Custodia cautelare: necessità di una perizia sanitaria per negare gli arresti domiciliari in caso di salute “a rischio” (Cass. pen. n. 44807/2012)

Redazione 15/11/12
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Ritenuto in fatto

Gu.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 16 febbraio 2012, del tribunale di Torino, sez. Riesame, con la quale è stato rigettato l’appello avverso l’ordinanza emessa in data 15 dicembre 2011 dal G.I.P. presso il tribunale di Torino con la quale è stata rigettata l’istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, basata sulle condizioni di salute, e senza alcun previo accertamento specialistico da parte di un perito, che valutasse le condizioni di salute e la loro compatibilità con lo stato di detenzione in carcere.
Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 299, comma 4 ter c.p.p. in quanto la decisione del Tribunale si sarebbe erroneamente basata su una relazione inviata dalla direzione dell’istituto penitenziario, che si sarebbe limitata a ricopiare la cartella clinica dell’interessato, in cui vi era l’affermazione, non motivata, che le condizioni di salute del detenuto “pur non essendo incompatibili in assoluto con il proseguimento del regime detentivo, sono comunque a rischio”.

 

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
2. Il Tribunale ha spiegato il giudizio di sub valenza delle esigenze di tutela della salute del ricorrente con le esigenze di tutela della collettività, pur in presenza di una relazione sanitaria del personale carcerario, che evidenziava rischi, plurime patologie ed un progressivo peggioramento delle condizioni sanitarie, rispetto alle quali peraltro, il detenuto non sempre aveva prestato la necessaria collaborazione nell’assunzione dei farmaci prescritti, delle terapie previste e dei ricoveri programmati. Il Tribunale, di fronte alla serietà del trattamento sanitario offerto in carcere, pur in presenza di un rischio evolutivo in senso negativo, ha ritenuto di condividere il giudizio, allo stato, di non assoluta incompatibilità dello stato carcerario, senza ricorrere alla nomina di un perito.
Rileva la Corte che, in base all’art. 299, comma IV ter “se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura custodiale in carcere, è basata sulle condizioni di cui all’articolo 275, comma 4 quinquies, ovvero sono segnalate dal servizio penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza… gli accertamenti medici del caso, nominando un perito ai sensi dell’art. 220 e ss. c.p.p.”.
Orbene nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che, sulla base della relazione carceraria inviata dal carcere, non fosse necessario attivare il sistema di controllo previsto secondo la procedura citata.
3. A parere del collegio tale scelta, nel caso concreto, non è condivisibile.
È stato affermato in giurisprudenza che in tema di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, la previsione di cui all’art. 299, comma 4-ter, cod. proc. pen. – secondo il quale se la richiesta è basata sulle condizioni di salute di cui all’art. 275, comma quarto, stesso codice, ovvero se tali condizioni sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, il giudice, ove non ritenga di accoglierla, dispone gli accertamenti medici del caso, nominando un perito – non impone automaticamente al giudice la nomina del perito se non sussista un apprezzabile “fumus”, e cioè se non risulti formulata una diagnosi di incompatibilità dello stato di salute con quello detentivo o comunque non si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere.
(Sez. 1, n. 12698 del 14/02/2008 – dep. 25/03/2008, **********; Sez. 2, n. 11328 del 02/12/2010 – dep. 22/03/2011, ******). Peraltro, è stato anche precisato, in modo più articolato che, nel caso in cui il giudice non ritenga di accogliere, sulla base degli atti, la richiesta di revoca o di sostituzione della custodia cautelare in carcere basata sulla prospettazione di condizioni di salute incompatibili con lo stato di detenzione o comunque tali da non consentire adeguate cure inframurarie, è tenuto a disporre gli accertamenti medici, nominando un perito, secondo quanto disposto dall’art. 299, comma quarto ter, cod. proc. pen.. Sulla base di queste premesse è consentito al giudice di delibare sull’ammissibilità della richiesta, onde attivare la procedura decisoria, ma solo al fine di verificare che sia stata prospettata una situazione di salute della specie prevista dall’art. 275, comma quarto, cod. proc. pen., senza la possibilità di alcuna valutazione di merito, mentre gli è inibito respingere la domanda solo perché, in via preliminare, si prefiguri la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, non potendo tale apprezzamento che essere successivo all’accertamento peritale che offre il parametro di comparazione. (Sez. 5, n. 132 del 11/10/2011 – dep. 09/01/2012, Dell’****). Nel caso in esame, a parere del collegio, la mera relazione sanitaria, non consentiva con tranquillante certezza una delibazione in senso favorevole alla compatibilità dello stato di salute con il segnalato rischio di aggravamento concreto delle stesse. In sostanza la condizione patologica assolutamente instabile del ricorrente, pur provvisoriamente compatibile, ma potenzialmente proiettata verso un concreto peggioramento, non consentiva il superamento della “opportunità necessitata” dell’accertamento peritale previsto in questo caso, secondo il collegio, dalla norma invocata dalla difesa. E sotto questo profilo non appare coerente l’affermazione dell’insussistenza di seri motivi per prevedere imminenti peggioramenti, come ritenuto dal Tribunale, Quando in premessa si è dato atto di “rischi, plurime patologie e di un progressivo peggioramento delle condizioni sanitarie” e di un parere finale del medico redigente la relazione sanitaria proveniente dal carcere, in cui si è parlato non di compatibilità, ma di “non assoluta incompatibilità dello stato carcerario”, in un, ribadito, stato di rischio. Sembra dunque alla Corte che, in una situazione di “confine”, quale quella risultante dagli atti, l’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, ai sensi degli artt. 32 e 27 della Costituzione, cui fa riferimento anche il Tribunale del riesame, debba comportare l’adozione degli strumenti di maggior tutela nei confronti del soggetto detenuto, per supportare una decisione di diniego priva di contraddizioni rispetto alla richiesta avanzata.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Torino per nuovo esame.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino per nuovo esame.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 settembre 2012.

Redazione