Corte di Giustizia Europea sez. I 18/1/2007 n. C-313/05

Redazione 18/01/07
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Nel procedimento C-313/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Wojewódzki Sad Administracyjny w ********* (Polonia), con ordinanza 22 giugno 2005, pervenuta in cancelleria il 9 agosto 2005, nella causa tra

Maciej Brzezinski

e

Dyrektor Izby Celnej w Warszawie,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. *********************, ************ (relatore), ******šic e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra ************

cancelliere: sig.ra **********-Slawiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 giugno 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per il sig. *************, da lui stesso nonché dal sig. **********, doradca podatkowy, e dal sig. W. Cwiek, doradca;

– per il governo polacco, dai sigg. ********** e *********** nonché dalla sig.ra *********-Giebajtow, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou e dalla sig.ra ***********, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 25 CE, 28 CE e 90 CE, nonché dell’art. 3, nn. 1 e 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1).

2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra il sig. ************* e il Dyrektor Izby Celnej w Warszawie (direttore della commissione doganale di Varsavia), in merito all’accisa alla quale è stato assoggettato al momento dell’acquisto di un’autovettura usata in Germania ai fini dell’importazione in Polonia.

Contesto normativo

La disciplina comunitaria

3 L’art. 25 CE prevede quanto segue:

«I dazi doganali all’importazione o all’esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale».

4 L’art. 28 CE dispone quanto segue:

«Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente».

5 L’art. 90 CE è formulato nel modo seguente:

«Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.

Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni».

6 L’art. 3, nn. 1 e 3, della direttiva 92/12 dispone che:

«1. La presente direttiva è applicabile, a livello comunitario, ai prodotti seguenti, come definiti nelle direttive ad essi relative:

– gli oli minerali,

– l’alcole e le bevande alcoliche,

– i tabacchi lavorati.

(…)

3. Gli Stati membri conservano la facoltà di introdurre o mantenere imposizioni che colpiscono prodotti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, a condizione tuttavia che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse al passaggio di una frontiera.

Ferma restando questa condizione, gli Stati membri conserveranno altresì la facoltà di applicare tasse sulle prestazioni di servizi che non abbiano il carattere di tasse sulla cifra d’affari, comprese quelle connesse con prodotti soggetti ad accisa».

La disciplina nazionale

7 L’art. 2 della legge 23 gennaio 2004, sui diritti d’accisa (Dz. U. n. 29, pos. 257), nella versione applicabile alla controversia della causa principale (in prosieguo: la «legge del 2004»), dispone che:

«Ai fini della presente legge, si intende per

(…)

11) “acquisto intracomunitario”: il trasferimento di prodotti soggetti all’accisa dal territorio di uno Stato membro verso il territorio nazionale;

(…)».

8 L’art. 10, n. 1, della legge del 2004 è formulato come segue:

«La base imponibile, qualora l’aliquota venga espressa in percentuale della base imponibile, è:

1) l’importo dovuto per la vendita, sul territorio nazionale, di prodotti soggetti ad accisa, ridotto della quota di imposta sui beni e servizi nonché della quota di accisa dovuta per tali merci;

2) l’importo che l’acquirente deve assolvere per le merci soggette ad accisa, in caso di acquisto all’interno della Comunità;

3) l’importo dovuto per la fornitura di prodotti soggetti ad accisa sul territorio di uno Stato membro, in caso di fornitura all’interno della Comunità;

4) il valore doganale dei prodotti soggetti ad accisa aumentato dei dazi doganali dovuti, in caso di importazione, tenuto conto dei nn. 6-9».

9 L’art. 75 della legge del 2004 prevede che:

«1. L’aliquota d’imposta sui prodotti non armonizzati soggetti ad accisa ammonta al 65% della base definita all’art. 10, ad eccezione dell’aliquota applicabile sull’energia elettrica.

