I termini per l’impugnazione delle delibere assembleari non possono essere cambiati neppure da una clausola di natura contrattuale del regolamento

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riferimenti normativi: art. 1138 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II, Sentenza n. 11268 del 9/11/1998

La vicenda

Una clausola del regolamento di un caseggiato stabiliva che il termine per impugnare le delibere fosse di quindici giorni e non di trenta come prevede l’articolo 1137 c.c.; un condomino impugnava la delibera ma non riusciva a rispettare il termine di decadenza di quindici giorni stabilito del regolamento condominiale contrattuale. Per gli altri condomini, quindi, l’impugnazione non era da considerare valida. Questa tesi veniva confermata dal Tribunale prima e poi dalla Corte d’Appello secondo cui l’attore, sulla base della prescrizione regolamentare, non aveva validamente impugnato la delibera. Del resto secondo gli stessi giudici la decadenza stabilita dall’art. 1137 c.c. in trenta giorni non era comunque sottratta alla disponibilità delle parti.

La questione

I termini per l’impugnazione delle delibere assembleari possono essere cambiati da una clausola di natura contrattuale del regolamento?

La soluzione

La Cassazione ha dato ragione al condomino. Secondo i giudici supremi è nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta, tramite il regolamento condominiale, la modifica  delle disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.; in ogni caso la Cassazione precisa come la nullità della clausola regolamentare sia rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, e, quindi, pure in sede di legittimità, purché siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza.

Le riflessioni conclusive

La prima parte dell’art. 1138 stabilisce che, pur spettando alla maggioranza di approvare un regolamento di condominio, tuttavia lo stesso non può in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultino dagli atti d’acquisto e dalle convenzioni.

Gli “atti di acquisto”, richiamati dall’art. 1138, comma 4, c.c., dai quali i singoli condomini derivano diritti “inderogabili” da parte del regolamento assembleare, sono solo quelli anteriori alla formazione del medesimo regolamento, ossia quegli atti di alienazione delle singole unità immobiliari a favore di persone diverse, compiuti dall’unico proprietario dell’edificio, o, anche, gli atti precedenti la costruzione dell’edificio, con i quali il proprietario del suolo, dopo averlo lottizzato, aliena i singoli lotti a persone diverse, imponendo che le unità immobiliari che sorgeranno abbiano determinate caratteristiche o destinazioni.

Le “convenzioni”, anch’esse richiamate nel penultimo capoverso dell’art. 1138 c.c., da cui deriverebbero posizioni giuridiche inderogabili da parte del regolamento, sono i contratti che fanno nascere quei diritti che un condomino abbia consentito all’altro sulle cose di sua proprietà, o che tutti i condomini insieme abbiano consentito ad uno o più tra essi sulle cose comuni; così, ad esempio, se i partecipanti hanno costituito sul cortile o sul lastrico solare un diritto di servitù a favore di uno, il regolamento successivo, approvato a mera maggioranza, non potrebbe vietare o ostacolare l’esercizio di tale diritto.

L’art. 1138, 4 comma,  c.c.,  secondo cui i regolamenti condominiali non possono in alcun modo menomare i diritti dei condomini, si riferisce ai regolamenti approvati a maggioranza, non già a quelli approvati da tutti i condomini, i quali hanno valore contrattuale e, come tali, ben possono contenere limitazioni ai poteri dei condomini stessi e ai loro diritti sui beni comuni ed anche individuali, traendo validità ed efficacia dal consenso degli interessati.

In ogni caso legittimamente le norme di un regolamento di condominio – aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini, ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini – possono derogare od integrare la disciplina legale.

Sembra utile chiarire, però, che, anche nel regolamento predisposto dal costruttore, la libertà del suo compilatore non è assoluta: egli deve tenere conto delle norme dichiarate inderogabili dalla seconda parte del 4 comma, dell’art. 1138 c.c. (artt. 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137) e nell’art. 72 disp. att. c.c. (artt. 63, 66, 67 e 69 disp. att. c.c.)

In altre parole, le limitazioni sopra dette si riferiscono, oltre che al regolamento approvato dall’assemblea dei condomini, anche a quello predisposto dall’originario proprietario ed accettato dai condomini all’atto dell’acquisto del bene facente parte del condominio (Cass. civ., Sez. II, 09/11/1998, n. 11268).

Ciò perché trattano materie che eccedono la mera gestione del condominio e, comunque, tutelano interessi fondamentali della collettività o dei terzi, esprimendo principi di ordine pubblico, sicché il legislatore esige che, almeno in tali settori, tutti i condominii siano disciplinati in maniera uniforme.

Alla luce di quanto sopra si può affermare che non può essere valida la clausola di un qualunque regolamento che imponga al condomino di impugnare in un termine di quindici giorni, visto che l’art. 1138 c.c., comma 4, vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c. (così Cass, Sez. II, 06/05/1964, n. 1082).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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