Decreto di perenzione emesso per negligenza del domiciliatario (Cons. Stato n. 3477/2013)

Redazione 25/06/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 729 del 2006, proposto da: Comune di Gaiole in Chianti, rappresentato e difeso dall’*******************, con domicilio eletto presso G Studio Grez E Associati S.R.L. in Roma, ********************, 46 Iv/B;
contro
S. Novilio; S. ************************ di **********, ***************, *********, *********, rappresentati e difesi dagli avv. *************, ******************, con domicilio eletto presso ****************** in Roma, via Asiago, 8;
opposizione al decreto di perenzione, pronunciato da questa sezione in data 20 agosto 2012 e depositato in segreteria in data 26 agosto 2012, proposto dal comune di gaiole in chianti;
Visto il decreto presidenziale n. 2170/2012, depositato in data 24/08/2013, che ha dichiarato perento il ricorso r.g. n. 729 del 2006 ai sensi dell’art. 82, comma 1, c.p.a.;
Vista l’istanza di revoca del decreto di perenzione e di fissazione dell’udienza di trattazione della causa, depositata in data 14 febbraio 2013;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 il Cons. ************ e uditi per le FATTO
Con appello depositato in data 26 gennaio 2006 il Comune di Gaiole in Chianti (Siena), odierno istante, chiedeva la riforma della sentenza del T.A.R. Toscana n. 4522/05, che aveva accolto il ricorso proposto dal sig. S., condannando il Comune al pagamento delle spese di lite.
In data 14 ottobre 2011 è stato emesso l’avviso di cui all’art. 82, comma 1, c.p.a. e in data 24 agosto 2012 è stato depositato in segreteria il decreto presidenziale n. 2170/2012, con cui è stata dichiarata la perenzione del ricorso, per mancata presentazione di una nuova istanza di fissazione dell’udienza entro il termine di 180 giorni di cui al citato art. 82 c.p.a.;
Il 14 febbraio 2013 il Comune di Gaiole in Chianti ha depositato istanza di revoca del decreto di perenzione, sostenendo di non aver ricevuto l’avviso di cui al citato art. 82 c.p.a. “per mancata comunicazione dello stesso da parte del domiciliatario in Roma, dott. ***************, che in quel momento stava subendo il trasloco del suo studio professionale dalla sede di Lungotevere Flaminio a quella attuale di Corso Vittorio Emanuele II n. 18”.

DIRITTO

L’istanza di revoca (rectius, di opposizione ex art. 85, comma 3, c.p.a.) al decreto di perenzione si appalesa infondata e non meritevole di accoglimento.
L’istante, infatti, non ha dedotto alcuna irregolarità della comunicazione dell’avviso della segreteria, ma attribuisce espressamente la causa del mancato ricevimento dell’avviso all’omessa comunicazione da parte del domiciliatario, causata, probabilmente, dalla confusione creatasi a seguito del trasloco dello studio.
Tale assunto, però, è privo di pregio.
Come, infatti, correttamente ritenuto dalla giurisprudenza (cfr. C.G.A.R.S, 31 gennaio 2012, n. 102), “l’elezione di domicilio serve ad individuare un luogo certo dove si possa ritenere che le comunicazioni effettuate dalla segreteria del giudice adito e delle altre parti abbiano raggiunto lo scopo; il domicilio si deve intendere eletto, pertanto, fino a nuova elezione, di talché il mutamento d’indirizzo del domicilio stesso può rilevare solo a seguito della comunicazione alle altri parti e all’ufficio, irrilevante appalesandosi la comunicazione resa, per altri fini, a soggetti diversi”.
Pertanto, nel caso di mutamento dell’indirizzo indicato in ricorso del domiciliatario, vi è l’onere di comunicarlo tempestivamente, non potendo la mera circostanza di fatto del “disordine” causato dal trasloco dello studio presso altro indirizzo, costituire errore scusabile o valida circostanza esimente ai fini della eventuale rimessione in termini.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’istanza deve essere rigettata, con condanna del Comune istante al pagamento delle spese, essendo esclusa la possibilità di compensazione, anche parziale, come espressamente previsto dall’art. 85, comma 5, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’istanza, come in epigrafe proposta, la rigetta.
Condanna l’istante al pagamento delle spese, da liquidarsi in euro 500,00 (cinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013

Redazione