(…)

3. Il ministro competente per le finanze pubbliche può, con decreto, ridurre le aliquote delle accise definite ai nn. 1 e 2, nonché differenziarle a seconda del tipo di prodotto e fissare le condizioni della loro applicazione».

10 Ai sensi dell’art. 80 della legge del 2004:

«1. Sono soggette ad accisa le autovetture non immatricolate sul territorio nazionale, conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale.

2. L’accisa grava su:

1) i soggetti che effettuano vendite di autovetture anteriormente alla loro prima immatricolazione sul territorio nazionale;

2) gli importatori e i soggetti che effettuano acquisti all’interno della Comunità.

3. Un diritto di accisa sulle autovetture sorge:

1) in caso di vendita, a decorrere dal rilascio della fattura e al più tardi entro sette giorni a decorrere dalla fornitura della merce;

2) in caso di importazione, a decorrere dal giorno in cui sorge il debito doganale ai sensi delle disposizioni sul diritto doganale;

3) in caso di acquisto all’interno della Comunità, a decorrere dall’acquisto del diritto di disporre dell’autovettura in veste di proprietario e, al più tardi, a decorrere dalla sua immatricolazione sul territorio nazionale conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale.

4. Il ministro competente per le finanze pubbliche può, con decreto, fissare i dati relativi alle autovetture, tra cui l’onere ammissibile per la riscossione dell’accisa, tenendo conto delle soluzioni attuate dalle disposizioni fiscali in questione e della necessità di assicurare la riscossione regolare delle accise».

11 L’art. 81, n. 1, della legge del 2004 è formulato come segue:

«Le persone che effettuano, all’interno della Comunità, acquisti intracomunitari di autovetture non immatricolate nel territorio nazionale, conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale, sono tenute:

1) a depositare, al momento dell’importazione nel territorio nazionale, una dichiarazione semplificata presso il competente ufficio doganale nel termine di cinque giorni a decorrere dal giorno dell’acquisto all’interno della Comunità;

2) a versare l’accisa entro e non oltre il momento dell’immatricolazione di tale veicolo nel paese».

12 In forza dell’art. 82, n. 3, della legge del 2004, in caso di acquisto intracomunitario di un’autovettura, la base imponibile corrisponde all’importo che l’acquirente è tenuto a pagare al venditore.

13 Dall’art. 7 del decreto del ministro delle finanze 22 aprile 2004, in materia di riduzione dell’aliquota delle accise (Dz. U. n. 87, pos. 825), nella versione applicabile alla controversia nella causa principale (in prosieguo: il «decreto del 2004»), nonché dagli allegati 1 e 2 di quest’ultimo risulta che, per i veicoli nuovi o con meno di due anni di età, l’aliquota dell’accisa ammonta al 3,1% o al 13,6% a seconda della cilindrata e che, per contro, per i veicoli con più di due anni di età, tale aliquota, fissata conformemente alla formula di calcolo di cui all’art. 7, n. 2, del decreto del 2004, varia in relazione all’età del veicolo e può raggiungere il 65% della base imponibile.

La controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali

14 Il sig. **********, ricorrente nella causa principale, ha acquistato in Germania un’autovettura Volkswagen, modello Golf II, prodotta nel 1989, che ha successivamente importato in Polonia. Il 21 giugno 2004, conformemente all’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004, ha depositato una dichiarazione semplificata del formulario AKC-U relativo all’acquisto all’interno della Comunità di detto veicolo. Il 23 giugno seguente, egli ha versato un importo di 855 PLN a titolo di accisa.

15 Con lettera 6 luglio 2004, il sig. ********** ha chiesto il rimborso dell’accisa che aveva versato e che, secondo lui, era stata percepita a torto, facendo valere che la riscossione di una tale imposta è incompatibile con gli artt. 23 CE, 25 CE e 90 CE. Con decisione 17 agosto 2004, il direttore dell’ufficio delle dogane n. 1 di Varsavia ha respinto detta domanda.

