Custodia dei documenti di gara: metodi di custodia adoperati dalla stazione appaltante (Cons. Stato n. 145/2013)

Redazione 11/01/13
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FATTO e DIRITTO

1. – Con deliberazione n. 673 del 29 ottobre 2009, il Direttore generale dell’Azienda Unità sanitaria locale – AUSL n. 2 di Perugia indisse una procedura ristretta, per la durata di sei anni e da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la gestione di alcune strutture residenziali e semiresidenziali e dei servizi assistenziali afferenti ai distretti sanitari della stessa Azienda, per un importo a base d’asta pari a € 3.700.000,00 più IVA.

A tal procedura ha inteso partecipare, tra le altre imprese, pure la AURIGA soc. consortile Coop. sociale, corrente in Perugia, proponendo rituale offerta. In esito alla relativa gara, detta ******à è risultata seconda graduata, mentre l’aggiudicataria definitiva è stata la SERIANA 2000 Coop. sociale, corrente in Cesenatico (FC). Pertanto, detta ******à ha impugnato l’aggiudicazione e tutti gli atti dalla gara stessa innanzi al TAR Umbria, con il ricorso n. 482/2011 RG, con cui essa ha chiesto pure il subentro nel contratto nel frattempo stipulato.

2. – L’adito TAR, con la sentenza n. 274 dell’11 luglio 2012, ha disatteso il gravame incidentale dell’aggiudicataria e ha invece accolto il ricorso di detta ******à sotto l’assorbente (ed unico) motivo della mancata predisposizione, da parte del seggio di gara, di idonee misure atte alla conservazione dei plichi contenenti l’offerta tecnica.

Appella allora in via principale l’AUSL n. 2 di Perugia, deducendo l’erroneità della sentenza n. 274/2012 in ordine all’obbligo in astratto d’assicurare sempre la verbalizzazione della custodia e della conservazione dei plichi delle offerte, a prescindere, quindi, della loro effettiva manomissione. Resiste in giudizio la AURIGA soc. consortile Coop. sociale, contestando il contenuto del ricorso dell’AUSL n. 2 e proponendo dal canto suo impugnazione incidentale, per ottenere l’accoglimento dei motivi respinti in primo grado. Pure la controinteressata SERIANA 2000 Coop. sociale propone in via autonoma, con il ricorso n. 6880/2012 RG, un gravame incidentale, al fine di far riemergere in questa sede i motivi d’impugnazione incidentale di primo grado, tendenti alla declaratoria di inammissibilità del ricorso innanzi al TAR.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012, su conforme richiesta delle parti, i due ricorsi in epigrafe sono congiuntamente assunti in decisione dal Collegio.

3. – In primo luogo, i due ricorsi in epigrafe, poiché sono rivolti avverso la medesima sentenza n. 274/2012, devono esser riuniti e contestualmente decisi con la presente sentenza, ai sensi dell’art. 96, c. 1, c.p.a.

Sempre in via preliminare e per evidenti ragioni di pregiudizialità, d’altronde già evidenziate nel giudizio di primo grado, va esaminato il ricorso n. 6880/2012 RG, con cui si contesta la sentenza appellata per non aver accolto l’impugnazione incidentale spiegata avverso l’ammissione a gara della soc. consortile AURIGA.

Ebbene, le censure rivolte contro la sentenza n. 274/2012 RG non colgono nel segno.

