La Cassazione chiarisce taluni aspetti del reato di cui all’art. 642 c.p.: vediamo quali

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 642)

Indice:

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

Il fatto

La Corte di Appello di Bologna confermava una sentenza del Tribunale di Modena che, emessa all’esito di giudizio dibattimentale, condannava l’imputato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 642, secondo comma, cod. pen..

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento adottato dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che deduceva i seguenti motivi: 1) in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza della motivazione della sentenza impugnata; 2) in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., erronea applicazione dell’art. 642 cod. pen..

Leggi anche l’articolo: A chi spetta la querela per il reato previsto dall’art. 642 c.p.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto inammissibile per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito innanzitutto, in ordine alla prima doglianza, che non integrava, di per sé, vizio della motivazione il fatto che la Corte d’appello di Bologna avesse richiamato le motivazioni della sentenza di primo grado del Tribunale di Modena atteso che la struttura argomentativa della sentenza di appello si può saldare con quella di primo grado, ricorrendo, in tal caso, la cosiddetta “doppia conforme” con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (tra le tante: Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011).

Tal che se ne faceva discendere che tale motivo si appalesasse, pertanto, manifestamente infondato.

Ciò posto, a proposito della seconda doglianza, si osservava prima di tutto che l’art. 642 cod. pen., strutturato come una norma penale mista del tutto peculiare, prevede, nei suoi commi primo e secondo, cinque diverse fattispecie di reato — in particolare, il danneggiamento dei beni assicurati e la falsificazione o alterazione della polizza, nel comma primo; la mutilazione fraudolenta della propria persona, la denuncia di un sinistro non avvenuto e la falsificazione o alterazione della documentazione relativa al sinistro, nel comma secondo — che,  ove ricorrano gli estremi fattuali, possono concorrere fra loro (Sez. 2, n. 1856 del 17/12/2013), rilevandosi al contempo che il legislatore, con la fattispecie in considerazione, ha inteso prevedere una tutela speciale e in qualche modo “rafforzata” a protezione del mercato delle assicurazioni, predisponendo la tutela anticipata nel caso in cui l’azione fraudolenta tipica del reato di truffa si innesti su un rapporto assicurativo; in altri termini, l’art. 642 cod. pen. costituisce, cioè, un’ipotesi criminosa speciale rispetto al reato di truffa di cui all’art. 640 cod. pen. considerato che, nel primo, sono presenti tutti gli elementi della condotta caratterizzanti il secondo e, in più, come elemento specializzante, il fine di tutela del patrimonio dell’assicuratore (Sez. 6, n. 2506 del 13/11/2003; Sez. 1, n. 4352 del 10/04/1997).

Oltre a ciò, era altresì notato che, da un lato, le fattispecie previste dall’art. 642 cod. pen. si presentano “speciali” rispetto all’archetipo della truffa perché predispongono una tutela anticipata e rafforzata del patrimonio delle società che gestiscono le assicurazioni, dall’altro, nel caso, come quello in oggetto, di denuncia di un sinistro stradale in realtà mai accaduto, tale fattispecie, come più volte affermato in sede di legittimità, non costituisce un reato “proprio“, attribuibile esclusivamente al contraente della polizza, essendo, invece, ravvisabile in capo a qualsiasi soggetto, anche estraneo al sinallagma, il quale, manipolando illecitamente il rapporto contrattuale, denunci, o concorra nel denunciare, il sinistro non accaduto (Sez. 2, n. 43534 del 19/11/2021; Sez. 2, n. 4389 del 11/10/2018).

Da ciò se ne faceva discende che in modo (ritenuto) corretto e logico i giudici di merito avevano ritenuto che l’imputato, presentando, per il tramite di altra persona da lui incaricato, richiesta di risarcimento del danno cagionatogli dal non accaduto sinistro, con allegata la relativa constatazione amichevole, avesse concorso nella denuncia del falso sinistro, materialmente da questi presentata e finalizzata, comunque, a fare ottenere il risarcimento del danno all’autore materiale.

Da qui, come già rilevato anche prima, se ne faceva discendere l’inammissibilità del ricorso e la contestuale condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila.

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Conclusioni

La decisione in oggetto desta un certo interesse in quanto sono ivi chiariti taluni aspetti del reato preveduto dall’art. 642 cod. pen..

Difatti, fermo restando che tale disposizione legislativa incrimina, come è noto, il fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e la mutilazione fraudolenta della propria persona, in tale decisione, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’art. 642 cod. pen., strutturato come una norma penale mista del tutto peculiare, prevede, nei suoi commi primo e secondo, cinque diverse fattispecie di reato; in particolare, al primo comma è contemplato il danneggiamento dei beni assicurati e la falsificazione o alterazione della polizza mentre, nel comma secondo, è prevista la mutilazione fraudolenta della propria persona, la denuncia di un sinistro non avvenuto e la falsificazione o alterazione della documentazione relativa al sinistro, nel comma secondo che,  ove ricorrano gli estremi fattuali, possono concorrere fra loro, rilevandosi al contempo, da un lato, che le fattispecie previste dall’art. 642 cod. pen. si presentano “speciali” rispetto all’archetipo della truffa perché predispongono una tutela anticipata e rafforzata del patrimonio delle società che gestiscono le assicurazioni, dall’altro, che, nel caso di denuncia di un sinistro stradale in realtà mai accaduto, tale fattispecie, come più volte affermato in sede di legittimità, non costituisce un reato “proprio“, attribuibile esclusivamente al contraente della polizza essendo, invece, ravvisabile in capo a qualsiasi soggetto, anche estraneo al sinallagma, il quale, manipolando illecitamente il rapporto contrattuale, denunci, o concorra nel denunciare, il sinistro non accaduto.

Tale provvedimento, quindi, con particolar riguardo al caso di c.d. frode assicurativa, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di individuare chi sono gli autori di questa fattispecie criminosa, e, rispetto a quali condotte costoro possano rispondere in ordine a siffatto illecito penale.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché tende a fare chiarezza a proposito di quanto previsto dall’art. 642 cod. pen., dunque, non può che essere positivo.

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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