16 Il 2 settembre 2004, il sig. ********** ha presentato un reclamo avverso detta decisione dinanzi al Dyrektor Izby Celnej w Warszawie. Con decisione 18 gennaio 2005, quest’ultimo ha confermato la decisione del direttore del suddetto ufficio delle dogane n. 1 e respinto il reclamo con cui era stato adito.

17 Nel suo ricorso presentato dinanzi al Wojewódzki Sad Administracyjny w ********* (Tribunale amministrativo provinciale di Varsavia) contro tale decisione di rigetto, il ricorrente ha chiesto l’annullamento di quest’ultima e l’ingiunzione all’amministrazione doganale di restituirgli l’importo dell’accisa da questa indebitamente riscossa, in ragione della sua incompatibilità con le dette disposizioni comunitarie.

18 In risposta alle censure sollevate dal ricorrente, il Dyrektor Izby Celnej w Warszawie ha considerato che il motivo relativo alla violazione dell’art. 90 CE fosse destituito di fondamento ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

19 Di conseguenza, il Wojewódzki Sad Administracyjny w ********* ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il disposto dell’art. 25 [CE] in cui viene stabilito il divieto di imposizione tra gli Stati membri di dazi doganali all’importazione o all’esportazione o di tasse di effetto equivalente, proibisca ad uno Stato membro di applicare l’art. 80 della [legge polacca del 2004] in una situazione nella quale i diritti di accisa vengono prelevati per ogni acquisto di autoveicolo indipendentemente dal luogo di provenienza di quest’ultimo, anteriormente alla prima immatricolazione nel territorio nazionale.

2) Se il disposto dell’art. 90, primo comma, [CE], in conformità del quale nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari, permetta ad uno Stato membro l’imposizione di un’accisa su autoveicoli usati importati da altri Stati membri allorché tale accisa non grava sulla vendita di autoveicoli usati già immatricolati in Polonia, in una situazione in cui la stessa accisa veniva imposta su tutti gli autoveicoli immatricolati nel territorio del paese, conformemente all’art. 80, n. 1, della [legge polacca del 2004].

3) Se il disposto dell’art. 90, secondo comma, [CE] conformemente al quale nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni intese a proteggere indirettamente altre produzioni, permetta ad uno Stato membro l’imposizione di un’accisa ad un tasso variabile a seconda dell’età del veicolo e della cilindrata, pubblicato nell’art. 7 del [decreto del 2004] sugli autoveicoli usati importati da altri Stati membri quando l’imposizione viene calcolata secondo un analogo modello per la vendita di autoveicoli usati nel paese, effettuata anteriormente alla loro prima immatricolazione sul territorio dello stesso paese e l’imposizione medesima influisce in seguito sul prezzo di tale autoveicolo in occasione di una sua ulteriore rivendita.

4) Se il disposto dell’art. 28 [CE] a norma del quale sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente, considerato in pari tempo anche il tenore dell’art. 3, n. 3, della direttiva [92/12/CEE], proibisca ad uno Stato membro di mantenere in vigore l’art. 81 della [legge del 2004] in conformità del quale i soggetti procedenti all’acquisto intracomunitario di autovetture non immatricolate sul territorio polacco, hanno l’obbligo, conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale, di presentare dopo l’importazione nel territorio del paese una dichiarazione semplificata al competente ufficio doganale nel termine di cinque giorni a decorrere dall’acquisto intracomunitario».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

20 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se un diritto di accisa come quello istituito con legge del 2004 costituisca un dazio doganale all’importazione o una tassa d’effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE.

