 5962/2012)

Redazione 27/11/12
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FATTO

1. Con la determinazione n. 2799 del 29 giugno 2009 il Dirigente del Servizio Gestione Risorse Finanziarie ed Umane della Provincia di Pisa: 1) annullava d’ufficio “con efficacia retroattiva con conseguenza del venir meno degli atti stessi dalla stessa data nella quale sono stati emanati” le determinazioni n. 913 del 16 febbraio 2007 e n. 3266 del 22 giugno 2007, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati, nonché la determinazione n. 3418 del 3 luglio 2007; 2) procedeva alla restituzione del differenziale attivo complessivo di €. 24.271,39 relativo al primo semestre, ottenuto dalla Provincia di Pisa per effetto delle clausole contrattuali per €. 12.986,39 dalla Depfa Bank Plc e per €. 11.285,00 da ******************** (trasmettendo copia della delibera al Ministero dell’economia e delle finanze, a completamento delle comunicazione inviata a seguito della legge finanziaria 2007, e della circolare del 31 gennaio 2007 dello stesso Ministero, nonché alla Banca d’Italia ed alla Consob).

Successivamente alla stipulazione dei predetti contratti erano infatti emersi profili di criticità che avevano costituito oggetto di valutazione e approfondimento da parte di esperti della materia, compendiati nel documento “Analisi posizione in derivati della Provincia di Pisa”, in cui era stato in particolare era stato evidenziato: 1) la violazione dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non risultando rispettato il principio della convenienza economica dell’operazione (infatti i contratti swap, che al momento della stipula, avrebbero dovuto avere un valore iniziale pari a zero, avevano al contrario, quanto a quello stipulato con Dexia Crediop S.p.A., un valore pari a €. 44.400.000,00 – con un valore negativo di €. 644.355.000,00 – e, quanto a quello con Depfa Bank Plc, un valore pari ad €. 51.094.000,00 – con valore negativo di €. 741.000,00, così che le predette banche, per le quali i rispettivi contratti avevano valore positivo, avrebbero dovuto corrispondere una somma di pari ammontare all’ente per “riequilibrare” economicamente il contratto stesso; in sostanza tale costo corrispondeva al mancato premio che la Provincia avrebbe dovuto incassare a fronte del valore negativo dello swap); 2) la violazione dell’articolo 3 C.M. 27.05.2004 laddove era precisato che la vendita del floor era ammessa solo per il finanziamento dell’acquisto del cap; ora il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della stipula, indica proprio che il valore del cap era inferiore a quello del floor, ovvero che il premio che la Provincia avrebbe dovuto pagare (e che implicitamente ha pagato) per l’acquisto del cap era inferiore al premio che la Provincia avrebbe dovuto incassare a fronte della vendita del floor; 3) tali violazioni erano dipese dai c.d. “costi impliciti” degli swap stipulati, non calcolabili dalla Provincia di Pisa se non denunciati dalle banche proponenti i derivati; 4) le banche non avevano dichiarato, né mai indicato che lo swap aveva un costo (e il costo implicito andava considerato nell’analisi di convenienza); 5) già il solo costo implicito dello swap vanificava la convenienza economica di emissione dei bond; 6) se la Provincia di Pisa avesse avuto informazioni puntuali e complete sull’operazione di interest rate swap, avrebbe provveduto diversamente (alla complessiva operazione di ristrutturazione del proprio debito).

Nella ricordata determinazione dirigenziale si dava altresì atto dell’avvenuta valutazione dell’interesse pubblico all’annullamento degli atti proprio in quanto derivanti da violazioni di legge dovute alla mancata conoscenza di alcuni elementi informativi rilevanti per il procedimento inerente la ristrutturazione del debito, anche sotto il profilo della sua ragionevolezza in relazione al tempo trascorso, della puntuale previsione dell’articolo 1, comma 136, della legge finanziaria del 2005 (che aveva avvalorato la violazione del principio di economicità e di convenienza finanziaria, prevedendo la possibilità dell’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi legittimi al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziaria) e del comportamento tenuto dalle banche, non improntato ai principi di correttezza e buona fede.

2. Di tale determinazione e della successiva deliberazione della Giunta Provinciale n. 83 del 15 luglio 2009 (avente ad oggetto “Individuazione operazione di ristrutturazione del debito – Contratti di interest rate swap con Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc – Annullamento parte delibera G.P. n. 7 del 23/10/2007”), le predette Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc chiedevano l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con due separati ricorsi, iscritti rispettivamente al NRG. 1667 e 1668 dell’anno 2009, sostenendone l’illegittimità alla stregua di tre articolati motivi di censura, tutti incentrati sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, violazione del principio del giusto procedimento amministrativo e del contraddittorio amministrativo, violazione e falsa applicazione dell’art. 41 della legge n. 448 del 2001 e dell’art. 3 della Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27.5.2004, eccesso di potere per errore nei presupposti e travisamento dei fatti, sviamento di potere, contraddittorietà, incompetenza, violazione del principio di diritto enunciato dall’Ad. Plenaria del Consiglio di Stato, 30.7.2008, n. 9.

Con successivi motivi aggiunti le predette banche chiedevano prima l’annullamento della delibera del Consiglio Provinciale 29 settembre 2009, n. 76 (avente ad oggetto “Individuazione operazione di ristrutturazione del debito – Contratti di interest rate swap con Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc annullamento parte delibera C.P. n. 60 del 7/6/2007”) e di ogni altro presupposto conseguente o connesso e poi anche del parere della ******à Calipso s.r.l., posta a fondamento dei provvedimenti impugnati, riproponendo sostanzialmente i motivi di censura svolti con il ricorso principale.

In sintesi, secondo le ricorrenti, i provvedimenti impugnati, attraverso i quali erano stati annullati in autotutela gli atti di affidamento dell’operazione di ristrutturazione del debito, relativamente all’operazione in strumenti finanziari derivati, oltre ad essere viziati dalla macroscopica violazione delle norme in tema di garanzie partecipative (a causa dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento), erano anche privi di fondamento giuridico, non sussistendo la pretesa violazione della legge n. 448 del 2001, n. 408 (che si riferiva solo ai contratti relativi ai mutui contratti dagli enti locali successivamente al 31 dicembre 2006 e non anche alle operazioni di ristrutturazione dei debiti, tanto più che il derivato, per un verso, non era configurabile quale passività, né il valore dell’operazione poteva essere considerata come una commissione o un costo, costituendo piuttosto una valorizzazione storica dello swap, e, per altro verso, non rientrava neppure nell’ambito di applicazione della circolare ministeriale 27 maggio 2004), né l’interesse pubblico all’annullamento degli atti, non essendo stati neppure valutati i contrapposti interessi in gioco; ciò senza contare che gli effetti degli impugnati provvedimenti non potevano estendersi sul contratto medio tempore stipulato, in relazione al quale peraltro, in virtù di apposita clausola contrattuale, sussisteva la giurisdizione del giudice inglese; inoltre, sempre secondo le ricorrenti, i provvedimenti impugnati erano stati adottati sulla base di una erronea consulenza, resa da un soggetto privato, da cui peraltro poteva desumersi che la questione dei presunti costi impliciti connessi all’operazione di ristrutturazione del debito non rientrava nell’ambito della convenienza economica di cui alla legge n. 446 del 2001, posta a fondamento dei provvedimenti di autotutela.

Sia col ricorso principale che con i motivi aggiunti veniva anche formulata domanda di risarcimento del danno.

3. L’adito Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, con la sentenza n. 6579 dell’11 novembre 2010, nella resistenza dell’amministrazione provinciale di Pisa, riuniti i due separati giudizi per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, in parte li accoglieva ed in parte li respingeva.

Rigettata infatti la censura attinente alla dedotta violazione delle garanzie partecipative e delineati i caratteri essenziali dell’operazione di ristrutturazione del debito avviata dalla Provincia di Pisa, i primi giudici ritenevano corretto e legittimo l’operato dell’amministrazione che, avendo accertato, in forza dell’apposita relazione elaborata della società specializzata Calipso s.r.l., che gli swap sottoscritti avevano un valore negativo a carico della Provincia (realizzando un ingiustificato squilibrio fra le posizioni contrattuali dei contraenti), aveva annullato in autotutela le delibere di affidamento dell’operazione di ristrutturazione del proprio debito, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati, sussistendo anche una effettiva violazione dell’art. 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

Secondo il tribunale, però, i provvedimenti impugnati non determinavano la caducazione automatica dei contratti già stipulati, a tal fine essendo necessaria un’apposita pronuncia del giudice ordinario, fornito della potestas iudicandi in ordine all’esecuzione del contratto, il che rendeva fondato il terzo motivo di censura sollevato dalle ricorrenti; veniva infine dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria.

4. Con altra sentenza, n. 154 del 27 gennaio 2011, lo stesso Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, riuniti i separati ricorsi proposti dalla Provincia di Pisa nei confronti di ******************** (NRG. 51/2011) e Depfa Bank Plc (NRG. 52/2011) per la declaratoria di inefficacia del contratto in strumenti finanziari derivati stipulato in data 4 luglio 2007, li dichiarava inammissibili per difetto di giurisdizione, richiamando sul punto la propria precedente sentenza n. 6579 dell’11 novembre 2010.

5. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5032 del 7 settembre 2011, non definitivamente pronunciando sugli appelli proposti rispettivamente da ******************** (NRG. 938/2011), da Depfa Bank Plc (NRG. 939/2011) e dalla Provincia di Pisa (NRG. 1008/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre 2010 nonché dalla Provincia di Pisa (NRG. 2941/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 154 del 27 gennaio 2011 (NRG. 2941/2011), previa riunione degli stessi, ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, sia con riguardo alla natura dei provvedimenti impugnati, sia con riguardo agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di derivati (respingendo così anche la radicale eccezione di difetto assoluto del giudice italiano in favore di quello inglese) e rigettati i motivi di gravame, sollevati dalle banche, circa la dedotta violazione delle garanzie partecipative, la denunciata mancanza di attualità dell’interesse pubblico, la omessa corretta valutazione dei contrapposti interessi in gioco e il principio di ragionevolezza del termine di esercizio del potere di autotutela, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio per accertare se l’operazione, con cui l’Amministrazione provinciale di Pisa aveva provveduto alla gestione attiva del proprio indebitamento ed alla ristrutturazione del debito, attraverso l’operazione in strumenti finanziari (derivati) era da considerarsi effettivamente conveniente o meno dal punto di vista economico, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 41 della legge n. 441 del 2001, ed in particolare se gli swap stipulati fossero stati caratterizzati o meno da costi impliciti non dichiarati ovvero non conoscibili.

6. Nominato consulente tecnico d’ufficio con ordinanza n. 5628 del 19 ottobre 2011 il dott. *****************, ispettore della Banca d’Italia (in sostituzione della dott.ssa **********************, dirigente generale del Ministero dell’economia e delle finanze, che, nominata con la ordinanza 5103 del 12 settembre 2011, aveva rappresentato l’esistenza di una situazione soggettiva ostativa all’espletamento dell’incarico), questi ha ritualmente depositato in data 20 gennaio 2012, nei termini assegnatigli, giusta decreto di proroga n. 2874 del 21 novembre 2011, la relazione di consulenza, rispondendo a tutti i quesiti sottopostigli (dando atto dell’effettivo contraddittorio svoltosi con i consulenti nominati dalle parti in causa).

7. Nell’imminenza dell’udienza pubblica di discussione della causa, fissata per il 28 febbraio 2012, avendo l’Amministrazione provinciale di Pisa con apposite memorie (il cui contenuto è stato ribadito e confermato nel corso della discussione orale) decisamente contestato le risultanze della relazione di consulenza, lamentandone l’erroneità e la non condivisibilità (sia per l’impostazione metodologica e per la terminologia utilizzata, equivoco, imprecisa ed errata, sia quanto alle modalità di individuazione dei c.d. costi impliciti degli swap stipulati), anche per l’asserita mancata valutazione delle puntuali e circostanziate osservazioni del proprio consulente, prof. ***************, insistendo sulla necessità di un’adeguata integrazione della consulenza tecnica d’ufficio o quanto meno nella richiesta di precisi chiarimenti al consulente tecnico d’ufficio, la Sezione con ordinanza n. 1412 del 13 marzo 2012 ha pertanto affidato allo stesso consulente tecnico d’ufficio l’incarico, sempre nel contraddittorio tra le parti, di un’ulteriore attività d’indagine, fissandone i termini e le modalità (autorizzando anche la produzione di ulteriore documentazione necessaria), in particolare di esaminare i rilievi critici formulati dal consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa, prof. *************** con l’atto in data 18 gennaio 2012, svolgendo le conseguenti opportune osservazioni e controdeduzioni, e di fornire gli opportuni chiarimenti circa l’effettività o virtualità della individuazione del costo dei contratti di swap in questione e sull’effettiva utilità economica dell’operazione di ristrutturazione del debito, riassumendo infine, nella parte del supplemento di relazione dedicato alla definitiva risposta ai quesiti formulati, le contrapposte tesi delle parti e le ragioni per le quali esse possono o meno essere condivise, ed in che misura.

8. Nel corso di svolgimento di tale ulteriore fase della consulenza tecnica d’ufficio sono sorti alcuni incidenti.

8.1. Con istanza in data 23 marzo 2012, depositata il successivo 24 marzo 2012, Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A., dopo aver rappresentato che nel corso della riunione del 21 marzo 2012, fissata dal consulente tecnico d’ufficio per l’ulteriore svolgimento del mandato conferitogli, il consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa aveva contestato la presenza del loro avvocato difensore, regolarmente costituito nel giudizio di appello, hanno chiesto alla Sezione di pronunciarsi sul diritto di partecipazione di quest’ultimo alle operazioni peritali; anche il consulente tecnico d’ufficio, con istanza depositata in data 26 marzo 2012, ha chiesto chiarimenti al riguardo.

All’esito della comparizione delle parti e del consulente tecnico d’ufficio, disposta per il giorno 4 aprile 2012 innanzi al consigliere delegato, è stato peraltro dato atto, anche sulla scorta delle dichiarazioni rese dall’avvocato difensore dell’Amministrazione provinciale di Pisa (che ha chiarito non esservi preclusioni alla partecipazione dell’avv. ******* alle operazioni peritali), che la questione era da ritenersi superata, non essendovi ulteriori ostacoli al proseguimento dell’attività istruttoria secondo la tempistica indicata nella ordinanza collegiale n. 1412 del 13 marzo 2012.

8.2. Con altra istanza in data 11 aprile 2012, depositata il 12 aprile 2012, l’Amministrazione provinciale di Pisa ha chiesto poi, ai sensi degli artt. 196 c.p.c. e 19 e 20 c.p.a., la sostituzione del consulente tecnico d’ufficio, che, a suo avviso, aveva erroneamente interpretato l’ordinanza collegiale n. 1412 del 13 marzo 2012, invertendo lo stesso ordine logico – giuridico del procedimento ivi delineato, in particolare avviando una sorta di inammissibile ed improprio contraddittorio anticipato sulle osservazioni svolte dal prof. ****** sulla relazione di consulenza depositata il 20 gennaio 2012 (attività di per sé idonea ad influenzare la formazione del convincimento dell’ausiliare), laddove, secondo la corretta interpretazione del mandato conferito, l’analisi critica delle predette osservazioni doveva essere svolta esclusivamente dal consulente tecnico d’ufficio, il quale successivamente avrebbe dovuto sottoporre alle parti e ai loro consulenti le proprie autonome, motivate convinzioni nella bozza di relazione, secondo le ricordate scadenze temporali, solo in tal modo potendo ritenersi assicurata l’imparzialità e l’indipendenza del suo operato.

Il difensore della Provincia di Pisa ha depositato a tal fine i verbali delle “atipiche” operazioni peritali svolte dal consulente tecnico d’ufficio, evidenziando che i propri consulenti avevano abbandonato la riunione del 4 aprile 2012, non condividendo il procedimento indicato dal consulente tecnico d’ufficio, senza poi ricevere alcuna tempestiva notizia sulle successive riunioni per potervi partecipare attivamente.

Disposta nuovamente la comparizione di tutte le parti, dei loro difensori e del consulente tecnico d’ufficio per il giorno 17 aprile 2011, la Sezione, sentite le partite, con ordinanza collegiale n. 2152 del 20 aprile 2012 ha dato atto preliminarmente della correttezza dell’operato del consulente tecnico d’ufficio, sia quanto alla interpretazione dell’ulteriore mandato conferitogli, sia quanto alle modalità di svolgimento dell’incarico, ed ha poi respinto sia la richiesta di sostituzione dell’ausiliare, sia quella della Provincia di Pisa di cancellazione di espressioni offensive e sconvenienti asseritamente contenute nella memoria difensiva delle controparti, non sussistendone i relativi presupposti, confermando integralmente il contenuto della propria precedente ordinanza n. 1412 del 13 marzo 2012, anche in ordine alla relativa tempistica.

9. Depositata ritualmente l’ulteriore relazione di consulenza tecnica d’ufficio, le parti hanno prodotto ulteriore documentazione (in particolare le relazioni dei propri consulenti di parte) ed hanno insistito con puntuali e circostanziate memorie nelle proprie rispettive conclusioni e richieste, replicando a quelle avverse.

In particolare la Provincia di Pisa, che aveva già contestato le conclusioni contenute nella originaria relazione di consulenza tecnica d’ufficio, ha evidenziato che anche la seconda relazione, lungi dal fugare le perplessità nella prima e dal fornire i necessari, obiettivi elementi richiesti dal giudice, sarebbe errata, avendo sostanzialmente confermato “…le medesime argomentazioni della prima perizia senza eccessivo utilizzo di formule e nozioni matematiche, esprimendo con chiara evidenza la chiave interpretativa assunta”, appiattendosi ingiustificatamente “…sui dati parziali ed unilaterali”, ed avventurandosi in “…argomentazioni giuridiche non richieste dal Collegio e certo fuori dall’ambito della perizia”, oltre che palesemente erronee.

Depfa Bank Plic e ******************** hanno per contro rilevato la sostanziale correttezza e piena condivisibilità delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, insistendo per l’accoglimento dei propri appelli.

10. Alla pubblica udienza del 19 giugno 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

11. Deve essere innanzitutto confermata la riunione degli appelli proposti da Depfa Bank Plc (NRG. 938/2011), da ******************** (NRG. 939/2011) e dalla Provincia di Pisa (NRG. 1008/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre 2010 e di quello proposto dalla Provincia di Pisa (NRG. 2941/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 154 del 27 gennaio 2011, già disposta con la sentenza non definitiva n. n. 5032 del 7 settembre 2011.

12. Con quest’ultima, come ricordato nell’esposizione in fatto, la Sezione, accolti i ricorsi in appello proposti dall’Amministrazione Provinciale di Pisa avverso le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre 2010 (NRG. 1008/2011) e n. 154 del 27 gennaio 2011 (NRG. 2941/2011), ritenendo sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha poi respinto i primi tre motivi di gravame sollevati da ******************** e da Depfa Bank Plc avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre 2010, disponendo per la delibazione del quarto motivo d’appello una consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare se la complessa operazione con cui l’Amministrazione provinciale di Pisa aveva provveduto alla gestione del proprio indebitamento ed alla ristrutturazione del debito attraverso l’operazione in strumenti finanziari (derivati) sia da considerarsi effettivamente conveniente o meno dal punto di vista economico, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 441, ed in particolare se gli swap stipulati siano stati caratterizzati o meno da costi impliciti non dichiarati ovvero non riconoscibili.

