Danni derivanti dai beni in custodia della p.a. – Risarcimento (Cass. n. 9722/2012)

Redazione 14/06/12
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo

1. – Le Assicurazioni di Roma Mutua Assicuratrice Comunale Romana propose appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma che aveva accolto la domanda avanzata nei confronti suoi e dell’AMA S.p.A, da ****, per ottenere il risarcimento dei danni sofferti per l’incidente occorsogli in via della Magliana a Roma, quando, mentre era alla guida del suo ciclomotore, era andato ad urtare contro un cassonetto, che si era trovato davanti all’uscita di una curva, in quanto posizionato sulla sede stradale.

1.2. – Il Giudice di Pace aveva condannato i convenuti, in solido, al pagamento in favore dell’attore della somma di € 2.513,96, oltre interessi e spese di giudizio.

2. – Il Tribunale di Roma, sentenza pubblicata il 20 marzo 2006, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore dell’appellato C.

3. – Avverso la sentenza, Le Assicurazioni di Roma – Mutua Assicuratrice Romana propone ricorso, affidato a due motivi.

Non si difende l’intimato C.; né ha svolto attività l’intimata AMA S.p.A.

 

Motivi della decisione

1. – Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, per avere Tribunale erroneamente applicato la norma, in quanto non avrebbe considerato che la difficoltà dell’AMA S.p.A. di controllare i cassonetti presenti in tutta la città rileverebbe non ai fini della configurabilità del caso fortuito, quale elemento che consentirebbe l’esonero dalla responsabilità del custode come ritenuto dal Tribunale), bensì come situazione preclusiva della stessa configurabilità di un obbligo di custodia giuridicamente rilevante, quindi, in sostanza, come elemento ostativo all’applicabilità del rigoroso regime ivi previsto.

1.1. – Inoltre, secondo la ricorrente, il Tribunale sarebbe pervenuto alla conclusione della responsabilità dell’appellante, già convenuta, omettendo ogni motivazione sul fatto che sarebbe inesigibile per l’azienda concessionaria del servizio di raccolta dei rifiuti, in una città come Roma, eseguire un puntuale, pedissequo e continuo controllo dei cassonetti, visto che essi sono numerosissimi, dislocati su un ampio territorio e soggetti all’uso generalizzato e diretto da parte dei cittadini; aggiunge che tali circostanze, rientrando nelle nozioni di comune esperienza, non necessitano di prova.

2. – Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

Quanto al primo, il Tribunale ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. è invocabile anche nei confronti della P.A., per i danni arrecati dai beni dei quali essa ha la materiale disponibilità, anche quando si tratti di beni destinati all’utilizzazione diretta da parte della generalità degli utenti (cfr. Cass. n. 8157/09, n. 24419/09, tra le altre).

La responsabilità può essere esclusa quando l’ente custode dimostri di non aver potuto esercitare un continuo ed efficace controllo sul bene, idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo, per gli utenti (cfr., tra le tante, Cass. n. 15042/08, n. 20427/08), come nel caso in cui dimostri che l’alterazione dello stato dei luoghi – idonea ad integrare il fortuito – era imprevista ed imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile agli utenti (cfr. Cass. n. 24529/09, n. 12695/10, n. 21508/11).

2.1. – Dal momento che tale ultimo accertamento è demandato al giudice di merito ed è censurabile in cassazione soltanto se non adeguatamente motivato (cfr. Cass. n. 15383/06), rileva il secondo profilo del motivo, con cui è denunciato vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.

Orbene, il Tribunale ha motivato in punto di responsabilità della società concessionaria del servizio di smaltimento dei rifiuti per il pericoloso posizionamento del cassonetto sulla sede stradale, evidenziando come nessuna prova riferibile al caso concreto fosse stata fornita dalla convenuta circa l’impossibilità di intervenire tempestivamente per la rimozione dell’ostacolo e sottolineando l’insufficienza del mero riferimento al numero ed alla dislocazione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti per escludere, in via astratta e generalizzata, la responsabilità del custode.

La motivazione, oltre ad essere congrua e logica, risulta giuridicamente corretta poiché coerente con i principi di diritto di cui sopra, che impongono che il custode, per liberarsi dalla responsabilità ex art. 2051 cod. civ., fornisca, quanto meno, l’indicazione di indici sintomatici dell’impossibilità di esercitare gli obblighi, di sorveglianza e controllo su di lui gravanti, con riferimento al caso di specie, e non in via generalizzata.

3. – Col secondo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’ art. 2867 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per avere il Tribunale ritenuto provato il danno al ciclomotore sulla base di una fattura, la cui idoneità sarebbe stata contestata dall’appellante per le seguenti ragioni: perché tardivamente prodotta; perché del tutto inattendibile, in quanto recante, un importo maggiore del preventivo prodotto in un primo tempo; perché non idonea (in quanto nemmeno asseverata con deposizione testimoniale) a fornire la prova dei danni.

3.1. – Il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili.

Va ribadito il principio per il quale è riservata al giudice di merito la scelta, fra le varie risultanze probatorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, poiché involge apprezzamenti di fatto, rispetto ai quali il giudice, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione delle altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (cfr., tra le altre, Cass. n. 17097/10) .

Orbene, il Tribunale non si è limitato ad affermare che la fattura sarebbe stata solo “genericamente” contestata (come sostiene la ricorrente), ma ne ha vagliato l’attendibilità anche con riferimento alle risultanze del rapporto redatto dalla Polizia Municipale ed ha motivato in merito alla superfluità della testimoniale.

Va quindi disattesa la censura concernente la valutazione delle emergenze probatorie. QuQuQanto all’asserita tardività cella produzione documentale, è sufficiente rilevare che non risulta denunciata dalla ricorrente la violazione delle norme, processuali concernenti le preclusioni istruttorie, sicché l’essere stata la fattura prodotta soltanto in un secondo tempo finisce per rilevare soltanto ai fini del giudizio di attendibilità, del si è già detto.

In conclusione il ricorso va rigettato.

4. – Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non essendosi difeso l’intimato C.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Redazione