21 Un dazio come l’accisa in questione nella causa principale non è un dazio doganale in senso stretto.

22 Per quanto riguarda il problema di sapere se esso rientri nella nozione di tasse di effetto equivalente, risulta da una giurisprudenza consolidata che qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisce le merci per il fatto che esse attraversano una frontiera, quando non si tratti di un dazio doganale in senso proprio, costituisce una tassa d’effetto equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE. (v., segnatamente, sentenze 17 luglio 1997, causa C-90/94, ***************, Racc. pag. I-4085, punto 20; 2 aprile 1998, causa C-213/96, Outokumpu, Racc. pag. I-1777, punto 20, nonché 5 ottobre 2006, cause riunite C-290/05 e C-333/05, Nádasdi e Németh, Racc. pag. I-0000, punto 39).

23 Un diritto di accisa come quello istituito dalla legge del 2004 non è riscosso a causa dell’attraversamento della frontiera dello Stato membro che ha instaurato tale diritto. Infatti, risulta dall’art. 80, n. 3, punto 3, della medesima legge e dalle precisazioni fatte dal governo polacco nel corso dell’udienza che l’accisa colpisce tutte le autovetture anteriormente alla loro prima immatricolazione in Polonia e che, per garantire detto obiettivo, esistono diverse fattispecie che generano tale diritto. Così, tale diritto sorge in particolare o con la vendita dell’autoveicolo, o nell’ipotesi di acquisto intracomunitario quale definito all’art. 2, punto 11, della suddetta legge, al momento dell’acquisto del diritto di disporre di un’autovettura in quanto proprietario e al più tardi, a decorrere dalla sua immatricolazione nel territorio nazionale.

24 Una siffatta tassa rientra nel regime generale di riscossioni interne sulle merci e deve quindi essere esaminata alla luce dell’art. 90 CE.

25 Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione sottoposta, nel senso che un’accisa come quella introdotta in Polonia con la legge del 2004, che non colpisce le autovetture per il fatto ch’esse attraversano la frontiera, non costituisce un dazio doganale all’importazione né una tassa d’effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE.

Sulla seconda e terza questione

26 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 90 CE debba essere interpretato nel senso che osta ad un’imposta che presenta le caratteristiche dell’accisa introdotta dalla legge del 2004, in quanto detta imposta si applica sull’acquisto di autovetture usate provenienti da Stati membri diversi da quello che l’ha introdotta, ma non sull’acquisto di autovetture usate già immatricolate in quest’ultimo Stato membro, autovetture sulle quali l’accisa è stata applicata anteriormente alla loro prima immatricolazione, dal momento che un tale diritto di accisa può costituire un’imposizione interna sui prodotti di altri Stati membri superiore a quella che colpisce direttamente o indirettamente i prodotti nazionali simili, ai sensi dell’art. 90, primo comma, CE, ovvero colpisce indirettamente i prodotti di altri Stati membri per proteggere altre produzioni, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo.

27 Come la Corte ha già dichiarato, nel sistema del Trattato CE l’art. 90 CE costituisce un complemento delle disposizioni relative all’abolizione dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente. Tale disposizione è intesa a garantire la libera circolazione delle merci fra gli Stati membri in normali condizioni di concorrenza, mediante l’eliminazione di ogni forma di protezione che possa risultare dall’applicazione di tributi interni discriminatori nei confronti delle merci originarie di altri Stati membri (sentenze 15 giugno 2006, cause riunite C-393/04 e C-41/05, Air Liquide Industries Belgium, Racc. pag. I-0000, punto 55 e giurisprudenza ivi citata nonché Nádasdi e Németh, cit., punto 45).

28 In materia di tassazione di autoveicoli usati importati, la Corte ha altresì dichiarato che l’art. 90 CE è diretto a garantire l’assoluta neutralità dei tributi interni riguardo alla concorrenza fra merci nazionali e merci importate (v. sentenze 29 aprile 2004, causa C-387/01, ******, Racc. pag. I-4981, punto 66 e giurisprudenza ivi citata, nonché Nádasdi e Németh, cit., punto 46).

