Non soddisfa l’obbligo della forma scritta la produzione del contratto quadro sottoscritto solo dall’investitore

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Con al sentenza n. 8395 depositata il 27 aprile 2015 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Presidente Aniello Nappi – Relatore Maria Acierno) si è occupata del problema della sottoscrizione da parte della banca dei contratti di intermediazione finanziaria e del contratto quadro.

La sentenza in esame giunge dopo  quelle nn. 5919/2016 e 7068/2016, pronunce tutte sfavorevoli alla banca e con un relatore diverso, confermando quindi, l’orientamento unitario, sul tema, all’interno della Prima Sezione Civile della Suprema Corte.

Si deve sottolineare che tali pronunce si pongono in contrasto con la sentenza, sempre della Corte di Cassazione, n. 4564 del 22.3.2012, nella quale è affermato che “la dicitura contenuta nel documento mancante della sottoscrizione proveniente dalla banca, secondo cui “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”, rendeva ragionevole affermare che l’esemplare consegnato recasse per l’appunto la sottoscrizione della banca; che nei contratti per cui è necessaria la forma scritta ad substantiam non è necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti; che anche in mancanza di una copia del contratto firmata dalla banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risulta comunque oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto, da cui si evidenziava la volontà dia avvalersi del contratto”.

Ebbene, nella sentenza in commento la Corte di Cassazione ritiene che non possa darsi continuità a tale precedente.

La pronuncia in esame conferma non solo che i contratti bancari sono nulli se non recano anche la firma della banca, ma anche che è perfettamente lecito per il cliente far valere la nullità dei contratti quadro solo per le operazioni attuative che sono andate a suo danno, confermando, invece, i vantaggi di quelle per lui convenienti.

Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 18 del D.Lgs n.415/1996, 23 del D. Lgs. n. 58 del 1998; 1326, 1350 e 1418 c.c., per non avere la Corte di Appello dichiarato la nullità del contratto quadro in quanto non sottoscritto da entrambi i contraenti.

Sul punto gli Ermellini hanno osservato che la dichiarazione scritta unilaterale,  pur se ricognitiva di una sola delle parti del rapporto, non è idonea ad integrare il requisito di validità richiesto dalla legge, ossia la forma scritta.

Inoltre, è stato previsto un uso selettivo della nullità che è, secondo la Corte, coerente con il peculiare regime giuridico delle nullità di protezione; infatti, l’investitore che non può interferire nella formazione del contratto a causa dell’asimmetria negoziale che ne costituisce una delle particolari caratteristiche, è libero di decide di avvalersi dell’eccezione di nullità e di limitarne gli effetti restitutori senza travolgere per intero gli investimenti eseguiti.

La Suprema Corte mostra di condividere in toto l’orientamento espresso nella recentissima sentenza della stessa Corte n. 5919 del 2016 in tema di requisito di forma scritta sia per i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e per il contratto quadro, che della eventuale prova della sottoscrizione del contratto.

La Suprema Corte ha più volte ribadito che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata può essere supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che intende avvalersene.

La produzione in giudizio da parte del contraente che non ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto, perfezionamento che non può verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc, tant’è che il congegno non opera se l’altra parte abbia medio tempore revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non è più in vita nel momento della produzione, perché la morte determina di regola l’estinzione automatica della proposta rendendola non più impegnativa per gli eredi.

Da ciò discende che nel caso de quo la produzione in giudizio del contratto da parte dell’istituto di credito, la cui sottoscrizione difetta,  determina il perfezionamento del contratto solo dal momento della produzione, che, pertanto, rimane senza effetti, per i fini della validità del successivo ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a monte un valido contratto quadro.

Secondo gli Ermellini “far discendere la validità dell’ordine di acquisto dal perfezionamento successivo del “contratto quadro”, non è pensabile, stante il principio dell’inammissibilità della conversione del contratto nullo ex articolo 1423 c.c.” e che “la forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è elemento costitutivo del contratto nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto”.

Per ciò che attiene poi il rilievo relativo all’abusività e conseguente illegittimità dell’eccezione di nullità “selettiva” del contratto quadro, la Corte ritiene che il requisito della forma scritta ad substantiam per il contratto quadro stesso non determina una modificazione della qualificazione giuridica della nullità che consegue all’inosservanza dell’obbligo di forma e che tale nullità è rilevabile solo dall’investitore ed è configurabile come nullità di protezione.

Quindi, l’investitore ai sensi degli art. 99 e 100 c.p.c. può selezionare il rilievo della nullità e rivolgerlo agli acquisti di prodotti finanziari dai quali si è ritenuto illegittimamente pregiudicato, essendo gli altri estranei al giudizio.

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito perché si adegui al seguente principio di diritto:

nel contratto d’intermediazione finanziaria, la produzione in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto quadro sottoscritto soltanto dall’investitore, non soddisfa l’obbligo della forma scritta ad substantiam imposto a pena di nullità dall’art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998. Tale nullità può essere eccepita anche limitatamente ad alcuni degli ordini di acquisto eseguiti in virtù del contratto viziato”.

 

Come già rappresentato nella precedente corrispondenza occorrerà prestare la massima attenzione su come tali sentenze saranno recepite dai Tribunali e dalle Corti D’Appello e soprattutto verificare l’attualità delle strategie difensive della Banca.

Sentenza collegata

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Avv. De Luca Maria Teresa

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