Il diritto di difesa del contribuente nel contenzioso tributario: l’Amministrazione Finanziaria non può addurre altri profili rispetto a quelli che hanno formato la motivazione dell’atto impositivo impugnato

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Il caso 

L’Agenzia delle Entrate notificava ad una società una cartella di pagamento per il recupero dell’IVA che l’Ufficio Finanziario sosteneva non essere stata regolarmente versata.

Quindi, la società avanzava domanda di sgravio che però veniva accolta soltanto parzialmente: secondo il fisco, infatti, il presunto credito d’imposta vantato dalla società non era stato sufficientemente documentato.

In conseguenza di ciò, la società presentava ricorso in Commissione Tributaria Provinciale per impugnare la cartella di pagamento.

L’Agenzia delle Entrate, nel proprio atto di costituzione, pur ammettendo il credito d’imposta, eccepiva che tale credito era stato indicato in dichiarazione dei redditi tardivamente e che perciò la società era decaduta dal beneficio.

La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che il mutato motivo di diniego da parte dell’Ufficio, cioè la tardiva indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi non spiegava alcun effetto, perché esso era stato addotto successivamente all’atto opposto e non era quindi né conosciuto né conoscibile dal contribuente al momento del ricorso introduttivo.

Per la riforma di tale decisione, l’Agenzia delle Entrate presentava appello, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale, secondo cui l’atto impositivo doveva essere sostenuto da adeguata motivazione, “per consentire un consapevole esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente” e come “le ragioni poste a fondamento dell’atto non possano essere mutate successivamente in sede contenziosa provocata dall’impugnativa del contribuente per gli stessi motivi di garanzia del diritto di difesa.

Per la cassazione di tale decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, lamentando un vizio di motivazione della sentenza emessa dalla CTR.

 

L’orientamento della giurisprudenza

Con sentenza n. 4327 depositata il 4 marzo 2016, la Sezione Tributaria Civile della Corte Suprema di Cassazione rigettava il ricorso in quanto “… la motivazione dell’atto fiscale ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere in contribuente in condizione di conoscere l’an (e il quantum) della pretesa tributaria al fine di approntare un’idonea difesa (Cass.22003/2014). Il che comporta che l’oggetto della contesa è delimitato in via assoluta proprio dall’atto impugnato (Cass. 13056/04 e 22567/04) e l’amministrazione non può addurre altri profili rispetto a quelli che hanno formato la motivazione dell’atto impositivo impugnato.

 

Conclusioni

In definitiva, secondo la Suprema Corte l’oggetto del contenzioso tributario è circoscritto in via assoluta dalla motivazione dell’atto impugnato e nel rispetto del diritto di difesa del contribuente tale motivazione non può successivamente essere modificata dall’Ufficio Finanziario in pendenza del processo.

Sentenza collegata

611271-1.pdf 761kB

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Dott. Assenza Carmelo

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