29 Secondo una ben consolidata giurisprudenza, sussiste violazione dell’art. 90, primo comma, CE quando il tributo gravante sul prodotto importato e quello gravante sull’analogo prodotto nazionale sono calcolati secondo criteri e modalità differenti, con la conseguenza che il prodotto importato viene assoggettato, almeno in determinati casi, ad un onere più gravoso (v. sentenza ******, cit., punto 67 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, in base alla suddetta disposizione, un diritto di accisa non può colpire i prodotti originari di altri Stati membri in misura maggiore rispetto a quelli nazionali simili.

30 A tal riguardo, risulta dal fascicolo della causa principale che la domanda del giudice del rinvio, fondata su un raffronto tra le autovetture usate che già si trovano sul mercato nazionale e quelle acquistate in un altro Stato membro, mira a paragonare due categorie di prodotti simili ai sensi dell’art. 90, primo comma, CE. Per contro, nessun elemento del suddetto fascicolo indica che la tassazione delle autovetture usate acquistate in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia instaura un protezionismo indiretto che favorisce prodotti diversi dai veicoli a motore vietato dall’art. 90, secondo comma, CE.

31 Di conseguenza, occorre esaminare il diritto di accisa in questione nella causa principale esclusivamente alla luce dell’art. 90, primo comma, CE.

32 Per garantire la neutralità dei tributi interni riguardo alla concorrenza fra gli autoveicoli usati che si trovano già sul mercato nazionale e quelli simili importati da uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia, occorre paragonare gli effetti dell’accisa che colpisce questi ultimi autoveicoli con quelli dell’accisa residuale che grava sui primi autoveicoli che sono già stati assoggettati alla medesima accisa al momento della loro prima immatricolazione.

33 Nell’ambito di un tale confronto occorre, in primo luogo, sottolineare che l’accisa nella controversia della causa principale è percepita per ogni autovettura destinata ad essere immatricolata in Polonia soltanto una volta, sulle autovetture nuove come su quelle usate, sia che esse siano state prodotte sul territorio nazionale ovvero importate da altri Stati membri.

34 In secondo luogo è necessario stabilire una distinzione tra le due categorie di autovetture, e cioè, da un lato, quelle che sono vendute usate nel corso dei due anni civili successivi alla data della loro fabbricazione, essendo l’anno di fabbricazione considerato come primo anno civile, e, dall’altro lato, quelle che sono vendute usate posteriormente a detto biennio.

35 Innanzitutto, per quanto riguarda le autovetture vendute nuove o usate durante il suddetto biennio, risulta dalla legge del 2004 che, come è stato dichiarato al punto 13 della presente sentenza, esse sono assoggettate ad un’accisa calcolata sulla base della stessa aliquota.

36 Per quanto concerne le autovetture usate con meno di due anni di età, spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce in particolare della legge del 2004, se esse effettivamente sopportino, a titolo di accisa, un onere identico, in ragione del fatto che l’importo residuale di tale accisa incorporato nel valore venale delle autovetture usate immatricolate in Polonia è uguale all’importo della medesima accisa gravante sulle autovetture usate simili provenienti da uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia.

37 Per contro, relativamente al diritto di accisa che colpisce le autovetture usate vendute dopo più di due anni dalla loro fabbricazione, l’aliquota dell’accisa è calcolata in base alla formula prevista dall’art. 7 del decreto del 2004. L’applicazione di detta formula implica, come ha sottolineato la Commissione senza essere contraddetta dal governo polacco, l’aumento di tale aliquota in funzione dell’età dell’autovettura.

38 Orbene, spetta al giudice del rinvio valutare se tale aumento dell’aliquota colpisca soltanto le autovetture usate provenienti da uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia o se, per contro, per le autovetture usate, immatricolate allo stato nuovo in Polonia, l’aliquota di accisa residuale incorporata nel valore di tale autovettura rimanga costante.