Con l’ordinanza n. 5628 del 10 ottobre 2011 è stato pertanto chiesto al consulente tecnico d’ufficio, previo esame degli atti impugnati, della documentazione in atti e di quella eventuale ulteriormente prodotta dalle parti, di accertare e dichiarare: 1) se gli swap stipulati dall’Amministrazione Provinciale di Pisa con le banche ******************** e Depfa Bank Plc ai fini della gestione attiva del suo indebitamento e della ristrutturazione del debito, siano stati caratterizzati o meno da costi impliciti, non dichiarati; 2) nel caso di effettiva sussistenza dei predetti costi impliciti, se ed in che modo questi ultimi dovevano essere fatti presente dalle predette banche e se gli stessi erano o meno conoscibili direttamente dall’amministrazione; 3) sempre nel caso di effettiva sussistenza dei predetti costi impliciti, se la complessiva operazione di gestione attiva dell’indebitamento e di ristrutturazione del proprio debito posta in essere dall’Amministrazione provinciale di Pisa poteva considerarsi conveniente economicamente, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

A seguito del deposito della relazione di consulenza in data 20 gennaio 2012 e delle contestazioni sollevate dall’Amministrazione provinciale di Pisa, con l’ordinanza n, 1412 del 13 marzo 2012 lo stesso consulente tecnico d’ufficio è stato officiato di: 1) esaminare i rilievi critici formulati dal consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa (prof. *************** con l’atto in data 18 gennaio 2012); 2) svolgere le conseguenti opportune osservazioni ed eventuali controdeduzioni per dare risposta compiuta ed esaustiva agli originari quesiti, dando espressamente conto delle ragioni per le quali quei rilievi possono o meno essere accolti, anche in misura parziale; 3) fornire, sempre con riferimento ai quesiti sottopostigli, gli opportuni chiarimenti in ordine alle argomentazioni ed osservazioni svolte circa l’effettività o sulla virtualità della individuazione del costo dei contratti di swap sottoscritti dall’Amministrazione provinciale di Pisa, oggetto di controversia, ed all’effettiva utilità economica derivata dall’operazione finanziaria; 4) riassumere sinteticamente, nella parte del supplemento di relazione dedicato alla definitiva risposta ai quesiti formulati, le eventuali contrapposte tesi delle parti e le ragioni per le quali esse possono o meno essere condivise, ed in quale misura.

La relazione integrativa è stata anch’essa ritualmente depositata il 14 maggio 2012.

13. In relazione alla consulenza tecnica d’ufficio si osserva quanto segue.

13.1. L’elaborato depositato il 20 gennaio 2012 consta di 10 paragrafi, preceduti da un abstract: in particolare, dopo aver delineato nell’introduzione (par. 1) il contesto dell’operazione di ristrutturazione del debito oggetto di esame, sono state partitamente esaminate la ristrutturazione del debito (par. 2) e l’operazione in derivati (par. 3); sono stati svolti cenni di teoria finanziaria su un interest rate swap – collar con richiami alle disposizioni di settore (par. 4); sono state analizzate le relazioni dei consulenti tecnici di parte (par. 5); sono state sinteticamente illustrate la metodologia utilizzata e la definizione di costo implicito (par. 6), procedendosi alla valutazione mark to market (par. 7); è stata esposta la tecnica di valutazione per la determinazione del valore delle componenti rettificative del fair value (par. 8) e sono stati indicati gli input al modello di valutazione (par. 9, analizzandoli singolarmente, a. rischio di tasso; b. rischio di credito/controparte; c. rischio di funding; d. volatilità; e. rischio di modello; f. costi amministrativi; g. remunerazione del capitale); è stata infine data risposta ai quesiti formulati dalla Sezione.

13.1.1. L’operazione di ristrutturazione del debito (risalente al 2005) è consistita “…nella riconversione dei mutui contratti successivamente al 31.12.96 [16 mutui pari a €. 95,5 mln sottoscritti con 4 diversi istituti di credito, Banca Opi – ora Banca Intesa Infrastrutture Sviluppo per €. 45,9 mln; MPS per €. 25,3 mln; Dexia Crediop per €. 14,1 mln e Depfa Bank €. 10,1 mln] in un prestito obbligazionario e l’abbinamento di uno strumento derivato”.

Dei ventinove istituti bancari invitati alla gara ufficiosa ne sono stati selezionati quattro (Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A.; A.T.I. MPS/Banca Toscana; A.T.I. Dexia Crediop/Depfa Bank e A.T.I. Banca Opi/Banca Intesa Infrastrutture Sviluppo), tra cui una commissione tecnica (istituita con deliberazione della Giunta provinciale n. 155 del 30 dicembre 2005 e formata dal Segretario generale, dal Direttore generale, dal Responsabile del Servizio Ragioneria e dal Direttore della Provincia di Prato) ha poi individuato nell’A.T.I. Dexia Crediop/Depfa Bank l’intermediario con cui effettuare l’operazione di ristrutturazione del debito “…composta da emissione di un prestito obbligazionario al tasso variabile 0,063% con un piano di ammortamento risultante dal capitale residuo dei mutui che la Provincia avrebbe estinto e di abbinamento di strumento derivato avente lo scopo di cautelare l’Amministrazione da variazioni incrementative eccessive di tassi di interesse”.

La selezione delle proposte formulate dai quattro istituti bancari (alcuni riuniti in A.T.I.) è stata effettuata dalla predetta commissione tecnica (e successivamente approvata dalla Giunta provinciale) “…prevalentemente sulla misura dello spread offerto (risultandone più conveniente lo 0,063% offerta dall’ATI Dexia/Depfa) analizzato su durate temporali non coincidenti con quella poi adottata”, giacché quest’ultima “…prevede una scadenza a 25 anni (2031) differente da quella condizioni del prestito (scadenza 2024)”, con la conseguenza che “la convenienza economica anche limitatamente al rimborso dei mutui non è stata consapevolmente valutata…”, essendo “…noto che scadenze più o meno lunghe determinano differenti valori dei flussi finanziari oggetto di valutazione”.

Chiarito poi che “la fattibilità dell’operazione – finalizzata alla riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico dell’ente – era subordinata al rispetto della condizione di convenienza economica di cui all’art. 41 L. 448 del 28.12.2001” e che quest’ultima nulla stabilisce circa le relative modalità di calcolo, dovendo quindi essere “…di fatto desunte dalle prassi in uso in materia finanziaria che prevedono generalmente il confronto dei valori attualizzati del debito preesistente con quelli relativi al prestito obbligazionario da emettere”, la relazione di consulenza ha sottolineato che il tasso sul bond offerto dall’A.T.I. Dexia Crediop/Depfa (Euribor 6M + 0,063%) è stato “…molto vantaggioso e non del tutto in linea con il rating interno che le banche assegnavano alla controparte…”, aggiungendo che le predette banche (così come qualsiasi altro concorrente) “…dovevano comunque offrire condizioni inferiori al costo medio dei mutui da estinguere che esponevano uno spread pari a 0,126% al fine di rendere conveniente la ristrutturazione”.

Sulla base di tali elementi il consulente ha fissato il limite della convenienza economica dell’operazione in €. 402.000 (coerente con i valori indicati dalle parti, oscillanti tra €. 395.000 ed €. 409.000), entro il quale “…devono essere contenuti eventuali costi aggiuntivi, quali ad esempio quelli riconducibili a connesse operazioni in derivati”.

13.1.2. Riguardo all’operazione in derivati, con la quale l’Amministrazione provinciale di Pisa ha inteso garantire dall’eventuale eccessivo rialzo dei tassi di interessi, essa si è concretizzata nella stipulazione (avvenuta il data 4 luglio 2007) con Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc di due operazioni di Interest Rate Swap (di identiche caratteristiche), il quale “…è uno strumento finanziario derivato il cui valore dipende da quello dell’attività sottostante, ovvero il tasso di interesse Euribor 6M. Solo alla scadenza il valore del derivato può essere pienamente spiegato dal prezzo del sottostante, in quanto durante la vita dello stesso variabili quali tempo residuo, volatilità e livello del tasso di interesse influiscono sulla sua quotazione…”,

Dopo aver poi elencato le categorie di derivati esistenti (forward, futures, swap e opzioni), la relazione di consulenza ha rilevato che “…il contratto stipulato tra la Provincia di Pisa e le Banche ricomprende derivati che appartengono a più di una delle citate categorie (in particolare swap e opzione)”, configurando “…un cd. collar, ovvero uno strumento che viene acquistato da chi ritiene probabile un aumento dei tassi, non teme il loro ribasso e vuole contenere il costo della copertura; in particolare, il soggetto che acquista il collar sarà quel debitore a tasso variabile che si vuole proteggere dall’aumento dei tassi ed è disposto a rinunciare al beneficio di tassi inferiori al livello floor”, aggiungendo che in definitiva “con la sottoscrizione del collar, la Provincia intendeva contenere il costo delle passività a tasso variabile nell’ipotesi si fosse verificato un rialzo dei tassi di interesse” e che “…nel periodo in cui veniva negoziata l’operazione, l’andamento crescente dei tassi giustificava la ricerca di una siffatta copertura da parte dell’amministrazione locale” ed ancora

che “la proposta…di un derivato che delineava – come caratteristica del collar sottoscritto – un corridoio all’interno del quale i tassi si sarebbero dovuti attestare nel periodo di riferimento, risultava altrettanto ragionevole”.

13.1.3. Nel successivo paragrafo 4, allo scopo di chiarire i delineati aspetti definitori e di rendere comprensibile il funzionamento di swap e opzioni, è stato evidenziato che: a) lo swap su tassi di interesse (Interest Rate Swap) è un contratto bilaterale per effetto del quale i contraenti si scambiano, con riferimento a un capitale nominale, un flusso d’interesse a tasso fisso con un flusso d’interesse a tasso variabile per un certo periodo: a ciascuna scadenza contrattualmente prevista (di prassi 3 o 6 mesi) le parti si scambiano il saldo (differenziale) tra i predetti flussi (il datore di tasso fisso pagherà la differenza tra tasso fisso e variabile se il tasso variabile sarà inferiore a quello fisso e viceversa); b) la sua finalità è di gestire le passività allo scopo di ridurre il costo dell’indebitamento e/o modificare il profilo di rischio o di gestire le attività per accrescerne il rendimento e/o cambiare il profilo di rischio del portafoglio.

Con riferimento al caso in esame è stato sottolineato che la componente swap “…è del tutto residuale con riferimento sia ai differenziali di interesse prodotto sia alle finalità di copertura e/o modifica del profilo di rischio. Difatti è previsto, all’interno del corridoio 4,64% – 5,99%), lo scambio dei flussi di interesse legati al medesimo parametro Euribor 6M senza alcuna componente addizionale di tasso, che per definizione non determina il pagamento a favore di nessuno dei contraenti”, mentre è significativa “…la componente di opzioni sui tassi di interesse che connota il collar nella fattispecie in esame individuabile nei limiti inferiore e superiore del corridoio”; è stato poi precisato che “il contratto di opzione su tassi di interesse conferisce all’acquirente dell’opzione il diritto di comprare (call) o di vendere (put) uno strumento finanziario a un prezzo determinato (strike price ovvero prezzo d’esercizio) a una certa data futura dietro corresponsione di un premio al venditore dell’opzione”.

Descritte quindi le caratteristiche del contratto di opzione (quali l’asimmetricità del risultato economico, c.d. pay off, nel senso che l’acquirente può avere un guadagno indefinito ed una perdita limitata ed il venditore un guadagno limitato ed una perdita indefinita, e la variabilità del valore dell’opzione, che non dipende soltanto dal prezzo dell’attività sottostante, ma anche dalla sua volatilità, legata anche alla sua durata) e le sue finalità (di graduare nelle sue molteplici varianti la copertura o costituire posizioni di rischio con caratteristiche specifiche), sono state indicate nel cap, nel floor e nel collar le principali varianti del contratto di opzione, così precisandole: “il cap consente all’acquirente indebitato a un tasso variabile di ridurre il costo del prestito qualora detto tasso superi un certo livello rappresentato dallo strike del cap; al contrario opera il floor che, quando il livello di tassi scende sotto un determinato livello, pone un limite inferiore al tasso d’interesse da corrispondere sul prestito, consentendo a chi lo ha acquistato, verosimilmente una controparte che ha concesso un prestito, di garantirsi un rendimento minimo (pari al livello del floor). Il collar è la combinazione dell’acquisto del cap e della vendita del floor, con l’effetto di annullare le conseguenze delle oscillazioni dei tassi di interesse oltre un certo livello. Ovvero, consente di proteggersi da un eccessivo aumento dei tassi rinunciando ai benefici di un forte calo degli stessi e di rimanere neutrale nel caso di oscillazioni dell’Euribor all’interno del corridoio, delimitato in alto dal livello del cap (5,99% nel caso in esame) e, in basso, dal livello del floor (4,64% nel caso in esame)”.

E’ stato quindi osservato che “Se l’Euribor risulta superiore al livello predeterminato di cap, chi sottoscrive il floor riceve il differenziale dalla controparte e, in tal modo, conterrà il livello massimo raggiungibile dallo stesso Euribor e, di riflesso, il costo del suo debito. Viceversa, se l’Euribor è inferiore al livello stabilito per il floor, dovrà pagare il differenziale alla controparte. Per le variazioni contenute all’interno del corridoio, l’ente regola il differenziale sulla base del livello di mercato dell’Euribor (nullo nel caso in esame, in quanto i tassi oggetto di scambio tra le parti all’interno del corridoio sono identici ovvero Euribor 6M)”, aggiungendosi che “…considerando che l’ente sostiene un costo per l’acquisto dell’opzione cap e ottiene un ricavo per la vendita del floor, il collar ideale è quello cosiddetto “zero cost”, dove i premi delle due opzioni si elidono fra di loro, comportando un esborso iniziale pari a zero. Anche in tale eventualità, sussiste comunque uno svantaggio riveniente dalla richiamata asimmetria che connota il pay-off delle opzioni – costituito dal mancato beneficio in caso di futura discesa dei tassi sotto il livello del floor”.

Precisato quindi che in un interest rate cap, il cap può essere scomposto in una serie di opzioni call su Euribor 6M (caplets), sostanzialmente corrispondenti ai periodi di scambio dei flussi contemplati nello swap ed anche il floor può essere costituito da una serie di opzioni put (floorlets), la relazione di consulenza ha affermato che “lo swap in discorso è di tipo amortising (“swap con ammortamento” ovvero il capitale nozionale cambia col passare del tempo. La finalità è quella di replicare l’ammortamento del prestito obbligazionario sottostante”. A completamento del paragrafo, oltre a riportare i piani di ammortamento dei due contratti, sono state anche rilevate le definizioni di interest rate swap e di amortising swap utilizzate dalla Banca d’Italia ( la cui regolamentazione al riguardo è diretta alle banche autorizzate in Italia e alle filiali delle banche comunitarie stabilite in Italia, iscritte all’Albo di cui all’art. 13 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D. Lgs. N. 385 del 1993), ricordandosi che dette definizioni “…sono strumentali anche alla corretta determinazione dei requisiti patrimoniali degli intermediari i cui criteri generali sono definiti dalle Istruzioni di vigilanza”, oltre ad essere rilevanti anche per lo svolgimento dell’incarico di consulente tecnico d’ufficio, in quanto “…le banche sono tenute a detenere adeguate coperture patrimoniali a fronte del contratto derivato sottoscritto, in particolare requisiti per i rischi di posizione e di controparte…”.

13.1.4. Dando adempimento al mandato conferito con l’ordinanza n. 5628 del 19 ottobre 2011, il consulente tecnico d’ufficio nel paragrafo 5 ha esaminato le tesi delle parti in causa, in particolare la consulenza della società Calipso s.r.l., per l’Amministrazione provinciale di Pisa, e quella della di MTM Advisor s.r.l., per le banche ******************** e Depfa Bank Plc.

Quanto alle considerazioni della società Calipso s.r.l., l’ausiliare ha affermato di non poter condividere la quantificazione dei costi occulti a carico della Provincia di Pisa nel corrispondente valore di mercato del derivato in base a tassi e volatilità (quotazioni mid) ricavabili da agenzie di informazione finanziaria (info provider), prevalenti nelle transazioni tra banche, in quanto tale quantificazione non aveva tenuto conto della specificità dei contratti in questione (considerando come unico correttivo i costi di transazione), non era stata giustificata neppure dal punto di vista metodologico ed aveva inopinatamente tralasciato la valorizzazione di molte componenti del fair value; inoltre, dovendo trovare applicazione i Principi Contabili Internazionali IAS 39 Application Guidance 72, pur potendo ammettersi che “…la valorizzazione dell’IRS [Interest Rate Swap] in oggetto possa essere ricondotta ai componenti della struttura del derivato (ovvero a un “portafoglio di replica” di opzioni cap e floor su varie scadenze)…”, non era invece “…condivisibile che detti componenti elementari siano quotati su “mercati attivi”; infatti l’unico parametro rilevabile dal mercato è la volatilità da inserire in un modello di valutazione per determinare il valore delle opzioni. Per dette volatilità, gli information provider forniscono generalmente solo valori mid e le indicazioni bid-ask, quando presenti, non risultano del tutto affidabili; inoltre ai prezzi esposti dagli information provider non sempre corrisponde, per tutti gli operatori, l’effettiva possibilità di negoziare, talvolta anche a causa delle quantità richieste”; peraltro, con riguardo alla nozione di mercato attivo, l’ausiliare ha riportato la definizione dello IAS 39 Application Guidance 71, secondo cui “uno strumento finanziario è considerato quotato in un mercato attivo se i prezzi quotati sono prontamente e regolarmente disponibili in un listino, operatore, intermediario, settore industriale, agenzia di determinazione del prezzo, autorità di regolamentazione e tali prezzi rappresentano operazioni di mercato effettive che avvengono in normali contrattazioni”, osservando che in mancanza di ciò è “necessario il ricorso ad una tecnica di valutazione ovvero ad un modello comunemente utilizzato dai partecipanti al mercato per fornire una stima attendibile del fair value tenendo anche conto di recenti operazioni di mercato normali tra parti consapevoli e disponibili”.

Quanto alla consulenza di MTM Advisor s.r.l., prodotta dalle banche, è stato ritenuto non condivisibile il procedimento valutativo utilizzato (“dal basso verso l’alto”), fondato sul presupposto che il valore dello swap al momento della stipula fosse pari a zero, con giustificazione della sua composizione nelle varie fasi successive attraverso l’individuazione di ipotesi equivalenti, imperniate su componenti alternative del derivato di valore estremamente diversificato e non del tutto realistico in relazione alla fattispecie in esame (pur ammettendosi in via generale la correttezza del principio di fondo secondo cui le diverse componenti di rischio e di costo concorrono alla individuazione del fair value).

Esaminando le diverse metodologie poste a fondamento delle ricordate consulenze di parte, il consulente tecnico d’ufficio ha quindi sottolineato “…la difficoltà di un osservatore esterno nel valutare contratti della specie in assenza di complete informazioni sul processo valutativo seguito dall’intermediario stesso”, ben potendo accadere in definitiva che “le medesime condizioni contrattuali possono risultare eque per un operatore e non per altri; con riferimento al rischio di credito, ad esempio, la relazione potrebbe essere considerata più o meno rischiosa e di conseguenza determinare un maggiore o minore spread creditizio. Nel qual caso, l’intermediario che assegna la minore rischiosità alla controparte condizioni più vantaggiose per non incorrere nel rischio di vedersi contestate un prezzo iniquo ovvero con costi aggiuntivi non giustificabili. Ma molte informazioni non sono generalmente nelle disponibilità del valutatore esterno soprattutto nei casi di controparti sprovviste di rating.

13.1.5. Nel paragrafo 6 è stata descritta la metodologia utilizzata per la definizione del costo implicito, identificato “…con l’up – front che la banca avrebbe dovuto riconoscere alla Provincia nel caso di differenza tra le due prestazioni”, il cui ammontare “…dipende strettamente dalle modalità di valutazione del fair value, quantificato sulla base delle componenti valutative previste dai Principi contabili (cfr IAS 39 AG82)…”.

L’ausiliare a tal fine ha proceduto: a) al calcolo del valore di mercato a prezzi mid –swap (MtM) del derivato “…parametro che nella prassi indirizza gli intermediari nel processo di formazione del prezzo”, trattandosi di una valorizzazione effettuata “…sulla base di quotazioni per controparti bancarie con medesimo rating, che assume mero valore teorico di riferimento in quanto utilizza prezzi medi che, oltre a non riflettere le caratteristiche specifiche del contratto, non tengono conto del rischio di controparte, mitigato dallo scambio di collateral o dall’interposizione di un soggetto terzo garante (clearing house). Sono stati pertanto utilizzati i valori mid – market delle curve di tasso e delle volatilità rilevabili da uno dei più comuni information provider nel comparto bancario e finanziario (Bloomberg)”; b) al calcolo delle componenti correttive del fair value (DFV), utilizzando le regole ricavabili dai Principi contabili internazionali e le best practices note in campo finanziario, in tal modo prendendo in considerazione tutte le caratteristiche del contratto e le specificità delle controparti (con riferimento alla rischiosità creditizia, alle modalità di gestione/copertura delle posizioni, alle disposizioni regolamentari della Banca d’Italia, alle componenti di costo e agli altri fattori incidenti sul fair value); c) alla verifica ed alla valutazione della presenza di costi impliciti, corrispondenti alla differenza tra le componenti (DFV) e il mark to market (MtM) e sussistenti nel caso di mancato allineamento delle condizioni contrattuali dello swap (nel caso in esame livello del cap e floor) con le caratteristiche di rischiosità e costo dell’operazione.

