Al vaglio delle sezioni unite: le forme della notificazione all’imputato detenuto e il regime di invalidità

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 ESITO DEL PROCEDIMENTO: INAMMISSIBILITA’

NORMATIVA DI RIFERIMENTI: articoli 156 e seguenti cod. proc. pen.

SOMMARIO: 1. Premessa: brevi cenni sulla funzione della notificazione – 2 La disciplina della notifica nei confronti dell’imputato detenuto – 3. Notifica all’imputato detenuto presso il domicilio eletto: contrasto giurisprudenziale – 4. Il fatto – 5. L’intervento delle Sezioni Unite – 5.1 La notifica all’imputato detenuto deve essere effettuata nelle forme dell’articolo 156 cod. proc. pen. : le argomentazioni logiche e sistematiche a sostegno. 5.2. Il regime di invalidità – 6. Conclusioni.

1. Premessa: brevi cenni sulla funzione della notificazione

Secondo la migliore dottrina e la più autorevole giurisprudenza, la notificazione è quel procedimento volto a rendere noto al destinatario un atto o attività compiuta durante il procedimento, affinché questi possa esercitare il diritto alla difesa costituzionalmente garantito e tutelato dall’art. 24 della Carta costituzionale.

Il legislatore nella redazione del Codice di procedura penale ha costruito un perfetto sistema di notificazioni teso a bilanciare da un lato, l’esigenza di garantire una effettiva e reale conoscenza dell’atto da parte del destinatario, così da esercitare a pieno i suoi diritti e dall’altro lato, la necessità di non paralizzare gli adempimenti processuali e garantire, dunque, il non meno importante diritto ad una ragionevole durata del processo.

In particolare, a fronte di un procedimento di notificazione che potrebbe rivelarsi particolarmente complesso, a fini agevolativi sono stati previsti gli istituti della dichiarazione e dell’elezione di domicilio.

L’art 161 cod. proc. pen. prevede, infatti, che l’indagato o l’imputato non detenuto nel primo atto compiuto con il proprio intervento debba dichiarare o eleggere domicilio – indicando, nel primo caso, quei luoghi di abitazione o lavoro ove gli saranno notificati gli atti, nel secondo caso, una persona diversa e, dunque, un diverso luogo rispetto ai precedenti ove ricevere le comunicazioni – e comunicarne ogni mutamento. In mancanza, le notifiche verranno eseguite presso il difensore e opererà una presunzione di conoscenza.

2. La disciplina della notifica nei confronti dell’imputato detenuto

L’art. 156 cod. proc. pen. sancisce quale regola generale che le notifiche all’imputato detenuto vengano effettuate mediante consegna a mano nel luogo ove essi sono detenuti.

Tale disciplina è volta ad assicurare una piena ed effettiva conoscenza dell’atto notificato compatibilmente con l’esigenza di celerità del procedimento.

Nei confronti dell’imputato detenuto, essendo determinato il luogo ove questi si trova, il legislatore ha teso a limitare l’ipotesi di conoscenza legale dell’atto mediante notifica nel luogo ove ha dichiarato o eletto domicilio e a favorirne la conoscenza reale.

 

3. Notifica all’imputato presso il domicilio eletto: contrasto giurisprudenziale

Sul tema delle notificazioni all’imputato detenuto si sono registrati diversi indirizzi giurisprudenziali che hanno dato vita ad un vero e proprio contrasto ermeneutico.

Secondo un primo orientamento, è pienamente valida la notifica eseguita all’imputato detenuto presso il domicilio eletto, in deroga all’art. 156 cod. proc. pen.

Tale assunto viene motivato sulla base della “non specialità” di tale articolo e sulla circostanza per cui tutte le altre modalità di notificazione previste dovrebbero considerarsi pienamente conformi. Ciò, in quanto l’unica incompatibilità prevista expressis verbis risulta essere quella indicata nel comma quinto dello stesso, afferente all’impossibilità di effettuare le notifiche all’imputato detenuto con le forme dell’art 159 cod. proc. pen.

Di diverso avviso, si è ritenuto che le notifiche all’imputato detenuto, anche per altra causa rispetto a quella per la quale si procede, debbano essere effettuate a norma dell’art. 156 cod. proc. pen.