39 In un’ipotesi del genere, gli argomenti presentati dal governo polacco per giustificare tale differenza fiscale non possono essere accolti. Il governo polacco ha invocato, in primo luogo, preoccupazioni di carattere ambientale ed ha manifestato, in secondo luogo, il sospetto che nella maggior parte dei casi, il prezzo d’acquisto dichiarato alle autorità sia molto minore rispetto al prezzo pagato realmente ed ha, infine, osservato che la detta differenza non costituisce una discriminazione poiché le cifre dimostrano che l’introduzione dell’accisa sulle autovetture usate acquistate negli altri Stati membri durante il mese di maggio 2004 è stata accompagnata da un aumento immediato e molto significativo di tali acquisti.

40 In effetti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un sistema fiscale è compatibile con l’art. 90 CE solo qualora esso sia congegnato in modo da escludere in ogni caso che i prodotti importati vengano assoggettati ad un onere più gravoso rispetto ai prodotti nazionali e, pertanto, che esso non comporta, in nessun caso, effetti discriminatori (sentenze ***************, cit., punto 34, e 23 ottobre 1997, causa C-375/95, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5981, punto 29).

41 Dalle considerazioni che precedono discende che occorre risolvere la seconda e la terza questione dichiarando che l’art. 90, primo comma, CE dev’essere interpretato nel senso che osta ad un diritto di accisa nella misura in cui l’importo dell’accisa che colpisce le autovetture usate con più di due anni di età acquistate in uno Stato membro diverso da quello che ha introdotto tale accisa supera l’importo residuo della medesima accisa incorporata nel valore venale delle autovetture simili immatricolate in precedenza nello Stato membro che impone tale accisa. Spetta al giudice del rinvio esaminare se la normativa in questione nella causa principale e, in particolare, l’applicazione dell’art. 7 del decreto del 2004, abbia un tale effetto.

Sulla quarta questione

42 Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se gli artt. 28 CE e 3, n. 3, della direttiva 92/12 ostino ad una norma nazionale, come quella di cui all’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004, che richiede il deposito di una dichiarazione semplificata nel senso di tale ultima disposizione, entro il termine di cinque giorni a decorrere dalla data di acquisto intracomunitario.

43 A titolo preliminare, occorre constatare che la divergenza sull’interpretazione di detto obbligo di dichiarazione, nel senso che secondo il sig. ************* occorre depositare tale dichiarazione entro il termine di cinque giorni a decorrere dalla data di acquisto dell’autovettura in Germania, mentre, secondo il governo polacco nonché la Commissione, nel caso di acquisto intracomunitario il detto termine comincia a decorrere dall’introduzione effettiva dell’autovettura in Polonia, non ha alcuna influenza sull’eventuale natura restrittiva di detta richiesta.

44 Per analogia con la giurisprudenza della Corte secondo la quale un provvedimento nazionale in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello comunitario dev’essere valutato in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non a quelle del diritto primario (v. sentenze 13 dicembre 2001, causa C-324/99, Daimler Chrysler, Racc. pag. I-9897, punto 32; e 14 dicembre 2004, causa C-210/03, *************, Racc. pag. I-11893, punto 81), occorre esaminare l’obbligo di deposito di una dichiarazione semplificata alla luce innanzitutto della direttiva 92/12 e, in particolare, del divieto di tale formalità previsto dal suo art. 3, n. 3, primo comma, lasciando in sospeso, in un primo momento, il problema di sapere se l’accisa sia realmente oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello comunitario.

45 Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, l’art. 3, n. 3, primo comma, della direttiva 92/12 potrebbe risultare pertinente soltanto qualora l’obbligo di dichiarazione fosse considerato una «formalità connessa al passaggio di una frontiera» che dà origine alla riscossione dell’accisa.

