Violenza sessuale: le registrazioni valgono come prova

Redazione 08/02/17
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Le registrazioni audio e video possono essere utilizzate come prova di un reato nel processo penale. Questo, però, solo quando chi le effettua è un partecipante alla conversazione o al fatto o è comunque autorizzato ad assistervi: anche, dunque, quando a registrare o filmare sia la vittima o lo stesso colpevole. È quanto è successo a un carabiniere accusato di violenza sessuale: la Corte di Cassazione ha ammesso l’uso come prova nel processo dei video registrati dallo stesso indagato.

Vediamo allora in quali casi le registrazioni possono essere utilizzate come prova.

 

Quali registrazioni sono valide?

La Cassazione, con la recentissima sentenza n. 5241 del 3 febbraio 2017, ha stabilito che le registrazioni video e audio possono costituire prova documentale non solo del tutto valida, ma anche particolarmente attendibile “perché cristallizza in via definitiva e oggettiva un fatto storico”. Questo vale sia per gli incontri diretti sia per le telefonate.

Le registrazioni, però, devono essere effettuate da uno dei partecipanti al colloquio o comunque da una persona autorizzata ad assistervi, pena i reati di mancato rispetto della privacy di cui agli artt. 617 e 623 del codice penale.


Registrazioni lecite e intercettazioni illecite

Nel caso in cui, infatti, a registrate il fatto o la conversazione sia uno dei partecipanti “autorizzati”, non si pone nessun problema di legittimità. Nemmeno quando tale registrazione sia fatta di nascosto: la giurisprudenza chiarisce infatti che chi dialoga con un’altra persona accetta implicitamente il rischio che questa possa rivelare quanto sentito.

Tanto più, ricorda la Suprema Corte, che in questi casi la registrazione, anche video, rappresenta una mera memorizzazione su un supporto meccanico di quanto già visto e sentito.

Diverso invece il caso della registrazione di una conversazione alla quale non si sta prendendo parte e non si è in alcun modo collegati. Si incorre infatti in questa circostanza in una vera e propria intercettazione, che deve essere autorizzata dalle autorità competenti.


La registrazione della violenza sessuale

Nel caso specifico della violenza sessuale, la registrazione video può essere ovviamente determinante nello svolgimento del processo.

La Cassazione si è trovata infatti a decidere del caso di un carabiniere che ha sfruttato la sua posizione per avere in più occasioni rapporti sessuali con una prostituta e con una donna che soffriva di disturbi psichici. L’accusato ha in queste circostanze realizzato registrazioni video dei rapporti, che ovviamente hanno costituito durante il processo prove gravi a suo sfavore.

In questo caso, per l’appunto, a valere è la registrazione dello stesso colpevole del reato.

 

È valida anche la registrazione della vittima

Come stabilito chiaramente dalla Corte, è comunque valida anche la registrazione audio o video realizzata direttamente dalla vittima della violenza.

La vittima che registra il crimine perpetrato ai suoi danni, infatti, è pienamente legittimata a rendere testimonianza. Tanto più, come rileva ancora esplicitamente la Suprema Corte, in un’era moderna caratterizzata da telefonini smartphone e dall’uso di app dedicate alla registrazione dei video e dei suoni.

Sentenza collegata

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