La violazione di tali modalità di notifica sarebbe qualificabile come nullità di ordine generale, insuscettibile di sanatoria nell’ipotesi di mancata eccezione del difensore presente in udienza[1].

 

4. Il fatto

La pronuncia in commento trae origine dalla rimessione al Supremo Collegio da parte della Terza sezione penale, chiamata a decidere sull’annullamento della sentenza emessa della Corte d’appello di Roma che confermava il provvedimento con il quale il Tribunale di Tivoli condannava l’imputato per reati di violenza sessuale continuata ex artt. 81 e 609-bis cod. pen. commessi a danno di due minori.

Più in particolare, nelle doglianze del ricorso per cassazione proposto, tra gli altri, viene rilevata la nullità della sentenza per violazione degli artt. 156, comma 1 e 179, comma 1 cod. proc. pen. in virtù del fatto che, sebbene il soggetto fosse già detenuto, la notificazione del decreto di giudizio immediato sia stata eseguita presso il difensore eletto e non secondo le norme dell’art. 156 cod. proc. pen.

Dopo una breve disamina circa i diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sul tema, la sezione investita del ricorso fa proprie le conclusioni espresse dalla Suprema Corte di Cassazione nel caso El Cherquoi[2], statuendo che le notifiche all’imputato detenuto vadano effettuate secondo le forme espresse dall’art. 156 cod. proc. pen.

La sezione ha ritenuto, di converso, che nel caso sottoposto alla Sua attenzione, dovrebbe ritenersi omessa la notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato detenuto, avvenuta presso il domicilio eletto.

Tuttavia, atteso il permanente contrasto sul tema, con ordinanza n. 2959 del 2019, veniva rimessa alle Sezioni Unite la risoluzione della questione posta nei seguenti termini: “se la notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato detenuto che abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia debba essere effettuata ex art. 156 cod. proc. Pen., comma 1, o presso il domicilio eletto.

5. L’intervento delle sezioni unite

5.1 La notifica all’imputato detenuto deve essere effettuata nelle forme dell’articolo 156 cod. proc. pen. : le argomentazioni logiche e sistematiche a sostegno.

Sulla base di una serie di indici normativi che vertono tutti nella stessa direzione, la Cassazione, nella sua massima composizione ha ritenuto di avallare, seppur con taluni adeguamenti, l’indirizzo espresso dalla Sezione rimettente.

In primo luogo, nella pronuncia in parola viene statuito che il rinvio operato dall’art. 156, comma 3 cod. proc. Pen. – concernente le notifiche agli imputati detenuti in luogo diverso dagli istituti penitenziari – all’art 157 cod. proc. pen. – disciplinante le modalità di notifica all’imputato non detenuto – debba intendersi come un rinvio parziale a quelle parti compatibili con lo status detentionis.

Più in particolare, l’art. 157 cod. proc. pen. si apre con la clausola di riserva che fa salvi gli effetti delle notifiche eseguite presso il domicilio eletto o dichiarato. Per il Collegio, tale incipit non può applicarsi agli imputati detenuti in luoghi diversi, attesa la diversità di modalità di notifica all’imputato di fattispecie regolate dalle due norme: l’art. 157 cod. proc. pen. regola la disciplina applicabile all’imputato non detenuto, ex adverso, l’art. 156, comma terzo, cod. proc. pen. prevede la notifica all’imputato non detenuto.

In secondo luogo, si ritiene che la subordinazione dell’applicabilità delle modalità di notifica ex art. 156 cod. proc. pen. nei confronti degli imputati detenuti per altra causa alla risultanza dello stato di detenzione dagli atti del procedimento, non faccia che rafforzare la tesi accolta. Ed infatti, sempre nell’ottica di un bilanciamento tra l’esigenza di effettiva conoscenza dell’atto e la celerità del procedimento, qualora lo stato di detenzione non risulti dagli atti, attesa l’inesistenza di alcun obbligo per l’Autorità di procedere a ricerche di questo tipo, possono essere applicate le ordinarie modalità di notifiche.

Tale possibilità viene meno, invece, quando dagli atti del procedimento risulti lo stato di detenzione del soggetto e quindi, in tal caso, le notifiche dovranno eseguirsi presso l’istituto penitenziario.