46 Il governo polacco e la Commissione ritengono che non sia questo il caso della controversia nella causa principale. Essi affermano, in sostanza, che l’obbligo previsto dall’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004 si concretizza posteriormente all’importazione nel territorio nazionale dell’autovettura soggetta all’accisa e dunque dopo il passaggio della frontiera. La Commissione aggiunge che il termine per adempiere tale formalità inizia a decorrere dal giorno dell’acquisto intracomunitario dell’autovettura, e cioè dopo che quest’ultima ha varcato la frontiera.

47 A tal riguardo, spetta al giudice del rinvio verificare se il complesso della normativa in questione nella causa principale possa essere interpretato nel senso enunciato dal governo polacco. Infatti, se la dichiarazione semplificata dovesse essere depositata al momento dell’acquisto intracomunitario dell’autovettura, e dunque al momento del passaggio di una frontiera, una tale formalità tuttavia non sarebbe connessa a detto passaggio ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo comma, della direttiva 92/12, ma all’obbligo di versare l’accisa.

48 Infatti, in tale ipotesi, dato che l’obiettivo della dichiarazione semplificata è di garantire il pagamento del debito corrispondente all’accisa, una tale formalità sarebbe connessa al fatto che la genera. Così, se si accoglie tale interpretazione, detta accisa sarebbe dovuta, come risulta dall’art. 80, n. 3, punto 3, della legge del 2004, a decorrere dall’acquisto del diritto di disporre di un’autovettura in veste di proprietario e, al più tardi, a decorrere dalla sua immatricolazione nel territorio nazionale conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale.

49 Di conseguenza, l’art. 3, n. 3, primo comma, della direttiva 92/12 non sarebbe applicabile alla causa principale e pertanto non osterebbe all’obbligo di depositare una dichiarazione semplificata nell’ipotesi di acquisto intracomunitario.

50 Risulta altresì da una giurisprudenza costante che un tale obbligo non può essere valutato alla luce dell’art. 28 CE. Infatti, occorre rammentare che la sfera di applicazione di tale articolo non comprende gli ostacoli considerati da altre disposizioni specifiche e che gli ostacoli di natura fiscale o di effetto equivalente a dazi doganali considerati dagli artt. 23 CE, 25 CE e 90 CE non rientrano nel divieto di cui all’art. 28 CE (v. sentenze 3 febbraio 2000, causa C-228/98, Dounias, Racc. pag. I-577, punto 39, e 17 giugno 2003, causa C-383/01, *******************ører,Racc. pag. I-6065, punto 32).

51 Per contro, non costituendo un vero e proprio ostacolo di natura fiscale, l’obbligo di depositare una dichiarazione semplificata in forza dell’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004 è connesso al pagamento effettivo dell’accisa. Il governo polacco e la Commissione concordano nell’affermare ch’essa è volta ad assicurare, in particolare, la riscossione di detta accisa.

52 Di conseguenza, un obbligo come quello previsto dall’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004 costituisce solo il corollario dell’assoggettamento dell’acquirente dell’autovettura all’accisa e, pertanto, l’art. 28 CE non può essere applicato.

53 Dalle considerazioni sopra svolte discende che occorre risolvere la quarta questione dichiarando che l’art. 28 CE non si applica ad una dichiarazione semplificata come quella prevista dall’art. 81, n. 1, punto 1, della legge del 2004 e che l’art. 3, n. 3, della direttiva 92/12 non osta ad una tale dichiarazione quando la normativa in questione è suscettibile di essere interpretata nel senso che la detta dichiarazione è dovuta a decorrere dall’acquisto del diritto di disporre dell’autovettura in veste di proprietario e, al più tardi, a decorrere dalla sua immatricolazione nel territorio nazionale conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale.

Sulla limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza

54 Il governo polacco ha chiesto alla Corte, nelle osservazioni scritte, che qualora l’emananda sentenza dovesse dichiarare che l’art. 90, primo comma, CE osta alla riscossione di un’accisa come quella introdotta dalla legge del 2004, di limitare nel tempo gli effetti della sua sentenza.

