Custode giudiziario – Compenso – Determinazione – Tariffe professionali – Applicabilità analogica – Esclusione (Cass. n. 3475/2012)

Redazione 06/03/12
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Svolgimento del processo

 

A.G. ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., contro l’ordinanza 10/11.2.2010 del Presidente f.f. del Tribunale di Genova,che ne ha rigettato il reclamo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, avverso il decreto in data 7.7.09, con il quale il giudice del Tribunale medesimo aveva liquidato al *********** la somma di Euro 25.000,00, a titolo di compenso per l’incarico di custode giudiziario dei beni immobili e mobili caduti in successione, dal medesimo espletato nell’ambito della causa civile definita con sentenza del 7.7-23.8.02, relativa all’impugnazione del testamento di A.G.B. (padre del ricorrente, deceduto l'(omissis)), svoltasi tra detto A. e tale M. N.S..

 

Il giudice del reclamo ha confermato detta liquidazione ritenendo che:a) nell’ambito della disciplina contenuta nel D.P.R. n. 115 del 2002, le spettanze dei custodi giudiziari, in quanto contemplate dal titolo 8^, fossero oggetto di una specifica disciplina distinta da quella generale,prevista e contenuta nel titolo 7^ per gli altri ausiliari del giudice;b) che pertanto si rendesse alla fattispecie applicabile non l’art. 50 del citato D.P.R., invocato dall’opponente, bensì l’art. 58, prevedente la determinazione del compenso sulla base delle tariffe contenute nelle tabelle approvate ai sensi del successivo art. 59, o, in via residuale,secondo gli usi locali; c) che,essendo stato emanato soltanto un D.M. (il n. 265 del 1.98.06) relativo ai soli veicoli a motore ed ai natanti e prevedente, nuovamente, che per le altre categorie di beni si applicassero, in via residuale, gli usi locali, prevedendo altresì l’art. 276 del citato D.P.R. l’applicabilità per le indennità di custodia, in via transitoria delle tariffe esistenti presso la Prefettura, ridotte secondo equità, o in via residuale, degli usi locali, in mancanza delle prime, l’unico parametro di riferimento fosse costituito dagli usi locali;d) che,in tale situazione,tenuto conto,secondo la giurisprudenza di legittimità, della specificità dei luoghi e delle modalità di custodia dei beni custoditi, in relazione agli specifici compiti espletati dal custode, del tutto corretto risultasse il riferimento al parametro di cui all’art. 29 della Tariffa Professionale dei Dottori Commercialisti, prevedente la misura degli onorari in relazione all’attività di custodia e conservazione dei beni svolta dal professionista, nella specie congruamente determinata in base al relativo calcolo matematico. Al ricorso, affidato a due motivi, ha resistito il ********, con rituale controricorso.

 

La Mu. non ha svolto attività difensiva.

 

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 59, e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 276, censurando l’applicazione alla fattispecie della tariffa professionale dei dottori commercialisti, pur vertendosi in ipotesi di liquidazione di spettanze ad un ausiliario del giudice svolgente mansioni di natura pubblicistica, che secondo le previsioni tariffarie contenute nel citato D.P.R. per le operazioni in materia amministrativa,contabile e fiscale,tenuto conto dello scaglione in concreto applicabile, avrebbero comportato una liquidazione di Euro 4.892,91 complessive.

 

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2333 c.c., comma 2, norma che,secondo un richiamata pronunzia di questa Corte (3^ sez. civ., n. 6049 del 12.3.09), avrebbe comportato,in mancanza delle tariffe prefettizie e degli usi località liquidazione secondo equità, su parere dell’associazione professionale di competenza,non sussistendo alcuna disposizione di legge imponente la diretta adozione delle tariffe professionali, nè rendendosi queste ultima applicabili in via analogica.

 

Il ricorso va accolto sul secondo ed assorbente motivo, alla luce del sopra richiamato principio giurisprudenziale, enunciato in una vicenda analoga, cui il collegio intende dare continuità condividendone le motivazioni, secondo cui “il compenso dovuto al custode (nella specie dottore commercialista )…fino a quando non saranno emanate le tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 59, va determinato in base alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità, ove esistenti, ovvero secondo gli usi locali in virtù della previsione di cui all’art. 276 suddetto decreto; in mancanza delle une e degli altri la liquidazione deve avvenire ai sensi dell’art. 2233 c.c., comma 2, e quindi in base all’importanza dell’opera svolta e previa acquisizione del parere dell’associazione professionale del custode;ne consegue che, in ove in violazione di tali precetti, il giudice liquidi il compreso dovuto al custode secondo equità il relativo provvedimento è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, ma non per mancata applicazione delle tariffe professionali, non sussistendo alcuna norma di legge che imponga l’adozione di tali tariffe, e non essendo le stesse applicabili in via analogica”.

 

A tale ultimo proposito va soggiunto che la non applicabilità dell’analogia in siffatti casi deriva dalla natura di legge speciale che le disposizioni tariffarie rivestono, rispetto a quella di lex generalis della norma codicistica, con la conseguenza che, in difetto di una condizione di applicabilità in concreto della prima (costituita dall’esistenza delle specifiche tariffe prefettizie o degli usi locali), riprende vigore la seconda.

 

Nella fattispecie il percorso argomentativo seguito dal giudice del reclamo è solo parzialmente aderente al dettato normativo, discostandosene nell’ultima parte, laddove, dopo aver dato atto della mancanza di tariffe esistenti presso la prefettura e, quindi, della necessità di applicare gli usi locali, con un vero e proprio salto logico-giuridico, ritiene corretto l’operato del primo giudice di aver liquidato le spettanze secondo le tariffe professionali dei dottori commercialisti, senza tuttavia indicare alcun nesso tra queste ultime e detti usi, ove esistenti.

 

Esclusa, per le ragioni in precedenza esposte, l’applicabilità in via analogica di tali tariffe, nella fattispecie, in cui tali usi non sono stati individuati, la liquidazione avrebbe dovuto essere operata dal giudice ai sensi della citata norma codicistica, in base ad un’adeguata valutazione della natura ed importanza delle prestazioni, il che tuttavia non è dato desumere dalla generica ed apodittica motivazione, che non ha preso in esame le doglianze del reclamante.

 

L’ordinanza impugnata va conclusivamente cassata con rinvio per nuovo esame all’ufficio di provenienza, in persona di diverso magistrato, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudiziosi Tribunale di Genova, in persona di diverso magistrato.

Redazione