Decesso dell’impiegato pubblico e sorti del procedimento disciplinare

Redazione 12/07/11
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N. 04088/2011 REG.PROV.COLL.

N. 04306/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4306 del 2003, proposto da***

contro***

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA: SEZIONE II n. 00707/2002, resa tra le parti, concernente PAGAMENTO DIFFERENZE STIPENDIALI COMPRENSIVE DI INTERESSI E RIV.MONETARIA

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons. *************** e uditi per le parti gli avvocati ********** e *************, su delega dell’ avv. ***********;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 707/2002 il Tar per la Liguria ha respinto il ricorso proposto da **************, vedova ed erede di ************, per l’accertamento del diritto alla restituito in integrum del profilo retributivo di ************ e per la condanna del comune di Savona al pagamento delle differenze stipendiali spettanti nel periodo di sospensione dal servizio, compreso tra il 22.4.1987 e il 18.3.1992.

************** vedova ******, in proprio e quale coerede con la figlia ************** di ************ e quale curatore di ***************** erede di **************. ha proposto ricorso in appello avverso la suddetta sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Il comune di Savona si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del giudizio è costituito dalla pretesa degli eredi di ************, dipendente del comune di Savona sospeso dal servizio per fatti di rilevanza penale, di ottenere la restituito in integrum sotto il profilo patrimoniale per l’intero periodo di sospensione, non seguito dall’attivazione di un procedimento disciplinare.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, rilevando che l’impossibilità di dare corso al procedimento disciplinare nei confronti del dipendente, poi deceduto, è dipesa esclusivamente dalla mancata comunicazione, imputabile allo stesso dipendente, della sentenza definitiva di condanna emessa dal giudice penale.

L’appellante contesta tale statuizione e richiama i principi affermati dalla Adunanza plenaria n. 2/02, secondo cui la sospensione cautelare dal servizio non ha natura autonoma, ma deve necessariamente essere seguita da un procedimento disciplinare, senza il quale il periodo di sospensione non si stabilizza.

Il decesso del dipendente non sarebbe di ostacolo all’apertura del procedimento disciplinare, la cui omissione sarebbe imputabile all’amministrazione comunale, essendo la sentenza del giudice penale stata comunicata dagli eredi.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento nel senso di cui di seguito.

Non è qui in discussione il principio affermato dalla Plenaria n. 2/2002, secondo cui il periodo di sospensione cautelare dal servizio adottata nei confronti dell’impiegato, seguito da una sentenza penale di condanna e durante il quale non sia stato instaurato un procedimento disciplinare, deve essere riconosciuto sia agli effetti giuridici sia a quelli economici.

Deve condividersi anche il principio, secondo cui gli effetti prodottisi in virtù del provvedimento di sospensione cautelare sono per loro natura provvisori e lo svolgimento del procedimento disciplinare non è impedito dalla cessazione dal servizio o dal decesso del dipendente (Cons. Stato, VI, n. 3827/2003).

La giurisprudenza ha anche affermato che in materia disciplinare, l’art. 97 comma 1, t.u. imp. civ. St., che prevede la revoca della sospensione cautelare dal servizio quando il procedimento penale si concluda con una sentenza definitiva di proscioglimento o di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’impiegato non lo ha commesso, non è applicabile nell’ipotesi in cui il giudizio penale si estingua per la morte dell’imputato (Cons. Stato, V, n. 7818/2003).

Nel caso di specie, il problema è verificare come influisca sugli anzidetti principi la morte del dipendente, intervenuta due mesi dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna penale.

E’ pacifico che la sentenza di condanna non sia stata comunicata dal dipendente all’amministrazione comunale e, di conseguenza, prima della morte del dipendente, nessun addebito può essere mosso al comune per la mancata attivazione del procedimento.

Deve ritenersi che in caso di morte del dipendente, in precedenza sospeso dal servizio, l’attivazione del procedimento disciplinare sia possibile, anche se dipenda dall’emersione di un interesse alla verifica della rilevanza disciplinare dei fatti.

In sostanza, l’amministrazione non è tenuta ad attivare il procedimento disciplinare, ma lo deve fare se gli eredi del dipendente deceduto manifestano il loro interesse al definitivo accertamento disciplinare dei fatti.

In assenza di un tale interesse, l’apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare avverrebbero senza contraddittorio e senza alcun concreto scopo.

Gli eredi del signor ****** si sono limitati a comunicare la sentenza penale in data 2.12.1993, a quasi due anni di distanza dal passaggio in giudicato della condanna e hanno poi chiesto la restituito in integrum con la successiva nota del 20.12.1996, senza, quindi, mai chiedere l’attivazione del procedimento disciplinare e la valutazione della rilevanza disciplinare dei fatti, che non può certo essere effettuata in questa sede dal giudice.

In sostanza, l’attivazione del procedimento disciplinare non è dipesa da una mancanza addebitabile all’amministrazione comunale, ma dalla non tempestiva comunicazione della sentenza da parte del dipendente prima e degli eredi poi e, soprattutto, dalla omessa richiesta di valutazione della rilevanza disciplinare dei fatti da parte degli eredi, in assenza della quale non vi era alcun onere di attivare il procedimento disciplinare (interesse all’apertura del procedimento che di per sé non si desume dalla semplice tardiva comunicazione della sentenza di condanna penale).

Per tali ragioni la richiesta di restituito in integrum non può essere accolta.

3. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

Tenuto conto della parziale novità della questione, ricorrono i presupposti per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Vito Poli, Consigliere

***************, ***********, Estensore

****************, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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