Avvertito che la quantificazione del costo implicito non può che essere approssimativa (sussistendo un range di valori accettabili per il medesimo strumento finanziario a causa dell’impiego di metodologie di valutazione non sempre uniformi), il consulente tecnico d’ufficio ha ribadito di aver utilizzato la formula CI (costo implicito) = (MtM – DFV), aggiungendo quanto segue: “In sintesi, si sono raffrontati i valori del derivato al mercato (MtM, quale differenza tra il cap acquistato e il floor venduto dalla Provincia) e i rischi/costi sostenuti dalla banca definiti come componenti correttive del fair value (DFV); nel caso risulti un valore positivo del derivato valutato al mercato per la Provincia (ad esempi perché il floor venduto aveva un valore teorico di mercato maggiore rispetto al cap acquistato e la banca non aveva corrisposto nulla alla Provincia), questo doveva essere bilanciato da rischi/costi sostenuti dalla banca per i quali quest’ultima non richiede alcun compenso. Se invece rischi/costi si rivelassero inferiori al MtM, la banca avrebbe dovuto corrispondere un up – front per non dar luogo ad un onere implicito. Il prezzo per subentrare nello swap, subito dopo la stipula, si sarebbe dovuto ragguagliare almeno al valore CI; questo valore approssima il valore fair (FV) a cui detta attività poteva essere scambiata a parità di valutazione delle componenti correttive (DFV) da parte dell’intermediario acquirente”.

E’ stato poi ancora precisato che “…per la determinazione del fair value le Banche devono considerare la richiamata definizione di fair value (di terzo livello secondo i principi IAS) anche ai fini della valorizzazione contabile delle proprie attività finanziarie che, nel caso di specie, genererebbe un contenuto impatto positivo a conto economico al momento della stipula. Solo a seguito del manifestarsi di modifiche nella rischiosità assegnata all’operazione, si può procedere a una nuova valutazione che genera riflessi positivi o negativi sul conto economico ; a parità di fattori di rischio, solo il variare del fattore temporale produce impatti reddituali (cfr IAS 39 AG 76 A)”, concludendosi nel senso che “Pur attraverso delle semplificazioni, il raffronto con il prezzo di un BTP quotato sul proprio mercato di riferimento può essere utile a chiarire il processo di determinazione del fair value di un’attività finanziaria. In particolare il prezzo di un BTP incorpora lo standing creditizio della Repubblica Italiana, così come ai fini dell’individuazione del fair value del derivato, occorre tener conto delle componenti di rischio (credito, ad esempio) rivenienti dalle specifiche condizioni contrattuali”.

13.1.6. Il paragrafo 7 contiene il calcolo del mark to market del derivato, stimato in €. 1.356.254, pari alla “…somma algebrica dei prezzi del cap, del floor e del valore attuale della prima cedola semestrale fissata contrattualmente al 4,245%…), come esposto nella tabella riepilogativa dei valori dei due contratti in questione.

Sul punto è stato evidenziato che: a) il valore delle singole componenti opzionali del derivato è stato ottenuto con la formula di Black & *******, standard di mercato per il pricing di opzioni europee di tipo, cap e floor; il pay – off atteso di ciascuna componente è stato attualizzato sulla base dei tassi di mercato vigenti alla data della stipula; sono stati a tal fine utilizzati i livelli mid – market interbancari delle curve di tasso e delle volatilità rilevabili su Bloomberg; b) il valore del collar positivo per la Provincia deriva dall’acquisto da parte di quest’ultima di un cap a 5,99%, fortemente out – of – the – money e dalla contemporanea vendita del floor ad un valore di poco inferiore a quello at – the – money; c) la differenza di valore (esposta nella ricordata tabella 3) tra il cap (€. 1.104.055) e il floor (- €. 2.484.077) dipende dal fatto che il tasso swap equivalente a condizioni di mercato di pari durata (amortising 17 anni – duration 7,05) – ovvero quel tasso che rende nulla la differenza tra il valore attuale dei pagamenti a tasso fisso e quello dei pagamenti a tasso variabile – era all’epoca pari a 4,84%, di poco superiore al livello del floor; con la conseguenza che “…attraverso un IRS plain vanilla (fisso contro variabile), la Provincia avrebbe potuto bloccare per tutta la durata dell’operazione un tasso di 20 bp superiore al valore del floor e di 115 bp inferiore al cap con un risparmio in termini di valore attuale pari a ca €. 7,2 mln in caso di rialzo dei tassi oltre il 5,99% e un maggior costo di €. 1,2 mln in caso di ribasso al di sotto del 4,64% quasi pari al valore di mercato del collar alla data della stipula”.

E’ stato poi rinviata al paragrafo dedicato alla risposta al primo quesito la valutazione della convenienza tra il collar e l’IRS plain vanilla.

13.1.7. Per quanto concerne la determinazione del valore equo del derivato (paragrafo 8), è stato innanzitutto osservato che esso rileva sia nel momento della rilevazione iniziale, perché rappresenta il dato di confronto per la valutazione successiva, sia periodicamente per il calcolo dei risultati economici, e che, al momento della stipula del contratto, il derivato di cui si discute non era scambiato su un mercato attivo, così come le sue singole componenti (i livelli di cap e di floor erano stati infatti fissati secondo specifiche esigenze delle parti non coincidenti né con i prezzi di mercato, né con le scadenze riportate dagli information provider); inoltre anche il nozionale di riferimento non presentava una size standard, ma era di tipo amortising, in quanto i valori decrescenti su base semestrale erano tarati sulle caratteristiche del piano di ammortamento del prestito obbligazionario (Provincia di Pisa 2007 – 2004).

Il predetto derivato costituiva pertanto uno strumento **** – The – Counter (OTC), cioè trattato al di fuori del mercato, caratteristica che incideva fortemente sulla sua valutazione, non potendo desumersi il suo valore dall’esame di altre operazioni correnti di mercato relative allo stesso strumento finanziario, né potendo utilizzarsi tecniche valutative le cui variabili includano esclusivamente dati derivanti da mercati osservabili ed essendo quindi necessario “l’utilizzo di modelli valutativi che contemplino fattori non direttamente osservabili sul mercato, da cui discende una rilevazione iniziale con impatto quasi nullo sul conto economico dell’intermediario; in tal caso, utile o perdita emergono, solo dopo la contabilizzazione iniziale, nei limiti in cui variano i fattori (inclusa la variabile temporale) considerati nella determinazione del prezzo”.

E’ stato quindi spiegato che “il valore equo del derivato presenta sempre un valore positivo e risulterà pari a zero solo in situazioni teoriche di completa equivalenza finanziaria dei due flussi stimati a condizioni di mid – market tra controparti bancarie aventi medesimo rating. Nel caso in cui questa equivalenza finanziaria non sussista, può essere previsto un importo corrisposto up – front volto a ristabilirla”, aggiungendo anche che “ponendosi nella posizione di valutatore esterno, in assenza di informazioni sulle complessive caratteristiche di rischiosità dell’operazione, vengono generalmente effettuate valorizzazioni utilizzando quotazioni intermedie tra i valori denaro/lettera”, valutazione che “…non consente di includere le specificità dell’operazione legate ai rischi di controparte, liquidità, legale, nonché dei costi amministrativi”,

Secondo il consulente tecnico d’ufficio tutte le valutazioni durante la vigenza del contratto devono essere volte a determinare il valore equo del derivato e la variazione di detto valore è rilevata nel conto economico dell’intermediario in ciascun esercizio, sotto forma di componente positivo o negativo del reddito (alimentando il risultato netto dell’attività di negoziazione; di contro si rileverà una posta rispettivamente nell’attivo o nel passivo dello stato patrimoniale); quindi la variazione del valore del derivato si determina perciò confrontando gli importi alla data di valutazione con il valore risultante dalla contabilità aziendale. Più in particolare, sempre secondo la puntuale analisi dell’ausiliare, il fair value “è desumibile dal valore attualizzato dei flussi di cassa attesi in base alle previsioni sugli andamenti delle variabili di mercato e tenuto conto almeno della rischiosità creditizia della controparte. La tempistica con cui vengono pagati i flussi di cassa, come anche il segno di tali flussi, dipende dalle caratteristiche contrattuali del derivato. Non esiste un legame tra flussi incassati o pagati e valore positivo o negativo del derivato stesso, in quanto i flussi scambiati attengono al periodo appena trascorso, mentre i valori equi si riferiscono ai flussi finanziari futuri nella misura a quel momento determinabile”, potendo così verificarsi che il derivato con valori positivi dia luogo, nel periodo al termine del quale si opera la valutazione, a flussi di cassa negativi e viceversa.

A conforto di quanto esposto è stato evidenziato che, secondo il principio contabile IAS 39, il fair value viene definitivo come il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e indipendenti, e che i ricordati principi contabili indicano dettagliatamente le modalità tecniche ed operative per giungere alla determinazione del fair value, dovendo a tal fine innanzitutto verificarsi se lo strumento finanziario derivato è quotato in un mercato ovvero lo sono le parti che lo compongono (in tal caso coincidendo con il prezzo espresso dal mercato).

Il collar di cui si discute è composto da opzioni non quotate su mercati regolamentati, circostanza che impone una valutazione calibrata e testata sulla sua efficacia, tenendo conto di eventuali altre operazioni correnti di mercato osservabili ed effettuate sullo stesso tipo di derivato o basandosi du qualsiasi dato osservabile e di mercato disponibile, non potendo tenersi conto dei dati forniti anche da info provider specializzati sulla volatilità a varie scadenze, che pur potrebbero essere astrattamente utilizzate per calcolare il valore unitario delle opzioni cap e floor e quantificare complessivamente il valore del derivato, risultando tali importi “da algoritmi che elaborano prezzi inviati da diversi partecipanti al mercato, cd contributori”, con conseguente possibilità di anomalie di contribuzioni idonee ad alterare il corretto fair value.

In definitiva, per approssimare il più possibile il prezzo dell’operazione alla data di valutazione a quello risultante in un libero scambio commerciale, occorre tener degli input (al modello di valutazione) che rappresentano ragionevolmente le aspettative del mercato e i fattori di rischio di rendimento dello strumento; in particolare “l’appropriato utilizzo di tecniche di valutazione nella determinazione del fair value di un derivato deve considerare una serie di fattori tra cui il rischio di credito. Infatti se il contratto derivato assume valore positivo per una controparte, questa sarà esposta al rischio che l’altra controparte, in caso di difficoltà finanziarie o, in estremo, di fallimento, non sia in grado di far fronte al pagamento previsto dal contratto. In caso di fallimento, quindi, la perdita sarà in linea di massima pari al fair value positivo del derivato”.

13.1.8. Di tali elementi variabili la relazione di consulenza si occupa nel paragrafo 9, avendo cura di chiarire che, oltre a quelli indicati nell’elenco di cui allo IAS 39 AG 82 (rischio di tasso, rischio di credito/controparte, volatilità, costi amministrativi), si è tenuto anche del rischio di funding, del rischio di modello e della remunerazione del capitale, la cui singola relativa quantificazione è stata effettuata in base alle best practies in uso e alle informazioni ricevute dalle banche interessate, con la precisazione che “eventuali scostamenti rispetto al fair value utilizzato da Dexia e ***** potrebbero essere da ascrivere ad ulteriore patrimonio informativo non disponibile al valutatore esterno, e comunque da sottoporre ad apposito vaglio critico” e che “ogni valutazione è stata ricondotta ad 1 basis point attualizzato del nozionale del derivato in modo da poter effettuare un confronto su basi omogenee”.

13.1.8.1. Il rischio di tasso è stato quantificato in €. 168.200.

Sul punto è stato rilevato che, secondo i principi contabili, i tassi di interesse sono comunemente osservabili sul mercato, ricavabili dalla osservazione dei prezzi di obbligazioni governative e da pubblicazioni finanziari, e sono tipicamente variabili con riferimento alle date dei cash flows lungo una curva di rendimento per differenti orizzonti temporali (in particolare nei principi contabili è previsto l’utilizzo di una curva generalmente accettata e stabilmente osservabile come l’Euribor o un tasso swap a più lunga scadenza); quanto alle metodologie indicate dalle banche nel corso delle operazioni peritali ai fini della copertura del rischio di tasso della struttura opzionale, è stato evidenziato che esse “…hanno adottato convenzionalmente parametri che prevedono una componente di rischio espressa in termini di basis point, crescente all’ammontare della rischiosità del derivato: 1bp per derivati plain vanilla, 2 bp per derivati con struttura opzionale (quale quella che determina un collar) e 0,5 bp per la struttura amortising anziché standard (bullet) del nozionale”, con la conseguenza che il rischio di tasso e di volatilità della struttura opzionale è fissato in 2,5 pb/anno (2 per derivato con struttura opzionale + 0,5 per il capitale amortising. Inoltre il rischio di tasso è gestito dalle banche appellanti con copertura back to back sul mercato interbancario (anche con banche dei rispettivi gruppi di appartenenza), dove vengono replicati i flussi scambiati col cliente (il costo della copertura è determinato dalla differenza tra il pagamento di un prezzo bid e i valori del mid (cioè la metà della distanza tra il bid e l’ask).

Precisato quindi che la descritta struttura di componenti aggiuntive rende standard quella parte di pricing relativa al probabile livello di mid – ask per la copertura dei suddetti rischi di tasso, il consulente tecnico d’ufficio ha verificato e riscontrato l’aderenza della procedura così utilizzata alla effettiva situazione di mercato sulla base delle informazioni fornite da alcuni provider specializzati, sottolineando che “le quotazioni dei tassi denaro – lettera della sola componente swap presentavano uno spread bid – ask pari a 3 – 4 bp per una struttura swap standard che prevede lo scambio del tasso fisso contro variabile per tutta la durata contrattuale di 17 anni, senza componenti opzionali con sottostante un capitale nozione di tipo standard e non amortising. Le banche sostengono un costo che non è pari all’ampiezza dello spread ma limitato al 50% nell’ipotesi in cui il prezzo mid si collochi nel mezzo di suddetta differenza”, ed aggiungendo che “per strumenti similari al collar stipulato dalla Provincia di Pisa non si può disporre di analoga valutazione in quanto le volatilità sono esposte dagli info provider solo a valori indicativi mid – market e non vengono fornite informazioni sugli spread bid – ask”ed osservando ancora che “se il derivato plain vanilla evidenzia…costi di copertura variabile da 1,5 a 2 bp, si può ritenere congrua che la componente aggiuntiva su strumenti più rischiosi quali cap e floor si posizioni sulla parte più ampia di tale differenza”, dovendo anche tenersi conto che “…un capitale di tipo amortising richiede ulteriori specificità in quanto il portafoglio di opzioni dovrà insistere a ciascuna scadenza su un valore differente con conseguenti costi aggiuntivi di copertura”.

Il rischio di tasso è stato quindi calcolato secondo la formula 2,5 bp * valore 1bp attualizzato = 2,5 * 67.280 = €. 168,200, (indicando anche approssimativamente, secondo la normativa della Banca d’Italia, il relativo requisito patrimoniale, corrispondente al rischio di posizione, che la banca dovrebbe appostare se l’interest rate swap di cui si discute fosse l’unica attività finanziaria presente nel portafoglio della banca, pari a €. 259.615).

13.1.8.2. Il rischio di credito/controparte è stato stimato in €. 347.986.

L’effetto del rischio di credito sul fair value (ovvero il premio pagato in aggiunta rispetto alle medie situazioni di mercato), secondo l’ausiliare, può essere desunto dai prezzi di mercato da strumenti finanziari scambiati con differenti qualità creditizia oppure dai tassi di interesse osservabili caricati sui prestiti ai prenditori di differente rating; la valutazione del rischio di credito deve tener presente tutti gli elementi da cui emerga che il debitore non sarà in grado di far fronte in tutto o in parte alla sua obbligazione, in quanto valutare il rischio di credito significa tenere sotto controllo la solvibilità della controparte, monitorando tutti i segnali che incidono sulla sua situazione economica o patrimoniale e per i derivati occorre tenere sotto controllo l’esposizione quando il derivato ha un valore positivo.

Per la quantificazione del rischio deve tenersi conto della probabilità che la controparte diventi insolvente (PD); dell’ammontare esposto al rischio di credito al momento dell’insolvenza (E); della percentuale dell’esposizione che si ritiene potrà essere recuperata (pari a 1 – LGD, dove *** sta per loss given default); la stima della perdita è pari a PD x LGD x E., cui poi bisogna aggiungere anche la considerazione del tempo che manca alla scadenza del termine.

Per quanto riguarda il rischio di credito di uno swap è stato osservato in sintesi che esso è “…comunque significativamente minore rispetto a quello di finanziamento, a parità di capitale nominale, in quanto il valore di un derivato rimane normalmente una frazione dell’importo del prestito, limitatamente ai casi in cui il valore del contratto per l’istituzione finanziaria è positivo”, osservandosi, quanto alla sua quantificazione, che essa si traduce in uno spread di credito.

Con riguardo al caso in esame l’ausiliare, considerato che: 1) sulla rischiosità della Provincia di Pisa non sono disponibili informazioni di mercato (rating assegnati da agenzie o valutazioni intrinseche nei prezzi di Credit Default Swap (CDS) quotati); 2) la rischiosità della Repubblica Italiana, secondo la media delle quotazioni CDS, ha come spread 0,20 nel periodo 1.1.2006/30.6.2007; 3) il costo globale massimo applicabile ai finanziamenti degli enti locali a tasso variabile oltre i 15 anni, come previsto dal decreto 30 dicembre 2005 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è fissato in uno spread di 0,40%, per il caso di contratti assistiti da delegazione di pagamento con una minore rischiosità; 4) l’analisi del merito di credito effettuata da ******************** sulla base di procedure interne ha assegnato un rating interno di 4 (in un range da 1 A 6); ha ritenuto potersi applicare uno spread di 40 bps a copertura del rischio creditizio, svolgendo approfondite osservazioni con comparazioni metodologiche finalizzate a spiegare e giustificare adeguatamente le proprie conclusioni.

Dopo aver quindi stimato in €. 347.986 il rischio di credito, egli ha ancora ribadito che “…l’esposizione al rischio di credito è relativa al probabile valore che assume il derivato nel corso del contratto, in quanto, come nel caso in questione, gli intermediari sono soggetti al rischio che il cliente interrompa i pagamenti degli eventuali flussi dovuti durante i 17 anni”, non potendo pertanto assumersi “…che la massima esposizione possibile sia quella relativa al flusso di interessi calcolati nella peggiore delle ipotesi possibili per la Provincia (ovvero che il tasso Euribor scenda a zero subito dopo la stipula) come riportato nelle relazioni dei consulenti di parte…”.

13.1.8.3. Il rischio funding è stato calcolato in €. 113.684.

Secondo il consulente d’ufficio, esso deve essere considerato nel calcolo del fair value “in quanto la banca ha stipulato una operazione di copertura back to back per il quale la controparte richiede il versamento di un importo a titolo di collateral; questo in assenza in analogo obbligo per il cliente Provincia di Pisa crea un rischio legato al prezzo al quale si deve approvvigionare la banca sul mercato interbancario ed alla sua variabilità nel tempo”; inoltre “l’importo della col lateralizzazione è in funzione del valore mark to market del derivato: quando il derivato con la Provincia assume un valore positivo per la banca, quello con la controparte bancaria diventa simmetricamente negativo e richiede il versamento di un importo a garanzia pari al MtM stesso e di adeguamento periodico. In merito alla periodicità dei versamenti non esiste una prassi consolidata, ma la tendenza generale in atto già da tempo evidenzia un restringimento dell’arco temporale da intervalli mensili/settimanali a cadenze giornaliere”.

