I condòmini che non intervengono in primo grado non possono impugnare la sentenza

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Molto interessanti i principi espressi dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4436, pubblicata in data 21 febbraio 2017, che riassume diversi aspetti procedurali delle questioni giudiziarie riguardanti il condominio.

 

Premesso che, a seguito della riforma della materia condominiale (L. 220/2012), sia in dottrina che in giurisprudenza si è fatta strada l’ipotesi per cui il legislatore abbia inteso riconoscere una qualche forma di personalità giuridica, quand’anche <<attenuata>>, in capo al condominio (Cfr.: Cass. Sez. Unite n. 19663/2014; Luana Tagliolini, Prove di personalità giuridica, Il Sole 24 Ore), permane tuttavia il principio per cui lo stesso, quale ente di gestione, non ha una personalità distinta da quella dei singoli condòmini, motivo per cui <<il giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte l’amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti in giudizio>> (Cass. n. 12343/2002; Cass. n. 12911/2012).

Logica conseguenza di ciò, è che – specie per le azioni cd. conservative dei beni comuni – sussiste anche la legittimazione attiva concorrente di ogni singolo condomino che, pertanto, risulterebbe anche legittimato ad intervenire nei giudizi in cui la difesa sia stata già assunta dall’amministratore nonché, eventualmente, ad impugnare in via autonoma la sentenza sfavorevole.

 

Tuttavia, i singoli condòmini per avvalersi dei mezzi di impugnazione (appello o ricorso per cassazione), devono necessariamente intervenire nei giudizi in cui la difesa del condominio è stata assunta, come normalmente avviene, dall’amministratore, in caso contrario non avrebbero alcuna possibilità di resistere alla sentenza, neppure con l’opposizione di terzo, ex art. 404 Cpc (<<Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. …>>), non essendo essi terzi rispetto alla situazione giuridica dedotta, ma parti originarie rispetto alla lite condominiale.

Nel giudizio incardinatosi nei confronti del condominio e della società che curava la manutenzione dell’ascensore – con la chiamata in causa, ad opera di quest’ultima, della compagnia di assicurazioni che la garantiva per la responsabilità civile -, a seguito della domanda di risarcimento del danno proposta dai genitori di una minore precipitata nel vano di corsa dell’ascensore, il Tribunale, affermata la concorrente responsabilità del condominio e della società di manutenzione, li condannava al risarcimento del danno, con condanna della compagnia di assicurazioni alla manleva in favore della società predetta.

 

In sede di gravame, tuttavia, la Corte d’Appello di Napoli ritenuta, al contrario, l’esclusiva responsabilità del condominio, in parziale riforma della sentenza impugnata condannava solo quest’ultimo all’integrale ristoro di tutti i danni subiti dagli attori.

Avverso tale sentenza proponevano opposizione di terzo, ex art. 404 Cpc, alcuni condòmini personalmente, evidenziando come il fabbricato in condominio fosse composto da quattro scale indipendenti e dotate di autonomo impianto di ascensore che, pertanto, si era al cospetto di un condominio parziale, per cui avevano il diritto ad opporsi alla sentenza al fine di chiedere la condanna al risarcimento dei soli condòmini della scala in cui era ubicato l’ascensore difettoso.

L’appello veniva dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello di Napoli e la sentenza confermata anche dalla Corte di Cassazione (Sent. 4436/2017), successivamente adita dai medesimi condòmini.

 

La Suprema Corte nel respingere il ricorso, premette che affinché sussista la legittimazione ad impugnare la sentenza con l’opposizione di terzo ordinaria (art. 404 Cpc), è necessario che l’opponente sia portatore di un autonomo diritto, incompatibile con le statuizioni della sentenza pronunciata tra altre parti.

 

Tuttavia, è noto il principio per cui <<il giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte l’amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Cass., Sez. II, 22 agosto 2002, n. 12343; Cass., Sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911)>>.

Da ciò ne discende che <<deve essere esclusa in capo ai condomini istanti la legittimazione all’opposizione ordinaria ex art. 404 cod. proc. civ., non essendo essi terzi rispetto alla situazione giuridica affermata con la sentenza passata in giudicato, la quale ha riconosciuto la responsabilità del condominio>>.

Ed invero <<i condomini opponenti sono parti originarie rispetto alla lite conclusa con la sentenza impugnata con l’opposizione di terzo (Cass., Sez. III, 16 maggio 2011, n. 10717)>>, infatti, nel caso di specie, <<è stato citato in giudizio il condominio nella sua interezza ed unitarietà e si è costituito il relativo amministratore senza sollevare eccezioni in relazione alla carenza di legittimazione passiva di una parte dei condomini (i condomini appartenenti alle scale A, B e C), i quali non hanno ritenuto di intervenire in giudizio per eccepire la mancanza di ogni responsabilità a loro carico>>.

Semmai, <<i condomini opponenti avrebbero dovuto intervenire nel giudizio in cui la difesa è stata assunta dall’amministratore o anche avvalersi, in via autonoma, dei mezzi di impugnazione dell’appello o del ricorso per cassazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato  (Cass., n. 10717 del 2011, cit.; Cass., Sez. II, 6 agosto 2015, n. 16562)>>, pertanto, in mancanza, il ricorso deve essere rigettato ed i condòmini ricorrenti condannati al pagamento delle spese di lite, senza dimenticare che il condominio parziale è un istituto creato esclusivamente per la semplificazione dei rapporti interni alla collettività condominiale, la qual cosa non fa venir meno la rappresentanza del condominio, nella sua interezza, in capo all’amministratore.

Sentenza collegata

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Avv. Accoti Paolo

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