In materia di reato associativo di tipo mafioso, in cosa consiste la partecipazione e da cosa può essere desunta

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 (Annullamento con rinvio)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 416-bis)

Il fatto

Il Tribunale di Catanzaro, all’esito del riesame, confermava l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del medesimo ufficio aveva applicato ad un indagato la custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di partecipazione alla associazione di tipo mafioso denominata “ndrangheta” e di porto e detenzione illegali di un fucile nonché per due episodi di estorsione, nell’un caso consumata, nell’altro tentata, entrambi aggravati dal metodo mafioso e dall’appartenenza ad associazione mafiosa dell’autore.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il ristretto, per il tramite del suo difensore, deducendo i seguenti motivi: contraddittorietà della motivazione ed erronea valutazione compiuta dal Tribunale in punto di gravità indiziaria, in relazione all’ipotizzata partecipazione dell’indagato al sodalizio mafioso, specificamente nei ranghi della “locale di ‘ndrangheta” operante in Vibo Valentia; i medesimi vizi del provvedimento venivano dedotti con riferimento alla ritenuta sussistenza delle anzidette aggravanti dei reati di cui ai capi V3-quinquies, V3-sexies e V3-novies rilevando il ricorrente che i fatti sarebbero risaliti ad un periodo precedente a quello in cui – stando alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia – egli ed i suoi fratelli sarebbero stati inseriti nella “locale” vibonese; censura in ordine alle valutazioni in punto di esigenze cautelari e, comunque, di proporzionalità ad esse della misura applicata ponendosi in evidenza che i fatti risalivano agli anni 2013-2014 e che erano state già acquisite le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e persone informate sui fatti e che il ricorrente non aveva mai inteso darsi alla fuga.

Si legga anche:”Concorso esterno in associazione mafiosa: una sintesi dei passaggi evolutivi”

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il primo motivo di ricorso veniva reputato fondato poiché il discorso giustificativo del Tribunale, ad avviso del Supremo Consesso, poggiava su elementi probatori malcerti.

Difatti, dopo essere stati messi in evidenza tali profili di criticità, gli Ermellini osservavano come sugli elementi probatori emersi nel corso delle indagini si appalesasse essere necessario un supplemento istruttorio o, comunque, argomentativo, in applicazione dei seguenti princìpi di diritto.

In particolare, veniva fatto presente che, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di “partecipazione” è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi fermo restando che siffatta partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato purché si tratti di indizi gravi e precisi quali, per esemplificare, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di osservazione e prova, la rituale affiliazione, la commissione di delitti-scopo e qualsiasi altro comportamento concludente, purché significativo, in quanto idoneo, sotto il profilo logico, ad offrire la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (così, Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, costantemente ribadita dalla giurisprudenza successiva: tra le tante, Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018; Sez. 6, n. 12554 del 01/03/2016; Sez. 5, n. 6882 del 06/11/2015) mentre a nulla rilevano le situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale le quali, anzi, non sono sufficienti nemmeno ad integrare la diversa – e meno stringente – condizione di “appartenenza” ad un’associazione mafiosa rilevante ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione e che, comunque, postula una condotta funzionale agli scopi associativi ancorché isolata (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017).

Ciò posto, veniva infine osservato come la necessità di rivalutare il rapporto tra il ricorrente e l’organizzazione mafiosa comportasse inevitabilmente una nuova disamina anche della configurabilità o meno delle relative. aggravanti per i reati-scopo come pure delle esigenze cautelari: ragione per cui i relativi motivi di ricorso si intendevano essere superati non essendo perciò necessario trattenersi sugli stessi.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui si chiarisce, da un lato, in cosa consiste la partecipazione nel reato associativo di tipo mafioso, dall’altro, in che modo questa partecipazione può essere accertata.

Difatti, in tale pronuncia, viene per l’appunto postulato, citandosi giurisprudenza conforme, che: a) in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di “partecipazione” è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi; b) siffatta partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato purché si tratti di indizi gravi e precisi quali, per esemplificare, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di osservazione e prova, la rituale affiliazione, la commissione di delitti-scopo e qualsiasi altro comportamento concludente, purché significativo, in quanto idoneo, sotto il profilo logico, ad offrire la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione mentre a nulla rilevano le situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale le quali, anzi, non sono sufficienti nemmeno ad integrare la diversa – e meno stringente – condizione di “appartenenza” ad un’associazione mafiosa rilevante ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione e che, comunque, postula una condotta funzionale agli scopi associativi ancorché isolata.

Questi criteri ermeneutici, dunque, possono essere presi nella dovuta considerazione per questo duplice fine.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale provvedimento, di conseguenza, proprio perché contribuisce a fare luce su cotale tematica giuridica, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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