Ai fini del calcolo di tale componente, è stato evidenziato che i due parametri necessari sono da un lato il costo del funding unsecured (sostenuto dalle banche all’epoca del contratto) e dall’altro l’ammontare dell’esposizione al quale applicare tali costi e che, quanto al primo, è stato fatto riferimento al costo di mercato per operazioni con medesima durata n capo alle banche coinvolte nell’operazione, pari all’epoca ad uno spread di 38 bp; quindi, dopo aver svolto, quanto al costo del funding, alcune considerazioni generali che giustificano le differenze di pricing tra intermediari, per determinare il valore dell’esposizione, la relazione di consulenza ha fatto riferimento alle considerazioni svolte in precedenza sull’equivalente creditizio (a proposito del rischio di credito/controparte), utilizzando “il metodo dell’esposizione media attesa che rappresenta un valore mediano che può assumere l’importo da finanziare lungo tutta la durata del contratto, pari a €. 4.451.499”, e precisando che “l’analisi ex post evidenzia che l’importo mediamente da finanziare a titolo di collaterale si è rilevato più elevato… sin dal 2009” (al riguardo rifacendosi anche ai dati esposti nella relazione del consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa che indica alla data del 30 settembre 2011 un importo pari a €, 10,614.771).

In definitiva il calcolo del rischio funding è dato dal prodotto dell’equivalente creditizio (average exposure) pari a €. 4.451,499, per il costo funding (0,38%) per la duration modificata (6,72), pari a €. 113.684.

13.1.8.4. In ordine alla volatilità, chiarito preliminarmente che essa, quale dimensione delle variazioni future nel prezzo di uno degli elementi che determinano il valore del derivato, è considerato elemento aggiuntivo del fair value, secondo le linee guida IAS 39, è stato evidenziato che “nel caso di specie, viene stimata la variabilità dei due principali parametri utilizzati per il pricing ovvero i tasso per rischio creditizio e quello per il rischio funding”, aggiungendosi che per la stima della rischiosità creditizia valgono le stesse difficoltà già rilevate in tema di rischio di credito/controparte per l’assenza di quotazioni ufficiali, non disponendosi di specifici dati storici di mercato e tanto meno della volatilità implicita nei prezzo correnti di mercato, così che si è fatto ricorso a parametri di riferimento indicativi delle variazioni di rischiosità creditizia dell’ente pubblico, osservando quindi il Credit Default Swap della Repubblica Italiana e il tasso massimo applicabile agli enti locali nel periodo 1999 . 2007.

Quanto al primo, il consulente tecnico d’ufficio ha rilevato che esso “ha mostrato una volatilità del 25% che si assume come valore nominale per la variazione dello spread applicabile agli enti locali”, mentre, quanto al secondo (quale costo globale annuo massimo applicabile alle operazioni regolate a tasso variabile per le operazioni con durata pari a 17 anni), ha evidenziato che esso “è variato in maniera significativa”, in ragione della specifica disposizione contenuta nell’articolo 22, comma 2, del decreto legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e che “a fronte di un valore, alla data di stipula del derivato, fissato a Euribor 6m + 0,40%, l’anno precedente era pari a circa il doppio (0,85%) per poi risalire all’1% nel gennaio 2010”.

Sulla base delle ricordate variazioni negli ultimi cinque anni è stato ritenuto che per il periodo di durata del contratto (17 anni) sia necessario stabilire una misura aggiuntiva, considerando di conseguenza una volatilità pari alla metà del valore al momento della stipula del contratto (0,20%).

Conseguentemente la volatilità del credito è stata stimata in €. 173.993 (equivalente creditizio –peak esposure, €. 12.944.670 * coeff. di volatilità 0,20% * duration modificata 6,72); la volatilità del funding è stata determinata in €. 56.842, ritenendo ragionevole l’applicazione di un parametro pari almeno al 50% del costo alla data della stipula, pari a 19 bp (secondo la seguente formula: volatilità liquida = equivalente creditizio – average esposure, €. 4.451.499 * coeff. di volatilità 0,19% * duration modificata 6,72).

13.1.8.5. In riferimento al rischio di modello, la relazione di consulenza ha osservato che “l’utilizzo di tecniche di valutazione comporta aggiustamenti che riflettano il model risk e le altre incertezze relative alla valutazione della stessa” e che, sebbene la metodologia valutativa adottata per il MtM sia adeguata e aderente alle prassi di mercato, pur tuttavia deve tenersi conti di possibili criticità che impongono aggiustamenti prudenziali.

In particolare è stato sottolineato che “La validità di una tecnica di valutazione si fonda sull’utilizzo di profili matematico – finanziari e sull’analisi di letteratura e ricerche in materia. Tra i requisiti principali di un modello di pricing vi è la calibrazione ovvero la capacità di replicare i prezzi di mercato disponibili, ottimizzando i parametri interni al modello per cogliere al meglio le informazioni fornite dagli strumenti quotati” e che “nel caso specifico, il MtM del derivato – valutato con Black & ****** in €. 1,356 mln – assume valori similari anche adottando alberi binomiali e simulazioni Montecarlo (rispettivamente €. 1,336 mln e €. 1,371 mln). A tale risultato si perviene utilizzando la validità implicita e assumendo una distribuzione longormale dei tassi, ovvero le stesse assunzioni utilizzate nel calcolo con la formula di B&S”, aggiungendo che “le lievi differenze sono dovute ad una differente discretizzazione dell’orizzonte temporale”, che “differenze possono sorgere qualora vengano utilizzati differenti parametri di input determinando risultati ben diversi” (svolgendo al riguardo alcune esemplificazioni) ed ancora che “sarebbe possibile sviluppare modell previsivi, tipo ***-*********-**** e diversi metodi di costruzione di alberi (*****-Jarrow-******, HullWhite, Black-Karasinski)”, da cui deriverebbero però “stime piuttosto instabili perché dipendono molto dai parametri di mean reversion adottati. La calibrazione di questi parametri su serie di 5, 3 o 1 anno fornisce risultati molto diversi; la struttura tende a valere meno anche in questo caso perché il valore di lungo periodo cui i tassi tendono è fortemente crescente, dato che i tassi all’epoca venivano da un periodo di progressivo rialzo. Lo scostamento rispetto al valore di partenza della struttura dipende fortemente dalla volatilità adottata (storica o implicita)”.

In ragione dell’ampiezza delle tecniche utilizzabili per la valutazione dei prodotti finanziari con elementi di complessità e dell’impatto che i parametri di input hanno a parità di modello valutativo, si è ritenuto necessario un aggiustamento del fair value per il modello di rischio con la “creazione di un buffer prudenziale volto a tenere in considerazione la difficoltà di valutazione – anche in caso di smobilizzo – della posizione in derivati e, adottando un approccio conservativo, ha incluso nel calcolo del fair value una componente minimale, derivante tra la differenza del valore di MtM calcolato con B&S e quello determinato con una simulazione Montecarlo (che utilizza i medesimi dati input).

Il valore del rischio modello è stato così determinato in €. 15.000.

13.1.8.6. Sui costi amministrativi (costi di servizio per un’attività finanziaria, così definiti dallo IAS 39 AG 82, lett. H), il cui ammontare è significativo, costituendo una costante comune agli intermediari creditizi, il consulente tecnico d’ufficio ha precisato che essi riguardano gli oneri sostenuti in fase di emissione e quelli della successiva gestione e possono essere stimati soltanto secondo le indicazione dei Principi contabili internazionali.

Nella fase di emissione i costi sostenuti dalle banche sono riferibili agli addetti coinvolti nelle attività di vendita e strutturazione (protrattesi per diversi mesi dal settembre 2006 al luglio 2007), alle risorse delle unità di tesoreria che hanno negoziato la copertura back to back dell’operazione, alle unità di back – office dedite all’attività di contabilizzazione; sulla base poi dell’attività di negoziazione svolta, in particolare dalla Dexia Crediop (in media 6,3 operazioni per anno con n. 3,2 controparti), è stato ritenuto ragionevole che l’operazione con l’Amministrazione provinciale di Pisa abbia assorbito n. 140 giorni/uomo con un costo di circa €. 50.000 (dovendo peraltro tenersi conto anche dagli oneri derivanti da tutte le restanti attività che pure caratterizzano la fase in esame, puntualmente indicate dal consulente tecnico d’ufficio); i costi della successiva gestione si riferiscono alla copertura back to back dei rischi di mercato, alla verifica e contabilizzazione, all’attività di internal audit, all’aggiornamento dei desk che strutturano le operazioni (anche a seguito della riclassificazione dei look utilizzati), alle verifiche dell’organismo di controllo, con un costo annuale medio di una risorsa pari a €. 74.088.

Su tali basi i costi di emissione e gestione sono stati ragionevolmente commisurati a 10% del valore di mercato dell’operazione e quindi in €. 135.800.

13.1.8.7. Quanto alla remunerazione del capitale, è stato osservato che “in quanto attività d’impresa, il servizio investimento venduto alla Provincia deve includere un margine reddituale positivo, la cui determinazione generalmente riflette gli obiettivi di budget interni dell’intermediario”, rilevandosi sulla base dei dati disponibili che in merito alla redditività per gli anni 2006 e 2007, a livello individuale ******************** presentava un ROE pari 9,4% e 8,3% rispettivamente nel 2006 e 2007 e a livello consolidato (Gruppo Dexia Crediop) 9,4% e 11,6% per gli stessi anni.

Utilizzando quindi i dati sulla remunerazione del capitale d’esercizio 2007 di ********************, pari all’8,3% (tenuto conto che esso sarebbe stato probabilmente tradotto in obiettivi interni di budget anche per l’operazione in questione), la remunerazione del capitale è stato calcolato in €. 21,548, applicando tale coefficiente (8,3%) al capitale richiesto dai requisiti prudenziali indicati dalla Banca d’Italia (€, 259,615).

13.1.8.8. In conclusione il valore delle componenti rettificative del fair value derivanti dalle illustrate tecniche di valutazione è risultato pari a €. 1.033.053.

13.1.9. Sulla base di tale articolata analisi il consulente tecnico d’ufficio ha quindi dato risposta ai quesiti sottopostigli dalla Sezione.

13.1.9.1. Quanto al primo (se gli swap stipulati dall’Amministrazione Provinciale di Pisa con le banche ******************** e Depfa Bank Plc ai fini della gestione attiva del suo indebitamento e della ristrutturazione del debito, siano stati caratterizzati o meno da costi impliciti, non dichiarati), ricordato che i costi impliciti (CI) costituiscono la differenza tra il MtM (mark to market), pari a €. 1.356.256, e il DFV (componenti rettificative del fair value), pari a €. 1.033.053, essi sono stati stimati in €. 323.202, osservandosi che “…le Banche hanno applicato condizioni contrattuali, con riferimento al livello del cap e del floor, tali da generare un valore finanziario del collar (€. 1.356.256) non pareggiato dall’ammontare degli oneri sostenuti (per la copertura dei rischi e degli oneri amministrativi e la remunerazione del capitale impegnato), nel complesso ragionevolmente stimati in €. 1.033.053. Ne consegue la stima di un ammontare di costi impliciti pari a circa €. 320.000 per i quali … è ragionevole ipotizzare un minimale range di variazione riveniente dall’impiego di metodologie valutative di settore non sempre uniformi”.

A riprova della correttezza di tali conclusioni, ed in particolare che le condizioni dello swap stipulato dalla Provincia di Pisa non presentava per quest’ultima aspetti penalizzanti, il consulente tecnico d’ufficio ha proceduto a due analisi comparative, confrontando i risultati ex post con copertura alternativa swap plain vanilla e svolgendo una valutazione congiunta del bond e del derivato.

Quanto alla prima (“confronto risultati ex post con copertura alternativa swap plain vanilla), premesso che “da una valutazione ex post non può non emergere che la Provincia, se non avesse sottoscritto il derivato, avrebbe avuto il vantaggio economico di pagare un tasso variabile che dal secondo semestre del 2008 è inferiore al livello del floor al quale è attualmente esposta”, è stata esaminata l’ipotesi che la Provincia di Pisa avesse scelto una copertura alternativa allo swap, meno sofisticata, sottoscrivendo uno swap plain vanilla variabile contro fisso al tasso del 4,84% rilevabile alla data della stipula sul mercato per strumenti di pari durata con medesimo profilo amortising (durata contrattuale 17 anni, duration 7,05): rispetto a tale scelta, il collar effettivamente sottoscritto dall’Amministrazione Provincia le ha procurato un beneficio per minori oneri pari a 20 bps, con conseguente risparmio al 30 dicembre 2011 di circa €. 400,000 (e con un risparmio complessivo, se fino alla scadenza dovessero persistere gli attuali interessi, di circa €, 1,2 mln, come esposto nell’apposita tabella riassuntiva).

Quanto alla seconda (“Valutazione congiunta del bond e del derivato”), il consulente ha rivelato con riferimento al bond che la Provincia di Pisa ha beneficiato di uno spread molto favorevole (0,063%), inferiore anche a quello corrisposto da titoli governativi italiani di stessa durata e a quello applicato a fronte del rischio di controparte sul derivato (0,40%) e che gli eventuali effetti favorevoli anche per le banche avrebbero comunque avuto incidenza sui costi amministrativi e sui parametri di rischiosità propri del debito e non confluiti sul tasso del prestito.

13.1.9.2. Con riferimento al secondo quesito (“nel caso di effettiva sussistenza dei predetti costi impliciti, se ed in che modo questi ultimi dovevano essere fatti presente dalle predette banche e se gli stessi erano o meno conoscibili direttamente dall’amministrazione”), è stata negata l’esistenza di una definizione normativa di costi impliciti, con conseguente inesistenza di un corrispondente obbligo informativo a carico delle banche (ciò anche con riferimento alle singole componenti del prezzo pattuito del derivato ed alla specifica normativa di settore (Regolamento Consob di cui alla delibera n. 11522 del 1° luglio 1998, c.d. Regolamento Intermediario; comunicazione Consob n. 97007264 del 20 agosto 1997; la deliberazione Consob n. 99014081 del 1° marzo 1999), aggiungendosi che solo con la disciplina entrata in vigore nel novembre 2007, di recepimento della c.d. direttiva MID, sono state introdotte “a livello di raccomandazioni e indicazioni per gli intermediari che negozino derivati con la clientela al dettaglio, alcune previsioni relative alla scomposizione delle singole componenti del prezzo di tali strumenti (con indicazione, ad esempio, dei costi amministrativi, di hedging, etc.).

Sotto altro profilo è stato rimarcato che nel caso dell’IRS Collar “i livelli del cap, del floor e dello spread applicato sull’Euribor, rappresentano i “prezzi” che sottendono le valutazioni sull’ammontare dei costi e dei rischi sostenuti dall’intermediario in relazione all’operazione, nonché della remunerazione per il servizio di investimento svolto”, così che, pur potendo, per un verso, ammettersi che sarebbe stata auspicabile una maggiore trasparenza da parte delle banche, attraverso per esempio la predisposizione di apposita documentazione esplicativa del calcolo di convenienza economica, dei possibili vantaggi dello swap alla luce di diversi scenari di mercato, della rendicontazione periodica, etc., non può sottacersi che la stessa Provincia ha rilasciato in data 13 dicembre 2001 la dichiarazione di operatore qualificato ai sensi dell’art. 31 del Regolamento Intermediari n. 11522 del 1° luglio 1998 (dichiarazione che legittima la possibilità di ridurre gli oneri informativi e di controllo previsti dal primo comma del predetto art. 31) e che la Dexia Crediop S.p.A., in sede di prima applicazione degli obblighi derivanti dalla Direttiva Mifid, come recepita dal D. Lgs. 17 settembre 2007, n. 164, e dal Reg. Consob in materia di Intermediari approvato con delibera 29 ottobre 2007, n. 16190, ha comunicato alla Provincia di Pisa di averla classificata come “cliente al dettaglio”, ovvero di averle attribuito la categoria con più elevato livello di investitor protection rispetto alle altre categorie previste (controparti qualificate e clienti professionali).

In ordine alla questione della conoscibilità degli eventuali costi impliciti, è stato osservato che essa “…implica una conoscenza diretta degli attori del processo di selezione e di approvazione del derivato al fine di indagare le singole attitudini professionali, compito non del tutto agevole…”, precisando che a tal fine “non rileva il fatto che la Provincia non avesse contati con info provider del tipo Bloomberg o Reuters per verificare i dati di mercato ed effettuare le valutazioni e non fosse proprietaria di licenze software per il princing dei prodotti derivati…”, tanto più che sono comunque necessarie conoscenze professionali specialistiche per utilizzare tali strumenti, essendo piuttosto rilevante che “…il contratto conteneva tutti gli elementi per poter quantificare il MtM a condizioni mid – market e consentire una consapevole valutazione dell’operazione, nonché richiedere alla banca le valutazioni interne fatte, il rischio di credito e le altre variabili al fine di aprire una eventuale fase negoziale sui parametri che la banca ha inserito nel calcolo del fair value”: in tale prospettiva la relazione di consulenza ha segnalato che la Provincia di Pisa aveva già sottoscritto derivati con la banca UniCredit, uno il 13 dicembre 2001 e un altro il 30 gennaio 2003 (poi modificato il 13 gennaio 2004), che presentavano profili finanziari non meno complessi del derivato in esame e che in un caso aveva dato luogo anche ad un up – front corrisposto alla Provincia, così che quest’ultima “…aveva le informazioni necessarie per valutare il MtM del derivato ovvero la disparità tra il valore del cap acquistato e quello del floor venduto, valorizzati a mid – market. Disponendo di questa informazione e senza apportare alcuna correzione del fair value, la Provincia avrebbe anzi potuto ascrivere l’intera differenza a costo implicito. Per conoscere l’effettivo costo implicito avrebbe dovuto condurre un’analisi approfondita richiedendo dettagli e informazioni alle banche in sede di gara ufficiosa”.

13.1.9.3. In ordine al terzo quesito infine (“sempre nel caso di effettiva sussistenza dei predetti costi impliciti, se la complessiva operazione di gestione attiva dell’indebitamento e di ristrutturazione del proprio debito posta in essere dall’Amministrazione provinciale di Pisa poteva considerarsi conveniente economicamente, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 441”) il consulente tecnico d’ufficio ha affermato che “la convenienza economica…non è stata consapevolmente valutata né dalla commissione né successivamente dalla Giunta Provinciale. La selezione dei partecipanti alla gara ufficiosa è avvenuta sulla base di parametri non definitivi; ne è conferma che limitatamente al prestito obbligazionario la Provincia aveva quantificato la convenienza economica dell’offerta Dexia/Depfa in €. 530.000, successivamente rideterminata dalle Banche in €. 409.000 a seguito dell’accorciamento della durata”, rilevando, sempre ai fini della valutazione della convenienza economica, che non è possibile scindere l’obbligazione dal derivato, stante la sostanziale unicità della complessiva operazione (sottolineata anche dalle tesi difensive dei difensori della Provincia di Pisa) e che in ogni caso al momento della stipula del contratto non erano disponibili tutte le informazioni necessarie per tale valutazione (infatti le condizioni del prestito proposto e quelle del derivato non erano definitive e la valutazione di eventuali costi del derivato al momento della delibera si sarebbero discostati da quelli riferibili al giorno della sottoscrizione del derivato, anche nel caso in cui le caratteristiche fossero state definite).

Il consulente ha ancora evidenziato, sempre con riferimento alla finalità dell’operazione, che “…si è prestata prevalente attenzione ad un’ottica di breve periodo anche con riferimento all’analisi di convenienza economica”, in quanto “il confronto tra le soluzioni proposte e i mutui preesistenti evidenzia per tutto <convenienze di cassa per i primi cinque anni>, con minori oneri all’inizio dell’operazione che diventano più elevati all’avvicinarsi della scadenza dell’operazione (cfr in proposito allegato n. 1 del Verbale di gara – III° seduta della Commissione insediata per la <Gara ufficiosa per l’affidamento della ristrutturazione di parte del debito della Provincia di Pisa> del 13 dicembre 2006” e che “…comunque che il prestito obbligazionario è stato deliberato molto prima rispetto al perfezionamento dello swap, di fatto limitando la possibilità di una valutazione congiunta”; egli, poi, premesso che ai fini della valutazione della convenienza economica dell’operazione deve tenersi conto che essa aveva la specifica finalità di copertura dal rialzo del tassi di interesse, ha quindi concluso rilevando che “…detta convenienza vada valutata tenendo conto delle alternative disponibili per perseguire il citato obiettivo…”; che “…la sottoscrizione del collar, rispetto alla alternativa dello swap plain vanilla, ha presentato ex post risultati migliori. Difficile ricostruirne la convenienza ex ante non potendo conoscere quale sarebbe stato la maggiorazione di tasso rispetto al mid swap applicato dalle Banche in quella circostanza” e che “nel confrontare la situazione ante ristrutturazione con quella attuale, si deve considerare che i costi sostenuti trovano giustificazione nel perseguimento dell’obiettivo di mutare le modalità di indicizzazione del debito e, per tale motivo, la Provincia ha dovuto comunque pagare un onere di accesso al mercato…”.