La soc. consortile AURIGA s’appalesa un consorzio stabile ex art. 36 del Dlg 163/2006 e, come tale, si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate (c. 7), per cui assume una veste peculiare nel panorama dei soggetti cui, ai sensi del precedente art. 34, può esser affidato un appalto pubblico. Infatti, esso è un soggetto che si connota per la creazione a priori d’una struttura unificata tra dette imprese che così s’aggregano e, ferma sempre l’autonomia soggettiva di queste ultime, esso postula un legame associativo tra loro ben più stretto che in ogni altra forma di collegamento prevista dalla legge. Appunto perché il consorzio stabile è una forma intermedia tra le associazioni temporanee di imprese e la concentrazione delle stesse, esso ha la capacità d’assumere in proprio le obbligazioni dedotte in appalto e non è assimilabile alla comune categoria delle ATI. Solo nell’ambito di queste è possibile distinguere le funzioni, come prescrive l’art. 37 del Dlg 163/2006, di capogruppo mandataria e di mandanti e, dunque, i requisiti di minima qualificazione necessaria, sicché ad esse o ad altre forme aggregative di imprese e non anche ai consorzi stabili, ad una sua serena lettura ed a rigor d’interpretazione, intende riferirsi la lex specialis con l’uso, certo non casuale, dei vocaboli «impresa mandataria» e «mandanti».

Scolorano dunque le considerazioni dell’appellante sulla pretesa falsità della dichiarazione resa dal predetto Consorzio AURIGA, l’innocuità della quale scaturisce non già dalle risultanze del dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la teoria del c.d. “falso innocuo” (nella specie non applicabile e, anzi, neppure invocabile), ma dall’evidente circostanza che, ai sensi dell’art. 36, c. 7, l’intero Consorzio in sé e nel suo complesso è qualificato all’appalto per cui è causa e così va letta la condivisibile affermazione del TAR sul punto.

Così come scolora la censura mossa alla sentenza, laddove non ha condiviso le doglianze circa l’omessa dichiarazione della soc. consortile AURIGA sulla congruità dei costi per la sicurezza. Per vero, e questo è un dato di fatto, detto ********* si limitò a redigere in modo pedissequo il modulo predisposto dalla stazione appaltante. Poiché con quel modulo predisposto detto ********* ha dichiarato, secondo quanto richiesto dall’ASL stessa, tutto quanto era colà contenuto, con ciò ha adempiuto alle prescrizioni della lex specialis, secondo gli ordinari canoni della buona fede in caso di contratti per adesione o in base a moduli e formulari ancorché occasionalmente predisposti. In tali ipotesi, non v’è obbligo di aggiunta di clausole o di dichiarazioni ulteriori rispetto a quelle che il predisponente reputa sufficienti, con la precisazione che, stante appunto l’invocata formalità del criterio per l’interpretazione della legge di gara, l’offerente è tenuto ad adeguarvisi e, quindi, ad accettare o a respingere in blocco il modulo, che va interpretato a favore di questi e non ridonda giammai in suo danno. L’eventuale differenza di contenuti tra il modulo e le altre indicazioni inderogabili della legge di gara non elide queste ultime che, però, sono attuate in sede di valutazione sulla congruità dell’offerta o, se del caso, di verifica dell’eventuale anomalia di questa.

4.1. – Ai fini dell’ammissibilità, poi, delle censure che l’ASL appellante principale e la SERIANA 2000 Coop. sociale muovono all’unico motivo dell’impugnazione di primo grado accolto dalla sentenza n. 274/2012, è necessaria la previa valutazione dei motivi d’appello incidentale della Soc. consortile AURIGA respinti in quella sede e qui riproposti, poiché l’eventuale loro accoglimento renderebbe improcedibili i gravami di controparte. Tali motivi, tuttavia, sono infondati e vanno rigettati, per le considerazioni qui di seguito indicate.

4.2. – È materialmente vero che, nella specie, i plichi contenenti le offerte tecniche delle imprese ammesse alla gara in questione furono acquisiti e le offerte valutate nelle sedute riservate del 1° aprile, del 12 maggio e, rispettivamente per quanto attiene a quella dell’appellante incidentale, del 9 giugno 2011, ossia ben prima della pubblicazione della sentenza di questo Consiglio, in Adunanza plenaria, n. 13 del 28 luglio 2011 e dell’entrata in vigore dell’art. 12 del DL 7 maggio 2012 n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 luglio 2012 n. 94.

