Corte di Cassazione Sezioni unite penali 29/11/2005 n. 2737; Pres. Marvulli N.

Redazione 29/11/05
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VICENDA

In data 20.12.1999, la Sezione Anticrimine di Catanzaro, con nota n. 61/21- 1998 in riferimento all’ipotesi di reato di cui agli artt. 74 ("Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) del D.P.R. n. 309/1990 e 416 bis c.p. ("Associazione di tipo mafioso"), chiedeva al Tribunale di Catanzaro l’autorizzazione a disporre operazioni di intercettazione relativa alle utenze di F. A. C. in quanto veniva individuato, nell’indagato, uno dei più fidati esponenti dell’associazione mafiosa facente capo alla famiglia M. di Limbadi e, in particolare, con M. G. cl. ’60, il quale, era stato tratto in arresto per traffico di sostanze stupefacenti. In altra nota (n. 61/32 – 1998 sempre del 20.12.1999), la stessa Sezione dava conto del contenuto di alcune conversazioni captate e dei contatti dell’indagato con M. G. e *****, alias "M." (anch’egli indagato nell’attività di intercettazione con la stessa imputazione e per reati-fine, in concorso con C. ed altri). Si dava conto, altresì, dei "frequenti viaggi del C. a Milano dove il medesimo si interessa al commercio di autovetture usate". Si esplicitava che: "la captazione è assolutamente indispensabile in quanto lo strumento dell’intercettazione si palesa, allo stato degli atti, l’unico idoneo all’acquisizione delle prove". La nota rilevava, quanto all’urgenza, che "fin dalle prossime ore potrebbero registrarsi conversazioni utili alle indagini" e disponeva di "effettuare la intercettazione al di fuori degli impianti siti in questa Procura della Repubblica istallando l’apparecchiatura presso i locali del Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri di Vibo Valentia dovendosi collocare le attrezzature intercettanti a breve distanza dall’apparecchio da intercettare". Si evidenziava come le indagini venivano condotte in "un’area ad alto indice delinquenziale" e che "i rapporti di frequentazione sono uno degli elementi base per dimostrare l’esistenza di una struttura associativa".

In data 4.01.2000, il P.M., visti gli atti, richiedeva al competente G.I.P. l’autorizzazione a disporre operazioni di intercettazioni relative all’utenza Codice IMEI 448835406146770 in uso a F. A. C. richiamando, in tale richiesta, le motivazioni esposte nelle due note della P.G. e ribadendone l’assoluta necessità ed urgenza.

In data 5.01.2000, il G.I.P. autorizzava il P.M. a disporre le operazioni di intercettazione attraverso l’utilizzo di attrezzature tecniche idonee, fornite da una ditta privata, in quanto le apparecchiature ubicate presso la Procura al momento non erano disponibili ma, soprattutto, erano assolutamente inidonee perché andavano collocate a breve distanza dall’apparecchio da intercettare.

Così in data 10.01.2000, il P.M. emetteva "decreto di intercettazione di conversazioni e comunicazioni" relativo all’utenza dell’indagato, utilizzando apparecchiature messe a disposizione da una ditta privata in quanto il responsabile della sala d’ascolto della Procura del Tribunale di Catanzaro faceva presente che non vi erano postazioni libere al momento.

In data 3.3.2000, il P.M., ritenuto necessario per il proseguo delle indagini sottoporre ad intercettazione di conversazioni e comunicazioni anche l’utenza mobile del C., emetteva, con provvedimento del G.I.P. competente, "decreto di intercettazioni o comunicazioni in caso di urgenza relativa al n. 338/4579356" ed autorizzava a tale scopo l’utilizzo di apparecchiature fornite dalla ditta privata perché persisteva l’impossibilità di disporre dei mezzi in dotazione presso la Procura.

In data 7.4.2000 il P.M., a seguito della nota n. 61/33 – 1998 della Sezione Anticrimine e ritenendo che fosse necessario porre ad intercettazione un’altra utenza mobile dell’indagato per le stesse ragioni di cui alle note precedenti (61/21 – 1998 e 61/32 – 1998), chiedeva l’autorizzazione per predisporre le relative operazioni di intercettazioni al G.I.P. competente. Quest’ultimo, lo stesso giorno con suo provvedimento, autorizzava il P.M., richiamando le note allegate della p.g., ad emettere "decreto di intercettazione di conversazioni e comunicazioni in caso d’urgenza, relativamente all’utenza n. 338/1499058 in uso a F. A. C., e sempre in relazione ai su indicati titoli di reato.