13.2. L’amministrazione provinciale di Pisa che, con una puntuale relazione in data 7 dicembre 2011 del proprio consulente già depositata nel corso della stessa consulenza tecnica d’ufficio (allegato 4 di quest’ultima) ed evidentemente già esaminata dall’ausiliare, analizzato (nel paragrafo 2) il fair value del collar (mid price), la correzione per la commercializzazione al dettaglio (bid – ask) e la correzione per il differenziale di rischio di controparte, aveva stimando così il prezzo netto del derivato in €. – 1.129.000 (che, non essendosi estrinsecato in un pari up – front in favore della Provincia di Pisa, aveva determinato costi impliciti addebitati alla stessa Provincia), e che, confrontato la posizione debitoria pre e post ristrutturazione, scomponendola nei due profili del differenziale di costo netto totale attualizzato e del differenziale di rischio derivante dai movimenti futuri dei tassi e delle volatilità, aveva negato la convenienza economica dell’operazione sin dall’origine (“…a causa sia dell’emergere di costi netti totali dell’ordine di €. 730.000, sia della maggiore rischiosità della configurazione ristrutturata, determinata da una probabilità di peggioramento relativo di oltre il 57% e da un peggioramento medio degli oneri totali attualizzati di circa il -3,8%”), sottolineando il ruolo decisivo dei costi impliciti suddetti e del conseguente mancato up – front nella determinazione del risultato negativo, nell’imminenza dell’udienza di discussione della causa del 28 febbraio 2012 ha prodotto un’altra relazione, datata 18 gennaio 2012, del proprio consulente, prof. ******, con cui ha ulteriormente contestato le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, con espresso riferimento agli elementi di correzione (fair value) dei costi espliciti.

In particolare il consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa, pur non dissentendo dal metodo seguito dal consulente tecnico d’ufficio per determinare il mark to market (salvi i denunciati errori terminologici sul modello Black & *******, trattandosi invece del modello di *************), ha rilevato che la quantificazione del fair value sarebbe stata ottenuta con una procedura priva di riscontro in letteratura e nella prassi dei mercati finanziari, con la somma cioè di una pluralità di componenti di cui sono discutibili e arbitrari i criteri di considerazione e di quantificazione; ha poi aggiunto che la relazione del consulente d’ufficio mostrerebbe la mancata conoscenza del funzionamento del mercato dei derivati cap, floor e collar, con riferimento alle nozioni di mercato attivo e mercato regolamentato, e che l’erronea e non condivisibile individuazione di diverse componenti di rischio e di costo ai fini del fair value avrebbe svuotato del tutto lo stesso concetto di costo implicito; ha quindi svolto considerazioni critiche quanto alle valutazione e quantificazioni del rischio di tasso (o di mercato), al rischio di credito/controparte, al rischio funding, alla volatilità, al rischio modello, ai costi amministrativi e alla remunerazione del capitale, ed ha concluso nel senso che i costi impliciti, erroneamente sottostimati dal consulente tecnico d’ufficio in €. 337.334 (ed addirittura giustificati ed annullati dalle ulteriori considerazioni), dovrebbe essere invero ragionevolmente fissati in €. 1,1 milioni.

Con specifico riferimento poi ai quesiti sottoposti al consulente tecnico d’ufficio ed alle risposte da questi fornite, il predetto consulente della Provincia di Pisa, esaminate criticamente, respingendole, le osservazioni contenute nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio secondo cui negli anni successivi alla stipula la Provincia di Pisa avrebbe beneficiato di un ribasso dei tassi con conseguente risparmio di risorse finanziarie (trattandosi, a suo avviso, di osservazioni non pertinenti e fuorvianti, tanto più che il tasso swap a 17 anni alla data della stipula del derivato non era il 4,84%, ma il 4,98%), ha aggiunto di non condividere l’affermazione secondo cui non sarebbe stato violato dalle banche l’obbligo informativo (richiamando sul punto l’articolo 21 del D. Lgs. n. 58 de 1998), rilevando ancora che la Provincia di Pisa non sarebbe stata capace di compiere un’autonoma valutazione del contratto di derivati (oltre che dei suoi costi e del suo impatto sulla convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione), del tutto ininfluente essendo la circostanza dell’aver già stipulato nel passato contratti derivati; ha poi sottolineato che “la valutazione di convenienza della trasformazione dei mutui in BOP, stimata dal CTU in 402.000 euro è valida scontando con i tassi con spread di 0,063%. Per coerenza, una valutazione che aumentasse tale spread a 0,40% troverebbe una attualizzazione di tale convenienza assai più bassa”, concludendo per la necessità di correggere la sottostima dei costi impliciti del collar “con la conseguenza di ribaltare la conclusione del CTU circa la valutazione di convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione del debito posto dalla Provincia”, tanto più che “…anche prendendo per valide le invalide analisi del CTU, un differenziale lordo di convenienza di: 402.000 – 337.335 = 64.665 euro tenuto conto dei costi amministrativi (fin qui mai considerati) di cui si è fatta carico la Provincia non poteva certo giustificare, se fosse stato correttamente esplicitato dalle Banche, la ristrutturazione del debito”.

13.3. A fronti di tali articolate e specifiche contestazioni, come già ricordato nell’esposizione in fatto, la Sezione, con ordinanza collegiale n. 1412 del 13 marzo 2012, ha chiesto al consulente tecnico d’ufficio di: a) esaminare i rilievi critici formulati dal prof. *************** con l’atto in data 18 gennaio 2012; b) svolgere le conseguenti opportune osservazioni ed eventuali controdeduzioni al fine di dare risposta completa ed esaustiva ai quesiti formulati con l’atto di conferimento dell’incarico di consulenza, quesiti che si intendono confermati, dando espressamente conto delle eventuali ragioni per le quali quei rilievi possono o meno essere accolti, anche in misura parziale; c) fornire, sempre con riferimento ai quesiti sottopostigli, gli opportuni chiarimenti in ordine alle argomentazioni ed osservazioni svolte circa l’effettività o sulla virtualità della individuazione del costo dei contratti di swap sottoscritti dall’Amministrazione provinciale di Pisa, oggetto di controversia ed all’effettiva utilità economica derivata all’amministrazione dall’operazione finanziaria; d) riassumere sinteticamente, nella parte del supplemento di relazione dedicato alla definitiva risposta ai quesiti formulati, le eventuali contrapposte tesi delle parti e le ragioni per le quali esse possono o meno essere condivise, ed in che misura.

13.4. In data 14 maggio 2012 è stata depositata la ulteriore relazione di consulenza tecnica d’ufficio (sulle problematiche insorte nel relativo procedimento si rinvia a quanto esposto nel punto 8 dell’esposizione in fatto..

13.4.1. Ricordate brevemente le modalità di svolgimento della ulteriore attività d’indagine richiesta, la relazione, quanto agli aspetti definitori, ha accolto l’impostazione proposta dal consulente dell’Amministrazione provinciale di Pisa sia sulla determinazione dei costi impliciti (Costi Impliciti (CI) = Prezzo di vendita – MtM mid – market (MtM) – correzioni (DFV) e quindi CI = 0 – MtM mid – market (MtM) – correzioni (DFV)), sia sul metodo utilizzato per la definizione (modello di “Black % *******” vs “modello di ************), aggiungendo che in ogni caso erano stati correttamente individuati i criteri definitori adottati e condiviso il principio di fondo della originaria relazione di consulenza, così che in definitiva il dissenso riguardava non la metodologia generale dell’indagine svolta, ma solo la questione della quantificazione delle correzioni (del fair value).

13.4.2. Quanto alla definizione del “mercato attivo” , è stato evidenziato che, diversamente da quanto sostenuto dal consulente della Provincia di Pisa, secondo cui non sarebbe necessario ricorrere ad una tecnica di valutazione, l’indispensabilità di quest’ultima per la quantificazione del fair value proprio secondo le tecniche di valutazione si ricavava dai principi contabili internazionali (IAS 39 – fair value, III° livello).

Infatti è stato rilevato che “…il funzionamento del mercato dei derivati OTC si fonda su indicazioni di prezzo fornite da information provider (o agenzie di informazione finanziaria) che, come ben noto agli operatori finanziari, non sono pienamente significativi ai fini di qualsivoglia transazione”, in quanto “…quando anche la quotazione di un information provider fosse teoricamente utilizzabile dagli operatori…i prezzi forniti dalle banche (cd “contributori”) alle agenzie di informazione non sono “applicabili” per il solo fatto di essere “esposti” sulle pagine elettroniche e i contributori non hanno alcun vincolo normativo a negoziare con ogni intermediario (che) ne faccia richiesta, a differenza di quanto avviene nei mercati regolamentati. Difatti le proposte di negoziazione, inoltrate per canali telematici o telefonici, possono essere, oltre che rifiutate, negoziate a condizioni migliorative o peggiorative a seconda del merito creditizio della controparte, della grandezza dell’operazione (cd “size”) e dell’appetito al rischio del contribuente stesso”; precisando ancora che “le quotazioni in discorso riguardano la volatilità dei cap e floor con scadenze e livelli di strike prefissati non necessariamente coincidenti con le peculiari esigenze contrattuali espresse da controparti interessate alla negoziazione di un derivato OTC, quali quelle che connotano lo swap in esame”, così che “si tratta, in particolare, di prezzi afferenti a componenti elementari della struttura finanziaria realizzata dalle Banche per la Provincia, alla quale quest’ultima non avrebbe potuto accedere senza l’intervento di un operatore bancario o finanziario disponibile a strutturare e negoziare un contratto coerente con il profilo di indebitamento esistente” ed è “pertanto nella ristrutturazione di un derivato secondo le caratteristiche richieste, che si concretizza il servizio reso dall’operatore professionale al cliente”.

Pertanto “lo scambio negoziale di uno swap come quello contratto tra Banche e Provincia avviene su un mercato al dettaglio diverso da quello interbancario e connotato da prezzi indisponibili (vs prezzi forniti da contributori per derivati con caratteristiche standard), estrema personalizzazione (vs prevalente standardizzazione), posizione asimmetrica dei contraenti e soprattutto assenza di meccanismi garanzia (collateral)”, tanto più che nei contratti negoziati sull’interbancario vi è la presenza “…di un addendum che regola gli obblighi di versamento di collaterali periodici tra le parti (cash o titoli), diretti nello specifico ad attenuare significativamente il rischio di controparte fino a sterilizzarlo quasi completamente”, con la conseguenza che i prezzi del mercato interbancario risultano profondamente diversi da quelli del mercato con i clienti finali perché i relativi contratti prevedono obblighi e rischi differenti e che “non risulta quindi corretto ritenere – come osservato dal Consulente della Provincia – che la negoziazione del contratto con la Provincia di Pisa sia avvenuto su un mercato attivo con prezzi prontamente e regolarmente disponibili: ne consegue che, per valutare il valore iniziale dello swap, come previsto dai Principi contabili internazionali IAS, l’unica ipotesi possibile è l’adozione di una “tecnica di valutazione” che tenga in considerazione rischi e oneri tipici dello specifico contratto”.

Dopo aver ricordato ancora la indisponibilità di prezzi su transazioni similari eventualmente utilizzabili per la valorizzazione del fair value e dopo aver chiarito che il contenuto dei dati statistici della Banca dei Regolamenti Internazionali, citati dal consulente della Provincia di Pisa a sostegno dell’esistenza di un unico mercato dei derivati molto attivo – sono riferiti a valori nozionali di tutti i contratti derivati negoziati dai principali operatori bancari e finanziari dei Paesi dei G10 in contropartita con banche o clientela finale, valori che “…quantificano la dimensione del fenomeno soprattutto in relazione ai potenziali rischi sistemici”, senza tuttavia “…essere collegati in alcun modo al concetto di mercato attivo ai sensi degli IAS” (svolgendo anche un’esemplificazione sul punto), la nuova relazione di consulenza ha concluso nel senso che “…il valore nozionale dei contratti in essere a fine 2007 non è idoneo a sostenere la tesi dell’esistenza di un mercato attivo”, in quanto “1. i valori rilevati dalla BIS offrono una informazione periodica volta a fornire indicazioni sulle dimensioni del mercato cash e su quello dei derivati nonché sul rischio sistemico; 2. l’ammontare puntuale dei derivati a una data contempla tutte le posizioni in essere anche datate e quindi non è significativo dello spessore degli scambi effettuati e di conseguenza della significatività dei prezzi”, osservando che “ad ulteriore conferma di talune debolezze emerse nel funzionamento dell’ampio e indistinto mercato dei derivati, gli organismi internazionali…stanno da tempo incentivando la standardizzazione delle tipologie contrattuali e l’utilizzo di piattaforme operative centralizzate che consentono di raccogliere informazioni sui contratti in essere”, essendo emerse a seguito della recente crisi finanziaria “…significative carenze nella gestione del rischio di controparte e nella trasparenza della negoziazione effettuata sui mercati OTC…”.

In definitiva “…il mercato al dettaglio dei clienti finali non può essere considerato attivo anche se i prodotti ivi negoziati (“derivati OTC”) vengono ricompresi in dati statistici unificati con quelli negoziati tra gli operatori bancari e finanziari. Considerato che la causa dei contratti sul mercato al dettaglio risiede nelle specifiche esigenze finanziarie del cliente, ogni transazione è diversa dalle altre; ne consegue che i rischi non sono standardizzabili e i prezzi sono diversi per ogni transazione in quanto riflettono l’insieme delle effettive caratteristiche del contratto, a differenza di quanto avviene nel mercato tra operatori finanziari dove, atteso gli obblighi di collateral per entrambi i contraenti, l’unico aggiustamento di norma effettuato è quello per il differenziale di tasso di interesse bid – ask.

13.4.3. Circa la questione del trattamento asimmetrico della posizione di rischio dell’intermediario e di quella del cliente, ritenuto uno degli elementi di significativa erroneità della prima relazione, anche la seconda ne ha ribadito, argomentatamente, la sussistenza sia con riferimento al rischio di tasso, sia a quello di controparte, osservando, quanto al primo (rischio di tasso), che “la situazione è per definizione asimmetrica in quanto con il derivato negoziato con la Provincia di Pisa le banche rendono un servizio d’investimento che modifica la propria esposizione al rischio di tasso”, giacché “il cliente (Provincia di Pisa) ha manifestato l’esigenza di trasformare il proprio profilo di rischio e le banche se ne sono fatte carico trasferendolo sul loro bilancio per poi gestirlo” e “tutte le caratteristiche dell’operazione (tasso, piano di ammortamento, durata) sono ascrivibili all’esigenza di limitare i rischi di aumento degli oneri sul servizio dell’indebitamento della Provincia e secondo questa logica le Banche hanno fornito il servizio richiesto”, e, quanto al secondo (rischio di controparte), che esso inerisce alla stessa asimmetricità della posizione contrattuale delle parti (potendo in particolare il cliente interrompere il derivato in qualsiasi momento mediante preavviso e rimanendo invece le banche vincolate all’adempimento degli obblighi contrattuali fino alla naturale scadenza del derivato ovvero per 17 anni).

13.4.4. E’ stata poi esaminata la quantificazione delle “componenti rettificative del fair value” (DFV o correzioni), tenendosi conto delle puntuali critiche sollevate dal consulente della Provincia di Pisa, non senza aver prima sottolineato che il valore del “mark to market al mid market” (MtM), cioè il valore teorico calcolato utilizzando prezzi mid rilevabili sul mercato, individuato nelle varie perizie non è significativamente diverso (relazione società Calipso €. 1.385.254; consulenza prof. ****** €. 1.289.761; consulenza tecnica d’ufficio €. 1.356.254).

13.4.4.1. Relativamente al rischio di tasso è stata innanzitutto respinta la critica circa la asserita non giustificabilità della posizione asimmetrica sollevata dal consulente della Provincia di Pisa (secondo cui detto fattore di rischio sarebbe stato considerato solo per le banche e non anche per l’amministrazione), avendo il consulente evidenziato di non aver mai affermato che il rischio di tasso in capo alla Provincia era stato neutralizzato, essendo stato piuttosto rilevato che esso si era “…trasformato da una situazione di piena esposizione alle variazioni dei tassi di interesse verso l’alto e verso il basso ad una delimitazione del corridoio di tale variabilità (tra il 4,64% e il 5,99%)” e che “la situazione è asimmetrica in quanto le Banche solo a seguito del contratti swap con la Provincia assumono sui propri libri questa nuova esposizione.

Circa il giudizio di non condivisibilità della determinazione dell’impatto di questo fattore, in quanto calcolato, secondo il consulente dell’amministrazione, sulla base dei parametri previsti dalle procedure interne delle banche e quindi in modo non obiettivo ed autonomo, l’ausiliare ha ritenuto accettabili le critiche “…solo relativamente alla affermazione che la metodologia di quantificazione del rischio di tasso, utilizzata dalle Banche e sostanzialmente condivisa nella relazione…, non costituisce uno standard di mercato”, aggiungendo tuttavia che la quantificazione convenzionale (prospettata dalle predette banche) “…è risultata in questo caso una valida approssimazione confermata dall’analisi degli spread bid – ask alla data di stipula”.

E’ stato ritenuto anche condivisibile “…che l’effettuazione dell’hedging si effettui calcolando la sensitività (ovvero le c.d. “greche”) del derivato rispetto al fattore rischio sottostante (quello di tasso nel caso in esame)”, dovendo tuttavia considerarsi che “…la quantificazione di 1 bp aggiuntivo per la componente opzionale nel metodo proposto nella Relazione del CTU, ad esempio, va proprio in questa direzione, con l’obiettivo di approssimare il “vega” ovvero la “greca” che misura il rischio riveniente dalla componente opzionale del derivato”.

E’ stato poi affermato che “in merito alla motivazione sottesa all’applicazione di 0,5 basis point per le strutture di tipo amortising, rileva che per queste ultime necessitano di una componente aggiuntiva in quanto, proprio come afferma il consulente della Provincia, devono essere replicate da un numero di strumenti della stessa tipologia in quantità pari alle scadenze semestrali previste fino alle fine del contratto (ovvero in 34 diverse posizioni per i cap e altrettante per i floor). Ne deriva che anche in termini di pricing si dovrà far riferimento a 34 diversi contratti per i quali i valori nozionali tendono a ridursi; in detta circostanza, le condizioni di prezzo sono sempre più onerose rispetto alla sottoscrizione di un contratto bullet in cui, come noto, il capitale nozionale di riferimento viene a scadere in unica data. Secondo una regola comune alla maggioranza dei mercati, costi inferiori vengono applicati a quantità maggiori e viceversa”, precisandosi che “la quantificazione in discorso del rischio di tasso (o di mercato) può essere assimilato sotto un profilo sostanziale, agli oneri per la commercializzazione al dettaglio definiti bid – ask nella Relazione del Consulente della Provincia del 7.12.2012”.

In relazione all’ulteriore osservazione del consulente della Provincia di Pisa, secondo cui le banche, avendo stipulato un contratto di copertura “uguale e contrario con una controparte terza” avrebbero dovuto ricevere il MTM a mid – price (€. 1.356.254) dalla controparte dell’operazione, è stato evidenziato che “…detto importo è solo un valore teorico di riferimento e non può essere rappresentativo di alcun ammontare ricevuto a seguito della copertura”, rilevando (con riguardo alla componente rettificativa per rischio di tasso in esame) che “…essa avrebbe modificato il suddetto MtM, in quanto il mid – price non è il valore effettivo di scambio neanche sul mercato interbancario dove le Banche hanno negoziato la copertura; la banca quando acquista paga un prezzo bid e quando vende riceve un prezzo ask. Considerata questa regola universale di funzionamento dei mercati finanziari, il prezzo al quale la banca negozia il contratto di copertura dipende dall’ampiezza del bid – ask spread, indicatore peraltro della liquidità del mercato” e precisando che, come già indicato nella originaria relazione, “tra le quotazioni bid e ask esiste una differenza in termini di basis point coerente con quella utilizzata (2,5 bp) per definire la componente rettificativa del fair value per rischio di tasso (pari appunto a €. 167.000)”.