A tal riguardo, dopo la pronunzia dell’Adunanza plenaria sulla necessità dell’apertura di tali plichi in seduta pubblica —argomento, questo, più che dibattuto prima di tal decisione—, è appunto intervenuto l’art. 12 del DL 52/2012, recependone la tesi di fondo mediante una novella gli artt. 120 e 283 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207 che, prima di allora, non contenevano una previsione espressa in tal senso. Tal modifica ha stabilito, tra l’altro, che la regola dell’ apertura de qua in seduta pubblica vale «…anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012…», con ciò chiudendo la disputa interpretativa circa il modus operandi cui d’ora in poi si sarebbero dovuti attenere i seggi di gara. Così facendo, però, sono sorti, per una non infrequente eterogenesi dei fini sottesa ad innovazioni legislative di non felice formulazione, nuovi dubbi sugli effetti della novella stessa nei confronti delle gare già bandite e ancora in corso. In particolare, a fronte della tesi che vede nell’art. 12 nulla più che la trasformazione del diritto vivente detto dall’Adunanza plenaria in diritto positivo, v’è quella, fatta propria dalla sentenza qui appellata, che invece scorge nell’art. 12 una sorta di sanatoria dei procedimenti di gara nei quali l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche si sia svolta in seduta riservata. Si tratta di un avviso che, partendo dalla considerazione l’indirizzo accolto dalla citata Adunanza plenaria fosse in precedenza incerto, se non minoritario, non nasconde il timore che un simile mutamento di giurisprudenza implicasse in concreto la caducazione per meri (e non noti a priori) vizi procedimentali di un numero rilevante di gare, da rinnovare con significativi costi amministrativi ed economici.

I predetti dubbi appunto sorgono ogni qual volta intervenga un repentino mutamento di indirizzo da parte delle Corti superiori nei confronti d’un istituto fino a quel momento definito in modo pacifico in un altro modo, costringendo la giurisprudenza ad interrogarsi se i relativi effetti si producessero nei confronti pure dei giudizi instaurati prima della pubblicazione della sentenza innovativa. Nel caso di Cass. sez. un., n. 19246/2010, prevalse la soluzione negativa, in taluni casi applicando il rimedio della rimessione in termini, in altri casi dando efficacia vincolante alla giurisprudenza precedente ed assimilando il nuovo arresto ad una sorta di jus superveniens (operante, come tale, solo pro futuro), in altri ancora ravvisando nella giurisprudenza della Corte europea, che impone la conoscibilità della regola di diritto e la ragionevole prevedibilità della sua applicazione, un ostacolo insormontabile alla retroattività del dictum innovativo. Sul punto, Cass., sez. un., n. 15144/2011 ha affermato che la scelta, se attribuire o meno effetto retroattivo al nuovo orientamento, «… ruota intorno al nodo del valore del precedente e dell’efficacia temporale della c.d. overruling: che, a sua volta, incrocia le problematiche, di più ampio respiro, della funzione, meramente dichiarativa o (concorrentemente) creativa, riconosciuta alla giurisprudenza, del suo (eventualmente possibile) inquadramento tra le fonti di implementazione e conformazione dell’ordinamento giuridico e del discrimine tra modificazione del contenuto della norma per via interpretativa e novum ius; per coinvolgere, ancor più a monte, la definizione del ruolo del giudice nel sistema costituzionale di divisione dei poteri…».