La vicenda si conclude, in data 20.01.2003, con un decreto integrativo dei provvedimenti, già emessi in precedenza, dal P.M. che faceva richiesta di emissione di un’ordinanza di misura cautelare del G.I.P. competente il quale, in data 5.2.2004 (quindi circa 4 anni dopo) imponeva la misura della custodia cautelare in carcere per le imputazioni nn. 2, 17, 17a, 35, 44 di cui all’art. 73 e art. 74 del D.P.R. n. 309/1990 nei confronti di A. F. C..

Il difensore del C. proponeva ricorso al Tribunale del riesame motivando la domanda facendo riferimento a:

1) Una disparità di trattamento adoperata nei confronti di più indagati in quanto la misura cautelare è stata applicata al C. e non ad altri rilevato da alcuni riscontri obiettivi che non sussistevano gravi indizi di reità a capo di un indagato rispetto ad altri;

2) Una inutilizzabilità delle intercettazioni in quanto prive dei requisiti di necessità ed urgenza, inoltre, esse sono state effettuate con impianti non in dotazione presso la Procura ma fornite da una ditta privata;

3) La nullità del decreto del P.M. per ciò che attiene la richiesta di una ordinanza di custodia cautelare al G.I.P. perché non motivata e susseguente alle operazioni di intercettazioni utilizzate per fondare la richiesta ma integrate in un secondo tempo ovvero tre anni dopo (in data 20.01.2003);

4) L’inutilizzabilità degli atti per una "radicale illegittimità" dei risultati delle attività che si ripercuotono su tutta l’attività posta in essere successivamente e che ha trovato in essa la condicio sine qua non.

Il 26.02.2004 il Tribunale del riesame di Milano confermava l’ordinanza del G.I.P. per le motivazioni che seguono.

MOTIVAZIONE

La Suprema Corte, nel pervenire alla resa statuizione, ha disatteso alcuni punti di doglianza che sono stati posti a fondamento del ricorso in quanto:

1) Le note della Sezione Anticrimine di Catanzaro sono state sempre allegate ai decreti di autorizzazione alle operazioni di intercettazioni che il P.M. ha rivolto al G.I.P., le quali riportavano già dei riscontri obiettivi di reità nei confronti del C.;

2) Le allegate note sono considerate dal P.M. le motivazioni poste a fondamento dei suoi provvedimenti in quanto i requisiti di necessità ed urgenza sono inseriti nel contenuto delle stesse. Per quanto attiene alla inutilizzabilità delle intercettazioni, perché effettuate con impianti non in dotazione alla Procura, la Corte ha ritenuto che, se le apparecchiature presenti all’interno della Procura sono inidonee o insufficienti e sussistano eccezionali ragioni di urgenza, si può ottenere una deroga;

3) Solo il decreto "motivato" autorizza il ricorso a quegli strumenti operativi e rende legittima l’attività captativa che realizza in concreto quella "formidabile capacità intrusiva" che le è connaturata. Il potere di integrazione motivazionale al riguardo è riservato al P.M. non al giudice . Quindi si è rilevata la necessità inderogabile, da parte del P.M., di motivare, sempre e comunque, le ragioni poste a fondamento dei suoi provvedimenti anche se dispongono "ora per allora". Altrettanto congrua è la motivazione che il P.M. rende per richiedere una ordinanza di misura cautelare in quanto le esigenze scaturivano dalla gravità delle condotte poste in essere, dalla loro sistematicità e dall’inserimento organico dell’indagato in un sodalizio criminale. Non è dato al Giudice di emendare il decreto del P.M. sostituendosi a lui nel rendere una motivazione non data dall’inquirente o di integrarla, appropriandosi di ambiti di discrezionalità delibativi e determinativa che spettano solo alla parte pubblica;

4) Deve, dunque, affermarsi il principio in diritto che le operazioni di intercettazione devono compiersi sotto il diretto controllo dell’autorità giudiziaria su autorizzazione motivata del Giudice, tenuto ad uno scrupoloso bilanciamento dei due interessi costituzionalmente protetti.

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