Peraltro la componente di rettifica del fair value in esame è stata prevista anche nella relazione del consulente della Provincia di Pisa del 7 dicembre 2011, laddove è stato calcolato l’aggiustamento bid – ask, quantificandolo in un valore molto simile (circa €. 139.000, che non trova riscontro in standard di mercato e risente anche di alcune debolezze dei dati utilizzati per il campione, caratterizzati da un limitato numero di osservazioni, rilevati ad intervalli di tempo non uniformi e disponibili solo successivamente alla data della stipula).

13.4.4.2. Circa il rischio di credito/controparte, richiamate le osservazioni già svolte in precedenza sulla asimmetricità delle posizioni della Provincia di Pisa e delle banche e ricordato che la stessa normativa di vigilanza a livello internazionale prevede che, a fronte di ciascun affidamento erogato dalla banca (opportunamente ponderato per il livello di rischio), sia accantonata una congrua copertura patrimoniale, a prescindere dalla comparazione del rating dell’istituto di credito con quello del cliente affidato (rilevando quindi solo il merito di credito del cliente e non il differenziale tra quest’ultimo e quello della banca, tanto più che il merito di credito della Repubblica Italiana può essere considerato solo una ragionevole proxy del rischio di un ente locale), la relazione di consulenza ha evidenziato che anche il richiamo alla normativa di vigilanza bancaria non implica la temuta maggior tutela del patrimonio degli intermediari rispetto a quello dell’ente locale, indicando piuttosto che le banche devono attenersi ad uno specifico obbligo di valutazione del rischio della controparte (obbligo di fatto incombente anche sull’ente locale, giusta D.M. 1° dicembre 2003, n. 389), così che “…solo le Banche sono tenute ad effettuare la stima della rischiosità creditizia della Provincia e non viceversa; la valutazione e la limitazione del rischio di controparte dell’Ente è preliminare e insita nella fase di selezione della controparte bancaria attuata secondo la normativa di riferimento”.

Dopo aver dato conto anche della tesi prospettata dal consulente della Provincia di Pisa, relativamente alla recente crisi finanziaria e degli accorgimenti utilizzabili per valutare i rischi in esame, l’ausiliare ha osservato che “…nel contesto italiano, nessun intermediario ha ancora introdotto a regime simili quantificazioni bilaterali ai fini della determinazione del pricing che risultano ancora allo studio anche dei principali player nazionali”, precisando che “…nella prassi di mercato gli operatori ancora non ricorrono a una valutazione bilaterale del rischio di controparte e anche la sua eventuale applicazione futura incontra, allo stato attuale, l’opposizione delle Autorità di vigilanza bancaria a livello internazionale, che ne disincentivano l’utilizzo in quanto propongono di non riconoscere il DVA nelle previsioni normative in materia di vigilanza prudenziale”.

Le quantificazioni del merito credito della Provincia di Pisa indicate dal suo consulente non sono applicabili, ad avviso dell’ausiliare, in quanto prescindono “…completamente dalla diversa rischiosità dello swap rispetto all’obbligazione ed alla sua liquidità…, circostanza che giustifica l’applicazione di un prezzo più elevato allo swap rispetto al titolo obbligazionario e non considerata nelle Osservazioni in discorso”, non potendo trovare ingresso neppure il confronto con il valore rilevabile del titolo di stato BTP benchmark (anch’esso di caratteristiche peculiari e differenti rispetto allo swap in questione quanto a rischiosità e liquidità, cosa che ha reso preferibile l’utilizzo del Credit Default Swap (CDS) della Repubblica Italiana come approssimazione della variabilità del rischio di controparte).

Quante alle considerazioni del consulente della Provincia di Pisa circa l’utilizzo del metodo peak esposure (diffuso tra gli intermediari per determinare il limite di fido per le operazioni in derivati), la relazione di consulenza ha accolto la richiesta di fornire maggiori dettagli sui criteri di calcolo ed ha a tal fine allegato un apposito prospetto, da cui emerge che l’equivalente creditizio non è stato sovrastimato, con conseguente congruità della rettifica per rischio di controparte; circa le ragioni della scelta del metodo della peak esposure per il rischio di credito e della average esposure per quello di liquidità, è stato rilevato che essa trova fondamento in argomentazioni tecniche, giacché il primo utilizza un multiplo della volatilità dei tassi di interesse coerente con una distribuzione normale delle variazioni di tassi e con il livello di confidenza prescelto (99%), mentre il secondo utilizza la volatilità osservata, cosi che il metodo peak esposure “consente, pertanto, di individuare l’esposizione massima della banca nei confronti del cliente lungo tutta la vita del contratto e, in quanto tale, viene largamente utilizzato dalle istituzioni creditizie per determinare il limite di fido della linea di credito “derivati” nei confronti del cliente che sottoscrive un derivato”, laddove “…la simulazione effettuata nelle Controdeduzioni Provincia…uniformando l’utilizzo del metodo (peak o average) per entrambe le tipologie in questione presenta le seguenti criticità: calcolando il rischio di credito con il metodo della average non si tiene conto di scenari di rischio di tasso con elevata probabilità di manifestazione e, in senso opposto, l’utilizzo del peak per il rischio di liquidità sovrastima il costo sostenuto in quanto l’esposizione è variabile nel corso del tempo e non risulta corretto utilizzare il massimo valore possibile come se esso rimanesse invariato per tutta la durata del derivato”.

Il consulente tecnico d’ufficio ha sottolineato poi che entrambe le stime indicate nella propria relazione sono inferiori e quindi conservative rispetto ai valori consuntivi sinora rilevabili soprattutto con riferimento al rischio di liquidità, affermando di non potersi condividere la stima del rischio di credito, fissata dal consulente della Provincia in €. 20.524, trattandosi di stima standardizzata del rischio utilizzata quale requisito prudenziale della normativa di Vigilanza bancaria secondo il “metodo del valore corrente”, stima che proprio in quanto standardizzata è poco sensibile ai fattori di rischio rilevanti, apprezzabili attraverso metodi rivenienti dai modelli interni; così come non è condivisibile, secondo il consulente d’ufficio, la stima probabilistica di cui alla lett. d) (delle osservazioni del consulente della Provincia), ovvero che dalla data di stipula e per tutta la durata del contratto il valore del collar fosse positivo per la Provincia, atteso che “…per detto calcolo vengono utilizzati due spread di crediti non omogenei: per le Banche il costo del funding a breve termine (38 bp) rilevabile sui mercati monetari nei confronti di banche assistite da rating, mentre per la Provincia, la stima dello spread di rischio di controparte (40 bp) relativo alla specifica forma contrattuale del derivato non collateralizzato”.

13.4.4.3. Poiché il Principio contabile internazionale IAS 39 AG 82 prevede espressamente che, ai fini della determinazione delle componenti di fair value, può essere utilizzato ogni dato relativo alle “condizioni di mercato ed altri fattori”, la relazione di consulenza ha osservato che non può ragionevolmente escludersi la componente del rischio di funding, non meritando accoglimento la tesi della sua non pertinenza propugnata dal consulente della Provincia di Pisa, pur essendo condivisibile il rilievo che “…la rettifica per rischio di funding sia strettamente dipendente dal merito di credito della banca; difatti detto elemento dovrebbe rappresentare un fattore discriminante nella scelta delle controparti bancarie da parte degli enti pubblici in quanto, anche per tale motivo, le banche con migliori rating riescono generalmente ad offrire servizi più efficienti e prezzi più competitivi. All’affidabilità della controparte viene, d’altronde, dato rilievo…nella specifica normativa (cfr D.M. n. 389 del 1 dicembre 2003 e circolari successive), dove viene stabilito un livello minimale del merito di credito per le banche con le quali gli ENTI Locali possono contrattare derivati (BBB/Baa2/BBB, certificato dalle agenzie di rating Standard & Poor’s, *****’s, *************)”.

Ugualmente non condivisibile è l’ulteriore tesi del consulente dell’amministrazione, secondo cui “…la presenza di una copertura back – to – back è elemento che dovrebbe condurre all’eliminazione del rischio di funding”, atteso che “quest’ultimo deriva, invece, proprio dalla copertura posta in essere sul mercato finanziario, in quanto…per gli scambi di derivati tra operatori bancari viene previsto il pagamento di un ammontare cd. “collateral” a titolo di garanzia da adeguare di norma con cadenza giornaliera o settimanale (mensile in tempi meno recenti). Questo obbligo non è invece previsto dal contratto derivato stipulato tra le Banche e la Provincia di Pisa”; conseguentemente “le Banche hanno dovuto sostenere il costo per l’approvvigionamento delle risorse finanziare da versare alle loro controparti di mercato, indicativamente pari al valore negativo del MtM che il derivato di copertura assumeva vieppiù nel tempo, in quanto, a fronte del valore positivo del MtM di quello stipulato dalla Provincia, non ricevevano alcun collaterale. La differenza sostanziale viene in evidenza tra il mercato interbancario e quello tra banche e clienti finali in quanto esistono prassi contrattuali nelle due situazioni che attenuano e/o amplificano specifici rischi di funding e che assumono dignità di componente rettificativa del fair value (DFV)”, senza che sul punto nulla abbiano opposto le controdeduzioni del consulente della Provincia di Pisa.

Ad ulteriore confutazione delle critiche del consulente dell’Amministrazione provinciale sulla quantificazione mediante il metodo della averange expected exposure, sono stati richiamati “…i dati rilevabili dall’andamento del MtM a valori mid come riportati nella Relazione CT Provincia del 7.12.2001, “TAB. 2.3. Valutazioni delle Banche e fair value dei collar a varie date” che evidenziano come il MtM positivo per le banche, che approssima il collar dovuto per la contrapposta operazione di copertura, presenta valori sin dal 30.04.2009 (pari a €. 8.819.066) stabilmente al di sopra dell’importo calcolato con il suddetto metodo averange expected exposure utilizzato nella relazione CTU (pari a €. 4.451.499)”, evidenziandosi che “…le Banche hanno sopportato un costo del funding stabilmente maggiore di quello quantificato nella Relazione CTU) ed aggiungendo inoltre che “…dai dati consuntivi ricavabili dalla memoria presentata dalle Banche in data 4.4.2012…, oltre all’ammontare di collaterale in essere fino al gennaio 2012, si evince che il costo complessivo per il funding del collateral effettivamente sostenuto è stato sinora pari a €. 550.000”, e che “considerato che tale onere è relativo a soli cinque anni e ne residuano altri dodici, ne deriva che la valutazione della componente rettificativa per il rischio in oggetto calcolata nella Relazione CTU (€. 113.684) è risultata estremamente conservativa, anche quando alla stessa si andasse a sommare la somma della volatilità del rischio di funding, ovvero €. 113.684 + €. 56.842 = €. 170.526…)”.

13.4.4.4. In ordine alla volatilità, il consulente tecnico d’ufficio ha ritenuto condivisibile l’ osservazione del consulente della Provincia di Pisa circa l’esistenza di modelli quantitativi che differiscono dalla tecnica utilizzata, aggiungendo tuttavia che “…come noto le connesse elaborazioni statistiche richiedono serie storiche di dati sui fenomeni oggetto di osservazione”, che “…non sono disponibili informazioni di mercato specifiche sulla rischiosità della Provincia di Pisa, quali rating esterni assegnati da agenzie di rating o valutazioni intrinseche nei prezzi di Credit Default Swap (CDS) quotati”, con la conseguenza che “…è stata individuata la volatilità di valori che approssimassero quella del merito di credito della Provincia di Pisa, ovvero la volatilità del Credit Default Swap Repubblica Italiana e del tasso massimo applicabile agli enti locali e rilevabile nel periodo 1999 – 2007”, con la precisazione che “la ridotta frequenza delle variazioni di quest’ultimo parametro non ne consentono l’utilizzo all’interno di metodi quantitativi generalmente utilizzati per determinare la volatilità di tassi e prezzi di strumenti finanziari quotati e negoziati su mercati attivi. Pertanto è stato adottato un metodo semplificato”.

Quanto alle osservazioni svolte sul punto b) (volatilità liquida), la relazione di consulenza ha rinviato a quanto già rilevato a proposito del rischio di funding.

13.4.4.5. Sul rischio modello il consulente tecnico d’ufficio ha ricordato che la stima fattane nella originaria relazione, depositata il 20 gennaio 2012, “…è molto contenuta (pari a €. 15.000) e conservativa in quanto riferita al solo valore MtM calcolato a valori mid”, sottolineando che non era stata effettuata alcuna quantificazione sul rischio modello delle componenti correttive del fair value “…in quanto lo scenario delle ipotesi diventerebbe talmente ampio da rendere debole qualsiasi stima”, come del resto comprovato dal serrato dibattito sorto proprio sulla quantificazione di tale componente.

Considerato peraltro che “…non si può limitare il rischio modello alla esistenza o meno di modelli di calcolo quantitativi comunemente utilizzati, in quanto ciascuna formula statistica necessita di opportune calibrazioni sulla serie di dati disponibili e il risultato finale è condizionato dalla qualità stessa del dato di input” e che “con riferimento al contratto in esame la mancanza di dati direttamente utilizzabili per il pricing alla stipula genera di certo un rischio modello del quale comunque non si è tenuto conto”, l’ausiliare ha concluso per la non condivisibilità delle critiche prospettate dal consulente dell’amministrazione provinciale sull’approccio alla problematica in esame (salva la questione della sottostima della rettifica per il rischio modello).

13.4.4.6. La stima dei costi amministrativi è stata effettuata “…in valore percentuale del MtM dell’operazione, quale proxy della commissione ordinariamente applicata su transazioni similari in derivati come previsto dai Principi Contabili Internazionali”, operando “il riscontro di detta valutazione con una stima dei costi mediamente sostenuti”.

Ricordato quindi che le osservazioni sulla sinteticità della stima di tali costi erano già state accolte nella originaria relazione di consulenza e che i costi sono stati classificati in modo più chiaro, distinguendosi tra quelli sostenuti per l’emissione/strutturazione del derivato e quelli relativi alla successiva gestione del contratto e specificandosi meglio i processi lavorativi, l’ausiliare ha ritenuto “…non condivisibile l’affermazione che l’operazione richiedeva pochi minuti per essere eseguita”, ciò implicando in realtà “il riferimento ad un altro tipo di attività, ovvero quella di trading in contropartita con altri operatori bancari che comunque comporterebbe anch’essa adempimenti successivi alla stipula con conseguenti costi ricorrenti”, laddove “…la negoziazione dei derivati con controparte Enti Pubblici non viene conclusa ponendo in essere scambi mediante prestazioni collegate elettronicamente ai mercati, seppur anch’esse vengono del pari considerate e contabilizzate come attività di trading da parte degli stessi intermediari”, così che in definitiva “la genesi delle stesse è profondamente diversa”.

E’ stato poi aggiunto che “detti costi vengono inseriti tra le componenti rettificative del fair value DFV in quanto sono da considerarsi essenziali per la realizzazione del derivato come previsto dallo IAS 39 AG 82, lett. H) e riscontrabili negli intermediari operanti sul medesimo segmento di mercato dei derivati in contropartita con Enti Locali”, in particolare trattandosi “…di prodotti strutturati dall’intermediario stesso, per i quali non è (difatti) possibile prevedere una commissione di acquisto standard in quanto il prodotto non è disponibile sul mercato ma il risultato dell’attività di strutturazione (“origination”) del derivato interna alla banca stessa”, ritenendosi quindi che “…il 10% del MtM al mid – market (MtM) sia mediamente ascrivibile alle spese necessarie per realizzare il prodotto in situazioni standard di mercato”.

13.4.4.7. Circa la remunerazione del capitale il consulente tecnico d’ufficio ha infine negato di aver sostenuto la necessità di massimizzazione del ROE delle banche.

13.4.5. Con riferimento poi alle osservazioni del consulente della Provincia di Pisa in ordine alle risposte fornite agli originari quesiti sottopostigli, il consulente tecnico d’ufficio, ribadite le precisazioni sulla terminologia utilizzata, così che l’importo di €. 1.018.921, inizialmente definito fair value, è stato indicato come “componenti rettificative del fair value (DFV)”, ha svolto le seguenti osservazioni.

13.4.5.1. Quanto al primo quesito, è stato rilevato che la sua originaria relazione ha censurato (e non giustificato) l’eventuale azione delle banche volta ad attuare una compensazione degli spread creditizi applicati su obbligazione e derivato, non legittimandosi pertanto alcuna pratica di dumping, tanto più che le banche avevano contestato la predetta interpretazione (sul dumping), aggiungendo che in ogni caso è plausibile che sotto il profilo gestionale le banche ordinariamente adottino una valutazione congiunta della redditività per singolo cliente unificando tutti i profili collegati alla specifica relazione e di conseguenza anche quelli di rischiosità; in relazione alle ulteriori informazioni, inserite per completezza nella risposta al primo quesito, è stato osservato che “…sia errato utilizzare un tasso swap a 17 anni (durata contrattuale) pari al 4,98% in quanto la duration (durata finanziaria) era pari a 7 anni e il relativo tasso swap per quella durata si attestava al 4,84%…; difatti, stante il profilo amortising dell’operazione che prevede la diminuzione progressiva del capitale di riferimento, deriva che la durata finanziaria sia molto più breve rispetto alla durata contrattuale di 17 anni, e di conseguenza il tasso da applicare è quello rilevabile in coincidenza con una duration di circa 7 anni”, ciò senza contare che, in caso di utilizzazione di un tasso del 4,98%, l’operazione sarebbe stata ancora più conveniente e che “i valori dei tassi in discorso sono tutti valori mid – market e quindi conservativi in quanto non includono spread di credito…”.

Ancora è stato rimarcato che “…sulla lettera c), è stata accolta la richiesta di precisazione, peraltro pienamente riscontrabile dall’andamento al ribasso dei tassi di interesse, che nel caso la Provincia non avesse stipulato alcun derivato, avrebbe beneficiato di detta riduzione, trovandosi quindi a pagare un tasso anche al di sotto del floor rate di 4,64%…”, aggiungendosi che “…questa precisazione è stata inserita solo per completare i possibili macroscenari alternativi (assenza di copertura, copertura con collar, copertura con swap plain vanilla), atteso che il mantenimento della posizione aperta alla variabilità dei tassi non rappresentava una alternativa alla operazione in oggetto in quanto gli organi amministrativi della Provincia – considerati gli andamenti rialzisti del periodo in cui è stato sottoscritto il collar – stavano ricercando modalità per coprirsi dall’oscillazione e, in particolare, dalla salita dei tassi di interesse” e sottolineando che a tal fine era stato fornito “…un confronto con la più semplice forma di derivato sottoscrivibile dalla Provincia per l’obiettivo prefissato, in modo da verificare se il confronto con una struttura alternativa non complessa facesse emergere significative differenze di costo, che non sono state invece rilevate”.

13.4.5.2. E’ stato quindi confermata l’inesistenza di un obbligo delle banche di dichiarare i costi impliciti alla Provincia, nulla potendosi in tal senso evincere dall’art. 21 del D. Lgs. n. 58 del 1998 (atteso che tale norma primaria è stata specificata solo con il successivo recepimento della Direttiva Mifid), né dalla normativa Consob vigente all’epoca della stipula del derivato, mentre, quanto alla conoscibilità dei costi impliciti, è stato ribadito che “il contratto conteneva tutti gli elementi per poter quantificare il MtM a condizioni di mid – market. Detto valore costituisce il valore tecnico di riferimento determinabile dalla Provincia senza ulteriori informazioni da parte delle Banche e avrebbe dovuto rappresentare il punto di partenza per la successiva quantificazione delle componenti correttive…e dei conseguenti costi impliciti”, ferma restando la facoltà dell’ente di richiedere ulteriori informazioni alle banche su parametri non compiutamente conoscibili nel caso di clientela ordinaria.

In definitiva, secondo il consulente d’ufficio, “la Provincia poteva di certo supporre la presenza di costi impliciti ricompresi tra €. 1.356.254 pari all’intero valore teorico di riferimento (appunto il MtMa mid – market) e €. 0 nel caso in cui detto MtM fosse stato completamente ascrivibile a rischi/oneri tipici dell’operazione”, e comunque non può sottacersi che la stessa Provincia di Pisa aveva stipulato in precedenza (nel 2001 e nel 2003) contratti derivati, che avrebbe potuto chiedere l’ausilio di un consulente e che lo stesso insediamento di una apposita commissione per la gara ufficiosa per l’affidamento della ristrutturazione del debito faceva ragionevolmente presumere che essa fosse in possesso, in virtù della sua composizione, delle necessarie conoscenze in materia finanziaria.