Ebbene, fermi detti principi ed assodato che nella specie si tratta del mutamento d’interpretazione di regole non processuali, ma del procedimento amministrativo —tali, di per sé, da non creare preclusioni o decadenze—, probabilmente l’Adunanza plenaria n. 13/2011 determina non una svolta inattesa e repentina rispetto ad un precedente diritto vivente consolidato ma, piuttosto, il punto di arrivo di un processo di rilettura da tempo in itinere. Ciò non toglie che il legislatore abbia avvertito l’esigenza d’intervenire in questo caso ma non certo per riaffermare un precedente e prevalente indirizzo sulle modalità di apertura delle buste dell’offerta tecnica, bensì per disciplinare gli effetti del mutamento sulle gare ancora in corso. Tanto per una duplice ragione: A) – per il contenimento degli oneri amministrativi ed economici di caducazioni altrimenti inevitabili di centinaia di gare; B) – per la tutela dell’affidamento di quanti abbiano partecipato alla selezione confidando nella applicazione di regole procedimentali che, nella maggior parte dei casi, prima della sentenza n. 13/2011, prevedevano l’apertura dei plichi de quibus in seduta riservata. Da ciò discende che l’art. 12 del DL 52/2012 non ha una portata solo ricognitiva, ma salvaguarda gli effetti delle procedure già concluse alla data del 9 maggio 2012 o, se ancora pendenti a quella data, nelle quali si sia comunque già proceduto all’apertura dei plichi in seduta non pubblica.

Si tratta dunque di una soluzione normativa, come si vede transitoria o, comunque, ad esaurimento, della cui legittimità costituzionale e comunitaria il Collegio non dubita, almeno per due motivi.

Per un verso, il principio di pubblicità, cui s’ispira il nuovo indirizzo interpretativo, non si è tradotto nel diritto comunitario positivo in disposizioni specifiche sulla questione, onde la soluzione non si poteva per forza considerare “obbligata” in virtù di tal diritto. Per altro verso, detto principio ha sì carattere generale e cogente, ma va pure bilanciato con principi di rango almeno equivalente, tra i quali il diritto europeo annovera quello dell’affidamento incolpevole, riferibile sia alla stazione appaltante, sia, ancora di più, all’impresa aggiudicataria della gara che abbia confidato sulla vigenza di determinate regole procedimentali. Né va sottaciuto come, pure in materia di contratti pubblici, il principio di affidamento e di buona fede è invocato proprio per salvaguardare la posizione del “terzo” contraente ignaro o non responsabile dei vizi commessi dalla stazione appaltante nel modo di condurre la gara, limitando gli effetti (invalidanti e/o caducanti) che l’annullamento dell’aggiudicazione è destinato a produrre sul contratto.

4.3. – Non a diversa conclusione reputa il Collegio di pervenire con riguardo alla doglianza circa la pretesa illegittima integrazione del seggio di gara nel corso di questa e, quindi, per violazione del principio d’unicità del seggio stesso.

Nella specie, la Commissione ha subìto la sostituzione della dott.ssa ***************** dapprima con la dott.ssa ****************** e, quindi, con la dott.ssa ************, per indisponibilità delle prime due funzionarie in corso di procedura. Ebbene, tal vicenda di per sé non avrebbe potuto non determinare, per i principi di continuità dello svolgimento della gara e d’efficiente tempestività dell’azione amministrativa, la sostituzione di tali due funzionarie resesi indisponibili per ragioni non manifestamente emulative e non contestate sul punto. Né basta: rettamente il TAR evidenzia come i soggetti subentranti nell’organo collegiale siano stati resi perfettamente edotti dell’attività della Commissione, senza necessità di ripeterne le operazioni già compiute, per evidenti ragioni di economia dei mezzi giuridici.

L’appellante incidentale lamenta che, in fondo, le funzionarie sostitute non fossero dotate di analoghe qualità e competenze tecniche, alla luce delle diverse qualifiche da loro possedute, ma ciò s’appalesa una mera petizione di principio. Non dura fatica il Collegio a vedere le differenze di qualifica e specializzazione di cui le dott.sse *******, ********** e **** sono dotate, ma non si vede in che cosa, nella prospettazione dell’appellante, tali diversità ridondino in una caduta di qualità del seggio di gara. Al riguardo e fermo restando che nell’organo collegiale rileva non il nominativo del componente, ma la qualità e/o la funzione di cui il sostituto è investito, le predette tre funzionarie, pur se applicate in uffici diversi, sembrano possedere idonea e consimile qualità in relazione all’oggetto dell’appalto. Poiché quest’ultimo concerne l’affidamento della gestione di alcune strutture residenziali e semiresidenziali e dei servizi assistenziali afferenti alle strutture della stazione appaltante, non è chi non veda come, a tali fini, la titolarità dell’ufficio Servizio sociale di un distretto sanitario, il coordinamento dell’Unità di valutazione adulti disabili o la titolarità di P.O. Infermieristico DSM siano l’uno rispetto agli altri di qualità diversa o inferiore e quale tra i tre vada inteso superiore.

