La società di capitali ha il dovere, prima ancora che l’onere, di conservare la documentazione contabile inviatale dalla banca

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Con l’interessante pronuncia n. 6511 depositata il 4 aprile 2016 (Presidente V. Ragonesi – Relatore  F. A. Genovese) la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, è intervenuta in tema di istanze ex art. 201 c.p.c. e di ammissione della consulenza tecnico contabile in mancanza della produzione integrale degli estratti conto e del contratto di conto corrente.

Le osservazioni della Suprema Corte scaturiscono dal fatto che nella maggior parte dei casi gli attori-correntisti, che promuovono giudizi per far rilevare l’applicazione da parte della banca dell’anatocismo o dell’usura, o per ripetizione d’indebito, producono in giudizio una documentazione relativa al rapporto bancario frammentaria.

Per ovviare, quindi, a tali mancanze probatorie gli attori-correntisti chiedono che sia il giudice ad ordinare alla banca, ex art. 210 c.p.c., il deposito integrale degli estratti conto e del contratto di conto corrente.

Ebbene, con la sentenza in commento gli Ermellini hanno fissato alcuni importanti limiti alla proposizione delle istanze ai sensi dell’art. 210 c.p.c., mettendo in evidenza, inoltre, che quando ad agire in giudizio  è un società di capitali,   tale richiesta deve essere a maggior ragione  rigettata  sussistendo in capo alla società un obbligo di conservazione delle scritture contabili.

In particolare la Suprema Corte ha ribadito i seguenti principi, ossia che:

 

  1. l’ordine di esibizione non può supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio in capo all’istante (cfr. Cass. n. 17948 del 2006) e   può avere ad oggetto solo atti o documenti specificamente individuati o individuabili dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto (cfr. Cass. n. 13702 del 2003), e tra questi non rientrano gli estratti conto quando siano genericamente mirati alla ricostruzione della contabilità del rapporto di conto corrente senza che si ipotizzi specificamente quale sia l’utilità di quella acquisizione ai fini della dimostrazione della domanda giudiziale;
  2. in base al principio di prossimità  o vicinanza della prova della prova, non è onere della Banca quello di produrre documentazione che il cliente avrebbe dovuto avere cura di conservare, in particolare quando si tratta di una società di capitali, su cui incombe il dovere, prima ancora che l’onere, di conservare della documentazione contabile e che solo, in caso di eccezionale allegazione di particolari eventi, avrebbe potuto richiedere, anteriormente la giudizio e, se necessario, con apposita domanda giudiziale, di ricostruire la propria documentazione per mezzo di quella conservata dalla banca;
  3. per l’art. 117 TUB, in materia bancaria, “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti” e che a tal riguardo l’incolpevole mancata conservazione delle scritture contabili non giustifica la richiesta ex art. 210 c.p.c.;
  4. l’accertamento dell’esistenza di clausole anatocistiche vietate non può avvenire attraverso l’ammissione di una consulenza contabile di tipo esplorativo, facendo residuare l’onere documentaristico sulle spalle della banca convenuta.

 

Sulla base delle su esposte argomentazioni la Suprema Corte ha respinto il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Sentenza collegata

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Avv. De Luca Maria Teresa

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