Suprema Corte di Cassazione: la misura dell’accordo sui figli in caso di separazione o divorzio

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La Suprema Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 663/2022) ha spiegato che, nel caso nel quale una coppia di conviventi dovesse decidere di separarsi, l’accordo relativo al mantenimento del figlio non è valido se non viene ratificato dal giudice.

A questo proposito ci si è chiesti che cosa accada in caso di separazione e successivo divorzio.

Sulla questione, sempre la Suprema Corte di Cassazione, ha provveduto a fornire i relativi chiarimenti.

Ne scriveremo in questo articolo allegando il relativo recente provvedimento dei Supremi Giudici.

Indice:

  1. Quando il giudice assegna un mantenimento diverso per i figli?
  2. La tempistica delle visite

1. Quando il giudice assegna un mantenimento diverso per i figli?

L’accordo che intercorre tra gli ex coniugi in relazione all’entità dell’assegno di mantenimento riservato ai figli può sempre essere rivisto sia al rialzo sia, anche se meno possibile, al ribasso, da parte del giudice.

Questo perché il diritto al sostentamento dei minori non risulta essere di sicuro oggetto di una libera trattativa tra i due genitori, potendo gli stessi prevedere una misura contraria agli interessi dei figli.

Siccome esclusivamente il giudice può essere terzo, imparziale ed arbitro di simili interessi, la sentenza che convalida l’accordo di separazione o di divorzio consensuale siglato tra gli ex coniugi può essere sempre modificata da parte del Tribunale.

In tempi recenti, la Suprema Corte di Cassazione (Cass. ord. 31/12/2021 n. 42140/2021) ha affermato che, anche se il genitore è disposto a dare di più, deve essere il giudice a stabilire l’assegno di mantenimento del figlio.

Il Tribunale che dovesse condannare uno dei genitori al pagamento del contributo per il mantenimento del figlio minore non è vincolato alla domanda delle parti e neanche all’eventuale disponibilità offerta dal genitore obbligato al pagamento di una somma più elevta.

Sempre nel senso che sussiste il potere del giudice adito, in applicazione dell’articolo 277 comma 2 del codice civile, di prendere d’ufficio i provvedimenti che siano opportuni per il mantenimento del figlio naturale (Cassazione, sentenze 23 luglio 1994, n. 6868 e 27 aprile 1985, n. 2739).

In altri termini, il giudice, a norma dell’articolo 155, comma 7, del codice civile, vista la considerazione dell’esclusivo interesse morale e materiale dei figli, può determinare la misura  del contributo al mantenimento della stessa, in modo diverso da quello che risulta concordato o che le parti abbiano richiesto (Cass. sent. n. 65/1985).

In un contesto simile, è opportuno ricordare che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole,  stabilito sempre da parte del codice civile, obbliga i coniugi a fare fronte a determinate e molteplici esigenze dei figli, che non sono esclusivamente quelle relative al vitto, ma sono estese anche all’alloggio, alle esigenze scolastiche, sportive, sociali, all’assistenza morale e materiale, all’opportuna predisposizione, sino quando lo richieda la loro età, di un’organizzazione domestica stabile, in modo che sia adeguata a rispondere alle diverse necessità di attenzione e di educazione.

I genitori devono mantenere i figli sino  a quando gli stessi non siano in grado di percepire un reddito sufficiente a renderli autonomi, salvo  sia un ritardo passivo dovuto a inerzia del figlio stesso nella formazione o nella ricerca di un lavoro.


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2. La tempistica delle visite

L’accordo tra ex coniugi può anche essere relativo ai tempi e alle modalità di visita dei figli da parte del genitore che non convive con loro.

La legge permette ai due genitori di stabilire un calendario con orari o di prevederli di volta in volta, anche in modo non formale, ad esempio con sms.

Anche in questo caso, secondo la Suprema Corte di Cassazione (Cass. ord. 29/12/2022 n. 1993/22) il giudice può modificare gli accordi, dando però motivazione del suo comportamento.

Ad esempio, il magistrato potrebbe stabilire che il padre frequenti più spesso i figli, con la finalità di garantire il diritto degli stessi alla bigenitorialità, oppure, al contrario, potrebbe anche stabilire una frequenza meno intensa quando ci siano  esigenze particolari e delicate.

Ad esempio, quando si tratta di un bambino in tenera età e di un’inidoneità del genitore a prestargli le sue attenzioni.

La Cassazione ha ribadito e osservato che il giudice non è vincolato alle richieste avanzate e agli accordi raggiunti tra i genitori e si può pronunciare anche oltre le loro stesse richieste.

In ogni caso, il regime legale dell’affidamento condiviso deve comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio).

Di conseguenza, la decisione del giudice che dispone un giorno in meno di frequentazione tra il padre e il figlio minore, rispetto a un calendario concordato in precedenza con la madre, è viziata se non mette in evidenza quale sia il diverso interesse che in questo modio s’ intende tutelare.

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Sentenza collegata

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Dott.ssa Concas Alessandra

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