Delimitazione dei confini tra demanio marittimo e proprietà privata (Cons. Stato n. 1539/2013)

Redazione 15/03/13
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FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, sez. I, n. 3518/06 del 22 giugno 2006 (che non risulta notificata) veniva accolto il ricorso proposto dalla Compagnia Alberghiera Salentina s.a.s. avverso il provvedimento n. 40 del 16 novembre 1989, con cui il Direttore Marittimo di Bari, di concerto con l’Intendente di Finanza di Lecce, aveva approvato il verbale di delimitazione dei confini tra il demanio marittimo e la proprietà della ricorrente, a norma dell’art. 32 del Codice della navigazione.

Nella sentenza si affermava la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al procedimento svolto ai sensi della predetta disposizione, in quanto procedimento di autotutela a difesa della proprietà demaniale, in alternativa all’azione tipica, di cui all’art. 950 Cod.civ. (Azione di regolamento dei confini). Nel merito, veniva rilevata l’inosservanza della procedura di legge, non risultando intervenuto alcun accordo tra amministrazione e privato proprietario per l’individuazione della linea di confine di cui trattasi. In presenza di contestazioni di detto proprietario, in ordine ai dati catastali e alle intervenute modifiche naturali del sito, avrebbero infatti dovuto essere interessate le autorità di vertice delle amministrazioni competenti, ai sensi del citato art. 32, quarto e quinto comma, del Codice della navigazione.

In appello (n. 1610/07, notificato il 7 febbraio 2007) i Ministeri dell’economia e dei trasporti, la Direzione Marittima di Bari e la Capitaneria di Porto di Gallipoli sollevavano censure di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e di inammissibilità dell’originario ricorso per difetto di interesse, con ulteriore sottolineatura della correttezza del procedimento posto in essere.

Spetterebbe infatti al giudice ordinario, in primo luogo, la verifica dell’esistenza e dell’estensione del diritto soggettivo di proprietà e il procedimento in contestazione comunque – avendo solo carattere ricognitivo e non costitutivo – non sarebbe stato idoneo a produrre alcuna lesione della situazione soggettiva protetta. La società appellata, costituitasi in giudizio, ribadiva viceversa la cognizione del giudice amministrativo, per questioni inerenti in via esclusiva aspetti procedimentali.

Il Collegio non condivide quest’ultima prospettazione difensiva.

L’art. 32 (Delimitazione di zone del demanio marittimo) del Codice della navigazione prevede infatti un procedimento, disciplinato in dettaglio dall’art. 58 del Regolamento per l’esecuzione del Codice (navigazione marittima), indirizzato a risolvere in via amministrativa questioni di delimitazione dei confini fra proprietà privata e demanio marittimo. Il medesimo art. 32 Cod. nav., al secondo comma, dispone che eventuali contestazioni, insorte nel corso della delimitazione, siano risolte “in via amministrativa dal direttore marittimo, di concerto con l’intendente di Finanza, con provvedimento definitivo”. Nei commi successivi sono disciplinate poi la possibilità di accordi, intervenuti fra le parti interessate, nonché ulteriori modalità di risoluzione in via amministrativa di divergenze, emerse nella fase di accertamento, anche con intervento del Ministro della Marina Mercantile.

La regolamentazione, sopra sommariamente sintetizzata, costituisce in entrambi i casi attività accertativa, che può condurre a composizioni di interessi, in via unilaterale o consensuale. Nel primo caso – previsto al secondo comma dell’art. 32 – il provvedimento risulta effetto di conclusioni raggiunte dalla sola Amministrazione; nel secondo caso – disciplinato al terzo comma – si perviene ad una definizione dei confini reciprocamente accettata, chiarificatrice e satisfattiva per entrambe le parti.

Ove si guardi agli effetti sostanziali delle due ipotesi – che convergono con quelli propri del regolamento dei confini – nonché al carattere paritario del rapporto tra le due parti interessate, (entrambe portatrici di situazioni soggettive piene, messe a confronto per ragioni di reciproca delimitazione) si deve concludere che la giurisdizione appartiene comunque all’autorità giudiziaria ordinaria (cfr. Cons. Stato, VI, 22 maggio 1985, n. 206; VI, 4 dicembre 2001, n. 6054; VI, 19 maggio 2008, n. 2260; Cass., SS.UU., 11 marzo 1992, n. 2956; ord. 18 aprile 2003, n. 6347; ord. 14 giugno 2006, n. 13691; 15 marzo 2012, n. 4127; II, 11 maggio 2009, n. 10817).

In caso contrario – in contrasto con i principi generali sul regolamento dei confini (art. 950 Cod. civ.), quale azione ricognitiva dell’esatta e preesistente delimitazione della proprietà, senza alcuna incidenza sulla stessa, in via attributiva o ablativa – l’amministrazione sarebbe investita di un potere autoritativo al riguardo, con implicazioni che potrebbero, surrettiziamente, produrre effetti espropriativi, ammessi soltanto con le garanzie procedurali e nei casi previsti dalla legge.

L’atto amministrativo, di cui al citato art. 32 Cod. nav., non può viceversa avere carattere costitutivo o modificativo di diritti, così come non può implicare esercizio di discrezionalità amministrativa, dovendo limitarsi ad accertare l’estensione del demanio marittimo e – di riflesso – i limiti della confinante area di proprietà privata. L’eventuale lesione del diritto soggettivo relativo a quest’ultima, pertanto, non può che rientrare nella cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Quanto sopra non incide sul pur sussistente potere – di cui ai commi quarto e quinto dello stesso art. 32 – di annullamento dell’atto ricognitivo da parte del Ministro della marina mercantile (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente ai sensi dell’art. 42, lett. c), d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300), di concerto con il Ministro delle finanze (oggi Ministero dell’economia e delle finanze), essendo tale potere espressione tipica della potestà amministrativa di autotutela..

Le conclusioni raggiunte in tema di giurisdizione – in quanto riferite all’interesse sostanziale alla conservazione di un bene della vita – hanno carattere assorbente rispetto ai vizi meramente formali, in cui sia in ipotesi incorsa l’amministrazione nel procedere alla formazione del proprio atto. Va dunque disatteso ad avviso del Collegio – benché autorevolmente espresso anche in dottrina – l’indirizzo secondo cui cui sussisterebbe la cognizione del giudice amministrativo, quando il privato intendesse far valere vizi esclusivamente procedurali, come l’omessa partecipazione al procedimento, da effettuare in contraddittorio (cfr. Cass., SS.UU., 9 giugno 1997, n. 5140;. Cons. Stato, VI, 20 maggio 2004, n. 3266; 14 ottobre 2004, n. 6655; 21 settembre 2006, n. 5567).

L’appello va pertanto accolto, con riferimento alla prioritaria censura di difetto di giurisdizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza appellata e con salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda, in caso di riproposizione della stessa innanzi al giudice ordinario, entro il termine di cui all’art. 11 Cod. proc. amm..

Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, in considerazione della complessità delle regole, concernenti il riparto di giurisdizione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla questione sottoposta a giudizio, con gli effetti precisati in motivazione.

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2013

Redazione