Del pari infondata è la censura per cui, stante il sufficiente ed incontestato livello di dettaglio degli elementi da assumere per la valutazione delle offerte tecniche, non pare che la disamina di queste ultime secondo l’ordine di sorteggio, come stabilito nella seduta del seggio di gara dell’11 marzo 2011, implichi alcunché d’anomalo circa la genuinità e la serietà del relativo giudizio, atteso che, nella specie, non era imposto dalla legge di gara il confronto delle offerte stesse a coppie.

Da rigettare è infine la censura d’impugnazione incidentale per cui non è stato reso il giudizio di ciascun componente del seggio di gara, ma solo quello complessivo, in quanto, in mancanza di una specifica regola di senso diverso nella lex specialis, la Commissione valuta come collegio perfetto ed in via unitaria, esprimendosi con un giudizio parimenti unitario e complessivo di tutti i suoi membri nei confronti di tutte e di ciascuna offerta.

5. – Ciò premesso, l’appello principale di cui al ricorso n. 6826/2012 RG in epigrafe, rivolto contro quel capo della sentenza n. 274/2012 che afferma l’obbligo della stazione appaltante di dar contezza nei verbali delle concrete misure di volta in volta adottate per garantire l’integrità del materiale di gara e la sua conservazione, è fondato e va accolto.

A tali fini, s’appalesa irrilevante, agli occhi del Collegio, la circostanza che, con effetto dal 1° gennaio 2013, l’ASL appellante principale dev’esser accorpata con l’ASL n. 1, in virtù della l. reg. Umbria 12 novembre 2012 n. 18. Invero, l’appellante incidentale asserisce che il jus superveniens citato, nel prevedere l’accorpamento e la conseguente estinzione anche dell’ASL n. 2 di Perugia, renderebbe inutile il mantenimento di efficacia e validità d’una procedura di gara, al di là di quel che potrebbe essere il’esito del presente giudizio. Ma tal assunto non regge alla serena lettura della l.r. 18/2012, laddove prevede che le Aziende sanitarie, create a seguito dell’accorpamento e della conseguente soppressione delle ASL preesistenti, subentrino in tutti i rapporti giuridici già in essere con queste ultime. Sicché la soppressione dell’ASL n. 2, ben lungi dal determinare effetti risolutivi della vicenda per cui è causa, non fa certo venir meno l’interesse di detta Azienda a conseguire la riforma della sentenza impugnata, sì da elidere l’effetto caducante dell’annullamento dell’aggiudicazione a favore della Seriana 2000 Coop. sociale.

Nel merito, per un verso giova precisare, con ciò condividendo la doglianza dell’ASL appellante principale, che manca ogni deduzione del Consorzio Auriga da cui evincere una qualche irregolarità nella conservazione dei plichi, né tampoco l’indizio di alterazione o di manomissione del materiale di gara. La Sezione sul punto ha già chiarito (cfr. Cons. St., III, 2 agosto 2012 n. 4422; id., 21 settembre 2012 n. 5050) che, in presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi. In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte, non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto e specifico atto a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura.

Per altro verso, non nega il Collegio che sussista un preciso obbligo, per la stazione appaltante, di predisporre adeguate cautele a tutela dell’integrità dei predetti plichi. Questo, pur in mancanza di precise norme positive al riguardo, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara ad evidenza pubblica. Infatti, di per sé l’integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti all’incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza di queste e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità consacrati dall’art. 97 Cost.

