Corte Europea dei diritti dell’uomo 22/12/2008

Redazione 22/12/08
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Corte europea dei diritti umani, 22 dicembre 2008 (*)

Decisione di inammissibilità ********* e altri contro Italia

La Sezione della Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibili 8 cause riunite collegate al caso ********* contro Italia (cause n. 55185/08, 55483/08, 55516/08, 55519/08, 56010/08, 56278/08, 58420/08 e 58424/08

I ricorrenti

I ricorrenti sono sei cittadini italiani, rappresentati dai loro tutori, sei associazioni italiane cui appartengono i parenti e gli amici di diverse persone disabili, medici psicologi e avvocati che assistono le persone in questione e anche una associazione di diritti umani.

Riassunto dei fatti

Nel gennaio 1992, a seguito di ferite alla testa conseguenti ad un incidente stradale, E. E. una ragazza ventenne, cadde in coma. Le sue condizioni si sono conseguentemente evolute in uno stato vegetativo con tetraplegia spastica e perdita di tutte le funzioni cognitive.

Nel gennaio 1999 suo padre e tutore, fondando le sue ragioni sulla personalità della figlia e le idee relative alla vita e alla dignità che ella aveva espressamente manifestato prima dell’incidente, iniziò una procedura giudiziaria per ottenere l’autorizzazione a cessare la nutrizione e idratazione artificiale della figlia. L’autorizzazione venne rifiutata in prima e seconda istanza, nel 1999 e nel 2003. Nel 2005, la Corte di Cassazione cassò l’ultima decisione della Corte d’Appello di Milano che rigettava l’appello e rimise il caso per nuova valutazione, chiarendo che la richiesta del padre di E. E. non poteva essere concessa in assenza di specifiche prove sulla volontà espressa dalla figlia prima dell’incidente. Il 16 ottobre 2007 la Corte di Cassazione cassò l’ultima decisione della Corte d’Appello e, rimettendo il caso, statuì che l’autorità giudiziaria poteva autorizzare la sospensione della nutrizione se la persona interessata fosse in uno stato vegetativo permanente e se vi fosse prova che se la persona fosse stata in pieno possesso di tutte le sue facoltà essa si sarebbe opposta alla ricezione del trattamento medico.

In una decisione del 25 giugno 2008 la Corte d’Appello di Milano concesse la richiesta autorizzazione sulla base dei due criteri espressi dalla Corte di Cassazione.

In data 8 ottobre 2008 la Corte costituzionale rigettò l’istanza relativa al conflitto di attribuzione dei poteri dello Stato proposta dal Parlamento nel settembre 2008.

Infine, in data 11 novembre 2008, la Corte di cassazione dismise un ricorso nell’interesse della legge presentato dalla Procura generale della Repubblica di Milano contro la decisione della Corte d’appello del 25 giugno 2008 sulla base che il pubblico ministero non era legittimato ad intervenire nella procedura.

Doglianze

Sulla base dell’art. 2 (diritto alla vita) e art. 3 (proibizione di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, gli applicanti lamentano gli effetti avversi che l’esecuzione della decisione della Corte d’Appello di Milano per il caso di E. E. avrebbe su di loro. Per quanto riguarda l’art. 6.1 (diritto ad un giusto processo) essi altresì lamentano che il procedimento interno relativo al caso di E. E. è stato ingiusto.

Procedura

Le istanze sono state depositate presso la Corte europea dei diritti umani nel novembre e nel dicembre 2008

Articoli 2 e 3

La Corte ribadisce che, in via di principio, non è sufficiente per un ricorrente reclamare che la mera esistenza di una legge viola i suoi diritti previsti dalla Convenzione; è necessario che la legge debba essere applicata a suo detrimento. Ulteriormente, l’esercizio del diritto dell’azione individuale non può essere utilizzata a prevenire una potenziale violazione della Convenzione: solo in circostanze altamente eccezionali un ricorrente potrebbe reclamare di essere vittima del rischio della violazione o di una futura violazione della Convenzione.

La Corte osserva che gli applicanti non hanno collegamenti diretti con E. E. In più, i processi di fronte alle corti nazionali, i cui risultati sono criticati dai ricorrenti e i quali temono di venire coinvolti direttamente dall’applicazione degli effetti, come la decisione della Corte d’Appello di Milano del 25 giugno 2005 che è un provvedimento giudiziario che per sua natura concerne solo le parti del processo e i fatti che ne hanno formato oggetto del giudizio.

Dunque i ricorrenti non possono essere definiti vittime dirette delle violazioni allegate.

Rimane, per la Corte, da considerare se essi possono essere coinvolti quali "vittime" potenziali.

I ricorrenti.

La Corte ha affermato che (in passato) aveva già sostenuto che un ricorrente potesse essere una vittima potenziale in certi casi. Tuttavia, secondo la Corte, affinchè un ricorrente possa definirsi una vittima, questi deve produrre prove ragionevoli e convincenti della possibilità che la violazione lo coinvolga personalmente, meri sospetti o congetture sono a questo riguardo insufficienti.

Nel presente caso i ricorrenti non hanno integrato questi requisiti, in quanto la decisione giudiziale, i cui effetti essi temono, è stata adottata in relazione a una specifica serie di circostanze concernente una terza parte.

Conseguentemente, secondo l’opinione della Corte, se le competenti autorità giudiziarie sono state chiamate a risolvere giudizialmente sulla questione se il trattamento medico dei ricorrenti possa essere continuato, essi non possono disattendere sia i desideri delle persone coinvolte come espressi dai loro tutori (che hanno adottato una chiara posizione in difesa del diritto alla vita dei loro assistiti) sia dell’opinione dei medici specialisti. Come stabilito dalla Corte d’Appello di Milano nel caso di E. E. le autorità giudiziarie sono vincolate nelle loro attività ai fatti e ai criteri stabiliti dalla Corte di cassazione nella sua decisione del 16 ottobre 2007.

Quindi i singoli ricorrenti non possono lamentare di essere vittime del fallimento dello Stato italiano nella protezione dei loro diritti ai sensi degli artt. 2 e 3. Queste istanze sono quindi dichiarate inammissibili.

Gli enti legali.

La Corte ribadisce che lo status di vittima può essere riconosciuto ad una associazione – e non ai suoi membri – se essa è direttamente coinvolta dalla misura in questione, per esempio quando l’associazione è stata incaricata a difendere gli interessi dei suoi membri di fronte alle *****.

La Corte considera che questi ricorrenti non possono essere impediti dal continuare a lavorare nel perseguimento dei loro obiettivi, del resto la decisione della Corte d’Appello di Milano del 25 giugno 2008 non era effettivamente in grado di avere alcun impatto sulle loro attività.

In conclusione, le associazioni reclamanti non possono venire considerate come vittime dei diritti garantiti dalla Convenzione, quindi le loro doglianze relative agli artt. 2 e 3 sono dichiarate inammissibili.

Articolo 6 § 1

Siccome la procedura in questione ha coinvolto terze parti e i ricorrenti non sono state parti della medesima, la Corte dichiara che le loro lagnanze in relazione all’art. 6.1 sono manifestamente infondate.

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(*) Traduzione non ufficiale

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