Sospensione del procedimento con messa alla prova

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La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere riproposta anche nel giudizio di appello celebrato con rito abbreviato purché il fatto contestato sia stato riqualificato  

Indice:

Il fatto

Il caso trae origine dalla condanna emessa, con le forme del giudizio abbreviato, per il reato di riciclaggio.

Dopo la condanna di primo grado, la Corte di Appello di Milano ha rigettato l’istanza di messa alla prova, nonostante la stessa Corte avesse riqualificato il reato di riciclaggio in quello di ricettazione, avendo ritenuto che la qualificazione del fatto non potesse incidere positivamente sulla richiesta di messa alla prova e che il reato, anche per come riqualificato, non rientrasse tra quei reati che consentono la messa alla prova.

Le doglianze difensive

Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 168 bis c.p.

In particolare, sono stati censurati sia la decisione della irrilevante riqualificazione del reato, poiché a ragione della difesa la derubricazione del reato imponeva la rivalutazione dell’istanza di ammissione di messa alla prova alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 131 del 2019, sia il fatto che il reato di ricettazione non era espressamente richiamato dall’art. 168 bis c.p. rientrando invece, a parer della difesa, tra i delitti elencati nell’art. 550 co. 2 c.p.p., come facilmente verificabile.

L’orientamento della Corte

Investita del caso la Suprema Corte ha ribadito il principio espresso dal Giudice delle Leggi secondo cui <<se il giudice di appello, investito dell’impugnazione contro una sentenza di condanna resa in sede di giudizio abbreviato, può ammettere l’imputato alla sospensione del processo con messa alla prova, allorché ritenga ingiustificato il diniego opposto dal giudice di primo grado a tale richiesta, a fortiori una tale possibilità dovrà essere riconosciuta allo stesso giudice di primo grado, allorché, in esito al giudizio, riscontri che il proprio precedente diniego era ingiustificato, sulla base della riqualificazione giuridica del fatto contestato cui lo abilita l’art. 521, co. 1, c.p.p. e sempre che l’imputato abbia richiesto il beneficio entro i termini indicati dall’art. 464-bis, co. 2, c.p.p.[1]>>.

Inoltre, la pronuncia in commento affronta la vexata quaestio sorta tra le varie Sezioni del Supremo Consesso che ha visto contrapporsi due orientamenti dissonanti in merito alla possibilità di chiedere la sospensione con messa alla prova anche in sede di appello celebrato con il rito abbreviato.

Sul punto, alcune pronunce affermative hanno ritenuto che << la celebrazione del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato non precluda all’imputato la possibilità di dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del diniego, da parte del giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova[2]>>.

Altre pronunce di diverso orientamento hanno affermato che <<esiste una preclusione alla richiesta di sospensione con messa alla prova sulla base dell’argomento dell’alternatività tra il beneficio in parola e il rito abbreviato; di talché, una volta che l’imputato abbia formulato, dopo il rigetto della richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, una domanda di giudizio abbreviato, egli non potrebbe più riproporre la prima richiesta, secondo il principio electa una via, non datur recursum ad alteram[3]>>.

La giurisprudenza prevalente ha confutato tale ultimo orientamento sostenendo che <<la domanda di giudizio abbreviato conseguente al rigetto della richiesta, formulata in via principale, di ammissione alla sospensione dei processo con messa alla prova previa riqualificazione del fatto contestato deve necessariamente intendersi come presentata con riserva; e più in particolare con riserva di gravame, in sede di appello, contro il provvedimento di diniego del beneficio già richiesto in via principale, che non può pertanto intendersi come implicitamente rinunciato all’atto della richiesta del rito abbreviato>>.

Conclusione

Se per un verso, la presente sentenza garantisce il diritto di difesa dell’imputato, peraltro rammentando che la richiesta di riti alternativi rappresenta una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa e che più volte le disposizioni del codice di rito, che non consentono la richiesta di un rito alternativo a seguito di una nuova contestazione, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime[4], per altro verso, il contrasto giurisprudenziale rimane ancora aperto.

Tale dicotomia giurisprudenziale non potrà che essere dipanata -definitivamente- da un intervento delle Sezioni Unite.

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[1] Cfr. Corte Cost., n. 131/2019.

[2] Cfr. Cass. Pen., Sezione IV, n. 44888; Cass. Pen., Sezione Terza, n. 29622.

[3] Cfr. Cass. Pen., Sezione IV, n. 42469; Cass. Pen., Sezione VI, n. 22545; Cass. Pen., Sezione III, n. 4184.

[4] Cfr. Ex plurimis Corte Cost., n. 148 del 2004; Corte Cost., n. 237 del 2012; Corte Cost., n. 141 del 2018.

Sentenza collegata

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Avv. Fabio Montalto

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