55 Conformemente ad una giurisprudenza costante, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 234 CE chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione della detta norma (v., in particolare, sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag 379, punto 27, 15 dicembre 1995, causa C-415/93, ******, Racc. pag. I-4921, punto 141, nonché 10 gennaio 2006, causa C-402/03, **** e *****, Racc. pag. I-199, punto 50).

56 Pertanto, solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (v., in particolare, sentenze 28 settembre 1994, causa C-57/93, Vroege, Racc. pag. I-4541, punto 21, 12 ottobre 2000, causa C-372/98, *****, Racc. pag. I-8683, punto 42, nonché Skov e Bilka, cit., punto 51).

57 Più specificamente, la Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto in presenza di circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (v., in particolare, sentenza 27 aprile 2006, causa C-423/04, ********, Racc. pag. I-3585, punto 42).

58 Inoltre, anche secondo costante giurisprudenza, le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza (sentenze 20 settembre 2001, causa C-184/99, *********, Racc. pag. I-6193, punto 52, e 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar, Racc. pag. I-2119, punto 68).

59 Quanto al rischio di gravi inconvenienti, il governo polacco ha, nel corso dell’udienza, prodotto dei dati relativi al periodo dal 1° maggio 2004, data dell’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione europea, al 30 aprile 2006, ossia ad un periodo di due anni, e che mostrano che il totale dei diritti di accisa applicati alle autovetture ammontano all’1,16% delle entrate di bilancio previste per il 2006. Tuttavia, alla Corte non è stata comunicata la ripartizione di tali cifre sulla cui base possa stimarsi la parte di detto totale suscettibile di rimborso. Occorre aggiungere che devono essere rimborsati soltanto gli importi dell’accisa che superano gli importi corrispondenti all’imposta residuale incorporata in un’autovettura usata simile proveniente dallo Stato membro interessato.

60 Di conseguenza, occorre constatare che l’esistenza del rischio di gravi ripercussioni economiche, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 56 e 57 della presente sentenza, tale da giustificare una limitazione degli effetti nel tempo della presente sentenza non può considerarsi provata.

61 In tali circostanze, non occorre verificare se sia soddisfatto il criterio relativo alla buona fede degli ambienti interessati.

62 Dalle considerazioni che precedono discende che non è necessario limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

Sulle spese

63 Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle di dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1) Un’accisa come quella introdotta in Polonia con la legge 23 gennaio 2004 sui diritti di accisa, che non colpisce le autovetture per il fatto ch’esse attraversano la frontiera, non costituisce un dazio doganale all’importazione né una tassa d’effetto equivalente ai sensi dell’art. 25 CE.

2) L’art. 90, primo comma, CE dev’essere interpretato nel senso che osta ad un’accisa, nella misura in cui l’importo dell’accisa che colpisce le autovetture usate con più di due anni di età acquistate in uno Stato membro diverso da quello che ha introdotto tale accisa supera l’importo residuo della medesima accisa incorporata nel valore venale delle autovetture simili immatricolate in precedenza nello Stato membro che impone tale accisa. Spetta al giudice del rinvio esaminare se la normativa in questione nella causa principale e, in particolare, l’applicazione dell’art. 7 del decreto del Ministro delle Finanze 22 aprile 2004 in materia di riduzione delle aliquote delle accise, abbia un tale effetto.

3) L’art. 28 CE non si applica ad una dichiarazione semplificata come quella prevista dall’art. 81, n. 1, punto 1, della legge 23 gennaio 2004 sui diritti di accisa e l’art. 3, n. 3, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, non osta ad una tale dichiarazione quando la normativa in questione è suscettibile di essere interpretata nel senso che la detta dichiarazione è dovuta a decorrere dall’acquisto del diritto di disporre dell’autovettura in veste di proprietario e al più tardi a decorrere dalla sua immatricolazione nel territorio nazionale conformemente alle disposizioni sulla circolazione stradale.

Firme

Redazione