Nondimeno, nella specie, dà atto il TAR che, come verbalizzato, il RUP ha disposto di «…custodire i plichi contenenti le offerte tecniche… fino alla individuazione della commissione giudicatrice che dovrà valutarle, ed alla conseguente trasmissione degli atti di gara alla stessa…». Inoltre, egli ha dichiarato a verbale di conservare tali offerte e le buste delle offerte economiche in un armadio chiuso, presso la sede dell’UOS Politiche approvvigionamenti dell’Azienda. Né basta: dai verbali delle operazioni s’evince, di volta in volta, l’apertura di plichi intonsi, nonché la firma apposta sulla prima pagina, da parte d’almeno un componente del seggio di gara, di tutti i documenti esaminati in seduta riservata. Reputa, dunque, il Collegio che siffatte operazioni dimostrino, al di là della minore o maggior solennità nell’indicazione in verbale di quali accorgimenti adoperati per preservare detti plichi, che di possibili manomissioni non sussistano indizi di sorta, donde la sufficienza in concreto delle cautele poste in essere.

È ben consapevole tuttavia il Collegio che la mera affermazione, senza indicazione a verbale d’una qualche misura acconcia a garantire la continuità della conservazione dei plichi, di manomissioni giammai avvenute potrebbe di fatto risolversi in una probatio diabolica, a carico dell’impresa interessata, in ordine alla non genuinità della documentazione esaminata. Invero, lasciare al seggio di gara il mero assunto della perfetta regolarità delle operazioni su documenti intatti, senza ulteriori precisazioni, appare altrettanto nocivo quanto l’astratta asserzione dell’omessa verbalizzazione della custodia, con conseguente ineluttabile declaratoria d’illegittimità dell’intera gara. Nell’un caso, per vero, sarebbe in pratica se non impossibile, certo molto complesso dimostrare in modo rigoroso tal manomissione e, quindi, ottenere la corrispondente tutela; nell’altro caso, la mera allegazione di un qualunque difetto di verbalizzazione, su rigide modalità di custodia dei plichi, ridondi sempre e senza rimedio in danno alla trasparenza dell’azione amministrativa, determinando l’annullamento della gara, al di là d’ogni diversa situazione di fatto.

Pare allora al Collegio che una più cauta e seria linea interpretativa o, meglio, integrativa dell’art. 78 del Dlg 163/2006 serva ad offrire all’interessato non già una sorta d’inversione dell’onere della prova da questi alla stazione appaltante, bensì una più precisa distribuzione di tal onere tra i due soggetti del rapporto procedimentale. Tanto affinché tal integrazione non si risolva nella distorsione dei canoni di logicità e di buon andamento dell’attività amministrativa anche nei casi di evidenza pubblica, se non, addirittura, in un controllo meramente formale della verbalizzazione, più che del riscontro oggettivo dei fatti. In pratica, la stazione appaltante ha la piena disponibilità e l’integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara (arg. ex Cons. St., III, 3 marzo 2011 n. 1368), cui in corso del procedimento l’interessato non può subito accedere, giusta quanto stabilito dal’art. 13, c. 2 del Dlg 163/2006. Sicché essa ha l’onere di dimostrare, a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell’interessato circa un effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d’accesso, di dar idonea contezza dell’efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova. Nella specie, l’appellante incidentale non ha dedotto fatti e circostanze suscettibili di generare un ragionevole dubbio sull’inidoneità della conservazione dei plichi da parte dell’ASL appellante principale, mentre questa ha fornito alcuni precisi principi di prova contraria.

6. – La complessità della questione e giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando, riunisce i due ricorsi in epigrafe, respinge il ricorso n. 6880/2012 RG e l’appello incidentale di cui al ricorso n. 6826/2012 RG e accoglie l’appello principale proposto con quest’ultimo ricorso dall’Azienda Unità sanitaria locale n. 2 di Perugia e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta integralmente il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 dicembre 2012

Redazione