Avvisi di accertamento: va allegato l’atto non conosciuto dal contribuente

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È illegittimo l’accertamento che si fonda sulle risultanze di verifiche svolte nei confronti di altri soggetti se nella motivazione si fa riferimento ad altro atto “per relationem” senza allegarlo.

 

Decisione: Sentenza n. 562/2017 Cassazione Civile – Sezione V

Classificazione: Tributario

Parole chiave: #accertamento, #motivazione, #rinvio, #fulviograziotto, #scudolegale

 

Il caso.

Un contribuente impugnava, con ricorsi distinti, tre avvisi di accertamento relativi a maggiori redditi accertati per tre anni di imposta.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava, dopo averli riuniti, i tre ricorsi, e a seguito di appello la Commissione Tributaria Regionale riformava la pronuncia di primo grado, annullando gli accertamenti.

Il giudice di appello rilevava che l’Agenzia delle Entrate non aveva osservato l’art. 7 del D. Lgs. n. 212/2000 (“Statuto del Contribuente”) nella parte in cui si prevede che se la motivazione di un atto rinvia ad un altro, quest’ultimo deve essere allegato: dagli atti, non risultava infatti alcun PVC allegato.

L’Ufficio ricorre per Cassazione, che rigetta il ricorso.

 

La decisione.

L’Ufficio fondava il ricorso su due motivi:

 

Il primo: «La violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.lgs. 212 del 2000, laddove la CTR non aveva tenuto conto che l’obbligo di allegazione dell’atto richiamato viene meno se a detto atto abbia partecipato la parte interessata. Nel caso in esame il Crescenzo aveva partecipato all’atto, sottoscrivendo il PVC in ogni pagina, rilasciando anche dichiarazioni finali».

 

Il secondo motivo di ricorso: «La violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. 600 del 1973 e l’omessa motivazione su punti decisivi, laddove la CTR non aveva dato conto in sentenza e valutato il rinvenimento presso l’Agenzia artistica di documentazione extracontabile (schede di concerti, riepiloghi contabili di prima nota, annotazioni di entrata ed uscita di cassa) che integrava una contabilità in nero determinate gravi indizi di evasione, con onere della prova invertito».

La Suprema Corte ha ritenuto i motivi dell’Agenzia delle Entrate entrambi infondati.

 

Quanto al primo motivo «va ricordato che lo Statuto del Contribuente (legge 212 del 2000) all’art. 7, nel disciplinare la chiarezza e motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, stabilisce che questi devono essere motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Stabilisce inoltre che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto (per relationem), questo deve essere allegato all’atto che lo richiama».

Il Collegio rileva che nel caso in esame l’accertamento a carico del contribuente traeva spunto da un PVC della Guardia di Finanza a carico di un’agenzia esterna che avrebbe erogato compensi al contribuente.

L’Ufficio ricorrente ha ritenuto che non fosse necessaria l’allegazione di tale atto all’avviso di accertamento, perché al verbale aveva partecipato anche il contribuente, ma la Cassazione ritiene che tale affermazione, come correttamente osservato in controricorso ed indicato in sentenza, sia errata: infatti il contribuente aveva partecipato al verbale redatto dalla Guardia di Finanza a suo carico, ma non a quello presupposto, in danno della citata agenzia, redatto invece dal Nucleo di Polizia Tributaria e nel quale il contribuente non ha avuto alcuna parte.

Sussiste quindi la violazione del citato art. 7 D. Lgs. 212/2000, come rilevato dal giudice di appello.

Sul secondo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, così si esprime il Collegio: «In ordine alla circostanza allegata dall’Ufficio ricorrente relativa alla prova dell’evasione, la censura è formulata in modo generico e priva di autosufficienza. Invero nuovamente l’Agenzia delle Entrate fa riferimento a documentazione extracontabile della citata società romana, con valenza indiziaria nei suoi confronti, ma non indica specifici documenti da cui trarre la prova della percezione di compensi in nero da parte del C. (assegni, bonifici od altro)».

Per finire, ricorda il limite del giudice di legittimità, che non può operare valutazioni nel merito: «Sul punto le doglianze formulate invitano in modo generico ad una rilettura del merito della vicenda non consentita in questa sede a fronte di una motivazione della sentenza impugnata coerente e logica».

La Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese.

 

Osservazioni.

La Cassazione ribadisce l’illegittimità degli atti di accertamento fondati anche sulle risultanze di verifiche svolte nei confronti di terzi se la motivazione dell’accertamento fa riferimento ad un altro atto, ma questo non viene allegato né è conosciuto dal contribuente.

 

Disposizioni rilevanti.

LEGGE 27 luglio 2000, n. 212

Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente

Vigente al: 28-1-2017

Art. 7 – Chiarezza e motivazione degli atti

1. Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.

2. Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare:

a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;

b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;

c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.

3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. 4. La natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti.

Sentenza collegata

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Graziotto Fulvio

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