Ulteriore riscontro alla tesi accolta perviene dall’art. 164 cod. proc. pen. a norma del quale la dichiarazione o elezione di domicilio è valida in ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto previsto dall’art. 156 cod. proc. pen. Pertanto, la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata anteriormente alla privazione della libertà personale non ha effetto nel caso in cui il soggetto indagato o imputato sia detenuto.

Dopo aver esaminato le ragioni a sostegno della tesi accolta, le Sezioni Unite smentiscono le argomentazioni addotte dai giudici a sostegno della tesi opposta.

Come detto, questo diverso orientamento afferma la legittimità della notifica all’imputato detenuto eseguita nel domicilio eletto o dichiarato, anziché nel luogo di detenzione a mani proprie, sulla base della circostanza per cui l’unica incompatibilità prevista exressis verbis dall’art. 156 cod. proc. pen. consiste nella notifica con le forme dell’art. 159 cod. proc. pen.

Alla stregua di ciò, tutto quanto non espressamente previsto come incompatibile è ritenuto ammissibile.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione giungono a smentire tali argomentazioni, ripercorrendo la ratio normativa dell’art. 159 cod. proc. pen.

Più nello specifico, l’incompatibilità prevista dall’art. 156, comma 5 cod. proc. pen. trae origine da una pronuncia della Corte costituzionale[3] che dichiarò l’illegittimità dell’art. 168, comma 2 del previgente codice di procedura, nella parte in cui veniva consentita la notifica all’imputato detenuto in forme equivalenti a quelle previste per l’imputato irreperibile. In tale pronuncia il giudice delle leggi ha, infatti, rilevato il contrasto tra la condizione di irreperibilità e lo stato di detenzione dell’imputato.

Ecco allora come il divieto previsto dal nuovo codice all’art. 156, comma 5 trovi ragion d’essere proprio in relazione all’obbligo dell’Autorità giudiziaria ex art. 159 cod. proc. pen., di effettuare le ricerche, presso l’amministrazione carceraria centrale prima di emettere il decreto di irreperibilità.

Il Supremo Collegio ha, infine, cura di precisare la piena validità dell’eventuale dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato detenuto. Lo status detentionis comporta che l’efficacia della stessa rimanga sospesa per l’intero periodo di detenzione, per poi riacquistare la propria validità al momento della cessazione della detenzione.

 

5.2 Il tipo di invalidità

Accolte sul primo fronte le ragioni della sezione rimettente, le Sezioni Unite affermano che quando la notifica non avvenga nelle modalità dell’articolo 156 cod. proc. pen., come nel caso sottoposto alla Sua attenzione, sarebbe improprio parlare di inesistenza della notifica.

Facendo proprio l’iter argomentativo di una precedente sentenza delle medesime Sezioni Unite n. 119 del 2004, il Collegio aderisce all’autorevole indirizzo giurisprudenziale[4] secondo cui può parlarsi di nullità assoluta, solo quando la citazione sia omessa o quando la difformità della notifica rispetto al modello legale sia tale da non garantire la conoscenza effettiva dell’atto all’imputato. Viceversa, in tutte le altre ipotesi di difformità, l’invalidità riscontrabile è una nullità a regime intermedio, rilevabile e deducibile non oltre la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se verificatesi in giudizio, non oltre la sentenza di secondo grado e, in ogni caso sanabile, con la comparizione della parte o la rinuncia a comparire.

6. Conclusioni

A fronte delle argomentazioni che precedono, la Corte statuisce il seguente principio di diritto: “Le notifiche all’imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all’art. 156, comma 1, cod. proc. pen., mediante consegna di copia alla persona.

LA notifica al detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 cod. proc. pen.

 

In conclusione, traendo le fila del discorso, nella sentenza in commento appare chiaro lo sforzo della Corte nel cercare di garantire il giusto equilibrio tra le contrapposte esigenze di effettiva conoscenza dell’atto notificato, posto presidio del diritto di difesa ai sensi dell’articolo 24 della Carta fondamentale, e quello ad una ragionevole durata del processo di cui agli articoli 111 della Costituzione e 6 della Carta fondamentale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

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Note

[1] Sez. V, sent. n. 42302 del 09/10/2009.

[2] Sent. N. 18628 del 31/03/2015.

[3] Corte cost. n. 25 del 1970

[4] Sez. Un. N. 17179/2002; conf. Sez. Un. N. 7697/2016

Sentenza collegata

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Valeria Petrino

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