13.4.5.3. In ordine alle osservazioni del consulente della Provincia di Pisa circa la valutazione di convenienza dell’operazione nella relazione di consulenza è stato evidenziato:

– innanzitutto la convenienza economica varia solo di qualche migliaia di euro nel caso in cui vengano attualizzati i flussi dei mutui da ristrutturare e quelli del bond da emettere, aggiungendo alla curva dei tassi mid – market uno spread creditizio pari a 0,40% invece che quello di 0,063% (con una sostanziale invarianza della convenienza economica alla misura dello spread creditizio applicato alla curva tassi mid – market, ciò in quanto le strutture contrattuali ex post ed ex ante sono sostanzialmente sovrapponibili);

– la obiettiva difficoltà nel definire univocamente la metodologia corretta da applicare per la valutazione della convenienza economica, anche in ragione degli aspetti controversi (evidenziati con puntuali richiami delle opinioni più accreditate) della metodologia degli “scenari di probabilità”, con la conseguenza che “…nessuna modellistica può essere perentoriamente appellata corretta quando riferita all’analisi finanziaria di strumenti derivati, come peraltro rilevato in premessa nella Relazione CTU depositata il 20.1.2012”, con la conseguenza che “pur riconoscendo che il metodo degli “scenari di probabilità” si fonda su articolate basi statistiche, non si può non evidenziare come il suo utilizzo non sia affatto condiviso dai principali attori del mercato in oggetto soprattutto a causa dell’elevata componente di soggettività insita nel processo di calibrazione dei modelli e della difficoltà di interpretazione da parte degli utilizzatori ai quali questo dovrebbe essere rivolto per finalità di trasparenza” (difficoltà che aumentano nel caso in cui gli enti effettuino operazioni per nozionali superiori a 100 milioni di euro che devono essere eventualmente frazionati tra più intermediari).

13.4.6. Il consulente tecnico d’ufficio ha poi dedicato un intero paragrafo (14. Chiarimenti su effettività/virtualità dei costi e utilità economica dell’operazione) per delineare la natura delle componenti rettificative del fair value (DFV) e per dimostrare che “…essi sono solo virtualmente componenti di costo in quanto se non fossero sostenuti l’operazione in derivati non sarebbe stata disponibile per la Provincia”, evidenziando che “…un Ente locale non ha i requisiti per l’accesso diretto a detto mercato, e in particolare la Provincia di Pisa, non disponendo di un rating rilasciato dalle agenzie specializzate, verosimilmente non troverebbe controparti su quel mercato con cui concludere l’operazione” e aggiungendo che “in definitiva, si tratta per tutti gli operatori al dettaglio (retail, corporate, enti pubblici) di un costo “virtuale” per accedere al mercato dei derivati…”, mentre “…la classificazione della quota parte di MtM che non viene considerata componente rettificativa del fair value (DFV) e non trova quindi altra definizione di costo implicito (CI), quale quota parte del valore del contratto non corrisposto al cliente…”.

L’ausiliare ha in proposito ricordato i principi espressi dalla sentenza della Corte di Cassazione, II sez. Pen., n. 47421 del 21 dicembre 2011, secondo cui il MtM non esprime affatto un valore concreto e attuale, essendo piuttosto una proiezione finanziaria basata su un valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata (con la conseguenza che mentre nella prospettazione dell’ente pubblico, che non è tenuto ad alcuna valorizzazione periodica del bilancio, esso resta una quantificazione meramente virtuale comunque venga realizzata: le banche devono quantificare periodicamente il fair value delle operazioni poste in essere e registrarne l’impatto sul conto economico e sulla situazione patrimoniale, il che giustifica ancora, sotto altro concorrente profilo, la già indicata asimmetria tra gli obblighi degli intermediari e quelli degli enti locali) e come esso sia influenzato da una serie di fattori ed è quindi aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell’ambito dei relativi parametri di determinazione anche l’up to front erogato e l’utile per la banca; solo a posteriori, alla fine del contratto, è possibile pertanto stabilire se le operazioni in derivati rappresentano un vantaggio o uno svantaggio per l’ente.

Il consulente tecnico d’ufficio ha sottolineato “…la natura meramente eventuale delle stime iniziali sulle singole componenti, seppur sostenute da elaborazioni matematiche e statistiche, determinandone la caratteristica di virtualità piuttosto che di effettività.

Infine, quanto alla complessiva valutazione di effettiva utilità economica dell’operazione in derivati, la relazione di consulenza sottolinea che tale giudizio non può prescindere dalla finalità di copertura del rialzo dei tassi perseguita dall’ente, riproponendo a tal fine il confronto con la copertura meno sofisticata possibile disponibile sui mercati finanziari rappresentata da uno swap plain vanilla tasso variabile contro tasso fisso, che la Provincia avrebbe potuto stipulare al tasso 4,84%, rilevabile alla data di stipula sul mercato per strumenti di pari durata con medesimo profilo amortising (durata contrattuale 17 anni – duration 7,05) ed osservando che “rispetto a questa alternativa, la sottoscrizione del collar ha consentito all’Amministrazione di beneficiare di un minor onere pari a 20 bps e un conseguente risparmio di oneri finanziari per circa €. 400 mila sino al 31.12.2011…Se fino a scadenza dovessero persistere gli attuali tassi di interesse inferiori al floor, la Provincia attraverso il collar sottoscritto conseguirà un risparmio pari a €. 1,2 mln”, ciò in quanto “…l’andamento calante dei tassi ha consentito alla Provincia di pagare interessi sul debito per importi significativamente più bassi rispetto a quanto atteso sulla base dell’equivalente tasso swap per l’operazione plain vanilla”.

13.4.7. Il consulente tecnico d’ufficio ha in definitiva confermato le precedenti conclusioni, sinteticamente osservando (con riferimento ai quesiti formulati dalla Sezione con l’ordinanza n. 5628 del 19 ottobre 2011):

– quanto al primo quesito, che i derivati stipulati dalla Provincia di Pisa con le banche ******************** e Depfa Bank Plc presentano costi impliciti non dichiarati stimati, approssimativamente, ma ragionevolmente, in €. 320.000, precisando che tali costi, effettivi per la Provincia di Pisa (rappresentando una parte del valore del contratto non riconosciuto al cliente e non giustificabile con le correzioni per rischi e oneri) e quantificati con una “tecnica di valutazione”, secondo i Principi contabili internazionali IAS 39, derivano “…dalle condizioni contrattuali, riferibili in particolare al livello del cap e del floor, alle quali corrisponde un valore MtM del collar a prezzi mid – market (pari a €. 1.356.256) non del tutto pareggiato dalle componenti rettificative del fair value (relative alla copertura dei rischi, agli oneri amministrativi e alla remunerazione del capitale impegnato) nel complesso ragionevolmente stimabili in €. 1.030.000); sono state poi anche sintetizzate le contrapposte argomentazioni delle parti;

– quanto al secondo quesito, che “…la normativa all’epoca vigente non imponeva alle Banche obblighi informativi specifici nei confronti della Provincia sulle componenti di prezzo dei contratti derivati, quindi neanche su eventuali costi impliciti” e che l’Amministrazione provinciale di Pisa aveva le informazioni necessarie per valutare il MtM del derivato a mid – market, potendo quindi “…supporre la presenza di costi impliciti ricompresi tra €. 1.356.254 pari all’intero valore teorico di riferimento (appunto il MtM a mid – market) e €. 0 nel caso in cui detto MtM fosse stato completamente ascrivibile a rischi/oneri tipici dell’operazione”, e chiedere alle banche le informazioni e i dettagli relativamente alle componenti rettificative del fair value (anche in questo caso sono state rappresentate le contrapposte tesi dei consulenti delle parti);

– quanto al terzo quesito, che l’operazione di ristrutturazione ha presentato un seppure contenuto margine di convenienza economica alla stipula, ai sensi dell’art. 1 della leggi 28 dicembre 2001, n. 448, dando conto delle specifiche argomentazioni svolte sul punto dai consulenti delle parti.

14. La difesa dell’amministrazione provinciale di Pisa con la memoria in data 1° giugno 2012 e la successiva replica datata 7 giugno 2012 ha contestato anche le nuove osservazioni e conclusioni dell’ausiliare, sostenendo l’assoluta erroneità della consulenza nei suoi assunti generali, peraltro ingiustificatamente “…appiattita su dati parziali ed unilaterali, densa di argomentazioni giuridiche non richieste dal Collegio e certo fuori dall’ambito della perizia tecnica; per di più palesemente errate…,..non…appagante, né esaustiva”, rilevando altresì che “il perimetro della consulenza era stato puntualmente definito dalla sentenza generale (5032/2011)…” e che la sola questione rimasta aperta consisteva nel verificare se nel contratto intercorso tra la Provincia di Pisa e le Banche fosse esistito o meno un differenziale negativo/squilibrio economico iniziale, con la conseguenza che, una volta riconosciutolo (com’era accaduto incontestabilmente), non vi era bisogno di improbabili e infondate ricostruzioni sul carattere effettivo o virtuale dei costi impliciti.

Del resto, sempre secondo la difesa dell’amministrazione, solo apparentemente l’ausiliare del giudice aveva tenuto conto dei puntuali rilievi svolti dal proprio consulente, stravolgendone piuttosto il senso e la portata, fino ad affermare che questi ne avesse addirittura condiviso la metodologia utilizzata e che il dissenso riguardasse solo la rilevanza e la quantificazione di alcune componenti del fair value, laddove la relazione di consulenza non poteva essere affatto condivisibile anche per il metodo usato e per la contraddittorietà nell’uso dello stesso (quale, per esempio, l’utilizzo alterno dei metodi denominati “peak exposure” e “average exposure” per abbassare il valore dei costi impliciti), ciò senza contare che era infondata sui punti qualificanti, quali la nozione di mercato attivo, il trattamento asimmetrico dei contraenti, la quantificazione delle correzioni, la virtualità/effettività dei costi impliciti.

L’amministrazione provinciale di Pisa ha insistito quindi per il rigetto anche dell’ultimo motivo di appello rimasto da esaminare, ribadendo che “…alla data di stipula del contratto la Provincia ha subito la sottrazione di un flusso di cassa che le spettava e che invece non le è stato palesato, né tanto meno corrisposto”, e che, poiché il prezzo di vendita del derivato è stato zero, i costi impliciti ottenuti dal mark to market iniziale del contratto, pur opportunamente rettificato per tener conto delle specificità del contratto, avevano configurato una perdita effettiva (e non solo potenziale) corrispondente al mancato incasso dell’up front (ovvero dal flusso di cassa che viene regolato al momento della conclusione dell’operazione in derivati”), così che, contrariamente a quanto sostenuto da controparte e superficialmente risultante dalla consulenza tecnica d’ufficio, l’operazione di ristrutturazione non aveva comunque presentato neppure un minimo margine di convenienza economica, e legittimamente era stato disposto l’annullamento in autotutela dei relativi provvedimenti (tanto più che, in disparte ogni questione sulla pertinenza delle risposte fornite dal consulente tecnico d’ufficio, erano del tutto infondate le argomentazioni prettamente giuridiche in ordine al preteso obbligo delle banche di informare l’ente circa i costi impliciti ed in ordine alla diretta conoscibilità e riconoscibilità degli stessi da parte dell’ente).

Anche Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc hanno svolto le proprie osservazioni alla relazione di consulenza, condividendone sostanzialmente le conclusioni.

15. Le ampie, puntuali e argomentate tesi difensive delle parti, particolarmente quelle dell’amministrazione provinciale di Pisa, e l’asprezza che talvolta ne ha caratterizzato i contenuti, anche con riferimento alle stesse modalità di espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, rendono opportuno svolgere alcune osservazioni, al fine di delimitare l’ambito residuo della questione controversia, dovendo al riguardo ribadirsi che essa è limitata ormai al solo esame del quarto motivo degli appelli proposti da ******************** e Depfa Bank Plc.

15.1. Infatti nella sentenza non definitiva n. 5032 del 7 settembre 2001, a proposito della natura dei provvedimenti impugnati (e del concreto potere esercitato), è stato osservato che essi sono stati determinati (cfr. pag. 33) dall’asserita accertata violazione delle finalità dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, essendo risultato non rispettato il principio della convenienza economica (“il quanto il contratto di swap non aveva un valore iniziale pari a zero, bensì negativo, senza che a fronte di ciò fosse stata prevista in favore dell’amministrazione una somma di pari ammontare così da riequilibrare il contratto stesso”) e contemporaneamente violato anche l’art. 3 della C.M. 27 maggio 2004 (“nella parte in cui precisava che la vendita del floor è ammessa solo per il finanziamento dell’acquisto del cap, in quanto il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della stipula indica proprio che il valore del cap era inferiore a quello del floor ovvero che il premio che l’amministrazione provinciale avrebbe dovuto pagare e che, implicitamente aveva pagato, per l’acquisto del floor era inferiore al premio che avrebbe dovuto incassare a fronte della vendita del floor”), aggiungendosi che l’argomentazione secondo cui i costi impliciti (che, secondo i provvedimenti impugnati, avevano connotato gli swap stipulati) non potevano essere immediatamente accertabili e verificabili dall’amministrazione senza la relativa denuncia da parte delle banche, non costituiva “…affatto la contestazione (nei confronti delle banche affidatarie dell’operazione) di una violazione di un obbligo precontrattuale di informazione (attinente pertanto alla fase negoziale della vicenda e quindi ad un vizio di formazione della volontà negoziale, indicando piuttosto una mera constatazione di una circostanza di fatto (l’ignoranza incolpevole dell’amministrazione in ordine ai c.d. “costi impliciti” dell’operazione), volta a giustificare non già (e non solo) la sussistenza del costo implicito in sé, quanto piuttosto l’insufficiente apprezzamento della situazione economico – finanziaria discendente dalla complessiva operazione di ristrutturazione del debito (tra cui rientra anche quella in strumenti finanziari derivati) ed in particolare l’erroneo ed insufficiente apprezzamento incolpevole della convenienza economica che sola poteva giustificare l’intera operazione di ristrutturazione, ai sensi dell’art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (profilo che…attiene non già al momento negoziale, bensì al profilo interno dell’amministrazione di procedere effettivamente alla complessiva operazione di ristrutturazione del bene e quindi alla corretta ed effettiva tutela dell’interesse pubblico affidato alla cura dell’amministrazione)”, così che in definitiva il potere di autotutela “…non è stato esercitato per sottrarsi puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della mancata corretta valutazione della convenienza economica che legittimava l’operazione di ristrutturazione del debito, ai sensi dell’art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e che, come tale, non rientrava nella “causa” del contratto di swap, costituendone piuttosto il presupposto logico – giuridico”.

E’ stato anche osservato (pagg. 36 e ss.) che proprio il fatto che il bando della gara ufficiosa, indetta dall’Amministrazione provinciale di Pisa per la scelta della banca a cui affidare l’operazione di ristrutturazione del debito, non prevedesse, dopo la selezione dell’offerta migliore, alcuna attività di negoziazione con la banca prescelta, rendeva “…priva di qualsiasi fondamento la tesi della negoziazione (del contenuto) dei contratti swap, che si sarebbe svolta successivamente all’aggiudicazione e prima della loro stipulazione, in ragione della quale la mancata conoscenza dei “costi impliciti” configurerebbe un vizio della volontà negoziale…”.

15.2. Sebbene tali osservazioni siano state svolte ai fini della individuazione del potere (pubblicistico) esercitato e della conseguente sussistenza nella controversia de qua della giurisdizione del giudice amministrativo, le stesse hanno nondimeno costituito il presupposto logico – giuridico della decisione di disporre la consulenza tecnica d’ufficio per delibare pienamente il quarto motivo degli appelli in esame, con cui era stata contestata la sentenza di prime cure, che aveva riconosciuto la legittimità degli atti impugnati, per la falsa interpretazione ed applicazione del più volte citato articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (in ragione della asserita non applicabilità dello stesso ai contratti swap e per la riconducibilità del presunto differenziale negativo al concetto di convenienza economica ivi postulato).

Ciò in quanto (pag. 55 e ss) non poteva negarsi che “…la convenienza economica della ristrutturazione del debito…costituisse la “causa” della stessa procedura di gara indetta dall’amministrazione provinciale di Pisa, avendo quest’ultima l’obiettivo di ridurre la sua esposizione debitoria e verosimilmente poter disporre di una maggiore liquidità da utilizzare per la tutela degli altri interessi pubblici affidati alle sue cure: la complessiva operazione di ristrutturazione del debito, del resto, secondo la stessa ratio ispiratrice del citato articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 441, intendeva coniugare i vari interessi in gioco di contenimento della spesa pubblica, assicurando agli enti locali la possibilità di far fronte alla cura e alla tutela delle funzioni loro affidate, attraverso un’accorta politica di gestione economico – finanziaria anche del bilancio e delle relative poste passive”, così che l’esistenza di costi impliciti “…sia pur riscontrati dall’amministrazione provinciale solo dopo la conclusione del contratto, incideva effettivamente sulla convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione del debito, diminuendone la sua stessa efficacia…”.

15.3. La consulenza tecnica d’ufficio ha avuto pertanto lo scopo di verificare (ed acquisire) tutti gli elementi, anche di natura tecnica, esistenti, conosciuti ovvero conoscibili, al momento della operazione di ristrutturazione del debito, non già per sindacare le scelte discrezionali compiute dall’amministrazione, ma esclusivamente per la esatta valutazione del substrato fattuale su cui è stato esercitato il potere amministrativo (e quindi per stabilire se questo è stato esercitato correttamente con la piena e dovuta conoscenza di tutti gli elementi a tal fine necessari).

16. Sulla scorta di tali precisazioni, il quarto motivo degli appelli proposti dalle Banche Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Olci è fondato e deve essere accolto alla stregua delle argomentate, approfondite e condivisibili osservazioni del consulente tecnico d’ufficio.

16.1. E’ appena il caso di sottolineare che, sebbene la novità, la complessità e la tecnicità delle questioni trattate (peculiarità espressamente riconosciute dalle stesse difese delle parti) si presti a soluzioni opinabili, sulle quali può pertanto non raggiungersi (l’auspicabile, ma non necessario, ai fini della soluzione giurisdizionale) consenso delle parti in causa, ciò non può in alcun modo determinare l’invalidità della consulenza tecnica d’ufficio (e della sentenza che ne recepisce le conclusioni), la nullità della stessa potendo ricollegarsi soltanto alla violazione del principio del contraddittorio (Cass. Civ., sez. II, 31 ottobre 2011, n. 22653), per non essere stato consentito alle parti, ai loro difensori e consulenti, di partecipare al procedimento e di svolgervi le opportune osservazioni e controdeduzioni (ipotesi che non si rinvengono nel caso di specie e che non sono state del resto neppure adombrate dalle parti, cui incombe l’onere di indicare le effettive lesioni derivanti dalle pretese irregolarità, Cass. Civ., sez. II, 8 giugno 2007); né può a tal fine rilevare il mero rigetto delle tesi di una delle parti e l’accoglimento, anche parziale, di quelle dell’altra parte, fermo restando in capo al giudice, non vincolato alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, l’obbligo di motivare il proprio convincimento.

16.2. D’altra parte nell’esaminare le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio deve osservarsi che il più volte citato articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel fissare l’obiettivo di finanza pubblica da perseguirsi da province, comuni, unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane ed isolane (contenimento del costo dell’indebitamento) attribuisce a questi ultimi, fermo restando quanto previste nelle relative pattuizioni contrattuali (in corso), la facoltà “…di convertire i mutui contratti successivamente, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 2 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni”.

Il legislatore, fissati gli obiettivi da perseguire e indicati gli strumenti utilizzabili, ha rimesso alla discrezionalità dei singoli enti non solo la scelta dello strumento più adeguato da utilizzare per conseguire l’obiettivo, ma anche la concreta, responsabile e consapevole determinazione della convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione del debito: a ciò consegue che la convenienza dell’operazione di ristrutturazione del debito effettuata dall’amministrazione provinciale di Pisa deve essere apprezzata in concreto, in base alla sua effettiva articolazione, nonché ai fatti, alle informazioni e ai dati di cui essa era in possesso (o di cui avrebbe dovuto essere ragionevolmente in possesso).

Come risulta dalle stesse difese dell’amministrazione provinciale di Pisa, l’operazione di ristrutturazione del debito in questione si è articolata in tre parti: estinzione anticipata dei mutui preesistenti a tasso variabile con spread medio pari a 0,126%, emissione di un BOP a tasso variabile con spread pari a 0,063%, sottoscrizione di contratto derivato collar con Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc, che, benché autonome e separate tra di loro, sono nondimeno connesse e collegate, in quanto strutturalmente funzionalizzate al conseguimento dell’obiettivo indicato dall’art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448: la valutazione di convenienza economica deve pertanto essere riferita all’intera operazione e non può essere limitata al solo valore dei contratti swap (ed alla questione dei costi impliciti di questi ultimi), attraverso cui, come puntualmente evidenziato dal consulente tecnico d’ufficio, l’amministrazione, lungi dal porre in essere un’operazione di pura speculazione finanziaria (evidentemente inammissibile), ha inteso garantirsi dal rischio dell’eventuale aumento dei tassi di interessi sulla sua (nuova) posizione debitoria, stante il lungo termine (17 anni) previsto per la sua estinzione.

16.3. Così delimitato e chiarito definitivamente l’ambito di cognizione del quarto motivo degli appelli in esame, può osservarsi quanto segue.

16.3.1. La prima fase della complessiva azione di ristrutturazione del debito è consistita nella riconversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996 (16 mutui pari a circa €. 95,5, sottoscritti con quattro diversi istituti di credito) in un prestito obbligazionario di nuova emissione (con l’abbinamento di un derivato, collar) con Dexia Crediop S.p.A. (per €. 44.400.000) e Depfa Bank Plc (per €. 51.094.000), selezionate a seguito di una gara ufficiosa da un’apposita commissione istituita dall’amministrazione tra ventinove istituti bancari invitati a partecipare.

Prescindendo dalle considerazioni svolte dal consulente tecnico d’ufficio circa la superficialità di tale selezione, avvenuta quasi esclusivamente sulla misura dello spread offerto (pari per l’A.T.I, tra ******************** e Depfa Bank Plc, aggiudicataria, allo 0,063%), l’ausiliare ha in ogni caso rilevato che tale segmento dell’operazione di ristrutturazione del debito si è rilevata sicuramente vantaggiosa per l’amministrazione, vantaggioso essendo il tasso offerto sul bond (Euribor 6M + 0,063%), non in linea con il rating interno che le banche assegnavano all’amministrazione.

L’effetto vantaggioso è stato prudentemente stimato dal consulente in €. 402.000 (corrispondente alla media delle stime proposte dai consulenti delle parti, variabili tra €. 395.000 e €. 409.000), così che, in modo del tutto logico e coerente, il consulente ha chiarito che tale valore corrisponde alla soglia entro il quale dovevano essere contenuti gli eventuali costi impliciti dei contratti derivati al fine della complessiva convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione del debito.

16.3.2. Sull’operazione in derivati, ribadendosi che con la stipula degli swap l’amministrazione provinciale di Pisa ha inteso “blindare” l’avvenuta riconversione dei mutui preesistenti nel nuovo prestito obbligazionario a tasso Euribor 6M + 0,063%, garantendosi attraverso un collar dal rischio di un aumento dei tassi di interesse, deve osservarsi che il dissenso della difesa dell’amministrazione dalle osservazioni del consulente tecnico d’ufficio concerne non già la struttura e la funzione dello swap, quanto piuttosto la concreta determinazione del suo valore dello swap (e le modalità di tale determinazione).

Sennonché sul punto le osservazioni e le conclusioni formulate dal consulente tecnico risultano adeguate, conferenti, ragionevoli e motivate, con argomentazioni accurate che non solo hanno avuto il pregio di rendere sufficientemente comprensibili questioni complesse di natura squisitamente tecnico – finanziarie, ma hanno puntualmente, oltre che altrettanto adeguatamente e ragionevolmente, valutato e analizzato le contrapposte tesi e deduzioni del consulente dell’amministrazione provinciale, confutandole motivatamente.

Esse pertanto devono essere accolte.

16.3.2.1. Innanzitutto in modo ragionevole e convincente l’ausiliare ha sottolineato le caratteristiche peculiari del contratto derivato (collar) stipulato dall’amministrazione con le banche appellanti (sulle caratteristiche, si rinvia a quanto già rilevato nei paragrafi 13.1.2, 13.1.3, 13.1.4, 13.1.5, 13.1.6 e 13.1.7), stimandone il valore in €. 1.356.254 (pari allo somma algebrica dei valori del cap, del floor e del valore della prima cedola semestrale pari al 4,245%, in modo non molto diverso peraltro da quello indicato dall’amministrazione, nella relazione della società Calipso s.r.l. in €. 1.385.254 e nella perizia del prof. ****** in €. 1.289.761).

Le delineate peculiarità degli swap in questione (quanto agli elementi opzionali che lo caratterizzavano, al rating attribuibile all’amministrazione provinciale e alla stessa “unicità” della complessa operazione di ristrutturazione del debito) hanno ragionevolmente giustificato, nella ricostruzione sistematica operata dal consulente tecnico d’ufficio, non solo l’asimmetricità della posizione delle parti contraenti, banche e amministrazioni, ma anche l’individuazione degli specifici elementi di correzione del valore (astratto) del derivato (c.d. componenti del fair value), rispetto alle quali i rilievi e le controdeduzioni del consulente dell’amministrazione provinciale, peraltro compiutamente esaminati nelle due relazioni di consulenza d’ufficio, non meritano favorevole considerazione, configurandosi quale mero dissenso soggettivo dalle argomentate tesi del consulente d’ufficio, di cui peraltro non è stata provata la manifesta e macroscopica erroneità.

Rinviando al contenuto delle ricordate relazioni di consulenza per quanto concerne la confutazione delle controdeduzioni e dei rilievi svolti dal consulente dell’amministrazione provinciale sulle singole componenti rettificative del fair value, è appena il caso di rilevare che anche la fondamentale questione circa l’esistenza o meno del “mercato attivo”, in cui possono trovare collocazione e scambio gli swap, è adeguatamente e convincentemente esaminata e risolta dal consulente tecnico d’ufficio, non già in via generale ed astratta, come in realtà proposto dal consulente dell’amministrazione, ma in concreto e con specifico riferimento ai peculiari (per la presenza delle specifiche componenti opzionali) contratti stipulati che, come tali, non solo non si prestano ad essere scambiati come qualsivoglia altro contratto derivato, ma anche (ed a maggior ragione) non possono trovare una stima sulla base delle comuni informazioni di mercato (non essendo ipotizzabile la presenza sul mercato di contratti dello stesso contenuto, in ragione della loro evidenziata peculiarità, determinata proprio dalle specifiche esigenze che con essi ha inteso soddisfare l’amministrazione provinciale di Pisa).

Sotto tale profilo, anche sulla base dei lucidi, approfonditi e coerenti chiarimenti forniti dal consulente tecnico d’ufficio, deve rilevarsi che i c.d. “costi impliciti” dello swap, peraltro ragionevolmente “corretti in circa” €. 320.000 (secondo le prudenziali e convincenti argomentazione contenute nell’elaborato peritale, rispetto al valore di oltre un milione di euro) non rappresentano affatto un costo effettivo, vale a dire una somma effettivamente sostenuta dall’amministrazione provinciale, rappresentando soltanto il valore che lo swap avrebbe potuto avere in una astratta ed ipotetica (ma assolutamente irrealistica e non vera) contrattazione (contrattazione del resto che non sarebbe neppure giuridicamente possibile, essendo a tal fine necessaria evidentemente un’autorizzazione legislativa del tutto analoga a quella contenuta nell’art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha consentito la rinegoziazione dei mutui già contratti).

In ogni caso i predetti costi impliciti (€. 320.000), quand’anche fossero di per sé rilevanti nell’ambito della presente cognizione (sui cui limiti si è già avuto modo di sottolineare in precedenza), essendo ampiamente ricompresi nella soglia di €. 402.000 (utile dell’operazione di rinegoziazione dei mutui contratti prima del 31 dicembre 1996), non sarebbero di per sé sufficienti a determinare una valutazione negativa circa la convenienza economica della complessiva operazione di ristrutturazione del debito posta in essere dall’amministrazione provinciale di Pisa.

E’ appena il caso di segnalare che il consulente, ad ulteriore conforto della correttezza e della ragionevolezza delle proprie argomentazioni e della valutazione della convenienza anche dell’operazione in contratti derivati, ha esaminato anche le possibili alternative che l’amministrazioni provinciale avrebbe potuto percorrere per raggiungere l’obiettivo dichiaratamente perseguito, cioè la tutela da eventuali aumenti dei tassi di interesse, individuandole in uno strumento finanziario disponibile sul mercato finanziario (swap plain vanilla), meno sofisticato di quello effettivamente stipulato, rispetto al quale quello effettivamente stipulato ha consentito un risparmio di circa €. 400.000.

Ciò rende del tutto ultroneo il richiamo operato dalla difesa dell’amministrazione provinciale di Pisa ad alcune relazioni di consulenza tecnica d’ufficio (ritualmente depositate) che sono state espletate in altri giudizi, asseritamente analoghi a quello in esame, tanto più che non risulta che i quesiti formulati ai relativi consulenti siano identici a quelli sottoposti al consulente del presente giudizio e che in ogni caso le conclusioni di tali elaborati si limitano a confortare le tesi dell’amministrazione, già esaminate, valutate e confutate adeguatamente e convincentemente dal consulente tecnico d’ufficio.

16.3.2.2. Completezza espositiva impone alla Sezione di esaminare anche l’altro profilo della consulenza concernente la questione se gli eventuali costi impliciti dell’operazione di ristrutturazione del debito dovessero essere comunicati alle banche all’amministrazione provinciale di Pisa ovvero se gli stessi fossero conoscibili direttamente da quest’ultima.

E’ stato già chiarito che tale questione ai fini della soluzione della presente controversia e nei limiti della cognizione del quarto motivo degli appelli proposti da ******************** e Depfa Bank Plc non investiva l’accertamento o meno della sussistenza e della eventuale violazione di obblighi precontrattuali di informazione (come tali attinenti la validità del contratto ed in particolare della corretta formazione della volontà contrattuale), quanto piuttosto quella della più generale piena ed esatta conoscenza del substrato fattuale su cui si innestata l’esercizio del potere amministrativo.

Ciò chiarito, anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione che la stessa delineata impossibilità di parlare di “costi impliciti”, a proposito di quelli indicati dalle parti e comunque correttamente rideterminati ragionevolmente dal consulente in €. 320.000 rappresentando il valore dello swap e non un costo effettivamente sopportato dall’amministrazione, non può sottacersi che la stessa modalità (gara ufficiosa) attraverso cui l’amministrazione ha scelto l’intermediario finanziario cui affidare la complessiva operazione di ristrutturazione del proprio debito ed il fatto che la predetta scelta fosse sostanzialmente conseguente alla valutazione (compiuta) da un’apposita commissione della proposta (di ristrutturazione) consente di escludere ragionevolmente la pretesa violazione degli obblighi di informazione in ordine al valore dello swap ed a quello dei suoi elementi correttivi, ai fini della determinazione del fair value.

Non vi è in altri termini alcuna prova, neppure indiziaria, di un preteso comportamento scorretto, non diligente e poco trasparente, finalizzato a non servire al meglio l’interesse del cliente (ex art. 21 del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, invocato dalla difesa dell’amministrazione), né può assumersi che le banche appellanti abbiano agito senza acquisire le informazioni necessarie dai clienti e senza operare in modo che essi fossero sempre adeguatamente informati, ciò essendo smentito dalle stesse peculiarità, sopra evidenziate, degli swap stipulati, evidentemente calibrati sulle specifiche esigenze dell’amministrazione provinciale.

Non vi è dubbio poi che, come correttamente rilevato dal consulente tecnico d’ufficio, più stringenti oneri di informazione siano stati introdotti per effetto del recepimento della direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/39/CE, ad opera del D. Lgs. 17 settembre 2007, n. 164, entrata in vigore il 1° novembre 2007, successivamente all’operazione di ristrutturazione in questione, irrilevante essendo la circostanza che la direttiva comunitaria fosse entrata in vigore già nel 2004, atteso che l’articolo 70 (“Attuazione”), nel disporre al primo comma che “gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 gennaio 2007…”, specifica al secondo comma che “essi (id est, gli Stati membri, applicano tali disposizioni dal 1° novembre 2007”.

Significativamente, inoltre, solo nella comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009 la Consob indica tra le misure di trasparenza da adottarsi dagli intermediari finanziari quella di “…effettuare la scomposizione (c.d. unbundling) delle diverse componenti che concorrono al complessivo esborso finanziario del cliente per l’assunzione della posizione nel prodotto illiquido, distinguendo fair value (con separata indicazione per l’eventuale componente derivativa) e costi – anche a manifestazione differita – che gravano, implicitamente o esplicitamente sul cliente”.

Infine, benché non possa ragionevolmente enfatizzarsi la circostanza che l’amministrazione provinciale di Pisa avesse già nel passato stipulato altri contratti derivati (swap), ciò nondimeno non può neppure sottacersi che sussisteva certamente, o quanto meno poteva ragionevolmente pretendersi, un onere di diligenza nell’informarsi puntualmente e richiedere alle banche circostanziate notizie sui predetti contratti derivati, onde poter consapevolmente indirizzare le proprie scelte.

17. Alla stregua delle osservazioni svolte il quarto motivo degli appelli proposti da ******************** (NRG. 938/2011) e da Depfa Bank Plc (NRG. 939/2011) deve essere accolto, dovendo ritenersi che effettivamente l’operazione di ristrutturazione del debito operato dall’Amministrazione provinciale di Pisa, diversamente da quanto da quest’ultima accertato successivamente, ma erroneamente, era da considerarsi economicamente conveniente ai sensi e per gli effetti dell’art, 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

A ciò conseguente la integrale riforma (anche per effetto del già disposto accoglimento dell’appello della Provincia di Pisa, NRG. 1008/2011, limitatamente al profilo del difetto di giurisdizione sugli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto già stipulato) della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, 6570 dell’11 novembre 2010 e l’accoglimento dei ricorsi proposti in primo grado dalle predette banche con annullamento degli atti impugnati.

Occorre al riguardo aggiungere che non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria avanzata dalle banche in primo grado, sia perché non è stata fornita alcuna prova, neppure a livello di mero indizio, del danno asseritamente subito per effetto degli atti impugnati, sia perché la stessa complessità e novità delle questioni trattate, l’inesistenza di puntuali precedenti giurisprudenziali e la non univocità delle stesse ricostruzioni sistematiche e dottrinali, consente di escludere ragionevolemente la configurabilità nel caso di specie della colpa dell’amministrazione.

18. Deve procedersi alla liquidazione del compenso complessivo (onorario e spese) spettante al consulente tecnico d’ufficio, che ne ha fatto espressa richiesta con due apposite note, rispettivamente in data 27 gennaio 2012 e 21 maggio 2012, rimettendone la determinazione all’apprezzamento del giudice.

18.1. Circa la determinazione dell’onorario la Sezione, condividendo l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il criterio delle vacazioni, anziché quello a percentuale, deve essere applicato non solo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma anche quando, in relazione alla natura dell’incarico e al tipo di accertamento richiesto dal giudice, non sia logicamente giustificata e possibile un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio a percentuale (Cass. Civ., sez. VI, 25 maggio 2012, n. 8369; sez. II, 23 settembre 2010, n. 20088 e 28 luglio 2010, n. 17685), è dell’avviso che nel caso in esame debba trovare applicazione l’art. 2 della tabella allegata al D.M. 30 maggio 2002, che disciplina la determinazione dell’onorario “in materia amministrativa, contabile e fiscale”, prevedendo che esso è calcolato a percentuale per scaglioni di valore (riferito al valore della controversia).

Quest’ultimo nel caso di specie, tenuto conto anche degli specifici quesiti sottoposti all’ausiliare), coincide con l’ammontare dei costi impliciti, stimati in €. 320.000.

Ai fini della calcolo del compenso possono trovare applicazione le percentuali massime indicate nell’art. 2 della ricordata tabella per i singoli scaglioni (di valore), anche in ragione del supplemento dell’attività d’indagine richiesta al consulente tecnico.

In definitiva detto compenso ammonta a €. 8.395,10 (così determinato: valore da €. 0 a €. 5.164,57 * 9,3951 = €. 485,22; valore da €. 5.164,58 a €. 10,329,14 e perciò su €. 5.164,57 * 7,5160 = €. 388,17; valore da €. 10.329,15 a €. 25.822,84 e perciò su €. 15.493,70 * 5,6370 = €. 873,38; valore da €. 25.822,85 a €. 51.645,69 e perciò su €. 25.822,85 * 4,6896 = €. 1.210,99; valore da €. 51.645,70 a €. 103.291,38 e perciò su €. 51.645,69 * 3,7580 = €. 1.940,85; valore da €. 103.291,39 a €. 258.228,45 e perciò su €. 154.937,07 * 1,8790 = €. 2.911,27; valore da €. 258.228,46 a €. 320.000 e perciò su €. 61.771,55 * 0,9474 = €. 585,22).

Detto importo deve essere raddoppiato, ai sensi dell’art. 51, comma 2, del già citato D.M. 30 maggio 2002, in considerazione della eccezionale rilevanza ed importanza, nonché complessità, difficoltà ed assoluta novità della controversia e delle indagini richieste al consulente, caratteristiche del resto pacificamente riconosciute da tutte le parti in causa.

In definitiva al consulente tecnico d’ufficio, dott. *****************, spetta a titolo di onorario per l’attività svolta l’importo di €. 16.790,20.

18.2. Al predetto ausiliare devono essere anche riconosciute per intero le spese indicate nelle ricordate note del 27 gennaio 2012 e del 21 maggio 2012, complessivamente ammontanti a €, 3.791,43 per spese di trasporto (viaggi aereo Crotone – Roma e Milano – Roma, oltre alle spese di taxi), importo peraltro giammai contestato dalle parti (con la precisazione che gli originali delle fatture e delle ricevute relative a tale spese sono state dichiaratamente messe a disposizione dall’ausiliario, senza che – si ripete – non sia stata svolta alcuna contestazione dalle parti sulla loro effettività e congruità).

18.3. L’onorario spettante al consulente tecnico d’ufficio (€.16.790,20) e le spese da questi sostenute (€.3.791,43), da intendersi comprensivo dell’anticipo pari a €. 3.500,00, fissato nella ordinanza n. 5628 del 19 ottobre 2011, sono posti solidalmente a carico di tutte le parti in causa (Provincia di Pisa, ******************** e Depfa Bank Plc).

19. La complessità e la assoluta novità delle questioni trattate costituiscono ad avviso della Sezione ragioni idonee a giustificare tutte le spese del doppio grado di giudizio, ivi comprese quelle di consulenza tecnica d’ufficio, come liquidate, in solido tra le parti, al precedente paragrafo 18.3.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da Depfa Bank Plc (NRG. 938/2011), da ******************** (NRG. 939/2011) e dalla Provincia di Pisa (NRG. 1008/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre 2010, nonché sull’appello proposto dalla Provincia di Pisa (NRG. 2941/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 154 del 27 gennaio 2011, richiamata la propria precedente sentenza non definitiva n. 5032 del 7 settembre 2011, così provvede:

– accoglie, nei sensi di cui in motivazione, gli appelli proposti da ******************** e da Depfa Bank Plc e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. . 6579 dell’11 novembre 2010, accoglie i ricorsi proposti dalle predette banche in primo grado e annulla gli atti impugnati;

– respinge la domanda di risarcimento del danno;

– liquida in favore del consulente tecnico d’ufficio, dott. *****************, l’importo complessivo di €. 20,851,63, di cui €. 16.790,20 a titolo di onorario e €. 3.791,43, comprensivo dell’anticipo pari a €. 3.500,00, fissato nella ordinanza n. 5628 del 19 ottobre 2011, ponendolo solidalmente a carico di tutte le parti in causa (Provincia di Pisa, ******************** e Depfa Bank Plc);

– compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio, ivi comprese quelle per onorario e spese di consulenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2012

Redazione